Codice Civile art. 1371 - Regole finali (1).

Cesare Trapuzzano

Regole finali (1).

[I]. Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo [1362 ss.], il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato [1184, 1286], se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti [1374], se è a titolo oneroso.

(1) L'art. 3 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 287, ha abrogato l'originario comma 2 che recitava: «La comune intenzione delle parti deve essere interpretata nel senso più conforme ai principi dell'ordine corporativo».

Inquadramento

La norma detta le regole finali per l'ipotesi in cui, malgrado l'applicazione di tutti i criteri interpretativi precedenti, sia soggettivi sia oggettivi, il testo contrattuale rimanga oscuro (Grassetti, 906; contra Carresi, in Tr. C. M. 1987, 536). Siffatte regole finali si fondano sul criterio del favor debitoris, ove si tratti dell'interpretazione di un contratto a titolo gratuito, e sul criterio dell'equo contemperamento degli interessi delle parti, ove si tratti dell'interpretazione di un contratto a titolo oneroso. Si ricade in un criterio ermeneutico sussidiario (Bianca, 414; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 534; Grassetti, 906; in senso parzialmente difforme Casella 204). Ove il giudice sia chiamato a decidere secondo equità, il canone dell'interpretazione in base ad equo bilanciamento degli interessi prevale sulle altre regole di interpretazione oggettiva, mentre rimangono comunque prioritarie le regole di interpretazione soggettiva (Bianca, 415). È precluso al giudice introdurre una sua autonoma soluzione mediatrice, che non sia il frutto dell'applicazione delle regole cristallizzate dalla disposizione. Quanto ai rapporti con l'art. 1366, che fa riferimento al canone di buona fede interpretativa, un primo indirizzo ritiene che la distinzione si fondi sulla natura quantitativa del giudizio del favor debitoris o di equo contemperamento ovvero sulla natura qualitativa del giudizio secondo correttezza (Bigliazzi Geri, Note in tema di interpretazione secondo buona fede, Pisa, 1970, 79); in base ad altra opinione la regola finale dell'art. 1371 è destinata a definire un assetto di interessi secondo parametri generali, che non sempre riflettono espressamente il tipo di affare concluso dai contraenti, mentre l'interpretazione secondo lealtà e chiarezza è volta alla determinazione del significato del contratto nella sua particolarità e concretezza (Costanza, 67). Quanto alla distinzione con il criterio ermeneutico rappresentato dalle pratiche generali di cui all'art. 1368, ove il riferimento alle pratiche degli affari nel settore imprenditoriale di cui al comma 2 sia insufficiente, l'applicazione delle regole interpretative finali prevarrebbe sul riferimento alle pratiche del luogo di formazione del contratto di cui al comma 1 (Oppo, 103; Bianca, 413).

Nel senso della natura espressamente supplementare o residuale o sussidiaria della norma è orientata anche la giurisprudenza, con l'effetto che le regole ermeneutiche finali si applicano solo quando residui il dubbio o permanga l'oscurità del testo all'esito dell'applicazione degli altri criteri interpretativi (Cass. n. 26626/2008; Cass. n. 9921/2000; Cass. n. 74/1995; Cass. n. 7641/1994; Cass. n. 265/1975; Cass. n. 883/1968; Cass. n. 2752/1967; Cass. n. 1633/1966; Cass. n. 1444/1966; Cass. n. 798/1966). La S.C. sostiene che, ove neppure per effetto delle regole finali sancite dalla norma sia possibile attribuire un significato al negozio, questo è da considerarsi nullo per mancanza di dichiarazioni intellegibili (Cass. n. 6610/1991).

L'interpretazione dei contratti a titolo gratuito

Il riferimento al senso meno gravoso per l'obbligato, ossia al criterio del favor debitoris, in ordine all'interpretazione dei contratti a titolo gratuito è stato letto come un'espressione del principio equitativo stabilito dalla norma per i contratti a titolo oneroso (Bianca, 414). Infatti il concetto di minore onerosità per l'obbligato implica nella sostanza un contemperamento dell'interesse del creditore ad avere il massimo risultato utile con quello dell'obbligato a subire il minore sacrificio possibile; a fronte di detto bilanciamento, è privilegiata la posizione dell'obbligato, perché il sacrificio economico della prestazione non ha rispondenza in un corrispettivo (Bianca, 414). In base ad altra ricostruzione la soluzione adottata costituisce applicazione del principio di distribuzione dell'onere probatorio (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 535). Per contratti a titolo gratuito, ai fini interpretativi indicati, deve intendersi in senso lato ogni contratto in cui siano carenti elementi di corrispettività e in particolare i contratti con obbligazioni a carico del solo proponente (Perlingieri, Appunti di «teoria dell'interpretazione», Camerino, 1970, 90; Grasso, Appunti sull'interpretazione giuridica, Napoli, 1974, 52). Ma in senso contrario altro autore ritiene che il riferimento debba essere ristretto ai soli contratti caratterizzati dall' animus donandi (Oppo, 73). Il criterio ermeneutico si applica per quanto di ragione anche agli atti mortis causa e ciò nel senso che ogni dubbio sulla portata delle norme testamentarie deve essere risolto a favore dell'erede anziché del legatario (Santoro Passarelli, 234; Oppo, 129; contra Grassetti, 907).

