Codice Civile art. 1268 - Delegazione cumulativa.

Cesare Trapuzzano

Delegazione cumulativa.

[I]. Se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari espressamente di liberarlo [1230 2, 1274].

[II]. Tuttavia il creditore che ha accettato l'obbligazione del terzo non può rivolgersi al delegante, se prima non ha richiesto al delegato l'adempimento [1408 2, 2356 2].

Inquadramento

La delegazione, l'espromissione e l'accollo sono istituti che regolano la modificazione dal lato passivo del rapporto obbligatorio, ossia la successione nel debito. Detta modificazione si materializza nell'acquisto da parte del creditore di un nuovo debitore mentre il precedente debitore continua a rispondere in via sussidiaria. Affinché il debitore originario possa essere liberato è necessario che vi sia un'espressa dichiarazione del creditore (Rescigno, 1989, 124). La liberazione dell'originario debitore può determinare la novazione del rapporto o la successione a titolo particolare del nuovo debitore nell'obbligazione: nel primo caso il rapporto si estingue e ad esso si sostituisce un nuovo rapporto, nel secondo il rapporto persiste, salvo il mutamento del soggetto passivo (Rescigno, 1989, 124; Breccia, 817). Norme particolari sono dettate per ciascuno dei tre istituti quanto al regime delle eccezioni sollevabili, cui seguono due norme comuni relative al destino delle garanzie. L'intento del legislatore di privare di alcun rilievo pratico la distinzione tra successione novativa e successione a titolo particolare o privativa, desumibile dal rinvio di cui all'art. 1235, non può però dirsi completamente riuscita, poiché essa conserva ancora un certo margine di rilevanza con riferimento agli aspetti non regolati dal codice, come la prescrizione, i privilegi, la clausola compromissoria, il pactum de non petendo. Essi ricevono il medesimo trattamento del rapporto originario solo quando si abbia successione a titolo particolare mentre quando si abbia successione novativa la disciplina del nuovo rapporto avrebbe un assetto diverso (Bianca, 627; Cicala, 13). Ma in senso contrario si evidenzia che la previsione nella delegazione e nell'accollo della soggezione dell'obbligazione del nuovo debitore alla disciplina del debito originario, anche relativamente agli aspetti non considerati dal legislatore, non dipende dall'efficacia novativa o privativa della successione, bensì dal fatto che le parti abbiano evocato o meno il rapporto di base (Rescigno, 1989, 129). Con particolare riguardo ai privilegi, la conservazione è esclusa anche nella successione a titolo particolare mentre i privilegi speciali permangono quando la cosa resti al debitore originario. Agli istituti della delegazione, espromissione e accollo, quali fattispecie volontarie di assunzione del debito altrui, si contrappongono le fattispecie di assunzione legale, che si realizzano quando il legislatore disponga la trasmissione del debito a seguito di un negozio che non ha per oggetto il debito, ma un bene o un complesso di beni a cui il debito inerisce (Rescigno, 1989, 125), come accade nelle ipotesi regolate dagli artt. 546 e 2560, comma 2. All'assunzione legale si applicano i principi dettati per l'assunzione volontaria nei limiti della compatibilità; con riferimento ai privilegi generali, la disciplina dell'assunzione legale è diversa dalla disciplina dell'assunzione convenzionale: essi si conservano nel caso di assunzione legale mentre si estinguono in caso di assunzione volontaria.

In giurisprudenza è ammessa la configurabilità della novazione soggettiva passiva, in ragione delle modalità e delle pattuizioni con cui avviene il mutamento soggettivo del rapporto obbligatorio (Cass. n. 4277/1974; Cass. n. 2224/1965). Anche la S.C. esclude che il privilegio generale del credito verso il debitore principale possa essere fatto valere verso il terzo accollante, indipendentemente dalla natura novativa o meno della successione (Cass. n. 2804/1977). Dagli istituti che contemplano la successione dal lato passivo nel rapporto obbligatorio si distingue la promessa di pagamento, regolata dall'art. 1988, la quale ha un effetto meramente confermativo, nella sfera probatoria, di un preesistente rapporto fondamentale di debito e, pertanto, è inidonea a costituire nuove obbligazioni ed a porre in essere una successione a titolo particolare nel suddetto rapporto, di natura sia cumulativa, con l'aggiunzione di un nuovo debitore a quello originario, sia privativa, con l'eliminazione, cioè, del precedente debitore (Cass. n. 1568/1975).

