Codice Civile art. 1341 - Condizioni generali di contratto.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Condizioni generali di contratto. 

[I]. Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza [1370, 1469-bis ss.].

[II]. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità [1229], facoltà di recedere dal contratto [1373] o di sospenderne l'esecuzione [1461], ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze [2964 ss.], limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni [1462], restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi [1379], tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie [808 c.p.c.] o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria [6 c.p.c.].

Inquadramento

La norma trova applicazione ai contratti per adesione, ossia ai contratti predisposti in via unilaterale da un contraente in base ad uno schema destinato ad essere utilizzato per una serie indefinita di rapporti (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 219; Bianca, 341; Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 104). Ne consegue che non rientra in questa figura l'ipotesi in cui la predisposizione sia destinata a servire ben definiti contratti. Il predisponente potrà quindi dimostrare che non ricorreva la volontà che le condizioni valessero per una serie indefinita di rapporti (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 262). In mancanza di tale volontà di delimitazione l'intento di uniformità sussiste anche quando le condizioni siano applicate una sola volta. Ai fini dell'integrazione della figura dei contratti per adesione non è necessario che i soggetti che contraggono con il predisponente siano diversi, né che l'aderente sia sul piano economico in posizione di inferiorità: è tuttavia necessario che l'adesione costituisca per il contraente un pericolo (Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 105). La natura di contratto per adesione non è esclusa da un qualche elemento di collaborazione della controparte sotto forma di aggiunte o di modifiche dello schema, salvo che il predisponente non stenda il testo contrattuale dopo averlo integralmente discusso con l'altra parte (Sacco-De Nova, in Tr. Res. 1999, 105).

I contratti sono qualificabili per adesione quando, anche alla stregua del contenuto dei relativi patti, risultino predisposti unilateralmente da un contraente, in base ad uno schema destinato ad essere utilizzato per una pluralità di rapporti, sì da escludere una sua formazione in esito a trattativa negoziale e relegare il potere dell'altro contraente ad una mera accettazione o meno di detto schema (Cass. n. 7605/2015; Cass. n. 11757/2006; Cass. n. 15385/2000; Cass. n. 8881/2000; Cass. n. 6644/1999; Cass. n. 3091/1988). Ancora più dettagliatamente altri arresti giurisprudenziali sottolineano che possono qualificarsi come contratti per adhaesionem soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se cioè predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all'indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove cioè predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre non possono ritenersi tali i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, ed a cui l'altro contraente possa del tutto legittimamente richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, né a maggior ragione quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative svoltesi tra le parti (Cass. n. 20461/2020; Cass. n. 9738/2020; Cass. n. 6753/2018; n. 2208/2002; n. 2294/2001). L'onere della prova della specifica trattativa ricade sul professionista (Cass. n. 3744/2017). Le previsioni degli artt. 1341 e 1342 non si applicano ai contratti conclusi tra parti aventi il medesimo potere negoziale (Cass. n. 6886/1987), né ai contratti in cui entrambe le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, abbiano liberamente deciso di riferirsi ad uno schema negoziale predisposto o normalmente usato da un terzo, ritenendolo adeguata composizione dei rispettivi interessi (Cass. n. 136/1987) ovvero abbiano provveduto alla stipulazione del contratto attraverso regolari trattative (Cass. n. 11757/2006; Cass. n. 15385/2000; Cass. n. 4847/1986). Il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento, che sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento ed al fine dell'integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina per il tramite di relatio perfecta, il valore di clausole concordate e, quindi, le sottrae all'esigenza della specifica approvazione per iscritto, mentre non rileva in proposito l'eventuale unilateralità della predisposizione del suddetto documento, la quale resta superata dalla circostanza che entrambi i contraenti si siano accordati per farne proprio il contenuto (Cass. n. 7403/2016; Cass. n. 19130/2006; Cass. n. 3479/1997; Cass. n. 9392/1992, in Giust. civ., 1993, 7, I, 1879, con nota di Richter). La disciplina dedicata ai contratti per adesione si applica anche quando il proponente rivolga alla controparte un invito a proporre, sempre che la proposta debba avvenire sulla base delle condizioni generali da lui stesso anticipatamente disposte (Cass. n. 3407/1986).

