Codice Civile art. 1328 - Revoca della proposta e dell'accettazione.

Cesare Trapuzzano

Revoca della proposta e dell'accettazione.

[I]. La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso [1326 1]. Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto [1337].

[II]. L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione [1326 2, 1335].

Inquadramento

Secondo la dottrina prevalente la revoca della proposta e dell'accettazione è atto avente natura negoziale (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 759; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 68). In base ad una tesi minoritaria si tratterebbe di atto giuridico in senso stretto, privo di natura negoziale (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 123). Si ritiene inoltre che sia un atto recettizio (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 759; Ravazzoni, 203; contra  Roppo, 1989, 5); in specie la revoca della proposta opera quale causa di estinzione con efficacia  ex tunc del potere di accettazione che era insorto in capo all'oblato fin dal momento in cui questi ha avuto conoscenza della proposta (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 758). Altra tesi sostiene che la revoca, pur avendo carattere recettizio, produce effetti retroattivamente sino al momento della sua emissione e correlativamente sin da tale momento sospende l'efficacia dell'accettazione che nel frattempo dovesse provenire al proponente (Giampiccolo, 69). Una diversa opinione rileva che la revoca è efficace anche qualora non pervenga mai a destinazione (Benedetti, 97). In ragione di una tesi intermedia, la revoca dell'accettazione è atto recettizio mentre la revoca della proposta non ha natura recettizia, atteso che produce effetto sin dalla sua esternazione e non dal momento in cui è ricevuta dal destinatario (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 68). Ricorre contrasto in dottrina anche in ordine all'applicabilità alla revoca delle norme sui vizi del consenso: secondo un primo orientamento, la revoca non soggiace alla disciplina sui vizi del consenso (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 124); in base ad altra opinione, la mancata revoca, riconducibile a violenza, minaccia o inganno della controparte, legittima la proposizione dell'azione di annullamento del contratto (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 211).

La S.C. qualifica la revoca della proposta come atto negoziale unilaterale recettizio (Cass. n. 6323/2000). È inefficace la revoca di una proposta di acquisto diretta non all'altra parte contraente, ma ad un suo agente, privo del potere di rappresentanza (Cass. n. 3434/1968). Il consenso alla vendita di un immobile, espresso in una scrittura privata sottoscritta dal solo venditore, non può essere più revocato, quando sia intervenuta accettazione esplicita dell'altro contraente (compratore). Siffatta accettazione deve inequivocabilmente ravvisarsi con la stipulazione da parte del compratore, e in presenza del venditore, di un contratto di mutuo necessario per completare il pagamento del prezzo, contratto nel quale si fa riferimento alla redazione entro una certa data del pubblico istrumento di acquisto (Cass. n. 3428/1969).