La delegazione di debito

La delegazione di debito o delegatio promittendi si realizza tramite l'accordo trilatero (Bottiglieri, 3) tra debitore originario delegante, al quale risale l'iniziativa della delegazione, terzo delegato, il quale si assume il debito verso il creditore (Magazzù, 164), e creditore delegatario, che accetta l'assunzione del debito da parte del delegato. Siffatta fattispecie può essere anche a formazione progressiva, anziché contestuale (Bottiglieri, 3). Secondo la tesi atomistica, si tratterebbe di negozi separati, sebbene collegati: negozi recettizi di autorizzazione o contratti di mandato e contratto finale tra delegato e delegatario o negozio unilaterale del delegato cui aderisce il delegatario (Bianca, 635). La delegazione di debito si differenzia dalla delegazione di pagamento o delegatio solvendi, attraverso la quale il delegante si limita ad incaricare dell'esecuzione della prestazione un terzo, senza che questi assuma l'obbligo verso il creditore.

La S.C. costruisce la fattispecie della delegatio promittendi in termini di negozio e rapporto unitario trilatero, ossia che importa il concorso di tre dichiarazioni di volontà tra esse interdipendenti (Cass. n. 676/1973; Cass. n. 2314/1965). La formazione del negozio giuridico di delegazione può essere anche progressiva e non contestuale, senza che faccia venir meno l'unicità del rapporto, così come è irrilevante la consapevolezza dell'esistenza e della natura della provvista, non essendo richiesta dalla norma (Cass. n. 15691/2011). Ma per la tesi della pluralità di distinti negozi bilaterali ed unilaterali, dotati ciascuno di una propria causa, pur se tra loro finalisticamente collegati, si è espresso un arresto minoritario (Cass. n. 6387/2000). La delegazione di debito è ipotizzabile anche qualora il credito del delegatario verso il delegante non sia liquido ed esigibile ovvero sia un credito futuro geneticamente collegato a rapporti già in atto (Cass. n. 9470/2004; Cass. n. 2549/1969; Cass. n. 1788/1967). Quanto alla differenza tra delegazione di debito e di pagamento, la giurisprudenza sottolinea che la delegazione passiva può avere ad oggetto sia una promessa di futuro pagamento (delegatio promittendi, con funzione creditoria), sia un pagamento immediato (delegatio solvendi o dandi, con funzione solutoria) e può assolvere, quindi, sia alla finalità di predisporre un futuro adempimento e di rafforzare il rapporto obbligatorio, aggiungendovi un nuovo debitore (delegato) con posizione di obbligato principale accanto al debitore originario (delegante), la cui obbligazione diventa, peraltro, sussidiaria (delegazione cumulativa), sia alla finalità di rendere possibile l'adempimento, in atto, di un'obbligazione già scaduta, ad opera di un terzo (delegato) anziché ad opera del debitore (delegante), con funzione immediatamente solutoria (Cass. n. 2549/1969). Pertanto nella delegatio promittendiex art. 1268 il delegato è direttamente obbligato verso il delegatario e questi può agire direttamente verso il delegato, mentre nella delegatio solvendiex art. 1269, è esclusa l'azione diretta del delegatario verso il delegato (Cass. n. 7945/2020). In entrambi i casi è tuttavia necessaria l'adesione del delegatario (Cass. n. 2954/1972). La questione interpretativa circa la riconduzione della delegazione conclusa tra le parti alla delegazione di debito ovvero alla delegazione di pagamento costituisce valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. n. 18735/2003).

