Codice Civile art. 1344 - Contratto in frode alla legge.

Cesare Trapuzzano

Contratto in frode alla legge.

[I]. Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa [1418 2].

Inquadramento

Il concetto di frode alla legge muta in ragione dell'adesione ad una concezione soggettiva ovvero oggettiva della causa. In base alla tesi subiettiva la frode alla legge avrebbe luogo soltanto quando l'attività negoziale delle parti conduca ad un risultato equivalente a quello vietato dalla legge e sarebbe pertanto colpito non dalla norma imperativa elusa, ma da quella che prevede espressamente la nullità del negozio fraudatorio; sicché il negozio in frode alla legge sarebbe anch'esso un negozio contra legem, arricchito tuttavia da un elemento soggettivo, rappresentato dall'intenzione delle parti di eludere mediante un negozio di per sé lecito la norma stessa (Carraro, 647). La ratio della norma non è tanto diretta a determinare una nuova forma di illiceità riflessa, integrata dal requisito soggettivo della comune intenzione delle parti di eludere la legge, quanto ad ampliare la nozione di contrarietà alla legge, così da includervi anche i contratti che giungono ad un risultato analogo a quello che la legge espressamente vieta (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 336). Altri autori sostengono che la frode alla legge può essere integrata solo in corrispondenza di norme tendenti ad impedire la realizzazione di taluni intenti pratici dei contraenti, diversi ed ulteriori rispetto agli effetti giuridici propri del negozio posto in essere, giacché in tal caso le parti potrebbero, mediante contratto avente effetti giuridici in sé e per sé leciti, volere realizzare intenti illeciti; mentre ove le norme siano dirette puramente e semplicemente a vietare gli effetti giuridici propri del contratto, nessun peso avrebbero gli intenti ulteriori delle parti e si potrebbe allora creare solo una situazione di ottemperanza ovvero di violazione diretta delle norme medesime (Osti, 509). Sicché l'insieme dei negozi che conduce al risultato cui corrisponde il contenuto del negozio illecito non sarà sempre nullo, poiché di volta in volta si dovrà risalire alla ratio della norma positiva per stabilire se il legislatore abbia voluto disconoscere un certo risultato finale ovvero un certo mezzo illecito, prescelto dalle parti per conseguire un certo risultato lecito (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 552). Aderendo invece ad una nozione oggettiva, l'essenza della frode alla legge si concretizza nel fatto che gli stipulanti riescano a raggiungere, attraverso una complessa intesa contrattuale, il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, mentre il negozio illegale sarebbe il mezzo diretto tipico per realizzare l'obiettivo vietato dall'ordinamento, il negozio in frode alla legge si differenzierebbe da quello perché tenderebbe al medesimo fine mediante un'intesa indiretta e tortuosa (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 342). Ne consegue che, benché il mezzo impiegato debba ritenersi lecito, sarà illecito il risultato che attraverso l'abuso di quel mezzo o la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Roppo, 1977, 179). Secondo questa impostazione non avrebbe alcun rilievo l'intento elusivo delle parti (Bianca, 587). In aggiunta si è osservato che il contrasto con la norma imperativa non deve essere analizzato solo con riferimento all'atto integrato, ma anche tenendo conto della combinazione di tale atto con altri atti giuridici (Bianca, 588); pertanto, attraverso la realizzazione di una fattispecie complessa, si può addivenire al perfezionamento della frode, quando l'atto in sé considerato appaia avvinto da una causa lecita, ma nel complesso dell'operazione su cui si innesta risulta elusivo di una norma imperativa (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 336). Con riferimento alla causa dei negozi in frode alla legge, secondo una certa ricostruzione, essa sarebbe solo apparentemente tipica, poiché detti negozi tendono a realizzare interessi cui la legge nega tutela, ma nella sostanza tale causa è atipica e illecita, come quella di ogni altro negozio che mira direttamente e palesemente a soddisfare interessi non meritevoli di tutela (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 171). In questo senso il negozio in frode alla legge, nullo al pari del negozio illecito in senso stretto, rientrerebbe anch'esso nella categoria dell'illiceità negoziale, sia pure intesa in senso lato (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 727). Per converso si ritiene, evidenziando l'aspetto oggettivo della frode alla legge, che difficilmente può prospettarsi un'illiceità della causa ove i negozi e le clausole posti in essere siano ciascuno di per sé leciti e possono considerarsi contrari alla legge solo perché convergono in un'intesa complessa che appare oggettivamente idonea a realizzare il risultato illegale (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 343). In ogni caso, alla luce della disamina delle teorie soggettiva ed oggettiva, non può valere a giustificare l'integrazione del contratto in frode alla legge il mero apprezzamento dell'elemento soggettivo, ossia dell'intento elusivo perseguito dalle parti, che — in quanto diretto a raggiungere lo scopo vietato dalla norma imperativa — varrebbe a determinare l'illiceità dell'operazione posta in essere e a sancirne la nullità (così invece Santoro Passarelli, 191). E ciò perché il riferimento all'elemento soggettivo della frode, pur essendo necessario, non può comunque sostituire una valutazione oggettiva del fenomeno, pena la possibile legittimazione di abusi giudiziali (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1999, 112). D'altronde, se fosse sufficiente il motivo fraudolento a realizzare la figura del contratto in frode alla legge, la previsione specifica sulla frode sarebbe inutile, poiché basterebbe l'art. 1345 a determinare la nullità del contratto; salvo che non si ritenga che l'art. 1344 sia una mera duplicazione dell'articolo successivo (in questo senso Carraro, 79).