La revoca della proposta

La revoca della proposta costituisce un requisito essenziale di quest'ultima (Benedetti, 95), benché non si tratti di un requisito generale indefettibile del procedimento di formazione del contratto, ricorrendo alcune figure in cui la revocabilità non sussiste. Non si tratta dunque di un elemento insito nell'atto prenegoziale (in questo senso invece Santoro Passarelli, 210). In quanto distinta dalla revoca di un atto negoziale, certa dottrina preferisce usare l'espressione più tecnica “ritiro” della proposta (Benedetti, 92); ma in senso diverso altri autori evidenziano che il ritiro riguarderebbe la sola fattispecie in cui la proposta venga meno prima che l'oblato abbia avuto conoscenza della proposta medesima (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 759; Ravazzoni, 190). Essa è possibile fino al momento in cui il proponente non abbia avuto conoscenza dell'accettazione dell'altra parte (Galgano, 172); inoltre, è efficace per il solo fatto della sua emissione e trasmissione precedentemente a tale momento, non essendo necessario che l'oblato ne abbia avuto conoscenza (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 68; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 126; Benedetti, 97; Osti, 518). In conseguenza il perfezionamento della revoca, che sia spedita prima della conclusione del contratto, elimina retroattivamente gli effetti eventualmente già verificatisi del contratto medesimo (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 208). Ma in senso contrario altra dottrina ritiene che, affinché la revoca della proposta sia efficace, è necessario che giunga a conoscenza dell'oblato anteriormente alla conoscenza che il proponente abbia dell'accettazione (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 759; Bianca, 236; Distaso, in Comm. Utet, 1980, 361; Messineo, 1961, 852). Siffatta conclusione è stata argomentata anche in ragione dell'applicazione analogica della normativa uniforme sulla vendita internazionale di merci, secondo cui la revoca della proposta è efficace solo se pervenuta all'accettante prima della spedizione dell'accettazione. Alla stregua dell'interpretazione della volontà delle parti, rinvenibile caso per caso, è possibile considerare la revoca tardiva della proposta come una successiva proposta di contratto risolutorio (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 210). Ove si tratti di contratto che può concludersi mediante esecuzione della prestazione, la revoca della proposta potrà avvenire finché l'oblato non abbia dato inizio all'esecuzione (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 759; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 69). Qualora la parte proponente sia costituita da più soggetti, il potere di revoca spetta a ciascuno di essi (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 71; Ravazzoni, 219). Nei contratti plurilaterali, qualora sia intervenuta l'accettazione di una sola delle parti oblate, la revoca della proposta originaria può essere effettuata nei soli confronti di coloro che non hanno ancora accettato e solo dall'originario proponente, d'accordo con il primo accettante (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 229). Altro autore specifica che la revoca di una parte essenziale nei contratti plurilaterali impedisce comunque il perfezionamento del contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 71). Con riguardo all'accettazione, essa può essere revocata a condizione che la revoca giunga a conoscenza del proponente e degli altri oblati prima dell'accettazione che sia ultima in ordine di tempo e che sola determina la conclusione del contratto (Messineo, 1961, 858).

La proposta, salvo che sia irrevocabile, può essere dal proponente revocata senza bisogno di alcuna motivazione o giustificazione e senza dover attendere che sia trascorso il termine ordinariamente necessario, secondo la natura dell'affare o gli usi, perché pervenga l'accettazione della controparte, in quanto tale termine non concerne l'istituto della revoca ma il diverso istituto della caducazione automatica (senza cioè bisogno di alcuna revoca) della proposta (Cass. n. 1072/1985). La revoca della proposta di contratto, quale atto unilaterale recettizio, non produce effetto quando sia pervenuta all'accettante dopo la conclusione del contratto, ossia dopo l'arrivo all'indirizzo del proponente dell'accettazione della controparte (Cass. n. 6323/2000). Ma in senso contrario altri arresti giurisprudenziali sostengono che la revoca della proposta si perfeziona e spiega effetto quando, uscita dalla sfera del revocante, sia spedita all'indirizzo dell'accettante prima che l'accettazione sia giunta a conoscenza del proponente, mentre resta irrilevante l'eventuale posteriorità della notizia della revoca stessa (Cass. n. 7543/2016; Cass. n. 4489/1981; Cass. n. 2083/1981). In base ad un'ulteriore posizione, ciò che conta è il momento dell'emissione della revoca, che deve intervenire prima che il proponente abbia conoscenza dell'accettazione (Cass. n. 282/1972; Cass. n. 296/1969; Cass. n. 2633/1966; Cass. n. 177/1966; Cass. n. 290/1953). Qualora la proposta sia irrevocabile, l'irrevocabilità costituisce una qualità intrinseca della proposta stessa che permane fino a quando con la scadenza del termine viene automaticamente a caducarsi, senza che all'uopo occorra una qualsiasi sua revoca, salva una diversa volontà del proponente cui, nell'ambito della autonomia privata, non può negarsi il potere di dar vita ad una proposta irrevocabile ma scindibile da tale sua qualità e quindi capace di sopravvivere, una volta scaduto il termine, come semplice proposta revocabile (Cass. n. 9229/1991). Il rifiuto dell'accettazione da parte del destinatario della proposta, pure attraverso la formulazione di una controproposta, libera il proponente dal vincolo costituito dalla sua originaria proposta anche in difetto di una sua formale revoca, salvo che non si dimostri la perdurante volontà di tenere ferma tale proposta, anche dopo il rifiuto dell'accettazione (Cass. n. 6891/1983). La volontà di revocare il consenso non è ravvisabile nella resistenza opposta all'altrui pretesa nella fase precontenziosa della vertenza (Cass. n. 1931/1972; Cass. n. 1556/1968). Quando, senza ritrattare la proposta precedente, siano proposte nuove clausole e modalità attuative, ricorrono due distinte proposte alternative; la revoca della prima proposta può tuttavia ritenersi implicita, qualora le nuove clausole proposte siano incompatibili con quelle contenute nella proposta originaria e siano poste come condizione inderogabile per il perfezionamento del contratto (App. Firenze 20 settembre 1950).

