Codice Civile art. 1271 - Eccezioni opponibili dal delegato.Eccezioni opponibili dal delegato. [I]. Il delegato può opporre al delegatario le eccezioni relative ai suoi rapporti con questo. [II]. Se le parti non hanno diversamente pattuito, il delegato non può opporre al delegatario, benché questi ne fosse stato a conoscenza, le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante, salvo che sia nullo il rapporto tra delegante e delegatario. [III]. Il delegato non può neppure opporre le eccezioni relative al rapporto tra il delegante e il delegatario, se ad esso le parti non hanno fatto espresso riferimento. InquadramentoIl legislatore prevede un diverso regime di opponibilità delle eccezioni da parte del delegato verso il delegatario, in ordine ai rapporti sottostanti di valuta e di provvista, sia che si tratti di delegatio promittendi sia che si tratti di delegatio solvendi, in base al fatto che detti rapporti siano o meno richiamati o costituiscano oggetto di specifica pattuizione ovvero non siano né richiamati né costituiscano oggetto di patto (Giacobbe, 58). Nel caso di mancato richiamo o di assenza di una diversa pattuizione, si avrà una delegazione pura o astratta, che non consente la sollevazione delle riferite eccezioni; nel caso in cui essi siano evocati, si avrà una delegazione titolata o causale, che permette la proposizione delle eccezioni inerenti ai rapporti di base. In ogni caso, il delegato potrà sollevare verso il delegatario le eccezioni relative al rapporto finale sia nella delegazione pura sia nella delegazione titolata. Le eccezioni nella delegazione pura o astrattaNell'ipotesi in cui il delegato e il delegatario non abbiano fatto alcun riferimento ai rapporti sottostanti di valuta e di provvista, quand'anche essi siano per ipotesi di fatto conosciuti dal delegatario, sia nella delegatio promittendi sia nella delegatio solvendi, il delegato non può eccepire al delegatario i vizi relativi a detti rapporti, salva diversa pattuizione (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 58; Rescigno, 1962, 935). Siffatta inopponibilità opera anche quando il delegato si sia obbligato nell'erronea convinzione di essere debitore del delegante (Greco 338). Il delegato può comunque far valere l'invalidità dell'assunzione del debito nei confronti del delegatario (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 60; Magazzù, 165), l'inesistenza o l'invalidità degli atti di delega, che si riflette sul contratto di assunzione (Magazzù, 165). In senso contrario altra dottrina osserva che il delegato non può sollevare eccezioni di invalidità o inefficacia della delega nonché quelle attinenti alle vicende del rapporto con il delegante, come la risoluzione; dubbia è invece la facoltà di sollevare le eccezioni relative all'inesistenza o alla nullità assoluta della delega (Bianca, 646). Si è inoltre ritenuto, valorizzando la lettera della norma, che sarebbero opponibili dal delegato al delegatario le eccezioni che il delegante potrebbe opporre al delegato, ossia ogni eccezione fondata sull'impossibilità giuridica di conteggiare l'esecuzione del iussum al patrimonio del delegante, poiché la disposizione si limita a prevedere l'inopponibilità da parte del delegato delle eccezioni che il delegante potrebbe opporre al delegatario nonché delle eccezioni che il delegato potrebbe opporre al delegante, e non viceversa. Il delegato può inoltre proporre contro il delegatario le eccezioni derivanti da altri eventuali rapporti personali con il delegatario, come l'eccezione di compensazione (Bottiglieri, 13). Il delegato, benché la delegazione sia pura, può altresì eccepire al delegatario la nullità della doppia causa, ossia la nullità o l'annullamento o l'inefficacia di entrambi i rapporti di base, venendo in tal caso meno la giustificazione funzionale del meccanismo delegatorio e compromessa l'autonomia causale del rapporto finale, in quanto necessariamente i vizi di entrambi i rapporti sottostanti si ripercuotono ed inficiano anche il rapporto finale (Breccia, 821; Bianca, 648; Bottiglieri, 14; Greco 339). Il riferimento alla nullità della doppia causa è stato tuttavia criticato, poiché in realtà, pur essendo la delegazione non titolata, quando sia nullo il rapporto di valuta, il delegato può eccepire al delegatario qualsiasi vizio del rapporto di provvista, e non la sola nullità (Greco, 339). D'altronde, la