La delegazione su debito o coperta e allo scoperto

Normalmente la delegazione presuppone che il delegante sia creditore del delegato (rapporto di provvista) e debitore del delegatario (rapporto di valuta), cosicché la prestazione eseguita dal delegato verso il delegatario (rapporto finale) valga ad estinguere al contempo due rapporti. Si parla in questa evenienza di delegazione su debito o coperta. Sicché sarebbe atipico il negozio che, utilizzando lo schema della delegazione, crei nuove obbligazioni (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 17). Nondimeno, si ritiene che la delegazione può anche prescindere da pregressi rapporti di debito tra le parti ed operare come possibile ragione di credito del delegato verso il delegante e del delegante verso il delegatario (Breccia, 810; Greco, 328). Pertanto, la possibilità che la delegazione prescinda e sia indipendente da rapporti sottostanti induce a ritenere che l'istituto è neutro sotto il profilo causale (Bianca, 632) ovvero costituisce uno schema a causa generica (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 17). Qualora il delegato sia debitore del delegante, si riscontra una delegazione su debito; quando tale sottostante rapporto difetti, si tratta di delegazione allo scoperto (Magazzù, 158). A rigore, dalla discriminazione tra delegazione coperta e allo scoperto si differenzia la distinzione tra delegazione titolata o causale e delegazione pura o astratta, che si fonda, non già sull'esistenza o inesistenza dei rapporti di base, bensì sulla possibilità che nel rapporto finale tra delegato e delegatario sia omesso qualsiasi riferimento ai sottostanti rapporti sostanziali, anche se per ipotesi esistenti; ciò legittima la qualificazione dell'istituto in termini di astrazione del fenomeno delegatorio (Breccia, 814).

La S.C. sostiene che la preesistenza del rapporto tra delegante e delegato è richiesta per la validità dell'operazione, la quale determina l'estinzione di entrambi i debiti del delegante verso il delegatario e del delegato verso il delegante attraverso l'adempimento del delegato verso il delegatario (Cass. n. 676/1973; Cass. n. 1637/1969; Cass. n. 358/1963). Infatti, la delegazione postula due condizioni, vale a dire che il delegante sia creditore del delegato e debitore del delegatario e che il delegato abbia assunto l'obbligo di pagare a quest'ultimo il debito del delegante (Cass. n. 15691/2011).

La delega del delegante al delegato (il rapporto di provvista)

La delega costituisce un atto unilaterale recettizio che soggiace alla disciplina ordinaria (Greco, 333). In senso contrario altri autori affermano che la delega consiste in un mandato tra delegante e delegato, il cui oggetto è rappresentato dall'assunzione del debito nei confronti del delegatario (Breccia, 812; Bianca, 639). La delega non esige oneri di forma, salvo che questi siano resi necessari dai profili causali specifici dell'atto; così qualora la delegazione realizzi una donazione al delegatario, sarà necessaria la forma prescritta dall'art. 728 (Rescigno, 1962, 961). Anche in ordine alla delega valgono le norme ordinarie in tema di vizi del volere e incapacità. La qualifica in termini di atto di ordinaria o straordinaria amministrazione dipende dal rapporto cui la delegazione inerisce (Greco, 333). La revoca può avvenire nei limiti di cui all'art. 1270 (Magazzù, 162; Greco, 334). Ove la delega sia invalida, non si può realizzare il suo effetto tipico, ossia il conteggio della prestazione del delegato sul patrimonio del delegante (Magazzù, 162); ciò inoltre permette al delegato di promuovere azione di ripetizione dell'indebito soggettivo verso il delegatario ai sensi dell'art. 2036 (Magazzù, 162; Greco, 348). Ove il rapporto delegante-delegatario sia annullabile, la delega, ricorrendo le condizioni di cui all'art. 1444, rappresenta una volontaria esecuzione di detto rapporto e vale come convalida (Rescigno, 1962, 963; contra Bianca, 646). Se, invece, il rapporto delegante-delegatario tragga origine da un contratto nullo o inefficace, la delega non può sanare tale nullità o inefficacia: il delegante potrà sempre far valere la nullità o l'inefficacia qualora il delegatario, rivoltosi senza esito al delegato, agisca contro di lui e, qualora il delegato abbia eseguito la prestazione, il delegante può agire in ripetizione contro il delegatario qualora il rapporto di provvista sia valido ed efficace, implicando esso una diretta incidenza del pagamento del delegato sul patrimonio del delegante (Rescigno, 1962, 964). La delega costituisce atto interruttivo della prescrizione, poiché implica il riconoscimento del diritto del creditore (Rescigno, 1962, 965). Ove al momento della delega il termine di prescrizione del credito sia già maturato, l'attribuzione di un nuovo debitore può integrare le condizioni della soluti retentio (Rescigno, 1962, 865).

