Codice Civile art. 1364 - Espressioni generali.Espressioni generali. [I]. Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare. InquadramentoLa norma detta un criterio di interpretazione restrittiva, il quale consiste nel fatto che le espressioni generali usate dalle parti nel contratto debbano comunque essere riferite esclusivamente a quanto ha costituito oggetto di accordo tra le parti stesse (Carresi, in Tr. C.M., 1987, 528; Bianca, 405; Mosco, 111), ossia alla materia che ha costituito il fulcro della contrattazione. Tale materia deve essere delimitata facendo riferimento all'interesse pratico che il contratto è finalizzato a realizzare. Pertanto, ove le parti transigano una lite e dichiarino conseguentemente di non avere più nulla a pretendere, tale espressione deve intendersi circoscritta al punto controverso, senza incidere su altri eventuali punti estranei alla lite (Bianca, 405). Secondo un autore in dottrina, detto criterio non si applica ai contratti di assunzione del debito altrui ed assume un particolare significato nei contratti gratuiti e con riferimento alla transazione (Casella, 202). Secondo la S.C. la norma si inserisce nel gruppo di articoli che stabiliscono criteri di interpretazione soggettiva (o storica) del contratto, in quanto tende a porre in luce la concreta intenzione comune delle parti (Cass. n. 4000/1974). La norma non vieta di accertare, secondo le comuni regole dell'interpretazione, se nella comune intenzione degli stipulanti l'oggetto del contratto fosse più o meno ampio, indipendentemente dal tenore letterale delle parole usate, e quindi non esclude che l'oggetto stesso, quale effettivamente considerato e voluto dai contraenti, possa comprendere anche rapporti non specificamente menzionati (Cass. n. 250/1986; Cass. n. 2616/1976; Cass. n. 1722/1969; Cass. n. 2218/1967). La disposizione si applica anche agli atti unilaterali (Cass. n. 2059/1962).La descrizione della singola cosa assicurata, contenuta in un'assicurazione contro i danni, non può mai considerarsi un'espressione generale (Cass. n. 25405/2013). Qualora rispetto ad un medesimo rapporto siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l'avere esse dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie in potenza o in atto; con la conseguenza che, se essa concerne soltanto alcuna delle stesse, non si estende, malgrado l'ampiezza dell'usata espressione, a quelle rimaste estranee all'accordo transattivo, il cui oggetto va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto, il cui apprezzamento sfugge al controllo di legittimità se sorretto da congrua e corretta motivazione (Cass. n. 12367/2018; Cass. n. 6351/1981). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Costanza, Profili dell'interpretazione del contratto secondo buona fede, Milano, 1989; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici inter vivos e mortis causa, in Nss. D.I. Torino, 1965; Messineo, Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Mosco, Principi sull'interpretazione dei negozi giuridici, Napoli 1952; Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943; Rizzo, Interpretazione del contratto e relatività delle sue regole, Napoli, 1985; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Scognamiglio C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992. |