La giurisprudenza di legittimità evidenzia che la frode alla legge non è che un aspetto o un atteggiamento della violazione di legge, in quanto la norma imperativa osservata nella lettera è violata nella sostanza (Cass. n. 4519/1957). Attraverso gli accordi contrattuali in frode alla legge gli stipulanti raggiungono il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l'abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cass. n. 1523/2010). L'illiceità della causa, sia nell'ipotesi di contrarietà della stessa a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, sia nell'ipotesi di utilizzazione dello strumento negoziale per frodare la legge, presuppone un comune intento delle parti, attenendo tale illiceità alla funzione — necessariamente comune — cui è destinato il negozio, ovvero all'intento di eludere una norma imperativa mediante il negozio in frode alla legge, nel quale ha uno speciale rilievo il motivo illecito, che, come di norma, si comunica eccezionalmente al negozio quando esso sia stato il solo determinante e comune alle parti (Cass. n. 4333/1987). Nel contratto in frode alla legge risalta la consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti, indirizzata all'elusione di una norma imperativa (Cass. n. 6444/1984). Pertanto  la ragione idonea ad invalidare il contratto deve farsi risalire alla volontà di entrambe le parti e non di una sola (Cass. n. 4585/1984). La frode alla legge soltanto supposta non rende nullo il contratto, poiché l'illiceità della causa deve sussistere innanzitutto sul piano obiettivo (Cass. n. 1711/1956). D'altronde lo stato intellettivo di buona fede in senso soggettivo, ossia la persuasione di agire in conformità delle regole di diritto, nella convinzione della legalità del proprio comportamento, del quale l'agente ignori l'antigiuridicità, non può assistere colui che abbia posto in essere un contratto dichiarato nullo perché concluso in frode alla legge e per di più nella piena consapevolezza dell'esistenza di fatti che ne comportano la nullità; né ad escludere la mala fede dell'accipiens può giovare il rilievo della mala fede del solvens, alla prima associato nella comune consapevolezza dei vizi che comportano la nullità del negozio (Cass. n. 5371/1987).

Il contratto in frode ai terzi

Nell'ordinamento giuridico non vi è alcuna norma che sanzioni in via generale la nullità del contratto in frode ai terzi, i quali sono tutelati solo in alcune particolari situazioni, ossia con l'azione di nullità, ove ne ricorrano i presupposti, o con l'azione revocatoria, qualora i terzi che abbiano subito il pregiudizio si identifichino specificamente con i creditori (Bianca, 588).