Le condizioni generali

Le condizioni generali di contratto sono le clausole che un soggetto, denominato predisponente, utilizza per regolare uniformemente i propri rapporti contrattuali (Bianca, 346). Diversamente dal modulo o formulario le condizioni generali costituiscono una dichiarazione diretta alla generalità, il cui destinatario si individua di volta in volta al momento della conclusione del contratto; tale dichiarazione deve essere letta secondo i criteri interpretativi valevoli per il contratto (Bianca, 347). Le condizioni generali di contratto devono essere distinte dal contratto normativo, che consiste nell'impegno bilaterale ad osservare in una serie di rapporti contrattuali determinate clausole predisposte dai contraenti medesimi; le condizioni generali si differenziano altresì dal contratto-tipo, individuato in ragione dell'uniforme predeterminazione del contenuto essenziale di futuri contratti, ad opera di soggetti diversi dai contraenti (Carresi, in Tr. C.M., 1987, 218; Bianca, 348; Maiorca, 619). Le condizioni generali si distinguono inoltre dai contratti di adesione, regolati dall'art. 1332, la cui qualificazione ha riguardo esclusivamente al sistema di perfezionamento, mentre le condizioni generali prescindono da quest'ultimo elemento, presentando autonomi caratteri strutturali e confondendosi con detti contratti solo in via occasionale (Genovese, 70). Non rientra nell'istituto in questione la predisposizione di clausole concordate dalle contrapposte associazioni di categoria (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 105). Ove le clausole predisposte contengano tutti gli elementi del contratto, sicché basti la mera accettazione per il relativo perfezionamento, queste possono essere considerate come offerta al pubblico ed essere assoggettate alla corrispondente disciplina (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 143); tale assimilazione è da altri compiuta purché le condizioni generali si colleghino ad una proposta rivolta a persone indeterminate (Genovese, 71). In senso contrario altro autore esclude comunque tale assimilazione poiché in genere le condizioni non riguardano l'intera proposta e sono destinate a valere per una serie di contratti (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 263). L'applicazione della relativa disciplina non esige che le condizioni generali siano incluse o richiamate nell'offerta del predisponente, essendo sufficiente che l'aderente accetti la prestazione e che sia in grado di conoscere, alla stregua del parametro dell'ordinaria diligenza, quale regolamento dell'imprenditore disciplina l'erogazione delle prestazioni (Bianca, 348). Secondo altro autore le condizioni generali predisposte da uno dei contraenti sarebbero valide, quand'anche non richiamate né incluse nel testo del contratto, sulla scorta del principio di buona fede (Giordano, 62). Un esponente della dottrina osserva al riguardo che le condizioni generali sarebbero esclusivamente quelle esterne, richiamate nel contratto, mentre quelle riprodotte nel contratto non rientrerebbero nella disciplina dell'art. 1341 (Genovese, 208). Si tratta di condizioni generali anche quando il predisponente utilizzi il testo di clausole elaborate da altri imprenditori (Bianca, 347). Il predisponente può essere sia una persona fisica sia una persona giuridica, indipendentemente dalla sua posizione economica o dalla qualità di imprenditore. L'attività a forma libera, attraverso cui si procede all'emissione delle condizioni generali nei confronti del pubblico, costituisce atto negoziale. Il predisponente può revocare o modificare le condizioni generali mediante lo stesso strumento impiegato per l'emissione, od altro equipollente, in analogia alla previsione dell'art. 1336; ove il mezzo impiegato sia inidoneo, la revoca ha effetto solo verso coloro che ne abbiano comunque avuto notizia. La revoca di tali condizioni può essere fonte di responsabilità precontrattuale, ove ne ricorrano i presupposti. Dall'inclusione nel contratto, ovvero dal riconoscimento della loro efficacia in quanto accettate con il contratto, discende il loro assoggettamento alla disciplina generale del contratto, con riferimento in particolare all'interpretazione, incapacità e vizi della volontà, e ciò benché sul piano metagiuridico le condizioni generali costituiscano espressione di un potere di fatto dell'imprenditore di carattere sostanzialmente normativo (Bianca, 342).

Il requisito della conoscenza o conoscibilità delle condizioni generali, ovvero della specifica approvazione delle clausole onerose, è necessario anche quando dette condizioni o clausole sono predisposte dal contraente più debole, in quanto tale norma, oltre a tutelare quest'ultimo, impedendo che sia sopraffatto dalla parte che si trova in posizione di supremazia, mira anche e soprattutto a garantire che le clausole onerose costituiscano l'oggetto di una vera e propria contrattazione tra le parti (Cass. n. 3407/1986). La predisposizione da parte di uno dei contraenti di condizioni generali di contratto è un fatto costitutivo della pretesa di chi ha interesse a far valere la loro inefficacia, onde quest'ultimo deve provare la ricorrenza di quella particolare fattispecie contrattuale, e la mancanza di tale prova è circostanza rilevabile d'ufficio, al di là della contestazione della controparte, in quanto attinente alla titolarità del diritto di adire il giudice per far valere, in mancanza dei presupposti, l'inefficacia di quella clausola; sicché è la parte che assume di avere contrattato in situazione di minorata autonomia a dover fornire la prova che si tratta di condizioni generali (Cass. n. 19212/2005; Cass. n. 9/1964; Cass. n. 434/1963).

