Codice Civile art. 1331 - Opzione.

Cesare Trapuzzano

Opzione.

[I]. Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329.

[II]. Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice [1183 1].

Inquadramento

Diversamente dalla proposta irrevocabile, che ha natura unilaterale, l'opzione è un negozio giuridico bilaterale preparatorio, inteso a rendere irrevocabile la dichiarazione (così già manifestata) di una delle parti relativa ad un contratto da concludere (Cesaro, 1969, 42). Sicché nell'opzione vi sono due parti che convengono che una di esse resti vincolata alla propria dichiarazione mentre l'altra resta libera di accettarla o meno; le volontà devono dunque essere espresse e incontrarsi (Galgano, 175; Bianca, 268). Invece, per la riconduzione dell'opzione tout court alla proposta irrevocabile si è espresso altro autore (Gabrielli, 10). In realtà, l'opzione è una figura negoziale autonoma, non assimilabile né ad una condicio juris di efficacia, né ad un preliminare unilaterale, né ad un preliminare combinato con una proposta irrevocabile, né ad un negozio abdicativo del potere di revoca della proposta, né ad una proposta irrevocabile pura (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 146). Discusso è altresì se, in conseguenza della conclusione del patto d'opzione, diventi indisponibile il diritto per il quale esso è stato concesso, sicché la rilevanza esterna dell'opzione priverebbe di alcun effetto l'eventuale revoca, ovvero se la disposizione di tale diritto importi una semplice azione di responsabilità. Aderiscono al primo orientamento le tesi che affermano la natura vincolante del'opzione (Bianca, 268) o la sua vincolatività reale (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 143) ovvero ritengono che l'inefficacia della revoca conseguente alla conclusione di un patto di opzione sanzionerebbe specificamente un difetto di legittimazione al compimento di un negozio contrario e incompatibile con quello precedente (Cesaro, 1969, 124); secondo altri esponenti della dottrina, il vincolo avrebbe efficacia meramente interna, sicché la parte che ha concesso l'opzione potrebbe comunque disporre del suo diritto e la violazione del patto darebbe luogo ad una mera azione di responsabilità (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 86; Tamburrino, 725; Gabrielli, 10). La distinzione tra opzione gratuita e proposta unilaterale è essenzialmente una questione interpretativa, che ammette nel dubbio l'applicazione analogica della regola che privilegia la soluzione meno gravosa per l'obbligato, ai sensi dell'art. 1371, ossia la conclusione che si tratti di proposta irrevocabile (Gorla, Note sulla distinzione tra opzione e proposta irrevocabile, in Riv. dir. civ., 1962, I, 224); in altro senso, si ritiene che la prevalenza della qualifica in termini di proposta irrevocabile nel caso di dubbio sia giustificata dal difetto di prova in ordine allo specifico elemento intenzionale dell'opzione (Perego, 121). La ragione per la quale le parti negoziano la proposta irrevocabile deve essere ravvisata nella normale riconoscibilità di un compenso (premio) al proponente, costituendo l'opzione un contratto essenzialmente oneroso (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 764); nello stesso senso è orientato altro autore, secondo cui l'art. 1331 trova la sua fisiologica applicazione in tema di clausole di irrevocabilità con la previsione di una contropartita (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 92). Ne consegue che l'opzione deve essere considerata essenzialmente come un contratto a prestazioni corrispettive, dovendosi negare l'ammissibilità di un'ipotesi di opzione gratuita distinta dalla proposta irrevocabile. In questa prospettiva si è escluso che l'art. 1333, comma 2, sia applicabile all'opzione gratuita, in quanto tale norma si riferisce alle obbligazioni di una sola parte, mentre l'opzione è destinata a creare una situazione di soggezione del proponente (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 147; contra  Carresi, in Tr. C. M., 1987, 767). Dinanzi all'opzione l'oblato ha la facoltà di aderire o meno alla proposta che l'altra parte si è impegnata a tenere ferma: nel caso di accettazione, il contratto finale produce effetti ex nunc, ossia dal momento in cui l'accettazione giunge a conoscenza del promittente, non già dalla conclusione dell'opzione. L'accettazione difforme non toglie la possibilità di una successiva, efficace, dichiarazione conforme. In quanto l'efficacia della dichiarazione d'opzione discende dal vincolo contrattuale, essa viene meno solo con la scadenza del termine, l'estinzione del contratto o la rinunzia dell'opzionario al suo diritto (Bianca, 269).