Anche la S.C. esclude l'autonoma rilevanza della figura del contratto in frode ai terzi (Cass. S.U.n. 10603/1993; Cass. n. 6239/1983; Cass. n. 3905/1981; Cass. n. 240/1977). Piuttosto, in assenza di una norma che vieti in via generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è di per sé illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti, apprestando l'ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l'applicazione della sola sanzione dell'inefficacia (Cass. n. 15844/2022; Cass. n. 23158/2014; Cass. n. 8600/2003). Sempre che l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri — quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto — non sia riconducibile ad un motivo illecito che, se comune e determinante, importa la nullità del contratto (Cass. 20576/2010). Così non vi è nullità del contratto di alienazione della proprietà di un fondo agricolo qualora siano violate le norme sulla prelazione agraria poiché ai fini della tutela del prelazionario, sussiste la specifica azione di riscatto (Cass. n. 5201/2015; Cass. n. 6691/1987). A meno che l'attività di coltivazione esistente sul fondo al momento della stipula dell'atto di acquisto sia solo in termini di attualità, ma non anche di prospettiva futura, evenienza quest'ultima cui deve essere ricondotta anche una preordinata combinazione negoziale comportante poco tempo dopo la stipulazione, il subentro nella detenzione del bene da parte di terzi non aventi alcun diritto, con evidente finalità elusiva (e quindi in frode alla legge) della prelazione del confinante (Cass. n. 6122/2013; Cass. n. 3661/1996; Cass. n. 6682/1992; Cass. n. 2812/1992; Cass. n. 4923/1988).

La distinzione dal negozio simulato

Il contratto in frode alla legge si distingue dalla figura della simulazione relativa fraudolenta. E ciò perché il primo si consacra attraverso un'unica dichiarazione negoziale, diretta alla realizzazione di quella particolare finalità antigiuridica; viceversa la seconda importa la divergenza tra dichiarazioni, quella apparente e quella sottesa, e quindi l'integrazione di due negozi giuridici, quello simulato e quello dissimulato, al fine di eludere l'applicazione di norme imperative (Bianca, 589). Altro autore sostiene che vi sarebbe identità tra la frode alla legge e il negozio indiretto (Scognamiglio, in Comm. S.B., 1992, 343). È un contratto in frode alla legge il contratto costitutivo di un diritto reale di uso di immobile non abitativo che sia diretto ad eludere la disciplina vincolistica all'epoca vigente per le locazioni (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 339).

Anche in giurisprudenza la distinzione tra frode alla legge e simulazione relativa fraudolenta è fondata sull'unicità o sulla duplicità dei negozi (Cass. n. 1523/2010; Cass. n. 2224/1988). Il negozio simulato e il negozio indiretto non valgono in sé ad integrare gli estremi del contratto in frode alla legge, ma occorre di volta in volta verificare se il negozio sia stato predisposto ed attuato al fine di eludere l'applicazione di norme imperative (Cass. n. 1123/1974; Cass. n. 3166/1971). Altro arresto rileva che il contratto simulato si differenzia dal contratto in frode alla legge, che è una specie del contratto indiretto, caratterizzato dal fatto che lo scopo ulteriore perseguito dalle parti (il contratto fine) è illecito, sebbene sia possibile raggiungere il medesimo scopo illecito attraverso le due diverse vie della simulazione e del negozio indiretto (Cass. n. 11372/2005). La giurisprudenza nega che il contratto costitutivo di un diritto reale di uso su immobile non abitativo, volto ad escludere la disciplina vincolistica dei canoni, sia un contratto in frode alla legge, bensì si tratterà di simulazione relativa (Trib. Torino 21 luglio 1987).

La distinzione dal negozio fiduciario

Il negozio in frode alla legge è categoria distinta anche dal negozio fiduciario, categoria quest'ultima non direttamente regolata dalla legge ma elaborata in sede di dottrina e giurisprudenza. Il negozio fiduciario postula il collegamento tra due negozi, l'uno con valenza esterna, comportante il trasferimento del diritto oppure di una situazione giuridica in capo ad un soggetto denominato fiduciario, l'altro con valenza interna, avente natura obbligatoria, che importa l'obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte fiduciante o ad un terzo il diritto o la cosa attribuitagli (fiducia dinamica o traslativa); ovvero consistente nell'apposita pattuizione in ragione della quale, preesistendo una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto, il fiduciario, questi si impegna a richiesta e nel senso voluto dal contraente fiduciante per dirottarla dal suo naturale esito (fiducia statica). Date queste premesse, il negozio fiduciario si realizza attraverso plurimi contratti, diversamente dal negozio in frode alla legge. Non è però escluso che nel caso concreto il ricorso al negozio fiduciario, specie quando implichi un fenomeno di interposizione reale di intestazione fiduciaria, possa mirare al perseguimento di un fine elusivo di norme imperative, e in tal caso il contratto che realizza detto fine sarà nullo in quanto concluso in frode alla legge.

L'interesse che il negozio fiduciario mira a realizzare deve essere lecito; ove sia diretto ad eludere la legge, il negozio deve essere dichiarato nullo ai sensi dell'art. 1344 (Cass. n. 12138/2014; Cass. n. 7152/1983; Cass. n. 1849/1981; Cass. n. 481/1966).

Le fattispecie di contratto in frode alla legge nella pratica

Il patto di prolungamento del preavviso, sorretto da un minimo incremento retributivo e non in rapporto di corrispettività con una preordinata progressione in carriera, è nullo per frode alla legge, in quanto finalizzato a perseguire l'interesse tipico del patto di non concorrenza, eludendone tuttavia i limiti di specificazione dell'attività e di adeguatezza del corrispettivo (Cass. n. 22933/2015). Frequente ipotesi di frode alla legge si realizza quando tramite il contratto sia violato il divieto di patto commissorio. Così la vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata fra il debitore ed il creditore, ove determini la definitiva acquisizione della proprietà del bene in mancanza di pagamento del debito garantito, è nulla per frode alla legge, in quanto diretta ad eludere il divieto del patto commissorio. Principale elemento sintomatico della frode è costituito dalla sproporzione tra l'entità del debito e il valore dato in garanzia, in quanto il legislatore, nel formulare un giudizio di disvalore nei riguardi del patto commissorio, ha presunto, alla stregua dell'id quod plerumque accidit, che in siffatta convenzione il creditore pretenda una garanzia eccedente il credito, sicché, ove questa sproporzione manchi — come nel pegno irregolare, nel riporto finanziario e nel patto marciano (ove al termine del rapporto si procede alla stima del bene e il creditore, per acquisirlo, è tenuto al pagamento dell'importo eccedente l'entità del credito) — l'illiceità della causa è esclusa. Detta frode può realizzarsi anche quando il trasferimento immobiliare sia immediato (Cass. n. 4514/2018; Cass.n. 10986/2013;Cass. n. 13621/2007; Cass. n. 9900/2001). Allo stesso modo froda la legge il contratto di sale and lease back, contratto di impresa in sé lecito, che sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio, con conseguente sua nullità (Cass. n. 16367/2023Cass. n. 4664/2021; Cass. n. 13305/2018; Cass. n. 21042/2017; Cass. n. 6969/2007).

Allorchè ricorrano diverse pattuizioni, l'intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile allorché sussista tra esse un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, sicché il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti (Cass. n. 27362/2021; Cass. n. 23553/2020; Cass. n. 9466/2004).

È nullo per frode all'art. 1750, comma 4, in tema di contratto di agenzia, che pone la regola inderogabile secondo cui i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto, esprimendo un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, il patto che contempli, in aggiunta all'obbligo di pagare l'indennità di mancato preavviso, una clausola penale a carico del solo agente che si renda inadempiente all'obbligo di dare preavviso (Cass. n. 24478/2021 ; Cass. n. 24274/2006). Ancora nel contratto di formazione e lavoro l'impossibilità di formare il lavoratore in quanto lo stesso è già esperto determina la nullità del contratto per frode alla legge, ove della circostanza le parti siano state consapevoli al momento della stipulazione (Cass. n. 15308/2004; Cass. n. 66/1995).

Bibliografia

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