norma trova applicazione anche quando il rapporto di valuta non sia radicalmente nullo, ma ciononostante ricorrano le condizioni perché contro di esso siano sollevate eccezioni con efficacia elidente o paralizzante (Greco, 339). In giurisprudenza si afferma che nella delegazione pura l'obbligazione del delegato verso il delegatario prescinde del tutto dai vizi dei rapporti sottostanti di valuta e di provvista, a meno che non ricorra la nullità della doppia causa (Cass. n. 4799/1979; Cass. n. 3178/1958). Nondimeno il delegato può opporre al delegatario il vizio del consenso relativo al contratto di delegazione e segnatamente l'erronea convinzione del delegato di essere debitore del delegante, quale vizio idoneo ad investire il rapporto di delegazione costituitosi con il delegatario (Cass. n. 1050/1948). Alla rilevanza della nullità della doppia causa si richiama anche altro arresto, giacché, in tal caso, viene meno la funzione stessa della delegazione (Cass. n. 5770/1994). Nella delegazione pura, attesa l'autonomia dei due rapporti sottostanti dal rapporto finale, il delegato è tenuto al pagamento nei confronti del delegatario in virtù dell'obbligazione assunta verso di lui con l'accettazione, senza che nessun effetto su tale obbligazione possano spiegare gli accordi successivi al pagamento (anche coattivo) che sopravvengano eventualmente fra delegante e delegatario in ordine al rapporto di valuta. Pertanto, ben possono i suddetti transigere in relazione a tale rapporto senza alcuna necessità del consenso del delegato il quale abbia adempiuto all'obbligo proprio, giacché la transazione postuma sul rapporto di valuta (per avventura litigioso) lascia impregiudicata l'obbligatorietà e la validità dell'adempimento del delegato e la sua liberazione nei confronti delle altre parti, né gli fa acquistare diritti di sorta nei confronti del delegatario (Cass. n. 94/1962, in Giust. civ. 1962, I, 467). Ove la banca effettui il pagamento di un assegno privo di copertura, il pagamento è legittimo, perché avvenuto sulla base della convenzione di assegno e di un titolo contenente l'ordine alla banca di pagare emesso in conformità alle norme che regolano la circolazione degli assegni in favore di un soggetto munito di legittimazione cartolare e, conseguentemente, la banca può chiedere la restituzione dell'importo al cliente delegante (Cass. n. 10435/2014), ma non al prenditore delegatario (Cass. n. 4426/2014). Nella compravendita di merci regolata, quanto al pagamento del prezzo, con l'apertura di credito documentale, confermato o irrevocabile, ha luogo una delegazione obbligatoria costituita da un triplice rapporto e, precisamente, da un rapporto delegante — delegatario (compratore — venditore) di compravendita, da un rapporto delegante — delegato (compratore — banca) di mandato, con il quale il compratore incarica la banca di effettuare il pagamento al venditore, e da un rapporto delegato — delegatario (banca — venditore) con il quale la banca apre il credito a favore del venditore e si obbliga in proprio a pagargli il prezzo contro consegna dei documenti rappresentativi, senza potergli opporre — attesa l'autonomia degli altri rapporti — se non le eccezioni che derivano dall'incompletezza o dall' irregolarità dei documenti o che derivano dallo stesso rapporto di conferma del credito (Cass. n. 1288/2003; Cass. n. 10569/1996; Cass. n. 813/1983). Le eccezioni nella delegazione titolata o causaleNella delegazione titolata l'obbligazione del delegato dipende dal titolo che regge l'uno o l'altro dei rapporti sottostanti, sicché essa rimane aperta alle eccezioni che possono inficiare l'uno o l'altro rapporto (Breccia, 820; Magazzù, 165). Secondo alcuni la titolazione può essere effettuata con riferimento al rapporto di valuta o al rapporto di provvista, ma non con riguardo ad entrambi (Greco, 340). Tuttavia, tutte le volte in cui il delegato possa opporre al delegatario eccezioni inerenti al rapporto di provvista, per ciò solo potrà anche sollevare eccezioni relative alla validità ed efficacia del rapporto di valuta, pur non essendovi sul punto una specifica titolazione (Greco, 340). In senso diverso si ritiene che ben può accadere che siano richiamati entrambi i rapporti sottostanti (Bianca, 650; Rescigno, 1962, 935). Qualora il patto diverso sia generico, esso non va inteso come limitato al solo rapporto di provvista, bensì