La forma

La revoca della proposta non è sottoposta a vincoli di forma, dovendo solo essere avanzata in modo tale da poter essere conosciuta dall'altra parte (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 70; Distaso, in Comm. Utet, 1980, 365), salvo che le parti non abbiano concordato specificamente una forma determinata per l'adozione della revoca (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 70). In senso contrario altra dottrina ritiene che la revoca debba essere compiuta necessariamente in forma espressa, sicché deve essere esclusa l'ammissibilità di una revoca tacita (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 758; Giampiccolo, 396). Per converso, in ragione di una diversa ricostruzione, è stata affermata l'ammissibilità di una revoca tacita per contegno concludente, come l'intrapresa di trattative con le altre parti (Gabrielli, 216; Ravazzoni, 212; Messineo, 1961, 852; Galgano, 174).

Qualora la proposta attenga ad un contratto che esige la forma scritta  ad substantiam, non è necessario che la revoca abbia la medesima forma scritta, potendo essa esprimersi anche verbalmente, purché in modo idoneo a giungere a conoscenza dell'altra parte (Cass. n. 1198/1976; Cass. n. 282/1972; Cass. n. 177/1966). La disposizione dell'art. 2722, la quale non ammette la prova per testimoni dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, trova applicazione anche con riguardo alla revoca della proposta di contratto che si pretenda intervenuta prima dell'accettazione, quando la proposta e l'accettazione risultino entrambe da atto scritto, giacché anche in questo caso la prova per testimoni (di cui la norma contiene il divieto) tende alla dimostrazione di una manifestazione di volontà che si sarebbe espressa nel corso di formazione dell'accordo, capace di incidere sul regolamento di interessi risultante dal contratto documentato (Cass. n. 6246/1992).

La responsabilità per danni in caso di esecuzione anticipata

Qualora l'accettante abbia intrapreso in buona fede l'esecuzione del contratto dopo avere inviato la propria accettazione e prima di avere conoscenza della revoca del proponente, all'oblato spetta il diritto ad un indennizzo in ordine alle spese e alle perdite subite in conseguenza dell'iniziata esecuzione, allo scopo di riequilibrare le posizioni delle parti (Bianca, 235). La responsabilità del proponente per i danni è collocata nell'alveo della responsabilità da atto lecito, poiché il potere di revoca è illimitatamente riconosciuto dalla norma (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 70; Bianca, 235; Distaso, in Comm. Utet, 1980, 368; Benatti, 75; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 128). Pertanto l'indennizzo rappresenterebbe il costo dell'esercizio di un diritto riconosciuto (Benedetti, 99; Ravazzoni, 225). In senso diverso altra tesi afferma che si tratterebbe di una specie di responsabilità precontrattuale (Osti, 514). Altra impostazione osserva che la previsione lascia impregiudicata l'area delle ipotesi in cui la revoca costituisce l'esito di un contegno difforme da correttezza, ipotesi in cui è possibile un giudizio da compiersi secondo gli indici di cui all'art. 1337 (Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo nel diritto privato, Milano, 1967, 256); pertanto l'integrazione di un giustificato motivo, a fronte della revoca della proposta, non esclude l'indennizzo e, ove tale giustificato motivo non ricorra, sarà configurabile un'ipotesi di responsabilità precontrattuale che segue le regole generali (Bianca, 235). Critico sulla riconduzione della responsabilità ex art. 1328 alla categoria degli atti leciti dannosi è anche altro autore (Visintini, 255). Siffatta responsabilità per i danni assume i contorni di una responsabilità oggettiva o senza colpa (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 70). Inoltre, il danno riparabile corrisponde alla sola voce del danno emergente e non comprende pertanto l'eventuale nocumento derivante dall'omessa conclusione di altri contratti (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 129; Distaso, in Comm. Utet, 1980, 369; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 70). Il danno coperto dall'indennizzo si estende a quello che si sia verificato tra il momento in cui il contratto si sarebbe concluso, ove non fosse intervenuta la revoca della proposta, e il momento in cui l'accettante ha notizia, in qualsiasi modo, della revoca (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 71). Ma in senso contrario altra opinione reputa che i danni risarcibili spettano all'oblato che abbia intrapreso l'esecuzione senza avere notizia della revoca della proposta, in buona fede, anche subito dopo l'emissione dell'accettazione e non già solo quando abbia intrapreso l'esecuzione successivamente al momento nel quale si debba logicamente ritenere che il contratto sia stato concluso (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 129; Distaso, in Comm. Utet, 1980, 368). In questa prospettiva la buona fede cui allude la norma non è rappresentata esclusivamente dalla credenza erronea che il contratto si sia concluso, ma anche dalla ragionevole previsione che il contratto si concluderà (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 209). La buona fede dell'accettante non deve essere intesa in senso meramente soggettivo, ossia come conoscenza dell'esistenza della revoca, ma in senso oggettivo; essa deve pertanto giustificare, in ragione della natura del rapporto, della prassi e degli usi, nonché di ogni altra utile circostanza, l'inizio dell'esecuzione prima ancora della conclusione del contratto (Distaso, in Comm. Utet, 1980, 368; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 129; Ravazzoni, 226).

Il comportamento di chi dopo aver emesso una proposta — irrevocabile o meno — dichiara di non mantenerla, non può ricevere altra configurazione che quella della revoca della proposta e non può che dar luogo alla responsabilità prevista nell'art. 1328 ovvero, se del caso, a quella conseguente all'inosservanza dell'obbligo di correttezza, sancito dall'art. 1337, nonché, ove si riveli configurabile, ad altra maggiore responsabilità per illiceità di condotta (Cass. n. 664/1972). Altro arresto qualifica tale forma di responsabilità come fattispecie di responsabilità oggettiva (Cass. n. 1379/1952).

La revoca dell'accettazione

Affinché la revoca dell'accettazione produca effetti, come per espresso disposto normativo, è necessario che giunga all'indirizzo del proponente prima del momento in cui a quest'ultimo giunga notizia dell'accettazione. Ne consegue che la revoca dell'accettazione costituisce senza dubbio un atto recettizio (Bianca, 236). Mentre la revoca o, secondo altri, il ritiro della proposta ha effetto eliminativo, perché determina l'interruzione del procedimento, la revoca o, secondo altri, il ritiro dell'accettazione ha valenza impeditiva. Infatti la revoca dell'accettazione deve intervenire prima che quest'ultima giunga all'indirizzo del proponente, spiegando così la propria efficacia: la revoca dell'accettazione dunque non determina una vicenda estintiva dell'effetto, ma paralizza a monte l'efficacia stessa di un atto che altrimenti diverrebbe irretrattabile (Benedetti, 100). Il principio secondo cui il proponente è tenuto a indennizzare l'accettante che in buona fede abbia intrapreso l'esecuzione del contratto, fidando sul suo perfezionamento, non trova applicazione quando il proponente intraprenda l'esecuzione quando ancora non può ipotizzarsi né un'accettazione né una revoca della proposta, non essendo ancora intervenuto l'incontro dei consensi su tutti gli elementi contrattuali; sicché in tal caso l'oblato che non abbia accettato non dovrà corrispondere alcunché (Bianca, 238).

La S.C. ritiene che la revoca dell'accettazione sia atto recettizio, che produce effetti solo quando giunga a conoscenza del proponente prima che questi abbia avuto conoscenza dell'accettazione (Cass. n. 22/1960). Nel senso che l'indennizzo non spetta al proponente nei confronti dell'oblato quando l'esecuzione sia intrapresa dal proponente in buona fede prima ancora che vi sia stata identità dei consensi tra le parti è anche la giurisprudenza (Cass. n. 1556/1955).

Bibliografia

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