Codice Civile art. 1225 - Prevedibilità del danno.

Cesare Trapuzzano

Prevedibilità del danno.

[I]. Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento [1223] è limitato al danno che poteva prevedersi [1176] nel tempo in cui è sorta l'obbligazione [1173].

Inquadramento

La norma limita il risarcimento ai soli danni prevedibili qualora l'inadempimento o il ritardo non discendano da dolo del debitore. Un'analoga previsione è contenuta nell'art. 74 della Convenzione di Vienna 11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili, recepita in Italia dalla l. n. 765/1985. La prevedibilità è ancorata al tempo in cui è sorta l'obbligazione e deve riguardare anche il quantum (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 385). Un danno di ammontare eccezionale non esclude comunque la riparabilità di quella frazione che era prevedibile. Tale prevedibilità deve essere ponderata dal debitore facendo uso della diligenza media secondo le circostanze concrete dallo stesso conoscibili (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 379). Essa attiene alla lesione dell'interesse fondamentale dedotto nel rapporto. Al danno prevedibile è equiparato il danno imprevedibile ma in concreto previsto. La prova della prevedibilità è a carico del creditore ed il relativo apprezzamento di fatto non è sindacabile in sede di legittimità (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 386).

Secondo la S.C., l'imprevedibilità alla quale fa riferimento l'art. 1225 costituisce un limite non all'esistenza del danno, ma alla misura del suo ammontare (Cass. n. 29566/2019; Cass. n. 3395/1997). La limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile non è riferita allo specifico debitore, bensì ha riguardo alla prevedibilità astratta inerente ad una determinata categoria di rapporti, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici, cioè secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (Cass. n. 16763/2011; Cass. n. 11189/2007; Cass. n. 15559/2004; Cass. n. 18239/2003). L'onere della prova della prevedibilità del danno incombe sul creditore (Cass. n. 2910/1992; Cass. n. 2555/1989).

Il riferimento temporale della prevedibilità

Il tempo a cui deve essere fatta risalire la possibilità di previsione coincide con il momento in cui la prestazione diviene esigibile e, conseguentemente, al debitore si palesa in termini di attualità l'alternativa tra adempimento e inadempimento (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 381). E ciò in base all'assunto secondo cui la parte che assuma contrattualmente un obbligo deve adottare le misure che assicurino in via probabilistica il perseguimento dei risultati dovuti (Trimarchi, 5).

La prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento non al momento in cui è sorto il rapporto obbligatorio ma a quello in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e, potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e quindi di prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente; infatti, il collegamento della prevedibilità del danno al tempo in cui è sorta l'obbligazione non tiene conto del periodo di tempo, a volte anche lungo, intercorrente fra tale momento e quello in cui la prestazione deve essere adempiuta (Cass. n. 18498/2021; Cass. n. 1956/2007). Il concreto ammontare del risarcimento non può eccedere l'entità prevedibile nel momento in cui è sorta l'obbligazione inadempiuta (Cass. n. 3102/2000).

Il dolo del debitore

Il dolo del debitore consiste nel volontario inadempimento e si riscontra nella sequenza causale tra la sua attività e la mancata soddisfazione del creditore. È all'uopo sufficiente la mera intenzionalità dell'inadempimento, senza che sia necessaria anche la consapevolezza del danno che con tale inadempimento è cagionato. Ma secondo un autore in dottrina anche la consapevolezza del danno è richiesta ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo del dolo (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 375). La prova del dolo, che può essere data anche per presunzioni, è a carico del creditore (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 378). Il dolo deve ritenersi esistente anche quando sia dimostrato che il creditore ha inoltrato una richiesta di adempimento al debitore, cui non abbia fatto seguito l'adempimento. A tali effetti al dolo non può essere equiparata la colpa grave.

