Codice Civile art. 1224 - Danni nelle obbligazioni pecuniarie.Danni nelle obbligazioni pecuniarie. [I]. Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro [1277 ss.], sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali [1284], anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale [1284 3], gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. [II]. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori. InquadramentoNelle obbligazioni pecuniarie, che hanno sin dall'origine ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, in conseguenza della mora del debitore sono dovuti gli interessi moratori. Essi decorreranno dalla richiesta o intimazione scritta nel caso di mora ex persona mentre decorreranno in via automatica nel caso di mora ex re (Giorgianni, 142). La costituzione in mora costituisce necessario presupposto anche per il riconoscimento del maggior danno. Ne discende che qualora si tratti di fatto illecito, gli interessi sono dovuti sin dalla verificazione dell'evento (Visintini, in Comm. S., 1987, 443; Benatti, 156). Infatti, anche ai debiti di valore si applica il meccanismo riparatorio previsto dalla norma nella misura degli interessi legali quale misura minima del danno (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 336). Essi sono dovuti in aggiunta al debito originario in conseguenza del ritardo ed in vista del futuro adempimento, seppure tardivo. Gli interessi di mora spettano anche quando l'obbligo pecuniario sia illiquido, diversamente dagli interessi corrispettivi, ossia dagli interessi prodotti di pieno diritto dai crediti liquidi ed esibibili di somme di denaro. Gli interessi di mora hanno una funzione ristoratoria in misura predeterminata in via forfettaria del ritardo nel pagamento. Pertanto la richiesta di interessi è implicita nella domanda di risarcimento (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 369). Qualora siano stati previamente convenuti interessi superiori alla misura legale, gli interessi di mora saranno dovuti secondo il medesimo saggio convenzionale. Diversamente, gli interessi di mora sono dovuti al tasso legale. Gli interessi di mora si distinguono non solo dagli interessi corrispettivi ma anche dagli interessi compensativi, ossia dagli interessi sul prezzo che il compratore deve al venditore se la cosa venduta e consegnata produca frutti e altri proventi, ai sensi dell'art. 1499. Secondo la S.C., gli interessi moratori accordati al creditore hanno funzione risarcitoria, rappresentando il ristoro, in misura forfettariamente predeterminata, della mancata disponibilità della somma dovuta (Cass. n. 23744/2009). La domanda di corresponsione degli interessi non accompagnata da alcuna particolare qualificazione va intesa come rivolta al conseguimento soltanto degli interessi corrispettivi, i quali, come quelli compensativi, sono dovuti indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento, fatta salva l'ipotesi della mora del creditore, atteso che la funzione primaria degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie è quella corrispettiva, collegata alla loro natura di frutti civili della somma dovuta, mentre, nei contratti di scambio, caratterizzati dalla contemporaneità delle reciproche prestazioni, è quella compensativa, dovendosi invece riconoscere carattere secondario alla funzione risarcitoria, propria degli interessi di mora, che presuppone l'accertamento del colpevole ritardo o la costituzione in mora ex lege del debitore, e quindi la proposizione di un'espressa domanda, distinta da quella del pagamento del capitale (Cass. n. 20868/2015; Cass. n. 1377/2008). Gli interessi legali di mora sono dovuti, in favore del creditore, anche quando egli abbia ottenuto il sequestro conservativo delle somme necessarie all'estinzione dell'obbligazione, sia perché il tempo del processo di merito non può andare a danno del creditore, sia perché la misura cautelare non immette il sequestratario nella disponibilità giuridica della somma e non ne soddisfa direttamente il credito (Cass. n. 6784/2012). In mancanza di un previo atto di costituzione in mora, gli interessi legali sull'obbligazione sin dall'origine pecuniaria decorrono dalla domanda giudiziale, come accade nel caso di proposizione dell'azione di revocatoria fallimentare avente ad oggetto somme di denaro (Cass. n. 27084/2011). Gli interessi di mora sulle spese effettuate dal danneggiato decorrono dalla loro erogazione (Cass. n. 2203/1977; Cass. n. 618/1974). Nel caso di ritardo nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie nell'ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002 con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza che vi sia bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza che nella domanda giudiziale il creditore debba specificare la natura e la misura degli interessi richiesti (Cass. n. 14911/2019). Secondo la S.C., nessuna domanda, né tanto meno alcuna specificazione della natura degli interessi richiesti, è necessaria affinché questi siano riconosciuti, sorgendo il relativo debito, ex lege, dallo stesso fatto originatore del credito cui essi accedono e alla scadenza dei termini previsti per il suo pagamento (Cass. n. 28413/2024). Essi, tuttavia, non possono essere conteggiati quando è proposta