La conoscenza o conoscibilità secondo l'ordinaria diligenza

Le condizioni generali unilateralmente predisposte sono efficaci nei confronti del destinatario se questi, al momento della conclusione del contratto, le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza. Le condizioni generali possono avere ad oggetto anche elementi essenziali del contratto: in tal caso non è però sufficiente che siano rese conoscibili, ma è necessario che l'accordo si costituisca secondo i principi generali; ne consegue che il vizio può estendersi all'intero contratto e non solo alle singole condizioni (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 265). La misura dell'ordinanza diligenza, richiesta all'aderente nell'apprendere il contenuto delle condizioni generali, deve riportarsi ad un criterio di normalità, ossia deve essere vagliata con riguardo a ciò che è normale attendersi dalla massa degli aderenti in relazione al tipo di operazione economica (Bianca, 347). Altra tesi sostiene che la diligenza dell'aderente debba essere riguardata sotto il profilo della sua appartenenza ad una categoria (Genovese, 185) ovvero, ai sensi dell'art. 1176, debba avere riguardo alla posizione assunta dall'aderente nel contratto e alla circostanza che questi eserciti un'attività professionale (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 266). A fronte della prova della controparte circa l'integrazione di clausole generali alla cui formazione non ha partecipato, incombe sul predisponente l'onere della dimostrazione, non solo dell'effettiva adesione, ma altresì dell'effettiva conoscenza o della colposa ignoranza della controparte (Dossetto, 111; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 267). L'ignoranza inescusabile dell'aderente circa le condizioni generali precluderebbe allo stesso l'impugnativa del contratto per errore (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 136). In senso contrario altro autore rileva che l'efficacia delle condizioni generali e la validità del contratto sono questioni tra loro distinte (Bianca, 334; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 266). All'onere dell'aderente di verificare l'esistenza di condizioni generali fa riscontro l'onere del predisponente di rendere tali condizioni normalmente conoscibili in favore dell'aderente attraverso l'impiego di mezzi idonei di comunicazione (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 254; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 220; contra Maiorca, 644). Affinché l'incombenza possa essere assolta è necessario che il testo che riporta tali condizioni sia intellegibile in relazione alla pratica del settore, con specifico riguardo alle clausole redatte in lingua straniera (Bianca, 346). L'onere di rendere conoscibili le condizioni generali che grava sul predisponente è preliminare rispetto a quello di diligenza che ricade sull'aderente; e ciò nel senso che, ove non sia rispettata la prima incombenza, il predisponente non potrà mai invocare l'inserzione delle condizioni generali nel contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 138). La conoscenza effettiva delle condizioni generali al momento della conclusione del contratto sana l'inadempimento di tale onere, intendendosi per “conclusione” il tempo complessivamente considerato in cui interviene la stipulazione, attinente ad un momento anteriore alla conclusione formale del contratto vera e propria (Genovese, 186). In senso diverso si è affermato che le condizioni generali conosciute dall'aderente successivamente alla conclusione del contratto, ossia immediatamente dopo, ma ancora in tempo utile per consentirgli di reagire, sono efficaci (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 264; contra Bianca, 345). L'inadempimento dell'onere di conoscibilità determina l'inefficacia delle condizioni generali, salva la possibilità per il contraente che non le ha predisposte di accettarle, anche tacitamente, e così di renderle efficaci nei propri confronti (Bianca, 335). Secondo altro autore la sanzione della nullità può facilmente condurre all'iniqua conseguenza dell'estensione dell'invalidità all'intero contratto, ai sensi dell'art. 1419, comma 1, sicché la sanzione più adeguata è quella dell'inopponibilità verso l'aderente, il quale soltanto potrebbe eccepirla (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 223; Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 270). Nel senso invece che la mancata conoscenza o la non conoscibilità secondo l'ordinaria diligenza determinano la nullità delle condizioni generali si è espresso altro filone della dottrina (Genovese, 116; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 140). Dubbia è l'ammissibilità dell'azione di annullamento del contratto per errore qualora le condizioni siano state conosciute o siano conoscibili, ma siano oggetto di una conoscenza erronea da parte dell'aderente; pur potendosi in tal caso configurare un errore in senso proprio, è improbabile che esso sia essenziale nell'economia complessiva del contratto, vertendo sulle condizioni generali, e quindi rilevante; per l'effetto si esclude la pertinenza di siffatta azione, salvo che non si ritenga ammissibile la categoria dell'annullabilità parziale del contratto per errore, conseguendone in tale ipotesi l'annullamento delle sole condizioni generali o di alcune di esse.

