Codice Civile art. 1222 - Inadempimento di obbligazioni negative.

Cesare Trapuzzano

Inadempimento di obbligazioni negative.

[I]. Le disposizioni sulla mora [1219 ss.] non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per sé inadempimento.

Inquadramento

La norma riguarda le obbligazioni negative che consistono in un non fare o in un tollerare che altri faccia (Visintini, in Comm. S., 1987, 472; contra Giorgianni, 88). In ordine a tali obbligazioni è esclusa in ogni caso la necessità della previa costituzione in mora poiché ogni violazione integra un inadempimento definitivo e non provvisorio. Sotto questo profilo la norma sarebbe superflua (Giorgianni, 88). Nondimeno in dottrina sono individuate alcune fattispecie, in particolare con riguardo alle obbligazioni di durata (ad esecuzione continuata o periodica), in cui l'inadempimento di un obbligo negativo può presentarsi come temporaneo (Visintini, in Comm. S., 1987, 465). Sicché ricorrono alcune ipotesi in cui il singolo atto compiuto non compromette in modo definitivo l'interesse del creditore a pretendere l'adempimento dell'obbligazione negativa: ciò può realizzarsi mediante la rimozione della violazione commessa ovvero mediante la successiva astensione dall'attività violativa, con il conseguente risarcimento dei danni (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 243). Si configura in tale evenienza un inadempimento parziale (Visintini, in Comm. S., 1987, 473) ovvero un ritardo (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 242), a fronte della cui integrazione non è inibito al creditore di invocare l'adempimento, benché non possa avvenire la formale costituzione in mora.

Secondo la giurisprudenza, qualora si tratti di obbligazioni negative non si applica la disciplina sulla mora debendi e non può verificarsi la sua purgazione (Cass. n. 3412/2003; Cass. n. 4290/1980; Cass. n. 692/1959).

Gli effetti dell'inadempimento dell'obbligazione negativa

Secondo una parte della dottrina, a fronte della violazione di un obbligo negativo, per definizione l'inadempimento è definitivo e non è ammesso un adempimento tardivo (Giorgianni, 88). In senso contrario si rileva che la violazione dell'obbligo negativo non necessariamente determina un'impossibilità totale o parziale della prestazione, poiché in certi casi il rapporto potrebbe avere un'esecuzione ritardata e conseguentemente il creditore potrebbe far valere la propria pretesa all'adempimento, nonostante l'inapplicabilità delle norme sulla mora, qualora l'ingerenza dannosa possa cessare, così restaurandosi un contegno omissivo idoneo a soddisfare l'interesse creditorio (Visintini, in Comm. S., 1987, 465; Bianca, in Comm. S.B., 1988, 243). Tuttavia è stato chiarito che anche in tal caso l'inadempimento della obbligazione negativa sarebbe comunque definitivo, anche se può essere parziale, anziché totale, come accade quando vi sia un unico atto di concorrenza sleale, cui segua un successivo comportamento correttamente omissivo, con la conseguenza che è escluso che simile inadempimento possa dar luogo a ritardo in senso tecnico (Visintini, in Comm. S., 1987, 473). Si è inoltre evidenziato che, qualora l'obbligazione negativa sia prevista in ragione di un termine iniziale differito, si potrebbe ipotizzare un onere a carico del creditore di avanzare una richiesta o intimazione di adempimento al fine di far decorrere tale termine, ma non l'onere della costituzione in mora, esplicitamente escluso dalla norma in commento (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 244).

Anche in giurisprudenza si ritiene che costituisca inadempimento definitivo ogni fatto compiuto in violazione dell'obbligo e, perciò, non è ammessa la mora. Ne consegue che l'inadempimento dell'obbligazione negativa di non costruire (sul confine) rimane integrata dal mero fatto obiettivo di avere costruito (Cass. n. 3412/2003; Cass. n. 1050/1969). Nelle obbligazioni negative, affinché possa ritenersi posto in essere il fatto dell'obbligato che, ove compiuto in violazione delle stesse, costituisce di per sé inadempimento, occorre che detto fatto determini preclusione o, comunque, menomazione dell'esercizio del diritto alla cui soddisfazione l'obbligazione negativa è destinata. Pertanto, l'adozione, da parte di un comune, di un piano regolatore generale, il quale definisca inedificabile un'area che il comune medesimo si era impegnato a mantenere nella preesistente situazione di edificabilità, costituisce fatto integrante inadempimento dell'indicata obbligazione negativa dell'ente locale (in quanto comportante l'applicazione delle misure di salvaguardia previste dall'art. 1 l. n. 1902/1952 e successive modificazioni); con l'ulteriore conseguenza che dalla data della delibera comunale di adozione del piano decorre la prescrizione del diritto del privato al risarcimento del danno derivatogli dal descritto inadempimento (Cass. n. 1644/1996).

L'impossibilità non imputabile

Secondo la dottrina è comunque ipotizzabile l'impossibilità non imputabile della prestazione negativa (di non fare o non dare), quando la positiva necessità, sia pure temporanea, di fare o dare sia riconducibile ad una causa non imputabile al debitore (Visintini, in Comm. S., 1987, 475). Così accade quando il debitore si sia obbligato a non vendere ad un prezzo inferiore ad una certa misura, ma successivamente un provvedimento autoritativo imponga la vendita ad un prezzo più basso. In tal caso il debitore non è responsabile per i danni. Sicché, con la sola eccezione delle disposizioni sulla mora, il legislatore ha completamente equiparato le obbligazioni positive a quelle negative (Visintini, in Comm. S., 1987, 476).

Una risalente pronunzia della S.C. ha ritenuto che innanzi a tali obbligazioni non si può prospettare l'impossibilità non imputabile della prestazione (Cass. n. 1094/1951). Ma in senso contrario si è osservato che anche per le obbligazioni negative vige il principio della presunzione di colpa di cui all'art. 1218, superabile soltanto con la prova che l'inadempimento — che si verifica per il fatto della violazione dell'obbligo di non fare — sia dipeso da causa non imputabile al debitore, intendendosi per tale, ove il fatto sia compiuto dal terzo, quella idonea ad escludere l'imputabilità al debitore medesimo della situazione che ha posto il terzo in condizioni di interferire nell'inosservanza dell'obbligo (Cass. n. 3724/1991).

Bibliografia

Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1964; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1968; Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano, 1955; Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988; Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975; Mengoni, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., 1988; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975; Osti, voce Impossibilità sopravveniente, in Nss. D. I., 1962; Realmonte, voce Caso fortuito e forza maggiore, in Dig. civ., 1988; Santoro, La responsabilità contrattuale: il dibattito teorico, in Contr. e impr. 1989; Trimarchi, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984.

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