Il patto di opzione è un negozio giuridico bilaterale che dà luogo ad una proposta irrevocabile cui corrisponde la facoltà di una delle parti di accettarla, configurando uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente dall'accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto (Cass. n. 15142/2003). In conseguenza del riconoscimento di un soggetto verso un altro soggetto del diritto di concludere o rinnovare entro un certo termine un contratto di un certo contenuto, colui che concede tale facoltà, o in via di proposta irrevocabile o in via convenzionale (cioè, di opzione), resta vincolato alla promessa fatta all'altra parte e non può sottrarsi alle conseguenze di tale promessa, per cui la conclusione del futuro contratto oggetto della proposta irrevocabile o dell'opzione dipende esclusivamente dalla manifestazione o meno, nel termine previsto, della volontà dell'altra parte di esercitare il diritto di accettazione che le è stato irrevocabilmente attribuito (Cass. n. 4351/1984). La controparte è libera, sia di accettare puramente e semplicemente la proposta stessa, sia di formulare una controproposta che, contenendo elementi non compresi nella già prevista struttura del contratto finale, non può determinare la conclusione di questo in conformità della concessa opzione, ma consente di pervenire ad un diverso contratto qualora venga accettata dal destinatario (Cass. n. 3625/1983; Cass. n. 1944/1981; Cass. n. 6395/1979). Il patto d'opzione è anch'esso un contratto, propedeutico alla conclusione del contratto finale, ove segua l'accettazione del promissario o favorito (Cass. n. 3170/1978; Cass. n. 1739/1967); si tratta di contratto attuale e perfetto, con obbligazione di una sola parte e preparatorio di altro futuro contratto, il cui contenuto è stabilito nel patto di opzione, al quale è già vincolato il promittente, da costituirsi ex intervallo a seguito dell'accettazione eventuale dell'altra parte (Cass. n. 2794/1973; Cass. n. 7/1970; Cass. n. 3815/1969). Secondo la S.C. gli eventuali atti di disposizione compiuti in violazione dell'opzione rimangono validi ed efficaci, determinando soltanto l'obbligo del risarcimento del danno (Cass. n. 1893/1975); detto risarcimento può essere richiesto al terzo qualora questi concorra nell'inadempimento (Cass. n. 1300/1972). La distinzione tra proposta irrevocabile e opzione si fonda sulla natura rispettivamente unilaterale o convenzionale della fonte dell'impegno a mantenere ferma la proposta (Cass. n. 3339/1987; Cass. n. 3341/1977). L'adesione all'impegno di tenere ferma la proposta costituisce l'elemento discriminante tra proposta irrevocabile unilaterale e patto d'opzione bilaterale (Trib. Milano 29 maggio 1986).

Il termine dell'opzione

Il patto di opzione è configurabile anche quando manchi la fissazione di un termine per l'accettazione della proposta irrevocabile in esso contenuta, poiché la norma prevede espressamente l'intervento a tal fine del giudice quando ciò si renda necessario (Galgano, 176). Tuttavia, la previsione sulla fissazione del termine per l'accettazione a cura del giudice in materia di opzione non è riconducibile alla previsione dell'art. 1183, che si riferisce al termine iniziale, non già finale, per l'adempimento (Gabrielli, 11). Secondo l'opinione prevalente, qualora l'accettazione della proposta giunga dopo la scadenza del termine di irrevocabilità contenuto nell'opzione, il proponente è liberato dal vincolo e tale accettazione equivale ad una nuova proposta che può essere accettata dal destinatario; ma secondo altra tesi, in questo caso la proposta sopravvive come proposta semplice, sicché l'accettazione tardiva determinerebbe la conclusione del contratto qualora la proposta divenuta semplice non sia prima revocata (Ravazzoni, 245).

Secondo la S.C. il mancato esercizio, entro la scadenza del termine all'uopo fissato, della facoltà di accettare l'altrui proposta irrevocabile, facendo venir meno la soggezione dell'offerente al diritto potestativo del contraente cui è stata concessa l'opzione, libera definitivamente il primo, con la conseguenza che la manifestazione della volontà del secondo di aderire all'offerta, se sopravviene tardivamente, equivale ad una nuova proposta che non vincola l'originario offerente, se non in caso di accettazione da parte del medesimo. Pertanto, è ininfluente che il ritardo nell'accettazione della proposta sia solo lieve, considerato che nella fattispecie non viene in rilievo una questione di inadempimento, ma un'ipotesi di decorrenza di un termine (Cass. n. 15411/2013; Cass. n. 5423/1992). In specie, il patto di opzione impone nella compravendita, ad una delle parti, l'obbligo incondizionato ed irrevocabile di vendere o di comprare, attribuendo contestualmente all'altra parte il diritto di conseguire la vendita o l'acquisto del bene o di rinunciarvi a sua insindacabile scelta, di guisa che per rendere eseguibile il patto è sufficiente la dichiarazione di volontà del promissario, essendo quella del proponente già manifestata, vincolante e per lui irrevocabile ed essendo il proponente stesso liberato dal vincolo derivante dall'opzione solo se l'accettazione della proposta intervenga dopo la scadenza del termine all'uopo fissato (Cass. n. 9675/1996). Anche la giurisprudenza ritiene che, ai fini della configurabilità del contratto di opzione, è irrilevante che in esso manchi la fissazione di un termine per l'accettazione della proposta, poiché l'art. 1331 prevede espressamente che il termine possa essere stabilito dal giudice quando ciò sia necessario (Cass. n. 4901/1987; Cass. n. 579/1982; Cass. n. 1011/1981; Cass. n. 2784/1975; Cass. n. 2671/1974). Una pronunzia di legittimità afferma l'integrazione della figura giuridica dell'opzione nell'ipotesi di contratto con cui una delle parti si obbliga a cedere, ad un prezzo concordato, la sua quota di comproprietà di un bene immobile, a seguito della richiesta proveniente da ciascuna delle altre parti contraenti. Tale contratto impegna irrevocabilmente il proponente, anche senza la fissazione di un termine finale di validità, e l'esercizio del diritto potestativo di accettazione della proposta può avvenire nel termine prescrizionale di 10 anni ai sensi dell'art. 2946 (Cass. n. 436/1982).

I requisiti dell'opzione

Il patto d'opzione riconosce all'opzionario un diritto potestativo, che si esercita mediante l'eventuale atto unilaterale di accettazione, a fronte del quale la parte vincolata alla dichiarazione è titolare di una situazione di mera soggezione, non essendo tenuta al compimento di alcuna attività, neanche collaborativa, affinché il contratto finale possa concludersi (Bianca, 269). L'opzione non si realizza quando la proposta in esso contenuta presenti solo alcuni degli elementi essenziali e non l'intero regolamento negoziale, poiché in questo caso il perfezionamento del contratto non può conseguire all'accettazione, ma richiede la formazione del consenso sugli ulteriori elementi non contemplati dalla proposta stessa (Galgano, 176). In base ai requisiti prescritti affinché possa ricorrere l'opzione, è dibattuto in dottrina se vi rientri la prenotazione: in forza di un primo indirizzo la prenotazione integra un'ipotesi di opzione, poiché in tale fattispecie una delle parti si impegna ad acquistare una data cosa mentre l'altra si riserva di accettare e dare seguito o meno a tale impegno (Messineo, 1961, 901); in senso contrario altra opinione ritiene che la prenotazione non costituisce un'opzione, poiché l'accettazione di quest'ultima determina il perfezionamento di un contratto preliminare bilaterale di vendita (Distaso, in Comm. Utet , 1980, 562).

Anche gli arresti giurisprudenziali rilevano che la dichiarazione resa vincolante per una delle parti da un patto di opzione deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, in modo da consentire la conclusione di tale contratto nel momento e per effetto dell'adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni (Cass. n. 18201/2004; Cass. n. 10777/1993; Cass. n. 3850/1979; Cass. n. 5236/1978). La configurabilità del suddetto patto pertanto resta esclusa con riguardo ad una proposta che contenga solo alcuni elementi essenziali e non l'intero regolamento negoziale, perché, in tal caso, il perfezionarsi del contratto non può conseguire a detta accettazione, ma richiede la formazione del consenso sugli ulteriori elementi non contemplati dalla proposta stessa (Cass. n. 2908/1983; Cass. n. 1729/1977). Nell'opzione di compravendita immobiliare è necessario che dal documento risulti, anche attraverso il rinvio ad elementi esterni ma idonei a consentire l'identificazione dell'immobile in modo inequivoco, se non l'indicazione dei dati catastali o delle mappe censuarie e dei confini, quantomeno che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o comunque logicamente determinabile (Cass. n. 28762/2017). Nondimeno l'accettazione della proposta contrattuale di compravendita, anche nel caso in cui la proposta medesima sia irrevocabile in forza di un patto d'opzione, è idonea a segnare il perfezionamento del contratto, e quindi a spiegare effetto traslativo della proprietà della cosa venduta, non soltanto quando il prezzo sia determinato in detta proposta od in detto patto d'opzione, ma anche quando sia determinabile alla stregua di criteri, riferimenti o parametri precostituiti, così che la sua successiva concreta quantificazione sia ricollegabile ad un'attività delle parti di tipo meramente attuativo e ricognitivo, mentre l'insorgenza di un vincolo di natura preparatoria, con effetti puramente obbligatori, è ravvisabile nel diverso caso in cui la predetta concreta determinazione del prezzo richieda un intervento del terzo, ovvero un ulteriore intervento delle parti medesime con nuovi accordi aventi funzione integrativa (Cass. n. 1332/2017 ; Cass. n. 873/1986; Cass. n. 402/1982; in senso contrario Trib. Milano 6 giugno 1988). Si ha la figura della vendita con riserva di gradimento allorché il venditore rimane vincolato in base ad una sua iniziale manifestazione di volontà, mentre l'accettazione definitiva da parte del compratore, si verifica quando costui comunica al venditore il suo gradimento della cosa, talché soltanto allora il contratto si perfeziona, rimane vincolato anche il compratore e sorgono gli effetti definitivi della vendita. Tale tipo di vendita si profila teoricamente come una forma di opzione, ossia come una proposta di vendita, resa irrevocabile mediante apposito contratto accessorio, intervenuto tra venditore e compratore, e che verrà accettata dal compratore con la dichiarazione di gradimento (Cass. n. 13/1964; Cass. n. 2080/1961; Cass. n. 1068/1956; Cass. n. 2087/1951).

