Codice Civile art. 1363 - Interpretazione complessiva delle clausole.Interpretazione complessiva delle clausole. [I]. Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto. InquadramentoLa norma stabilisce il criterio ermeneutico dell'interdipendenza tra le clausole del contratto (Bianca, 403), ossia sancisce la regola dell'interpretazione dinamica del contratto all'esito della lettura concatenata delle clausole in esso inserite. Ciascuna clausola è al contempo oggetto e mezzo di interpretazione (Irti, La sintassi delle clausole, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1989, 423). Sicché si afferma che la norma introduce il principio dell'interpretazione sistematica o logica (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 527; Bianca, 403). A tale qualificazione si contrappone la definizione di interpretazione complessiva, atteso che ogni complesso di elementi può non essere un sistema (Irti, cit., 424). La previsione introduce il canone della totalità, secondo cui dai singoli elementi di cui l'atto è formato si ricaverebbe il senso del tutto e nel medesimo tempo si dovrebbe intendere il singolo elemento in funzione del tutto di cui è parte integrante (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 527). In base ad altra opinione siffatto criterio ermeneutico è volto ad individuare la comune intenzione dei contraenti (Scognamiglio C., 330; Irti, cit., 425; Grassetti, 906). La norma ha carattere primario poiché l'interprete deve collegare e raffrontare tra loro frasi o parole anche quando il significato letterale delle parole sia chiaro, dato che quando si parla di senso letterale si intende l'intera formulazione letterale della dichiarazione negoziale (Scognamiglio C., 330; Irti, cit., 425; Bianca, 403). Ove la lettera del contratto abbia un significato univoco, non è consentito al giudice disattenderlo, facendo pretestuoso ricorso ad esigenze sistematiche (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 527). Qualora le clausole siano tra esse incompatibili o discrepanti, il criterio ermeneutico stabilito dalla norma non può essere applicato; piuttosto tale contrasto può essere superato facendo riferimento ad apposite norme, come l'art. 1342, ovvero utilizzando ulteriori canoni interpretativi (Irti, cit., 426). Secondo la giurisprudenza, anche quando l'interpretazione delle singole clausole possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del senso letterale delle parole, questo va necessariamente riferito all'intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate tra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. n. 2267/2018; Cass. n. 8876/2006). Sicché il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 impone di desumere la comune intenzione delle parti dall'esame complessivo delle diverse clausole, non essendo consentito, peraltro, estendere le previsioni contrattuali a casi non previsti mediante l'analogia, contemplata dall'art. 12, comma 2, prel. c.c. per le sole norme di legge (Cass. n. 8630/2021). Pertanto, nell'interpretazione di una clausola negoziale, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell'integrale contesto negoziale, ai sensi dell'art. 1363, sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366, rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione dei contraenti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell'accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi (Cass. n. 34795/2021; Cass. n. 24699/2021). La violazione del principio di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali si configura non soltanto nell'ipotesi della loro omessa disamina, ma anche quando il giudice utilizza esclusivamente frammenti letterali della clausola da interpretare e ne fissa definitivamente il significato sulla base della sola lettura di questi, per poi esaminare ex post le altre clausole, onde ricondurle ad armonia con il senso dato aprioristicamente alla parte letterale, oppure espungerle ove con esso risultino inconciliabili (Cass. n. 2945/2021; Cass. n. 9755/2011). Chi intende dolersi in sede di legittimità di un'erronea interpretazione del contratto da parte del giudice di merito, per violazione del canone di cui all'art. 1363, ha l'onere di compiere una triplice allegazione, dovendo indicare: a) per quale ragione la lettera del contratto non sia sufficiente a comprenderne gli effetti, ma si rende necessaria l'interpretazione sistematica; b) sotto quali profili la volontà delle parti sarebbe stata male interpretata; c) a quali diversi effetti avrebbe condotto l'interpretazione complessiva delle clausole contrattuali (Cass. n. 19982/2011). La definizione di clausolaLa clausola individua ciascuna delle proposizioni di cui da un punto di vista formale può constare o consta un contratto, non richiedendosi alcuna autonomia sostanziale delle singole proposizioni. Il criterio ermeneutico in commento ha più genericamente per oggetto tutti gli atti attraverso i quali si perfeziona l'accordo e le dichiarazioni che rientrano nel contenuto materiale del contratto (Bianca, 402). Nel contenuto materiale del contratto rientrano anche i documenti tecnici allegati, come grafici, disegni, mappe, perizie, atti di frazionamento, nei quali risultano precisati contenuti e modalità delle prestazioni contrattuali (Bianca, 403); vi rientrano anche le premesse quando sono menzionate in una clausola di rinvio (Irti, cit., 426). Anche quando le clausole siano inserite in moduli o formulari il canone ermeneutico di cui all'art. 1363 può trovare applicazione. La lettura interdipendente delle clausole riguarda anche le clausole invalide, in quanto le clausole contrattuali valgono nell'indagine ermeneutica per il loro rilievo di mero fatto, significante un dato contenuto negoziale, e non già per la loro idoneità a produrre effetti giuridici, che può anche mancare (Bianca 403; contra Irti cit. 426). Il criterio interpretativo invece non si estende alle clausole prive di significato negoziale ovvero estranee al regolamento cui accedono nel suo complesso (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 528). Né può essere applicato, in osservanza del principio dispositivo, alle clausole non richiamate in sede giudiziale dalle parti (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 528). Non si estende alle clausole inserite automaticamente nel contenuto del contratto (Irti, cit., 426). L'ordine in cui le clausole sono distribuite nel testo contrattuale non assume rilievo ai fini interpretativi. Secondo la giurisprudenza, l'interpretazione congiunta e dinamica delle clausole l'una per mezzo delle altre si estende anche alle clausole contenute negli ordinamenti interni aziendali disciplinanti i rapporti di lavoro del personale (Cass. n. 6304/1986), alle clausole dei capitolati speciali degli enti pubblici (Cass. n. 6953/2002) e alle clausole aggiunte ad un contratto di assicurazione, contenute nell'appendice di polizza, benché pattuite in momenti diversi (Cass. n. 312/1997; Cass. n. 350/1988). Una clausola contrattuale, anche se non valida e perciò inidonea a produrre effetti giuridici negoziali, può e deve essere utilizzata per la ricostruzione dell'esatto contenuto di altre clausole non affette da nullità (Cass. n. 237/1978). L'interpretazione complessiva delle clausole non può invece operare nel rapporto tra clausole del contratto simulato e clausole dell'accordo simulatorio (Cass. n. 4072/1978). Opera al contrario con riferimento alle clausole del testamento (Cass. n. 413/1946). Il tenore della clausola contenuta in un determinato contratto non si estende ad altri contratti, ancorché collegati al principale cui accede la clausola; tale situazione, peraltro, non corrisponde a quella delle pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario enucleabili nel contesto di un medesimo programma negoziale perché, ove si tratti di atti aggiuntivi finalizzati a meri adeguamenti progettuali, non può sostenersi che la clausola (compromissoria) non si estenda alle controversie così insorte, ove la clausola contempli tutte le controversie originate dal contratto al quale lo stesso atto aggiuntivo funzionalmente accede (Cass. n. 29332/2020). La collocazione delle clausole nel testo contrattuale può avere al più una rilevanza indiziaria, che deve essere apprezzata unitamente alle altre circostanze di fatto e al comportamento delle parti (Cass. n. 3596/1977). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Costanza, Profili dell'interpretazione del contratto secondo buona fede, Milano, 1989; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici inter vivos e mortis causa, in Nss. D.I. Torino, 1965; Messineo, Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Mosco, Principi sull'interpretazione dei negozi giuridici, Napoli 1952; Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943; Rizzo, Interpretazione del contratto e relatività delle sue regole, Napoli, 1985; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Scognamiglio C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992. |