In applicazione del principio anzidetto la S.C. ha ritenuto che non sono opponibili all'acquirente le condizioni generali inserite in una fattura trasmessagli dopo la conclusione del contratto; a meno che non risulti altrimenti che egli le conosceva o era tenuto a conoscerle (Cass. n. 2890/1962).

Le fattispecie escluse

La disciplina relativa alle condizioni generali di contratto non si applica ove si tratti di adesione a contratti associativi, atteso che in tali figure negoziali non si pone una questione di disparità di trattamento tra le parti. Inoltre in queste fattispecie lo schema negoziale non è predisposto per servire ad una serie indeterminata di contratti, ma è funzionale a consentire l'adesione di un nuovo associato ad un ente già costituito in relazione alle clausole dello statuto. Nondimeno ove detti statuti dettino disposizioni che esulano dalla competenza regolamentare del gruppo, si ritiene necessaria la specifica approvazione scritta dell'aderente, qualora si tratti di clausole vessatorie (Bianca, 361). Non rientrano tra le condizioni generali neanche le clausole di un regolamento convenzionale di condominio richiamate in sede contrattuale.

In applicazione dei principi innanzi esposti la S.C. ha escluso l'applicabilità dell'art. 1341 in tema di adesione all'atto costitutivo o allo statuto di un'associazione, in quanto la comunanza di interessi tra questa e l'aderente esclude la contrapposizione ed il predominio di un contraente rispetto all'altro, così come la conoscenza dello statuto dell'ente, sul quale si basa l'atto di adesione, impedisce che il contraente si trovi vincolato da clausole da lui non conosciute o non adeguatamente valutate (Cass. n. 8372/2010; Cass. n. 18919/2005; Cass. n. 4351/1993; Cass. n. 6167/1990); o di una società di persone (Cass. n. 1367/1985) o di un consorzio (Cass. n. 1951/1972) o di una società cooperativa (Cass. n. 10444/1991; Cass. n. 1826/1981; Cass. n. 4011/1969) o alla stipulazione di un contratto collettivo di lavoro, alla cui formazione concorrono in condizioni di parità le contrapposte associazioni sindacali in rappresentanza dei singoli iscritti (Cass. n. 25888/2008; Cass. n. 11875/2003; Cass. n. 1412/1970). Analogamente la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il regolamento convenzionale di condominio, anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti compresi nell'edificio condominiale, fa corpo con essi purché espressamente richiamato ed approvato, di guisa che le sue clausole rientrano per relationem nel contenuto dei singoli contratti di acquisto; e poiché il richiamo per relationem del contenuto del regolamento è opera di entrambi i contraenti, ne deriva che le singole clausole restano fuori dalla previsione legislativa (Cass. n. 395/1993; Cass. n. 49/1992; Cass. n. 73/1986, in Giust. civ.,  1986, 5, I, 1372, con nota di Triola).