La forma dell'opzione

Il contratto d'opzione deve rivestire la stessa forma prescritta per il contratto definitivo o finale (Distaso, in Comm. Utet , 1980, 551; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 378; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 148; Cesaro, 1969, 239). Ma altro autore ritiene che al contratto d'opzione non sia applicabile analogicamente la disposizione dell'art. 1351 in tema di forma richiesta per il preliminare (Messineo, 1961, 900). L'accordo che attribuisce la facoltà d'opzione, non operando alcun trasferimento di diritti relativi a beni immobili, non soggiace a trascrizione (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 150; Distaso, in Comm. Utet , 1980, 552; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 85; in senso contrario Cesaro, 1969, 197). D'altro canto la trascrivibilità del solo preliminare, prevista da norma speciale, rafforza tale conclusione e non giustifica pertanto l'estensione della previsione all'opzione. La dottrina contesta altresì gli arresti giurisprudenziali che negano la riconducibilità dell'opzione alle condizioni previste dall'art. 1341 e ciò perché l'opzione integrerebbe comunque una restrizione alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, sicché ricadrebbe nella ratio della previsione sulle clausole vessatorie, che è quella di tutelare comunque l'aderente contro la sorpresa di condizioni generali che aggravano la sua posizione contrattuale; siffatta ragione sussisterebbe ugualmente sia con riguardo ai contratti definitivamente perfezionati sia con riguardo ai contratti preparatori già vincolanti per l'aderente (Bianca, 356).

Anche la S.C. osserva che il patto d'opzione, in quanto si perfeziona con la mera accettazione del destinatario, soggiace agli stessi vincoli di forma prescritti per il contratto a cui si riferisce; pertanto, ove in ordine a tale contratto si esiga la forma scritta ad substantiam, il patto d'opzione deve rivestire la forma scritta a pena di nullità, con la sottoscrizione del patto da parte del suo destinatario (Cass. n. 28762/2017; Cass. n. 5869/1982; Cass. n. 515/1955). In tali casi anche la dichiarazione di accettazione del promissario postula l'atto scritto per la validità del contratto finale (Cass. n. 989/1978) e non è surrogabile attraverso un'accettazione tacita avvenuta per facta concludentia (Cass. n. 3339/1987; Cass. n. 5950/1986). Inoltre, il patto di opzione è negozio giuridico bilaterale che obbliga entrambe le parti, sicché qualsiasi modifica concernente il contenuto del medesimo — come il termine entro il quale l'oblato può accettare la proposta, elemento costitutivo essenziale del patto di opzione — deve rivestire la medesima forma prescritta per detto negozio e provenire dalla volontà comune delle parti di esso, ovvero da un loro rappresentante, munito di procura generale o speciale, espressamente conferita a tal fine (Cass. n. 17737/2002). L'analisi giurisprudenziale esclude che il patto di opzione, contenuto nelle condizioni generali del contratto, rientri fra le clausole onerose per la cui efficacia è necessaria la specifica approvazione per iscritto. Infatti, l'opzione si inserisce nella formazione di un futuro contratto e perciò non è compresa nella previsione degli artt. 1341 e 1342, i quali postulano un negozio che ha già completamente esaurito il suo ciclo di formazione ed è vincolante per entrambi i contraenti, come il contratto per adesione (Cass. n. 1729/1977; Cass. n. 3781/1974).

La distinzione da figure affini

L'opzione si distingue dal preliminare: nella prima le parti sono legate da un rapporto fra diritto potestativo e soggezione, nel secondo da un rapporto tra credito ed obbligo di concludere un futuro contratto, sicché la presenza degli elementi essenziali nel preliminare è valutata in modo meno rigoroso, potendo costituire oggetto di successiva integrazione, mentre il rimedio dell'art. 2932 è escluso per l'opzione. Quest'ultima è figura distinta anche dal preliminare unilaterale, in quanto nel caso di preliminare gli effetti del contratto definitivo si producono solo a seguito del successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, laddove nell'opzione per la conclusione del contratto finale è sufficiente la semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata (Galgano, 176). Allo stesso modo l'opzione si differenzia dal contratto preparatorio in senso stretto, per il quale occorre una successiva manifestazione di volontà dell'offerente. Sono figure tra esse eterogenee anche opzione e prelazione: infatti nella prelazione il promissario non ha alcuna facoltà di costituire direttamente il rapporto contrattuale finale mediante una propria manifestazione di volontà, né si realizza una correlativa soggezione del promittente (Bianca, 272).

Qualora il definitivo assetto (su base contrattuale) di interessi tra le parti non si formi immediatamente per mezzo di un unico atto, si possono prospettare tre diverse ipotesi, produttive di differenti conseguenze giuridiche: a) patto d'opzione, negozio bilaterale con cui si concorda l'irrevocabilità della dichiarazione di una delle parti relativamente ad un futuro contratto che sarà concluso con la semplice accettazione dell'altra parte (relativamente ad un regolamento negoziale interamente contemplato nel patto di opzione), la quale però rimane libera di accettare o meno detta dichiarazione, entro un certo termine; b) contratto preparatorio in senso stretto (o puntuazione), con cui i contraenti si accordano su taluni punti del futuro contratto, in occasione della cui stipula (a cui le parti non sono obbligate, così come nei casi in cui sono intercorse semplici trattative) non sarà necessario un nuovo incontro di volontà sui punti già definiti; c) contratto preliminare, diretto ad obbligare le parti (o una sola nel caso di preliminare unilaterale) a stipulare un futuro contratto (Cass. n. 10649/1994). Ancora la giurisprudenza evidenzia che il contratto preliminare unilaterale è un contratto in sé perfetto e autonomo, ancorché con obbligazioni a carico di una sola parte, rispetto al contratto definitivo, mentre l'opzione non è che uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall'accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto; accordo questo la cui identificabilità è rimessa al giudice di merito, che deve far riferimento al comune intento negoziale. Ne consegue che il nesso strumentale esistente tra contratto preliminare e contratto definitivo non ha nulla in comune con il legame strutturale che intercorre tra il momento iniziale (proposta resa vincolante per accordo tra le parti) e il momento finale (accettazione) nel fenomeno della formazione progressiva del contratto in quanto nell'ipotesi del contratto preliminare unilaterale gli effetti definitivi si producono solo a seguito di un successivo incontro di dichiarazioni tra le parti contraenti, mentre nel caso dell'opzione, che contenga una proposta irrevocabile, gli effetti finali del contratto definitivo si producono in virtù della semplice dichiarazione unilaterale di accettazione della parte non obbligata (Cass. n. 28762/2017Cass. n. 2692/1997; Cass. n. 5950/1986; Cass. n. 5236/1978). In conseguenza di tale netta distinzione, costituisce mutamento inammissibile della domanda invocare in primo grado l'esistenza di un contratto preliminare, e chiederne l'esecuzione in forma specifica, e qualificare, invece, in appello quel contratto non come preliminare, ma come patto di opzione e invocare l'accertamento dell'avvenuto trasferimento del bene per effetto dell'esercizio del relativo diritto (Cass. n. 8564/2012). L'opzione si distingue altresì dalla prelazione: gli elementi della prefissione del termine entro cui la facoltà di acquisto del promissario deve esercitarsi e la prefissione del prezzo che a tal fine deve essere corrisposto sono caratteristiche essenziali del diritto di opzione e non del diritto di prelazione, che consiste invece nella promessa di preferire, nell'ipotesi di una futura vendita della cosa, a parità di prezzo e condizioni, il promissario ad ogni altro eventuale acquirente (Cass. n. 7/1970; Cass. n. 2778/1952). L'opzione può essere legittimamente utilizzata anche al fine dell'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato, ulteriormente distinguendosi in tal caso dalla fattispecie del patto di non concorrenza, configurata dall'art. 2125 (la quale presuppone la già avvenuta o quanto meno contestuale stipulazione del contratto di lavoro ed è strumentale, entro i limiti ed alle condizioni stabilite da tale norma, al divieto di stipulazione con terzi di analoghi contratti), talché non può essere di per sé ricondotta a quest'ultima fattispecie, pur essendo ipotizzabile che sia stata concretamente strutturata in guisa tale da eludere i limiti e le condizioni suddette e da contrastare perciò con le disposizioni imperative dettate dal citato art. 2125, il che va accertato caso per caso (Cass. n. 3625/1983; Cass. n. 2749/1980; Cass. n. 1968/1980). Piuttosto è illegittima la convenzione di opzione che acceda ad un patto di non concorrenza, che il lavoratore attribuisca al datore di lavoro a fronte di un corrispettivo per la formazione professionale ricevuta, in quanto tale formazione costituisce già la causa del contratto di lavoro subordinato (Cass. n. 8715/2017; contra Cass. n. 1968/1980, in Giust. civ. 1981, I, 1113, con nota di Ponzanelli).

L'opzione in favore di più soggetti

Allorquando sia offerta a più persone congiuntamente l'opzione di un acquisto, da esercitarsi collettivamente entro un termine decorrente dalla comunicazione del prezzo da parte dello offerente, e tale comunicazione venga fatta ad uno solo degli oblati, il quale rifiuti l'accettazione della proposta, viene a mancare anche per gli altri la possibilità di addivenire all'acquisto e viene con ciò stesso a mancare l'interesse alla comunicazione del prezzo (Cass. n. 1782/1965).

La cedibilità dell'opzione

Il diritto di opzione, diversamente dalla proposta irrevocabile, è passibile di cessione quando vi sia il consenso del contraente ceduto espresso nella stessa forma del contratto di opzione e, in genere, quando sia cedibile il contratto finale (Bianca, 271; Cesaro, 1969, 324; Ravazzoni, 176). L'opzione può essere ceduta anche qualora sia stata concessa gratuitamente (Gabrielli, 10; contra Perego, 160).

Il collegamento tra preliminare e opzione

È ammessa un'opzione diretta alla conclusione di un contratto preliminare, anziché di un contratto definitivo (Messineo, 1961, 901; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 86). Una parte della dottrina esclude però che sia ipotizzabile un'opzione avente ad oggetto un preliminare unilaterale, poiché, se così fosse, il vincolo costituito attraverso le figure negoziali in successione sarebbe allentato, divenendo il beneficiario titolare dapprima di un diritto potestativo e poi di un diritto di credito; per converso, sarebbe ammissibile un'opzione di preliminare bilaterale, poiché, a fronte dell'allentamento oggettivo del vincolo, vi sarebbe una sua estensione soggettiva ad entrambe le parti (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 154). Il patto di opzione può costituire altresì oggetto di un pactum de contrahendo; pertanto l'opzione, come obbligo assunto da una sola parte, può formare oggetto di un contratto preliminare unilaterale (Distaso, in Comm. Utet, 1980, 572; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 154).

Anche la S.C. ritiene ammissibile sia un'opzione di preliminare sia un preliminare d'opzione. In specie, deve ammettersi la configurabilità di una proposta irrevocabile che, contenuta in un patto di opzione, dia luogo, se accettata, a un contratto preliminare anziché ad un contratto definitivo (Cass. n. 2784/1975; Cass. n. 3986/1974; Cass. n. 2794/1973; Cass. n. 1071/1967; Cass. n. 84/1965; Cass. n. 3247/1960). Tale figura è stata contemplata nell'ambito delle vendite di azioni societarie: in questi casi i beneficiari dell'opzione di preliminare di vendita potranno richiedere l'esecuzione in forma specifica, previa determinazione del prezzo delle azioni da trasferirsi (Trib. Milano 6 giugno 1988). Inoltre, in tema di contratto a favore del terzo, oltre al contratto preliminare di compravendita è configurabile anche l'opzione di preliminare a favore di terzo ove il soggetto promittente, piuttosto che obbligarsi soltanto con l'altro stipulante a prestare il suo consenso alla definitiva vendita di un suo bene a favore di un terzo, resti già vincolato, per effetto del negozio bilaterale di opzione, alla propria dichiarazione di irrevocabile proposta contrattuale, sicché al terzo beneficiario, libero o meno di accettarla, basta la semplice accettazione perché a suo favore si producano gli effetti del contratto, per la conclusione del quale l'opzione è stata accordata (Cass. n. 25528/2015). Il preliminare di opzione è stato positivamente valutato da un arresto giurisprudenziale, in quanto idoneo a regolare interessi meritevoli di tutela dei contraenti (Cass. n. 1284/1947).

L'opzione a favore di terzo e per persona da nominare

Secondo la dottrina è ammissibile la pattuizione dell'opzione con riserva di nominare il contraente favorito, o per sé o per persona da nominare (Cesaro, 1969, 330). In tal caso, l'accettazione potrà provenire sia dal contraente originario sia dalla persona nominata, se la dichiarazione di nomina abbia avuto luogo prima della scadenza del termine.

In considerazione del carattere generale del riconoscimento che la norma dell'art. 1411 ha dato del contratto a favore di terzo, la prestazione a vantaggio del terzo può essere riferita alle varie situazioni consistenti in un dare, fare o non fare, sicché, per la diversità di contenuto che può assumere l'obbligazione del promittente nei confronti dello stipulante ed a favore del terzo, sino a consentire a quest'ultimo anche l'acquisto di un diritto reale, deve considerarsi ammissibile il contratto preliminare di compravendita a favore di terzo, trattandosi di una particolare forma di fare che si realizza con la prestazione del consenso alla stipulazione del futuro negozio traslativo della proprietà; nonché, e a fortiori, il contratto di opzione a favore di terzo, nel caso in cui il soggetto promittente, piuttosto che obbligarsi soltanto (nella forma del contratto preliminare bilaterale o unilaterale) con l'altro stipulante a prestare il suo consenso alla definitiva vendita di un suo bene a favore di un terzo, resti già vincolato, per effetto del negozio bilaterale di opzione, alla propria dichiarazione di irrevocabile proposta contrattuale, sicché al terzo beneficiario, libero o meno di accettarla, basta la semplice accettazione perché a suo favore si producano gli effetti del contratto, per la conclusione del quale l'opzione è stata accordata (Cass. n. 18321/2003). Nel contratto a favore di terzo il diritto del terzo è autonomo rispetto a quello dello stipulante e anche se di natura reale può essere fatto pertanto valere contro il promittente anche in via diretta, senza necessità dell'intervento in giudizio dello stipulante. Ne consegue che a tale stregua il terzo, a favore del quale sia stato convenuto il diritto di opzione per l'acquisto di un bene immobile, che non possa attuare il proprio diritto con la doverosa collaborazione del promittente, è direttamente legittimato a far valere nei confronti di costui la pretesa alla stipulazione del contratto di vendita in relazione al quale l'opzione è stata concessa (Cass. n. 18321/2003). L'opzione ha natura contrattuale, consistendo in un accordo in base al quale una parte si impegna a mantenere ferma una proposta per un certo tempo nell'interesse dell'altra parte. Pertanto è configurabile un'opzione per persona da nominare, non essendovi ragione di fare eccezione al principio generale che ammette la stipulazione del contratto per persona da nominare (come pure di quello a favore di terzo) in relazione a qualsiasi tipo di contratto, preliminare o definitivo, purché l'oggetto della prestazione lo consenta (Cass. n. 4901/1987; Cass. n. 3162/1985; Cass. n. 4143/1975; Cass. n. 967/1974).

La previsione di una caparra confirmatoria o di una clausola penale

È escluso che l'opzione possa essere associata ad una caparra confirmatoria o a una clausola penale, poiché non si tratta di contratto perfetto; tali clausole sono compatibili con il solo contratto finale (Messineo, 1961, 899).

La giurisprudenza segue lo stesso indirizzo. La caparra confirmatoria, pur trovando applicazione nei contratti con prestazioni corrispettive, è inapplicabile nel caso in cui questi non vincolano entrambi i contraenti, come si verifica nell'ipotesi dell'opzione, fino a quando non sorge un rapporto obbligatorio anche per il destinatario della proposta irrevocabile perché altrimenti, il versamento della caparra non sarebbe in grado di svolgere la sua peculiare funzione di coazione indiretta all'adempimento sia per il soggetto che la da che per quello che la riceve. Pertanto nel caso dell'opzione la dazione di una somma di danaro dal promittente al promissario, prima dell'accettazione di quest'ultimo, funziona da acconto anche se è denominata dalle parti come caparra confirmatoria, mentre esplica la funzione propria di quest'ultima solo se interviene successivamente alla detta accettazione (Cass. n. 1729/1977). Poiché il patto d'opzione, che si traduce nella proposta irrevocabile di una parte, con facoltà di accettazione dell'altra parte, non configura un contratto perfetto, sia pure condizionato, deve ritenersi inconciliabile con il patto medesimo la previsione di una clausola penale, che è destinata a rafforzare un vincolo contrattuale, per i casi di inadempimento o di ritardo nell'adempimento delle obbligazioni con esso assunte (Cass. n. 989/1978).