l'azione di ripetizione dell'indebito, per mezzo della quale è semplicemente chiesto in restituzione quanto sia stato pagato in assenza di una causa giustificativa (Cass. n. 36595/2022). Gli interessi di mora di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 231/2002 si applicano nel caso di ritardato pagamento del corrispettivo dovuto da parte dell'amministrazione obbligata alle strutture private accreditate con il Servizio sanitario nazionale (Cass. S.U., n. 35092/2023). In caso di ritardo nel pagamento della sanzione amministrativa, per il primo semestre sono dovuti gli interessi legali secondo i principi generali sulla fecondità delle obbligazioni pecuniarie, a prescindere da un'esplicita enunciazione del provvedimento sanzionatorio (Cass. S.U., n. 12324/2016). In materia di compenso dell'avvocato, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. sono dovuti a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 d.lg. n. 150/2011, per il sol fatto che la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore (Cass. n. 2337/2023; Cass. n. 24973/2022. In senso contrario v. Cass. n. 17655/2018). Gli interessi convenzionaliGli interessi di mora spettano in misura superiore al tasso legale qualora siano oggetto di specifica convenzione, che deve avere la forma scritta a pena di nullità (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 368). In ragione di tale convenzione è espressamente esclusa la possibilità di chiedere il maggior danno subito, fatto salvo il patto contrario (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 366). La richiesta del maggior danno è possibile quando la misura ultralegale degli interessi di mora non sia fissata da una convenzione tra creditore e debitore ma da un atto avente efficacia normativa generale, come i contratti collettivi di lavoro. Qualora sia stata pattuita la misura degli interessi corrispettivi si può richiedere il risarcimento del maggior danno (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 365). Per distinguere i debiti di valuta dai debiti di valore occorre avere riguardo non alla natura dell'oggetto nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento o del fatto dannoso, bensì all'oggetto diretto ed originario della prestazione, che nelle obbligazioni di valore consiste in una cosa diversa dal denaro mentre nelle obbligazioni di valuta è proprio una somma di danaro, a nulla rilevando l'originaria indeterminatezza della somma stessa. Ne consegue che il debito per il risarcimento del danno conseguente alla mora nell'adempimento di un'obbligazione sin dall'origine pecuniaria ha natura di debito di valuta tanto se il risarcimento sia pari alla sola misura degli interessi al tasso legale e convenzionale, quanto se debba essere determinato anche in relazione alla maggior misura dimostrata (Cass. n. 14573/2007). Per la determinazione convenzionale degli interessi moratori in misura superiore al tasso legale non solo è necessaria la stipulazione per iscritto ai sensi dell'art. 1284, ma si richiede altresì un accordo contrattuale, non essendo sufficiente la sola dichiarazione unilaterale del debitore, salvo che questa non sia utilizzata ed accettata ex adverso ai fini del perfezionamento dell'accordo (Cass. n. 11757/1991). La clausola con cui si determina convenzionalmente la misura degli interessi moratori con funzione liquidativa del risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie può essere assimilata ad una clausola penale sicché la domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello, potendo il giudice provvedervi anche d'ufficio, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività (Cass. n. 23273/2010). Inoltre, l'effetto di tale assimilazione è che la determinazione convenzionale degli interessi comporta la preventiva e definitiva liquidazione convenzionale di ogni danno aggiuntivo che si sia verificato a seguito di svalutazione monetaria, impedendo al creditore che dimostri di aver subito un danno maggiore di pretendere l'ulteriore risarcimento (Cass. n. 8481/2001), anche qualora il creditore si limiti a richiedere tali interessi in giudizio entro la soglia del tasso legale (Cass. n. 7955/1991). Il regime pattizio della previsione degli interessi di mora ne impone l'applicazione a tutte le ipotesi di ritardato adempimento, quand'anche derivante dall'invalidazione ope legis di una clausola originaria che escludeva l'inadempimento stesso, non consentendo la generale previsione di tali interessi di distinguere tra inadempimento originario e inadempimento derivato (dalla declaratoria di nullità ex tunc in seguito dichiarata) e tampoco autorizzando a riservarne l'applicazione alla sola prima ipotesi (Cass. n. 10850/2003). È nullo il patto con il quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all'art. 2 l. n. 108/1996 (Cass. n. 145/2023;Cass. S.U., n. 19597/2020, in Foro it., 2021, 2, I, 581, con nota di Palmieri Alessandro; Cass. n. 27442/2018). Essi sono autonomi dagli interessi corrispettivi e non cumulabili ai fini del calcolo del loro ammontare (Cass. n. 9237/2020; Cass. n. 14214/2022). Ad ogni modo, la pattuizione di un tasso di interesse moratorio usurario non comporta la gratuità del contratto (Cass. n. 8103/2023). In questa prospettiva, la S.C. ha evidenziato che la clausola penale e la pattuizione di interessi moratori si distinguono per diversità di funzioni e di disciplina (Cass. n. 5379/2023). Ancora l'accordo con il quale, nonostante il verificarsi della mora debendi, si escluda la spettanza degli interessi, in ragione della riconducibilità dell'inadempimento all'inosservanza, a cura di un terzo, dell'impegno di assicurare la necessaria provvista, integra una deroga convenzionale alla responsabilità del debitore e come tale deve essere da quest'ultimo provato con riferimento a tutte le circostanze di fatto che ne determinano l'operatività (Cass. n. 5463/2002). Il maggior dannoNei crediti di valore è dovuta in via automatica la rivalutazione monetaria ai fini di liquidare l'importo dovuto all'attualità. Sono dovuti anche gli interessi di mora sulla somma progressivamente rivalutata anno per anno allo scopo di tenere conto del ritardo nella corresponsione. Per converso nei crediti di valuta il maggior danno si determina, qualora vi sia l'espressa domanda di parte, nella misura dell'eccedenza del danno lamentato rispetto alla liquidazione forfettaria costituita dagli interessi legali. Solo nei crediti di lavoro subordinato la rivalutazione monetaria spetta in via automatica, nonostante la loro natura di debiti di valuta, in forza di un'espressa previsione normativa derogatoria dei principi generali ex art. 429 c.p.c. Il maggior danno — spettante a qualunque creditore ne chieda il risarcimento, senza necessità di inquadrarlo in una apposita categoria — è determinato in via presuntiva nell'eventuale differenza, durante la mora, tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi, del quale è sufficiente l'allegazione, trattandosi di fatto notorio (Cass. n. 6684/2018), e il saggio degli interessi legali (Cass. n. 22512/2021 ; Cass. n. 3954/2015; Cass. n. 3029/2015). Se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l'onere di provare l'esistenza e l'ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l'onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero — attraverso la produzione dei bilanci — quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l'onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale (Cass. S.U., n. 19499/2008, in Giust. civ., 2009, 9, I, 1937, con nota di Di Martino). Infatti, ove invochi un parametro fisso di quantificazione (nella specie, il rendimento dei titoli di Stato), il creditore è esonerato dall'onere di provare la maggiorazione del danno legata alle proprie condizioni soggettive (Cass. n. 21406/2021). Il creditore di un'obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l'onere di domandare il risarcimento del maggior danno e non può limitarsi a domandare semplicemente la condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione, non essendo quest'ultima una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta (Cass. n. 14837/2022; Cass. n. 16565/2018 ; Cass. S.U., n. 5743/2015; Cass. n. 21956/2014; Cass. n. 22273/2010). Soggiace a tale previsione anche l'obbligo restitutorio relativo all'originaria prestazione pecuniaria, anche in favore della parte non inadempiente, che ha natura di debito di valuta, come tale non soggetto a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno — da provarsi dal creditore — rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali (Cass. n. 14289/2018; Cass. n. 5639/2014). Di recente, la Suprema Corte ha affermato che, in caso di inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie, al danneggiato spettano la rivalutazione monetaria del credito (danno emergente) e gli interessi compensativi (lucro cessante), a decorrere dal giorno della verificazione dell'evento dannoso, venendo in rilievo un debito non di valuta, ma di valore, al pari dell'obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale (Cass. n. 37798/2022; in materia di violazione del dovere informativo a carico dell'intermediario v. Cass. n. 26202/2022; in senso contrario v. Cass. n. 20833/2019). Nei debiti di valore derivanti da fatto illecito, il riconoscimento degli interessi compensativi postula una specifica domanda di parte (Cass. n. 1387/2024; Cass. n. 4938/2023; contra Cass. n. 39376/2021). La liquidazione del danno da ritardato adempimento di un'obbligazione di valore, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito; b) detraendo l'acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi individuando un saggio scelto in via equitativa, ed applicandolo prima sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva ( Cass. n. 16027/2022 ). BibliografiaBarassi, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1964; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1968; Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano, 1955; Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988; Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975; Mengoni, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., 1988; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975; Osti, voce Impossibilità sopravveniente, in Nss. D. I., 1962; Realmonte, voce Caso fortuito e forza maggiore, in Dig. civ., 1988; Santoro, La responsabilità contrattuale: il dibattito teorico, in Contr. e impr. 1989; Trimarchi, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984. |