Le clausole vessatorie

Fra le condizioni generali vi sono alcune clausole, che — per il loro particolare contenuto — richiedono l'assolvimento di incombenze aggravate sul piano formale ai fini di assicurarne la conoscenza alla controparte che le subisce. Sicché, a fronte della previsione più ampia sulle condizioni generali, la regolamentazione delle clausole vessatorie o onerose è speciale. Segnatamente affinché possano operare nel regolamento negoziale è necessario che siano specificamente approvate per iscritto. L'elenco delle clausole vessatorie indicate dall'art. 1341, comma 2, qualificate come elementi accidentali del contratto (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 253), ha carattere tassativo (Bianca, 352) In senso parzialmente contrario altra tesi ne ammette una lettura estensiva ma non analogica (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 281). Secondo un autore esse rappresentano lo schema di una determinata categoria di clausole vessatorie lecite; sicché devono considerarsi in ogni caso inefficaci, anche se specificamente approvate, le clausole che manifestino profili di più grave onerosità per l'aderente (Maiorca, 636). Anche in caso di reciprocità o bilateralità delle clausole, in quanto conferiscano uguale vantaggio anche al contraente che non le abbia predisposte, è necessaria la specifica approvazione (Bianca, 352). La disciplina indicata deve essere osservata anche per le clausole che si pretendano rispondenti ad usi negoziali, come sono considerate le norme bancarie uniformi, poiché la prescrizione sulla necessità del consenso mediante una particolare forma non può essere derogata dall'automatismo delle clausole d'uso (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 154; Bianca, 340; Asquini, 463). In senso contrario si osserva che non è ammissibile una predisposizione della parte, a fronte di clausole che si inseriscono nel contratto senza o anche contro la volontà delle parti (Pavone La Rosa, Studi sulla polizza di carico, Milano, 1958, 166). Non si tratta di clausole vessatorie qualora la pattuizione si sia tradotta in un atto pubblico o quando la predisposizione sia il risultato di una trattativa o quando le clausole riproducano un precetto di legge o un uso normativo (Bianca, 360). Le clausole che stabiliscono limitazioni di responsabilità sono quelle non vietate dall'art. 1229 sia che escludano la responsabilità per colpa o fondata su altri presupposti ipotizzati dalla legge sia che fissino un limite al risarcimento del danno (Bianca, 353). Le clausole che attribuiscono al predisponente la facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l'esecuzione sono quelle che comprendono tali facoltà al di fuori dei casi previsti in modo specifico dalla legge. Le clausole di decadenza sono quelle non colpite da nullità ai sensi dell'art. 2965 (Bianca, 355). Le clausole che limitano la facoltà di opporre eccezioni sono quelle che non siano nulle ai sensi dell'art. 1462. Non rientrano tra le clausole vessatorie quelle che limitano le eccezioni sostanziali del contraente, in quanto tali clausole non riguardano in realtà la facoltà di proporre eccezioni, bensì limitano il diritto sostanziale della parte (Bianca, 356). Tra le clausole che impongono restrizioni alla libertà contrattuale con i terzi rientrano le clausole di non concorrenza e il divieto di alienazione (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 224).

A fronte della previsione del comma 1, che in ordine alle condizioni generali esige, ai fini della validità ed efficacia, la conoscenza o conoscibilità secondo l'ordinaria diligenza, soltanto in via eccezionale, in considerazione della particolare gravità ed importanza di alcune clausole, il comma 2 ne sancisce l'inefficacia, ove non siano state specificamente approvate per iscritto (Cass. n. 2504/1950). Nel senso della natura tassativa è orientata la giurisprudenza (Cass. n. 9646/2006; Cass. n. 1456/1986; Cass. n. 3432/1973; Cass. S.U.,  n. 955/1972; Cass. n. 1524/1966). Pur trattandosi di clausole tassative, è ammessa l'interpretazione estensiva (Cass. n. 14038/2013; Cass. n. 1006/1965), quando l'ipotesi non prevista nella norma sia accomunata a quella espressamente contemplata dalla medesima ratio, ossia dall'esigenza di tutela del contraente per adesione in situazioni per lui particolarmente sfavorevoli (Cass. n. 14912/2001; Cass. n. 8062/1987). È invece preclusa l'applicazione analogica (Cass. S.U., n. 5777/1990). Il giudizio sulla natura vessatoria della clausola contrattuale deve avvenire nel contesto dell'interpretazione complessiva dell'atto al fine di stabilirne significato e portata (Cass. n. 22/1987). In questa prospettiva la pattuizione a richiesta fatta (claims made), inserita — a prescindere dalla sua veste grafica di clausola contrattuale (o meno) — in un contratto assicurativo, non è apprezzabile in termini di vessatorietà quando costituisce espressione di un accordo delle parti diretto a delimitare l'oggetto stesso del contratto, dovendosi ritenere in tal caso realizzata una lecita deroga al modello legale tipico previsto dall'art. 1917, comma 1; essa per contro presenta natura vessatoria quando, nell'economia complessiva della polizza, si atteggi a condizione volta a limitare l'oggetto del contratto come definito da altra clausola e ciò in ragione della funzione limitativa che svolge in tale ipotesi della precedente e più ampia previsione contrattuale (Cass. n. 22891/2015; Cass. n. 7273/2013). La disciplina sulle clausole vessatorie non trova applicazione per le clausole che prevedano la bilateralità dei propri effetti (Cass. n. 6314/2006; Cass. n. 4540/1986; contra Cass. n. 6510/2001; Cass. n. 5137/2001; Cass. n. 2152/1998; Cass. n. 6145/1978; Cass. n. 2266/1976). Anche le clausole vessatorie determinate dagli usi negoziali sottostanno alla disciplina dell'art. 1341 (quale obiter dictum Cass. S.U., n. 6328/1997; Cass. n. 5024/1994; Cass. n. 764/1964; contra Cass. n. 1729/1986). La costante applicazione di una clausola vessatoria non può mai dar luogo ad un uso normativo né negoziale (Cass. n. 934/1955). Qualora il contratto sia concluso per atto pubblico è esclusa la ricorrenza di un contratto per adesione, sicché non vi è necessità di una specifica approvazione delle clausole vessatorie ivi inserite (Cass. n. 15253/2020; Cass. n. 15237/2017 Cass. n. 18917/2004; Cass. n. 17289/2004; Cass. n. 193/1992). Quando i contraenti fanno riferimento alla disciplina fissata in un distinto documento al fine dell'integrazione della regolamentazione negoziale, le previsioni di quella disciplina si intendono conosciute e approvate per  relationem, assumendo pertanto il valore di clausole concordate senza necessità di una specifica approvazione per iscritto (Cass. n. 23194/2020Cass. n. 18041/2012; Cass. n. 5578/2000).

La specifica approvazione per iscritto

La ratio della norma è quella di assicurare nei contratti per adesione una contrattualità effettiva e funzionale, non soltanto strutturale e formale, in quanto il legislatore, col richiedere la specifica approvazione per iscritto delle clausole più onerose, ha inteso ristabilire l'uguaglianza delle parti nella formazione del contratto, sostituendo alla mancata discussione sul contenuto di esso l'osservanza di un adempimento che, quantunque di carattere meramente formale, offra la certezza che il contraente più debole, cioè quello per adesione, abbia avuto conoscenza di tali clausole e le abbia quindi consapevolmente accettate (Bianca, 353). La sottoscrizione di una dichiarazione di approvazione delle clausole vessatorie successiva alla conclusione del contratto, e contenuta in un separato documento predisposto dalla controparte, è ammissibile ed efficace (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 222). Viceversa la mera produzione in giudizio del documento contrattuale, contenente le clausole vessatorie, a cura del contraente nei confronti del quale le clausole sono state predisposte, non sana il difetto di approvazione (Bianca, 365). Si ritiene che la prescrizione sulla necessità della specifica approvazione per iscritto si estenda ai contratti conclusi dalla P.A. (Distaso, in Comm. Utet , 1980, 987; Bianca, 361).

L'esigenza della specifica approvazione per iscritto di una clausola onerosa o vessatoria postula una sottoscrizione autonoma e separata rispetto a quella che si riferisce agli altri patti contrattuali e pertanto non può ritenersi soddisfatta nel caso in cui il contraente per adesione apponga un'unica firma in calce al modulo a stampa predisposto dall'altro contraente oppure, apponendone due, con la seconda si limiti ad approvare genericamente e globalmente tutte le clausole previste nel contratto ai sensi degli artt. 1341 e 1342. Infatti l'approvazione di tali clausole deve essere specifica e separata, così da richiamare l'attenzione del sottoscrittore su di essa, ancorché non sia necessaria la ripetizione del suo contenuto (Cass. n. 20606/2016; Cass. n. 9492/2012; Cass. n. 5733/2008; Cass. n. 4452/2006; Cass. n. 13890/2005; Cass. n. 18680/2003). Non è necessaria la sottoscrizione del predisponente (Cass. n. 12739/2017; Cass. n. 4377/2017). Nel caso di condizioni generali di contratto l'obbligo della specifica approvazione per iscritto della clausola vessatoria è rispettato anche nel caso di richiamo numerico (o per lettere) a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che quest'ultimo non sia accompagnato da un'indicazione, benché sommaria, del loro contenuto, ovvero che non sia prevista dalla legge una forma scritta per la valida stipula del contratto (Cass. n. 22984/2015; Cass. n. 12708/2014). Non è sufficiente la sola apposizione di firme a margine di ogni pagina, riferibili al contratto globalmente considerato (Cass. n. 21666/2024). A fronte della mancata approvazione specifica per iscritto, la prova della conoscenza del contenuto della clausola è irrilevante (Cass. n. 7925/1987; Cass. n. 3215/1962). In difetto di specifica autorizzazione del rappresentato il rappresentante, ancorché incaricato della stipula di un contratto, non ha il potere di approvare per iscritto la clausola vessatoria che sia stata inserita tra le condizioni generali predisposte dall'altro contraente, sicché detta clausola non vincola affatto il rappresentato (Cass. n. 5890/1984; Cass. n. 2105/1976). Poiché la specifica approvazione per iscritto delle clausole contrattuali onerose costituisce una forma richiesta  ad substantiam, lo stesso rigore è richiesto per la ratifica delle dette clausole, che deve avvenire pertanto con l'osservanza della medesima forma (Cass. n. 2147/2001; Cass. n. 2313/1995). La necessità di specifica approvazione per iscritto delle clausole onerose indicate nell'art. 1341 sussiste anche riguardo ai contratti stipulati dalla P.A. per le clausole da questa predisposte (Cass. n. 1321/1996; Cass. n. 8213/1987; Cass. n. 2724/1987; Cass. n. 3407/1986; Cass. n. 398/1986; Cass. n. 4832/1984). In senso contrario altri arresti sostengono che gli artt. 1341 e 1342, n quanto preordinati alla tutela del contraente più debole, non sono applicabili ai contratti stipulati dalla P.A. il cui operato è istituzionalmente ispirato a finalità di interesse generale e di imparzialità e giustizia (Cass. n. 178/1982; Cass. n. 4637/1978; Cass. n. 4495/1976; Cass. n. 99/1976).

Le conseguenze del difetto di approvazione

In dottrina non vi è uniformità di orientamenti in ordine alle conseguenze che discendono dalla mancata specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie: in base ad un primo indirizzo, tali clausole sarebbero affette da nullità assoluta, rilevabile d'ufficio, in quanto la specifica approvazione scritta costituisce un requisito di forma  ad substantiam (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 140; Genovese, 805); altra opinione ritiene che il vizio che inficia tali clausole sarebbe quello di nullità relativa, non eccepibile dal predisponente (Maiorca, 630); un'ulteriore tesi, aderendo al dato letterale della norma, osserva che la specifica approvazione costituisce un requisito di forma, la cui mancata osservanza tuttavia non dà luogo ad un'ipotesi di nullità, bensì di inefficacia, intesa quale estraneità della clausola vessatoria al contenuto del contratto, che può essere rilevata anche d'ufficio (Bianca, 354); in ragione di un'ulteriore opinione la prescrizione della specifica approvazione non dà luogo ad un onere di forma, ma ad una regola in ordine alla formazione delle clausole vessatorie, le quali debbono ritenersi inserite nel contenuto del contratto ed efficaci solo in seguito all'approvazione specifica, con la conseguenza che, mancando la predetta specifica approvazione, si verifica un'ipotesi di inefficacia per la mancata realizzazione dell'accordo nei modi di legge, che può essere fatta valere dal solo aderente (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 276); in forza di una valutazione intermedia entrambe le costruzioni in ordine alla nullità o all'inefficacia delle clausole sarebbero logicamente corrette, purché rimanga ferma la possibilità di far valere il difetto di sottoscrizione anche al predisponente e al giudice d'ufficio (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 112). L'inefficacia della clausola vessatoria non specificamente approvata non si trasmette all'intero contratto (Bianca, 366).

La giurisprudenza è prevalente nel ritenere che la mancata specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie ne determina la nullità eccepibile o rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo (Cass. n. 26987/2009; Cass. n. 569/2000; Cass. n. 1873/1992). Secondo un certo indirizzo giurisprudenziale, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest'ultimo è il solo legittimato a farne valere l'eventuale mancanza, sicché la nullità di una clausola onerosa senza specifica approvazione scritta dell'aderente non può essere invocata dal predisponente (Cass. n. 27320/2020; Cass. n. 20205/2017 ; Cass. n. 12591/2014; Cass. n. 14570/2012; Cass. n. 11213/1991; Cass. n. 79/1978; contra Cass. n. 16394/2009; Cass. n. 547/2002; Cass. 1606/1995; Cass. n. 1647/1976; Cass. S.U.  n. 3508/1974; Cass. n. 777/1966).

Le clausole che non hanno natura vessatoria

Secondo la dottrina rientrerebbe tra le clausole vessatorie anche il patto di opzione (Bianca, 357). Anche la prelazione è stata considerata da alcuni quale patto limitativo della libertà di contrarre (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 799). Ricadrebbero tra le clausole vessatorie che prevedono una deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria anche quelle di arbitrato irrituale (Bianca, 358) e le clausole penali (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 225).

La giurisprudenza esclude che abbiano natura vessatoria, tra le altre, le seguenti clausole: la clausola di esclusione della facoltà di recesso (Cass. n. 17579/2015; Cass. n. 14038/2013); la clausola contrattuale che sottoponga il sorgere del diritto al compenso da parte del professionista incaricato del progetto di un'opera all'intervenuto finanziamento dell'opera progettata (Cass. n. 16620/2013; Cass. n. 19000/2004); la clausola contrattuale inserita nel leasing traslativo che pone a carico dell'utilizzatore il rischio per la perdita del bene (Cass. n. 21301/2011); la clausola risolutiva espressa (Cass. n. 17603/2018; Cass. n. 15365/2010; Cass. n. 16253/2005); la clausola di regolazione del premio nei contratti assicurativi, salvo che sia pattiziamente predeterminato l'effetto sospensivo dell'obbligazione dell'assicuratore di corrispondere l'indennizzo per il caso in cui l'assicurato non paghi l'eventuale differenza di premio da versare a conguaglio oppure ometta di comunicare i dati necessari per la determinazione variabile del premio (Cass. n. 14065/2010); la clausola di un contratto di assicurazione della responsabilità civile, la quale stabilisca che tutte le comunicazioni a cui l'assicurato è tenuto devono essere fatte con lettera raccomandata (Cass. n. 9916/2010); le caparre, le clausole penali ed altre simili, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all'altra in caso di recesso o di inadempimento (Cass. n. 18550/2021;  Cass. n. 6558/2010; Cass. n. 23965/2004; Cass. n. 20744/2004); la clausola che consente l'unilaterale modificazione delle condizioni negoziali (Cass. n. 5513/2008); la clausola di reviviscenza dell'obbligazione di garanzia nelle fideiussioni omnibus per il caso di revoca dei pagamenti effettuati dal debitore garantito (Cass. n. 3011/2008); la clausola di un contratto di locazione di immobili che pone a carico del conduttore le spese, che di norma gravano sul locatore, comprese quelle imputabili a vetustà, forza maggiore ed all'uso convenuto (Cass. n. 15592/2007); la clausola di un contratto di assicurazione contro gli infortuni che preveda una perizia contrattuale (Cass. n. 11876/2007; Cass. n. 2277/2006); la clausola che estenda la responsabilità del vettore all'ipotesi della perdita della merce trasportata a causa di rapina (Cass. n. 11757/2006); la clausola che prevede la corresponsione di interessi in misura superiore a quella legale (Cass. n. 9646/2006); la clausola a prima richiesta, seppure inserita nel contratto di fideiussione tipico (Cass. n. 19484/2005); la clausola contenuta in un contratto concluso dal de cuius con la quale si pattuisce che per le obbligazioni derivanti dal contratto siano solidalmente responsabili gli eredi del debitore (Cass. n. 7281/2005); la clausola di fissazione del termine per i pagamenti, inserita in un capitolato speciale relativo ad appalto di opere pubbliche (Cass. n. 4036/2003); la clausola relativa alla riduzione del compenso spettante all'ingegnere per l'opera professionale svolta come direttore dei lavori, in deroga a quanto statuito dalla tariffa professionale (Cass. n. 1833/2003); la clausola “tutto subito” contenuta nel contratto di agenzia, che consente all'agente di optare per la percezione immediata delle provvigioni di incasso relative a tutta la durata del contratto, anziché percepire la provvigione di incasso anno per anno, anche qualora preveda il diritto da parte della società di ripetere le provvigioni anticipate sui premi non incassati dall'agente, perché maturati dopo la cessazione del rapporto (Cass. n. 84/2003); la clausola del contratto di locazione che esclude la corresponsione di un'indennità per i miglioramenti (Cass. n. 10425/2002); la clausola che prevede l'irrevocabilità della proposta (Cass. n. 3781/1974); il patto di opzione (Cass. n. 1729/1977); la clausola contenente la previsione di un arbitrato irrituale, perché essa manca di carattere compromissorio o comunque derogativo della competenza dell'autorità giurisdizionale (Cass. n. 21139/2004; Cass. n. 8788/2000; Cass. 10240/1992); la condizione risolutiva (Cass. n. 289/1952); le condizioni sospensive potestative (Cass. n. 999/1987); la clausola che autorizza l'esecuzione prima della risposta dell'accettante (Cass. n. 1710/1974); la clausola claims made mista o impura, contemplata nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, che subordina la copertura assicurativa al verificarsi dell'illecito e/o della richiesta risarcitoria in determinati e preventivati periodi di tempo, il che non esclude che essa possa essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, nella vigenza del d.lgs. n. 206/2005, qualora determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali ai danni del consumatore (CassS.U.,  n. 9140/2016);

le clausole che prevedono, in luogo del risarcimento per equivalente, l'obbligo, per l'assicuratore di provvedere alla riparazione in forma specifica (Cass. n. 25743/2023).

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Bibliografia

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