L'eccessiva onerosità sopravvenuta

In dottrina si ritiene che i rimedi avverso l'eccessiva onerosità sopravvenuta nel patto di opzione, prima dell'accettazione, dipendono dalla natura sinallagmatica o con obbligazioni a carico del solo proponente del contratto che l'opzione mira a concludere: nel primo caso potrà essere ottenuta la risoluzione del patto, nel secondo la riduzione della prestazione o, comunque, la riconduzione del patto ad equità (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 99; Tamburrino, 725). Inoltre, si ritiene che l'eccessiva onerosità sopravvenuta del patto di opzione possa essere fatta valere anche dopo che sia intervenuta l'accettazione (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 763). In senso contrario altro filone della dottrina reputa che l'azione di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta sia esperibile nei soli confronti del contratto finale, atteso il nesso di strumentalità e l'unitarietà del procedimento di formazione che dall'opzione conduce al contratto finale (Gabrielli, 6; Cesaro, 1969, 320).

Secondo la giurisprudenza, l'eccessiva onerosità sopravvenuta nel caso di stipulazione di un patto di opzione, qualora si manifesti prima che sia intervenuta l'accettazione, è regolata dall'art. 1468, che permette non la risoluzione del contratto, ma la riduzione della prestazione dell'obbligato ovvero un mutamento che la riconduca ad equità (Cass. n. 671/1954). Secondo altro arresto il mutamento delle condizioni di mercato non determina l'inefficacia del patto d'opzione, ma può solo legittimare, ove si tratti di un contratto sinallagmatico, la possibilità di ottenere la risoluzione ope iudicis ex art. 1467 e, ove si tratti di contratto con obbligazioni a carico di una sola parte, la riduzione della prestazione o la riconduzione del contratto ad equità ex art. 1468 (Cass. n. 436/1982). L'eccessiva onerosità del patto può essere fatta valere solo fino a quando non sia intervenuta l'accettazione (Trib. Roma 26 aprile 1955).

La responsabilità del promittente e del promissario

Una volta concluso il patto d'opzione, il promittente non è tenuto ad alcuna specifica condotta positiva volta a consentire la conclusione del contratto finale; nondimeno deve astenersi dal compimento di contegni volti ad inibire o aggravare la conclusione del contratto finale. È pertanto vincolato ad un'obbligazione negativa, la cui violazione legittima la pretesa del risarcimento dei danni in favore del promissario. Si discute in dottrina in ordine alla natura giuridica di tale responsabilità per inadempimento dell'obbligo negativo del promittente: una prima tesi la riconduce all'ambito contrattuale, sicché il danno riparabile sarà comprensivo dell'interesse positivo (Gabrielli, 12; Perego, 189); in base ad altro orientamento si tratta di responsabilità precontrattuale, fondata sulla violazione della clausola di buona fede, sicché il concedente dell'opzione che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto finale, ad es. distruggendo il bene che ne avrebbe dovuto costituire l'oggetto, è tenuto, oltre che alla restituzione dell'eventuale premio, al risarcimento dei danni nei limiti dell'interesse negativo (Bianca, 270).

Nell'opzione il promittente, se nulla deve fare di positivo per la conclusione del contratto definitivo, deve tuttavia mantenere un comportamento di astensione, affinché la conclusione del contratto definitivo non sia impedita. Trattasi di obbligazione negativa, il cui inadempimento non è opponibile ai terzi che ne abbiano tratto vantaggio (ad es. acquistando la cosa che il promittente abbia proposto di vendere) e produce solo l'obbligo di risarcimento a carico del promittente inadempiente (Cass. n. 1893/1975; Cass. n. 1300/1972). Quanto alla posizione del promissario, poiché l'istituto dell'opzione si inserisce nell'ambito di una più complessa fattispecie a formazione progressiva, costituita inizialmente da un accordo avente ad oggetto l'irrevocabilità della proposta del promittente e, successivamente, dalla (eventuale) accettazione del promissario che, saldandosi con la precedente proposta, perfeziona il nuovo negozio giuridico, soltanto successivamente alla conclusione del contratto di opzione il promissario, con riferimento al contratto definitivo, può incorrere in responsabilità precontrattuale, se abbia ingenerato il ragionevole affidamento nella conclusione di tale contratto rifiutandone, poi, la stipulazione (Cass. n. 2017/1998; Cass. n. 960/1980; Cass. n. 4448/1976; Cass. n. 2521/1968).

Bibliografia

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