Anche alcuni arresti della giurisprudenza ritengono che la norma riguardi pure gli atti di ultima volontà nel senso della prevalenza dell'erede sul legatario nel caso di dubbio sull'interpretazione del testamento (Cass. n. 3099/2005; Cass. n. 458/1974; Cass. n. 1842/1948). In senso contrario altri arresti hanno affermato che il criterio della minore gravosità per l'obbligato non può trovare applicazione con riguardo all'interpretazione dei testamenti, atteso che non è configurabile alcun conflitto tra i soggetti del rapporto successorio, ossia il defunto da un lato e l'erede e il legatario dall'altro (Cass. n. 4373/2002; Cass. n. 595/1972; Cass. n. 162/1959).

L'interpretazione dei contratti a titolo oneroso

Con riguardo ai contratti a titolo oneroso la regola ermeneutica finale volta a dissolvere il profilo di oscurità del contratto è quella dell'adesione ad una lettura che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti. Gli interessi all'uopo rilevanti sono quelli ricompresi nell'economia del contratto, quale espressione sintetica dei diritti e degli obblighi, dei vantaggi e dei sacrifici, degli oneri e dei rischi che, al di là di quanto sancito nelle singole clausole, la conclusione del contratto ha reso materia di aspettativa dei contraenti (Bessone-Roppo, Equità interpretativa ed «economia» del contratto. Osservazioni sull'art. 1371 del codice civile, in Giur. it. 1974, IV, 248). L'equo contemperamento in sede interpretativa deve avvenire in relazione allo scopo e alla natura dell'affare (Bianca, 414). Il bilanciamento deve tenere conto della proporzione e reciprocità degli interessi coinvolti, escludendo l'applicazione del favor debitoris, criterio al quale l'interprete avrebbe dovuto attenersi in ossequio alle regole in tema di onere della prova, qualora non fosse esistito il principio di cui all'art. 1371 (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 538). Tale regola vale anche per l'ipotesi di collegamento negoziale, ossia consente un equo bilanciamento tra gli interessi che discendono dai contratti collegati i quali configurano un unico procedimento negoziale (Bianca, 414).

Secondo la S.C., il criterio finale dell'equo contemperamento, relativo ai contratti a titolo oneroso, trova applicazione esclusivamente con riferimento alle prestazioni inerenti allo stesso contratto e non anche derivanti da contratti distinti, benché collegati (Cass. n. 1346/1978). Gli interessi rilevanti da bilanciare sono quelli esistenti al tempo della stipulazione del contratto e non al tempo della decisione della controversia (Cass. n. 1891/1979).

Il campo applicativo

È stata esclusa l'applicabilità della norma con riguardo alle transazioni, ai contratti aleatori, nei limiti delle implicazioni e conseguenze che derivano dall'assunzione di un rischio straordinario sulla prestazione, e ai contratti di lavoro subordinato (Casella, 203). Con riferimento alla fideiussione occorre verificare, a fronte del caso concreto, se si tratti di contratto a titolo oneroso o gratuito, derivandone all'esito l'individuazione della regola finale applicabile (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 535).

La S.C. ritiene la norma applicabile ai contratti collettivi di lavoro (Cass. n. 7629/2005; Cass. n. 357/1971).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Casella, Il contratto e l'interpretazione, Milano, 1961; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; Costanza, Profili dell'interpretazione del contratto secondo buona fede, Milano, 1989; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 1, Padova, 1993; Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici inter vivos e mortis causa, in Nss. D.I. Torino, 1965; Messineo, Contratto, in Enc. dir., Milano, 1961; Mosco, Principi sull'interpretazione dei negozi giuridici, Napoli 1952; Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna, 1943; Rizzo, Interpretazione del contratto e relatività delle sue regole, Napoli, 1985; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Scognamiglio C., Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario