Codice Civile art. 1367 - Conservazione del contratto.Conservazione del contratto. [I]. Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno [1424]. InquadramentoLa norma detta il principio interpretativo di conservazione degli effetti utili del contratto o di singole clausole; pertanto, a fronte di significazioni polisense del contratto o della clausola, deve prevalere la lettura che attribuisce al contratto o alla clausola un senso compiuto o utile, ossia che consente la produzione di effetti giuridici, rispetto ad altri significati che escluderebbero l'utilità, ossia la produzione di effetti. Si tratta di un criterio di interpretazione oggettiva, con valenza sussidiaria; pertanto, in ragione della gerarchia o gradualismo che connota i criteri interpretativi, il criterio di conservazione si applicherà solo ove l'interpretazione del contratto o della clausola non abbia avuto soluzione, all'esito dell'utilizzazione dei criteri di interpretazione soggettiva. In base a detto criterio non si può optare per l'interpretazione che dia un effetto alla clausola quando ciò comporti l'invalidità dell'intero contratto (Bianca, 408; contra Carresi, in Tr. C. M. 1987, 530). Ancora la regola di conservazione non può essere utilizzata per attribuire al contratto o alla clausola l'effetto maggiore; pertanto, ove le possibili significazioni del contratto o della clausola siano tutte utili, ossia convergano tutte verso la produzione di effetti giuridici, seppure eterogenei, non potrà applicarsi la regola di conservazione per prediligere la lettura che riconosce un effetto giuridico maggiore, ma dovranno applicarsi gli altri criteri di interpretazione oggettiva; la norma trova applicazione solo ove, a fronte di sensi che escluderebbero qualsiasi effetto giuridico, ve ne siano altri che consentano la produzione di tali effetti (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 530; Costanza, 25; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 282; Casella, 203; Oppo, 15; contra Grassetti, 907). Anche secondo la S.C. il principio di conservazione degli effetti utili del contratto o di una sua clausola ha carattere sussidiario, sicché può e deve trovare applicazione solo quando siano stati utilizzati i criteri letterale, logico e sistematico di indagine e nonostante ciò il senso del contratto o della clausola sia rimasto oscuro o ambiguo (Cass. n. 27564/2011; Cass. n. 7972/2007; Cass. n. 23936/2004; Cass. n. 3769/1983). Secondo la giurisprudenza, il criterio ermeneutico di conservazione va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di qualsiasi effetto utile per una clausola, per legittimarne una qualsivoglia interpretazione pur contraria alle locuzioni impiegate dai contraenti, ma che nei casi dubbi tra possibili interpretazioni deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse e perciò evitando di adottare una soluzione che la renda improduttiva di effetti; ne consegue che la conservazione del contratto, cui esso è rivolto, non può essere autorizzata attraverso un'interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto (Cass. n. 19493/2018; Cass. n. 28357/2011; Cass. n. 19994/2004). La conservazione non comporta solo che il contratto (o le sue singole clausole) venga interpretato nel senso in cui possa avere un qualche effetto (Cass. n. 3275/2016), ma richiede che il contratto non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia potenziale non subisca alcuna limitazione (Cass. n. 8301/1997). La conservazione può orientare l'interpretazione anche in ordine alla verifica della ricorrenza o meno di una clausola di stile ovvero di clausola dal contenuto pleonastico (Cass. n. 19104/2009; Cass. n. 15380/2000; Cass. n. 1402/1989). Il criterio conservativo non impone di attribuire all'atto un significato tale da assicurare la sua più estesa applicazione (Cass. n. 3293/1997; Cass. n. 3041/1958; Cass. n. 1428/1953); ma in senso contrario altro arresto sostiene che la regola conservativa debba essere intesa nel senso che deve preferirsi l'effetto di maggiore e più sicura ampiezza sulle varie ipotesi prospettate come possibili e perciò dubbie (Cass. n. 869/1977). Ove il contratto contenga due clausole che disciplinano in modo diverso, e ciascuno esaustivo, lo stesso fatto, deve essere attribuita prevalenza a quella ritenuta più congrua alla soddisfazione degli interessi di entrambe le parti (Cass. n. 2773/1996). Inoltre il criterio di conservazione non può fare riferimento a dichiarazioni o comportamenti di terzi che siano estranei al negozio da interpretare (Cass. n. 2356/1981), né può applicarsi con riguardo ad un negozio nullo (Cass. n. 4163/1974) o comunque non meritevole di tutela (Cass. n. 2479/1954). Il campo applicativoIl principio di conservazione in sede interpretativa si applica anche al testamento (Grassetti, 902; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 282). Non si applica, invece, ai negozi di diritto familiare e agli atti unilaterali (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 282). Secondo la S.C. il criterio conservativo nell'interpretazione dei contratti è applicabile anche agli atti negoziali unilaterali (Cass. n. 2130/1975) e al testamento (Cass. n. 23278/2013; Cass. n. 4022/2007). Per converso, si esclude l'applicazione per i negozi familiari, come il riconoscimento di figlio naturale (Cass. n. 1308/1949), e per gli atti unilaterali non negoziali come i bilanci societari (Cass. n. 2516/1950). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Costanza, Profili dell'interpretazione del contratto secondo buona fede, Milano, 1989; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici inter vivos e mortis causa, in Nss. D.I. Torino, 1965; Messineo, Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Mosco, Principi sull'interpretazione dei negozi giuridici, Napoli 1952; Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943; Rizzo, Interpretazione del contratto e relatività delle sue regole, Napoli, 1985; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Scognamiglio C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992. |