Codice Civile art. 1304 - Transazione.

Cesare Trapuzzano

Transazione.

[I]. La transazione [1965 ss.] fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare.

[II]. Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare.

Inquadramento

La norma trova applicazione per la sola ipotesi in cui la transazione sia relativa all'intera situazione controversa e sia conclusa per l'intero debito o credito solidale (Breccia, 195).

Anche la S.C. limita il campo applicativo della disposizione all'ipotesi della transazione sull'intero debito o credito solidale giacché è la comunanza dell'oggetto della transazione stessa a far sì che possa avvalersene il condebitore solidale pur non avendo partecipato alla sua stipulazione e, quindi, in deroga al principio per cui il contratto produce effetti soltanto tra le parti (Cass. n. 7094/2022;Cass. n. 25980/2021 ; Cass. n. 13877/2020 ; Cass. n. 16087/2018 ; Cass. n. 20107/2015; Cass. n. 19541/2015; Cass. n. 15895/2014; Cass. n. 16050/2009; Cass. n. 9369/2006; Cass. n. 9071/2001; Cass. n. 8991/2001; Cass. n. 13701/1991). Pertanto, la disposizione non trova applicazione alla transazione avente ad oggetto la sola quota interna del condebitore o del concreditore, ipotesi da cui discende la mera riduzione dell'obbligazione solidale nei limiti della quota transatta (Cass. n. 7413/1991), con scioglimento del vincolo solidale tra lo stipulante e gli altri consorti (Cass. n. 25553/2011; Cass. n. 8957/1990). Ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l'accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto (Cass. S.U., n. 30174/2011; Cass. n. 14550/2009; Cass. n. 7485/2007; Cass. n. 8946/2006). La norma non può essere invocata ove la transazione attenga solamente al diritto di partecipare all'esecuzione concorsuale e alla misura del privilegio (Cass. n. 2327/1978).

La rilevanza oggettiva e soggettiva

Gli effetti della transazione conclusa tra il creditore e uno dei debitori solidali ovvero tra uno dei creditori solidali e il debitore sono limitati alle parti della transazione, salvo che gli altri condebitori solidali o gli altri concreditori solidali dichiarino di volerne profittare (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 275). L'inefficacia verso gli altri condebitori o concreditori solidali si estende sia agli effetti favorevoli sia agli effetti sfavorevoli, sia ai rapporti esterni sia ai rapporti interni. Il creditore ha il potere di limitare gli effetti della transazione ai soli soggetti che ad essa partecipino, attraverso apposita clausola prevista nell'atto di transazione, nei soli casi di transazione novativa; nei casi di transazione non novativa, la dichiarazione di volerne profittare degli altri consorti supererebbe qualsiasi clausola limitativa (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 275). E ciò perché la transazione novativa nelle obbligazioni solidali rientrerebbe nella disciplina della novazione di cui all'art. 1300 (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 277). Ma in senso contrario altra dottrina rileva che anche nel caso di transazione novativa trova applicazione la disposizione in commento (Bianca, 740). La dichiarazione di volerne profittare non soggiace ad alcuna prescrizione di forma, né a termini di decadenza, ma deve essere manifestata in modo univoco (Breccia, 195). Secondo un autore, essa può essere esternata anche attraverso contegno concludente (Bianca, 740). In ordine alla natura giuridica di tale dichiarazione, sono state sostenute le seguente tesi: che essa opererebbe in forza di un preesistente mandato tacito in utilibus; che si tratterebbe di un fenomeno analogo alla ratifica della gestione rappresentativa non utiliter coepta (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 277); che la transazione conclusa tra il creditore o il debitore e uno dei consorti solidali sarebbe un contratto aperto, a fronte del quale la dichiarazione di volerne profittare ne costituirebbe l'adesione. La dichiarazione produce effetti separati per le parti della transazione dal momento in cui ciascuna di esse riceve la sua comunicazione, può provenire solo da alcuni consorti e non necessariamente da tutti, ognuno dei quali può dichiarare di volerne profittare in momenti diversi, anche successivamente al pagamento o alla riscossione della parte che ha concluso la transazione, ossia ai soli fini del regresso. La facoltà di aderire alla transazione viene meno solo quando nei rapporti esterni o interni chi non ha partecipato alla transazione compia o riceva un pagamento conforme alle originarie modalità dell'obbligazione (Rubino, in Comm. S. B., 1992, 277).

All'origine vi era un contrasto in giurisprudenza circa l'ammissibilità di una clausola della transazione o ad essa aggiunta che escludesse l'esercizio della facoltà di estensione agli altri consorti. Alcuni arresti ammettevano tale possibilità (Cass. n. 5108/2011; Cass. n. 4257/1991), fatta salva l'estinzione del debito nei confronti di tutti quando la somma transatta avesse esaurito l'intera obbligazione (Cass. n. 3919/1958); l'onere di fornire la prova in ordine alla riserva sulla delimitazione soggettiva degli effetti della transazione sarebbe gravato sul creditore (Cass. n. 2168/1943). Secondo opposti arresti, la possibilità per gli altri consorti di aderire alla transazione non poteva essere esclusa con clausola contrattuale (Cass. n. 24/1968) né lo stipulante poteva revocare o modificare la stipulazione finché il terzo non avesse dichiarato di volerne profittare, poiché il debitore solidale non è terzo rispetto al rapporto oggetto di transazione (Cass. n. 7548/2003). Il contrasto è stato composto dalle S.U. secondo cui la riduzione dell'ammontare dell'intero debito, pattuita in via transattiva con un solo dei debitori, che opera anche nei confronti del condebitore il quale dichiari di voler profittare della transazione, non può essere impedita dall'inserimento nel medesimo contratto di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle parti contraenti disporre dell'anzidetto diritto potestativo che la legge attribuisce ad un terzo estraneo al vincolo negoziale (Cass. S.U. n. 30174/2011). Le S.U. rilevano ancora che la dichiarazione costituisce espressione dell'esercizio in forma negoziale di un diritto potestativo che può attuarsi in ogni tempo nel corso del processo e che non sottostà ai vincoli modali e temporali delle eccezioni processuali (Cass. n. 20250/2014; Cass. n. 3747/2005), è un negozio unilaterale recettizio che non ammette equipollenti e che deve estendersi all'intero contenuto della transazione (Cass. n. 518/1969), non è subordinata ad alcun termine di decadenza (Cass. n. 884/1998; Cass. n. 9101/1995; Cass. n. 4726/1978) e, pur non essendo soggetta ad alcun vincolo di forma, deve essere non equivoca (Cass. n. 4660/1992; Cass. n. 1396/1961). L'intenzione di volerne profittare può anche essere manifestata nel corso del giudizio dal procuratore ad litem, seppure non sia munito di mandato ad hoc (Cass. n. 7548/2003; Cass. n. 3801/1979; Cass. n. 738/1960).Ove la dichiarazione intervenga in corso di causa e la transazione sia idonea ad eliminare ogni contrasto sull'oggetto della lite, la controversia può essere definita con una pronuncia di cessazione della materia del contendere (Cass. n. 26909/2008; Cass. n. 4792/1991). Nondimeno, il diritto potestativo di aderire alla transazione stipulata da altri deve considerarsi tacitamente rinunciato laddove l'interessato opti per l'instaurazione o la prosecuzione della lite, invece che per la sua chiusura transattiva, essendo le prime due descritte condotte logicamente antitetiche rispetto all'intenzione di transigere, né potendosi condizionare il destino del processo alla volontà unilaterale di una parte, investita del potere di farlo cessare o di vanificarne gli effetti secundum eventum litis, in violazione del principio di parità dei contendenti (Cass. n. 17198/2013).

La mancata accettazione, da parte di uno dei debitori in solido, della transazione raggiunta dal creditore con altro coobbligato, ha l'unico effetto di impedire che l'importo globale del debito solidale coincida con la somma pagata dal transigente, consentendo al coobbligato che non abbia partecipato alla transazione di contrastare la domanda di regresso attraverso la formulazione di tutte le possibili eccezioni in ordine alla sua responsabilità e all'entità del risarcimento (Cass. n. 30176/2018). 

Bibliografia

Amorth, L'obbligazione solidale, Milano 1959; Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997; Breccia, Le obbligazioni, Milano, 1991; Busnelli, voce Obbligazione soggettivamente complessa, in Enc. dir., Milano 1979; Di Majo, voce Obbligazioni solidali (e indivisibili), in Enc. dir., Milano, 1979; Giorgianni, voce Obbligazione solidale e parziaria, in Nss. D. I., Torino, 1965; Rescigno, voce Obbligazione, in Enc. dir., Milano, 1979.

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