Anche in giurisprudenza si ritiene che il dolo del debitore, che ai sensi dell'art. 1225 comporta la risarcibilità anche dei danni imprevedibili al momento in cui è sorta l'obbligazione, non consiste nella coscienza e volontà di provocare tali danni, ma nella mera consapevolezza e volontarietà dell'inadempimento (Cass. n. 2899/1987; Cass. n. 5566/1984, in Giust. civ. 1985, 12, I, 3171; contra Cass. n. 5811/1978; Cass. n. 2441/1962). Pertanto, tale consapevolezza deve ritenersi sussistente in capo al conduttore che permanga nella detenzione dell'immobile e sospenda il pagamento del canone nonostante la pronunzia di un provvedimento giudiziale di rilascio (Cass. n. 25271/2008).

Secondo alcuni arresti, l'imputabilità per i danni imprevedibili va estesa anche alla colpa grave, le cui conseguenze giuridiche sono trattate allo stesso modo di quelle proprie della condotta dolosa (Cass. n. 25168/2019; Cass. n. 5910/2004).

Il risarcimento dei danni imprevedibili

Il dolo esclude che il risarcimento sia limitato ai danni prevedibili poiché in tal caso viene meno l'esigenza che la sanzione sia proporzionata alla normale utilità della prestazione (Bianca, in Comm. S.B., 1988, 375). In conseguenza dell'inadempimento doloso l'estensione della riparazione anche ai danni imprevedibili non copre tutti i danni possibili, ossia non garantisce al creditore danneggiato anche il ristoro delle utilità che superano la normalità e che egli stesso non poteva prevedere, ma è comunque limitata alle conseguenze normalmente prevedibili dal lato del creditore nel momento dell'inadempimento, anche se erano imprevedibili al momento in cui l'impegno è stato assunto (Trimarchi, 7).

In tema di responsabilità contrattuale, derivante dall'inadempimento da parte del promissario acquirente dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo, assunto in una promessa di vendita di immobile altrui, il criterio di prevedibilità del danno risarcibile può comportare il ristoro del pregiudizio consistente nella differenza fra il prezzo pattuito in sede di preliminare e quello inferiore successivamente realizzato mentre non consente di tener conto della perdita subita dal promittente venditore per aver dovuto restituire il bene al proprietario, in seguito al decorso del termine stabilito nell'accordo interno intercorso con quest'ultimo, non potendo rientrare nella normalità delle circostanze, secondo un criterio di comune esperienza, il fatto che la mancata conclusione del definitivo comporti la retrocessione dell'immobile al suo titolare (Cass. n. 15639/2012). In tema di responsabilità aquiliana costituisce danno risarcibile qualunque pregiudizio che, senza il fatto illecito, non si sarebbe verificato, a prescindere dalla sua prevedibilità (Cass. n. 20932/2015; Cass. n. 6725/2005; Cass. n. 2488/1979). L'esclusione dal nesso di causalità nel fatto illecito degli eventi che al momento della loro produzione appaiano del tutto inverosimili (teoria della causalità adeguata o della regolarità causale, la quale in realtà, oltre che una teoria causale, è anche una teoria dell'imputazione del danno) mette in rilievo una nozione di prevedibilità che è diversa da quella delle conseguenze dannose, cui allude l'art. 1225, ed anche dalla prevedibilità posta a base del giudizio di colpa, poiché essa prescinde da ogni riferimento alla diligenza dell'uomo medio, ossia all'elemento soggettivo dell'illecito, e concerne, invece, le regole statistiche e probabilistiche necessarie per stabilire il collegamento di un certo evento ad un fatto (Cass. n. 11609/2005).

Bibliografia

Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1964; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano, 1968; Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; Cottino, L'impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore. Problemi generali, Milano, 1955; Franzoni, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988; Giorgianni, L'inadempimento, Milano, 1975; Mengoni, voce Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., 1988; Natoli-Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975; Osti, voce Impossibilità sopravveniente, in Nss. D. I., 1962; Realmonte, voce Caso fortuito e forza maggiore, in Dig. civ., 1988; Santoro, La responsabilità contrattuale: il dibattito teorico, in Contr. e impr. 1989; Trimarchi, Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984.

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