Anche la S.C. ritiene che la delega sia atto a forma libera che può essere rilasciata anche verbalmente (Cass. n. 2314/1965). Inoltre, il delegato nella delegazione promissoria può assumere l'obbligo verso il delegatario a titolo oneroso o gratuito (Cass. n. 8590/2003). Contrariamente alla tesi della dottrina, la giurisprudenza rileva che, ove risulti successivamente invalido il rapporto di provvista, il delegato — sul cui patrimonio vengono a ricadere le conseguenze dell'indebito pagamento, giacché il pagamento effettuato a favore del delegatario trova la sua causa nel valido rapporto di valuta — deve ritenersi legittimato ad agire nei confronti del delegante, atteso che il delegato, pagando al delegatario, estingue contestualmente il suo debito nei confronti del delegante, ed è nei confronti di questi che deve necessariamente indirizzare la pretesa di ripetizione allorché, avendo già provveduto al pagamento a favore del delegatario, nell'erronea convinzione della sussistenza di un valido rapporto di provvista, ne risulti, successivamente, l'invalidità o l'inefficacia (Cass. n. 9470/2004). Inoltre, sostiene che nel caso di invalidità o inefficacia sia del rapporto di valuta sia del rapporto di provvista, il delegato è legittimato a richiedere la ripetizione verso il delegatario, salvo che il delegato non agisca in ripetizione direttamente verso il delegante, nel qual caso quest'ultimo sarà legittimato ad agire in ripetizione verso il delegatario (Cass. n. 1788/1967).

Il rapporto delegato-delegatario (o finale)

In attuazione della delega, il delegato si assume il debito verso il delegatario, stipulando con quest'ultimo un contratto in ordine al quale non sono prescritti oneri di forma (Breccia, 812; Rescigno, 1962, 961; Greco, 335; Magazzù, 164). Altra dottrina ritiene invece che l'assunzione del debito a cura del delegato verso il delegatario si realizza mediante un atto negoziale unilaterale (Bianca, 643); secondo questa tesi, l'accettazione del delegatario avrebbe una valenza limitata a produrre gli effetti del beneficio dell'ordine di escussione in favore del delegante e dell'irrevocabilità della promessa del delegato. Si ritiene altresì che l'accettazione del creditore possa avvenire anche attraverso comportamento concludente e possa determinare anche la liberazione del debitore originario, se quest'ultima sia stata posta come condizione della delegazione da parte del delegante o del delegato. È invece controverso se un contegno concludente possa costituire accettazione di una delegazione incondizionata e, al contempo, liberare il debitore originario (Rescigno, 1962, 961). Il contratto stabilisce il contenuto e l'estensione dell'obbligo assunto dal delegato. Inoltre, esso determina le eccezioni opponibili dal delegato al delegatario sulla scorta del rinvio o meno al rapporto di valuta e/o al rapporto di provvista (Rescigno, 1962, 961). L'invalidità del contratto di assunzione comporta la ripetibilità del pagamento azionabile dal delegante verso il delegatario, se il conteggio della prestazione eseguita dal delegato sul patrimonio del delegante abbia comunque avuto luogo, oppure azionabile dal delegato, se il conteggio non abbia avuto luogo (Bianca, 648; Greco, 348). Qualora il delegatario ceda ad un terzo il proprio credito verso il debitore originario senza menzionare la delegazione cumulativa, il cessionario può agire nei soli confronti di tale debitore originario delegante, ma è privo di azione contro il delegato, poiché il rapporto delegato-delegatario non costituisce un accessorio del credito che si trasferisce unitamente al credito ceduto (Rescigno, 1962, 962).

Secondo la S.C., il delegato assume la veste di coobbligato solidale verso il creditore per effetto di una promessa unilaterale, che si perfeziona con la relativa dichiarazione di volontà ed è efficace dal momento in cui perviene a conoscenza del delegatario; alla sua eventuale accettazione è connesso l'effetto del beneficio di escussione a favore del delegante (Cass. n. 6387/2000; Cass. n. 957/1990). L'accettazione del delegatario non esige particolari requisiti di forma e può avvenire anche per comportamenti concludenti, quali l'emissione delle fatture a cura del delegatario direttamente verso il delegato, senza alcuna contestazione dell'obbligo (Cass. n. 4852/2019; Cass. n. 19090/2007). Il delegato può anche impegnarsi verso il delegatario nei limiti dell'effettiva realizzazione, da parte sua, del rapporto di provvista (Cass. n. 3947/1974).

Il rapporto delegante-delegatario (o di valuta)

Salvo che il delegatario dichiari espressamente di liberarlo (delegazione privativa), il delegante rimane obbligato in solido con il delegato (delegazione cumulativa), sebbene in posizione sussidiaria rispetto a quest'ultimo (Rescigno, 1962, 969). Sicché all'originario debitore si affianca o si aggiunge un nuovo debitore (Breccia, 816). Per contro, altro autore nega che le obbligazioni del delegante e del delegato siano solidali poiché normalmente le eccezioni e le vicende estintive dell'una non incidono sull'altra, salvo che le parti non mutino il regime legale delle eccezioni (Bianca 651). La natura sussidiaria delle obbligazioni implica che il delegatario ha l'onere di richiedere in via preventiva l'adempimento al delegato; ove la richiesta rimanga infruttuosa, il delegatario può rivolgersi al delegante, senza che sia necessaria una previa escussione del delegato, quando essa appaia ex ante inutile, come accade quando questi si trovi nell'impossibilità giuridica di adempiere, ad esempio perché fallito (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 22; Bianca 652; Rescigno, 1962, 948). In ragione del regime di solidarietà, la richiesta di adempimento diretta al delegato interrompe il decorso del termine di prescrizione anche verso il delegante (Rescigno, 1962, 965).

La delegatio promittendi non determina la novazione del rapporto obbligatorio originario, bensì l'aggiunta di un nuovo debitore (delegato), con posizione di debitore principale, accanto al debitore originario (delegante), la cui obbligazione permane, sebbene in posizione sussidiaria (Cass. n. 854/1982). Anche secondo la giurisprudenza, la richiesta di adempimento verso il delegante non esige necessariamente la previa escussione del delegato, sicché quando la semplice richiesta di adempimento sia rimasta infruttuosa, il creditore delegatario può rivolgersi senz'altro al delegante (Cass. n. 734/1969).

La liberazione del debitore originario

Affinché possa determinarsi la liberazione del debitore originario, si richiede una dichiarazione espressa, anche se non necessariamente scritta, del delegatario (Bianca, 653; Magazzù, 166; Rescigno, 1962, 973). Non si può invece attribuire alcun significato al mero silenzio del creditore (Magazzù, 166; Rescigno, 1962, 974). La volontà di liberare il debitore originario può risultare da contegni tipici del creditore che costituiscano diretta attuazione di detta volontà e non soggiace ad alcun vincolo di forma (Rescigno, 1962, 974). Così essa può essere desunta dalla volontaria restituzione al delegato del titolo originario del credito. Il debitore, al quale risale l'iniziativa dell'operazione, non può rifiutare la liberazione avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 1236, pur essendo la dichiarazione di liberazione assimilabile per certi versi alla remissione di debito, poiché la sua ipotetica protestatio sarebbe un venire contra factum proprium (Giacobbe, 29; Rescigno, 1962, 971).

La S.C. esclude che la liberazione possa costituire l'effetto di fatti concludenti, per definizione sintomatici di una manifestazione tacita di volontà e comunque concettualmente contrapposti alla dichiarazione espressa, alla cui sussistenza la norma subordina la liberazione del debitore (Cass. n. 848/2002; Cass. n. 262/1975). Ma in senso contrario altro arresto equipara alla espressa manifestazione liberatoria di volontà del creditore delegatario un suo contegno concludente, univocamente diretto a tale risultato (Cass. n. 9835/1994).

La delegazione attiva

La delegazione passiva si distingue dalla delegazione attiva o di credito, che implica una modificazione dal lato attivo del rapporto obbligatorio e si realizza quando il creditore delegante autorizza un terzo delegatario ad accettare la promessa obbligatoria proveniente dal proprio debitore delegato e a rendersi così creditore di quest'ultimo (Giacobbe, 5; Bottiglieri, 3; Rescigno, 1962, 932). Secondo un'opinione, l'istituto non avrebbe alcuna autonomia concettuale rispetto alla delegazione passiva, dalla quale si distinguerebbe esclusivamente per la diversa veste con cui il delegante prende l'iniziativa dell'operazione: come debitore del delegatario nella delegazione passiva e come creditore del delegato nella delegazione attiva (Magazzù, 159). Altro autore evidenzia che non vi è alcuna contrapposizione tra delegazione attiva e passiva, anzi spesso la delegazione è al contempo attiva e passiva, nel senso che il delegante è creditore del delegato e debitore del delegatario (Bianca, 630). La delegazione attiva si distingue dalla cessione di credito, che realizza anch'essa un'ipotesi di successione nel rapporto obbligatorio dal lato attivo, poiché la prima si perfeziona con il consenso delle tre parti interessate all'operazione, comprendendo, a differenza della cessione, anche il debitore ceduto (Rescigno, 1962, 932). Inoltre, la delegazione attiva normalmente è cumulativa, comportando l'aggiunta di un nuovo creditore a quello originario, salva espressa dichiarazione di liberazione proveniente dal creditore originario verso il debitore, mentre effetto naturale della cessione è l'acquisizione della titolarità esclusiva del credito in testa al cessionario; qualora la delegazione attiva importi una successione novativa, ossia determini l'estinzione del credito del delegante e l'acquisizione della titolarità esclusiva in favore del terzo, si applicherà l'art. 1275, sicché le garanzie si estingueranno qualora colui che le ha prestate non consenta di mantenerle, a fronte della diversa disciplina dettata dall'art. 1263 per la cessione, secondo cui il credito ceduto si trasferisce con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori (Rescigno, 1962, 932).

La delegazione attiva postula l'esistenza di due creditori e di un debitore, presentandosi, dal punto di vista strutturale, come un negozio plurilaterale con tre soggetti e due rapporti (Cass. n. 2907/1967). Ove manchi il consenso del debitore la delega dà luogo alla figura di un mero adiectus solutionis causa anche se dal delegante è dichiarata irrevocabile, onde non può ritenersi verificato alcun trasferimento patrimoniale prima che il pagamento venga concretamente effettuato (Cass. n. 1626/1963). La differenza tra delegazione attiva e cessione di credito, sotto il profilo dei soggetti coinvolti, è confermata anche dalla giurisprudenza (Cass. n. 1336/1962).

Il fallimento del delegante

Qualora, dopo che il delegato si sia obbligato verso il delegatario o abbia pagato in esecuzione della delega, intervenga il fallimento del delegante, non si determina alcun pregiudizio per il delegato; quest'ultimo, infatti, potrà validamente opporre il pagamento alla curatela fallimentare o, se si sia obbligato verso il delegatario, l'inesigibilità della prestazione dovuta al fallito e poi, una volta eseguito il pagamento, l'estinzione del debito (Bianca, 660; Bottiglieri, 24). Ove, al contrario, il fallimento del delegante intervenga prima che il delegato si obblighi o paghi verso il delegatario, l'esecuzione della delega è inopponibile alla curatela fallimentare, nei cui confronti il pagamento al delegatario non ha efficacia liberatoria (Bianca, 660). Il delegato in buona fede può tuttavia avvalersi dell'art. 1729, che fa salvi nei confronti del mandante gli atti compiuti dal mandatario prima di conoscere l'estinzione del mandato (Bianca,661). Il pagamento in favore del delegatario è revocabile ove il delegato paghi con fondi del delegante e quindi pregiudichi la massa dei creditori (Bianca, 662). Ma in senso contrario, con riferimento alla delegatio solvendi, si è espresso altro autore (Rescigno, 1962, 975).

Secondo la giurisprudenza, il pagamento effettuato dal delegato con fondi del delegante, che sia stato successivamente dichiarato fallito, è revocabile (Cass. n. 4630/1977).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bottiglieri, Delegazione, Enc. giur., Milano 1988; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Campobasso, Accollo, in Enc. giur., Roma, 1988; Cicala, Espromissione, in Enc. giur., Roma, 1988; Greco, Delegazione, in Nss. D. I., Torino, 1960; Magazzù, Delegazione, in Dig. civ., Torino, 1989; Mancini, Espromissione, in Dig. civ., Torino, 1992; Rescigno, Studi sull'accollo, Milano, 1957; Rescigno, Delegazione, in Enc. dir., Milano, 1962; Rescigno, Debito (successione nel), in Dig. civ., Torino, 1989; Rodotà, L'espromissione, in Enc. dir., Milano, 1966.

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