deve essere esteso ad ogni eccezione spettante al delegato contro il delegante (Greco, 340). Quanto al rapporto di provvista, la norma evoca la diversa pattuizione, mentre con riguardo al rapporto di valuta, la norma richiede l'espresso riferimento; tuttavia, anche tale espresso riferimento si risolve in una pattuizione, sia pure sintetica, inserita nel contratto tra delegato e delegatario (Greco, 340). In base ad altro orientamento, la ragione di una tale difforme disciplina si spiegherebbe considerando che i rapporti interni tra debitore delegante e terzo delegato sono estranei alla sfera del creditore, ed a lui normalmente sconosciuti, sicché possono essergli opposti solo se richiamati in un'espressa pattuizione; diversamente i rapporti di valuta tra debitore originario e creditore sono evidentemente noti a quest'ultimo, sicché è sufficiente il mero richiamo con il conseguente più agevole regime di opponibilità dei vizi relativi a tale rapporto di valuta (Giacobbe 68). Le eccezioni che il delegato può sollevare nei confronti del delegatario sono quelle che attengono alla nullità, annullabilità o inefficacia dei rapporti di base, preesistenti o sopravvenute all'assunzione dell'obbligo; non sono, invece, prospettabili dal delegato le eccezioni di natura strettamente personale (Giacobbe, in Comm. S. B., 1992, 65). Altro autore qualifica come personali, e dunque non sollevabili dal delegato, le eccezioni relative all'annullabilità del rapporto di valuta, poiché proponibili dal solo interessato diretto, salva l'ipotesi di cui all'art. 1441, comma 2 (Greco, 341). Inoltre, il richiamo dei rapporti sottostanti può riguardare tutte o solo alcune delle eccezioni relative a tali rapporti, come accade nell'ipotesi regolata dall'art. 1530 (Greco, 342). Nella delegazione titolata, in cui si ha un più intenso vincolo dei rapporti di base, per l'esplicito riferimento ad essi fatto dai soggetti del negozio delegatorio, il debitore delegato può opporre al delegatario le eccezioni nascenti dal rapporto di valuta, relative cioè alla sussistenza del diritto di credito e non anche quelle attinenti al rapporto di provvista, salva l'ipotesi in cui sia stata conclusa una diversa pattuizione, in base alla quale la sorte del credito del delegatario venga vincolata alla validità del rapporto di provvista, cui egli era originariamente estraneo (Cass. n. 4799/1979). Affinché i rapporti sottostanti siano validamente richiamati è necessario che essi sussistano al momento della scadenza, sicché il richiamo può avvenire anche quando i crediti non siano ancora liquidi ed esigibili ovvero siano futuri (Cass. n. 2549/1969). Per l'ammissibilità di una delegazione doppiamente titolata si è espressa la giurisprudenza (Cass. n. 1788/1967). In caso di delegazione di pagamento titolata rispetto al rapporto di valuta, il delegato che per errore esegua una seconda volta il pagamento in favore del terzo ha il diritto di ripetere tale ultimo pagamento, costituente un indebito oggettivo, senza che in senso contrario possa rilevare l'accordo intervenuto tra delegante e terzo ai fini dell'imputazione del secondo pagamento a un diverso debito del primo nei confronti del beneficiario, sia perché la ratifica per essere efficace deve avere per oggetto proprio il negozio compiuto dall'agente, individuato dalla sua causa (incorporata nello schema strutturale del negozio o impressa dalla destinazione funzionale data allo stesso negozio dal suo autore), sia perché, a norma dell'art. 1271, comma 3, dettato per la delegazione di debito ma applicabile anche alla delegazione di pagamento, ove la delegazione sia titolata rispetto al rapporto di valuta, la ripetizione dell'indebito può essere esperita anche dal delegato (Cass. n. 12885/2021; Cass. n. 2943/1997). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bottiglieri, Delegazione, Enc. giur., Milano 1988; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Campobasso, Accollo, in Enc. giur., Roma, 1988; Cicala, Espromissione, in Enc. giur., Roma, 1988; Greco, Delegazione, in Nss. D. I., Torino, 1960; Magazzù, Delegazione, in Dig. civ., Torino, 1989; Mancini, Espromissione, in Dig. civ., Torino, 1992; Rescigno, Studi sull'accollo, Milano, 1957; Rescigno, Delegazione, in Enc. dir., Milano, 1962; Rescigno, Debito (successione nel), in Dig. civ., Torino, 1989; Rodotà, L'espromissione, in Enc. dir., Milano, 1966. |