Codice Civile art. 1384 - Riduzione della penale.

Cesare Trapuzzano

Riduzione della penale.

[I]. La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento [1174, 1256 2; 163 trans.].

Inquadramento

La penale, a fronte della parziale esecuzione della prestazione ovvero della sua quantificazione palesemente esorbitante, può costituire oggetto di riduzione giudiziale. Secondo una parte della dottrina tale previsione mirerebbe a tutelare il contraente debole contro forme surrettizie di usura e più in generale di sfruttamento dello stato di bisogno ovvero porrebbe rimedio ad eventuali vizi del volere in cui sia incorsa una delle parti e in specie all'errore in cui sia caduta al momento della quantificazione della penale (Zoppini, 244; Magazzù, 195). In base ad altra impostazione la previsione persegue, a fronte dell'inserimento nel contratto di una clausola comunque valida, un'esigenza di giustizia e proporzione in relazione al contenuto di una clausola che fissa una sanzione (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 165; Marini, 140), sicché è diretta a ristabilire l'equilibrio contrattuale e non a salvaguardare il debitore (De Nova, 381). Dalla norma che regola il potere di riduzione della penale si è tratto spunto anche per ritenere che il nostro ordinamento ammette che le parti nell'esercizio della loro autonomia privata possano contemplare delle sanzioni, le quali però soggiacciono al controllo giudiziale, quantomeno con riferimento alla loro misura, allo scopo di assicurare il giusto esercizio del potere punitivo (Zoppini, 254) ovvero la proporzionalità della sanzione (Marini, 140). In senso diverso si è osservato che il potere di riduzione è piuttosto riconducibile all'esigenza di assicurare un controllo contro l'abuso di una parte a danno dell'altra, quando al debitore sia imposto, attraverso la penale, un carico risarcitorio manifestamente superiore al danno prevedibile, così traducendosi la clausola in fatto in uno strumento di pena per il debitore e di indebito arricchimento per il creditore (Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, 232). La disposizione che attribuisce al giudice il potere di ridurre la penale, così incidendo sull'autonomia privata delle parti, ha carattere eccezionale e non è quindi suscettibile di applicazione analogica (De Nova, 381; contra Trimarchi, 1954, 133; Zoppin,i 282). Inoltre, avendo tale disposizione lo scopo di ristabilire l'equilibrio contrattuale, è inderogabile (De Nova, 381; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 254; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 341; Marini, 150); ma in senso contrario altro autore ritiene che la norma non sia cogente ma dispositiva (Magazzù, 195). La rinunzia preventiva è pertanto nulla (Galgano, in Comm. S.B. 1993, 165). La riduzione può avvenire sia per la penale prevista per l'inadempimento sia per la penale prevista per il ritardo. La previsione ha portata generale, sicché si applica a tutti i contratti in cui è inserita una penale, anche quando la penale sia bilaterale (De Nova, 381; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 341). Nei contratti conclusi tra professionisti e consumatori la clausola penale manifestamente eccessiva è abusiva e dunque non produrrà effetti.

La S.C. ammette la riduzione anche nei contratti di transazione (Cass. n. 9504/2010; Cass. n. 1209/1987), nel caso di penale bilaterale (Cass. n. 1574/1978) e anche quando sia parte una pubblica amministrazione con riferimento alle penali previste nei capitolati generali (Cass. S.U., n. 5261/1977). La riduzione può avvenire anche con riferimento al leasing traslativo, qualora sia concordato che, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, il risarcimento del danno a favore del concedente sia determinato anticipatamente, secondo una pattuizione che può comprendere la trattenuta delle rate versate, in quanto espressione dell'autonomia privata (Cass. n. 18195/2007; Cass. n. 9161/2002).

I presupposti per la riduzione

La penale stabilita dalle parti può essere ridotta dal giudice se l'obbligazione principale sia stata eseguita in parte ovvero se il suo ammontare, come originariamente concordato, sia manifestamente eccessivo già al tempo della conclusione del contratto. Deve pertanto trattarsi di manifesta eccessività genetica (De Nova, 382; Zoppini, 244). I presupposti contemplati sono alternativi (De Nova, 382), sebbene abbiano un fondamento comune (Marini, 138; Magazzù, 195) e conducano ai medesimi effetti (Trimarchi, 1954, 133; Zoppini, 244); ciò giustifica la loro disciplina unitaria (Mazzarese, 184; Trimarchi, 1954, 133). In realtà in entrambi i casi la riduzione deve essere ricondotta all'eccessività della penale, poiché l'esecuzione parziale della prestazione non è condizione sufficiente per l'automatica riduzione della penale contemplata per il caso di integrale inadempimento; piuttosto, all'esito di tale esecuzione parziale, dovrà essere valutato se la misura della penale originariamente prevista appaia o meno eccessiva (Magazzù, 195). Un autore in dottrina ritiene che la penale possa essere disposta anche in presenza di un ulteriore presupposto, oltre a quelli specificamente regolati dalla norma, ossia nell'ipotesi di concorso del fatto colposo del creditore nell'inadempimento (Bianca, cit., 233; contra Marini, 160). La norma impone che il giudice, nel valutare se la penale debba o meno essere ridotta, abbia riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento, tenendo conto della posizione reciproca in cui versano le parti, individuata al momento in cui il rapporto obbligatorio è sorto; è invece escluso che il relativo apprezzamento possa basarsi sul raffronto tra l'ammontare della penale e il pregiudizio realmente subito da chi la pretende (De Nova, 382; Magazzù, 195). Quando la pena divenga eccessiva per fattori sopravvenuti alla stipulazione del contratto, la riduzione di cui all'art. 1384non è applicabile (De Nova, 382; contra Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 342) Secondo un autore nel caso di eccessiva onerosità sopravvenuta per cause straordinarie e imprevedibili sarebbero applicabili i rimedi di cui agli artt. 1467 e 1468 in base al fatto che si tratti di contratti a prestazioni corrispettive o con obbligazioni di una sola parte (Magazzù, 196; contra De Nova, 382; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 342). In base ad altra tesi l'eccessiva onerosità sopravvenuta è rilevante ai fini della riduzione della penale per la stessa esigenza di giustizia che sta a fondamento della riducibilità per la manifesta eccessività genetica (Marini, 138; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 342; Bianca, cit., 233).

Alla clausola penale manifestamente eccessiva può essere assimilata la clausola con cui si determina convenzionalmente la misura degli interessi moratori con funzione liquidativa del risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie (Cass. n. 23273/2010). Secondo la S.C. non si deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola — come sembra indicare l'art. 1384, riferendosi all'interesse che il creditore aveva all'adempimento — ma tale interesse deve essere valutato anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli art. 2 Cost. e artt. 1175 e 1375, conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere quindi che la lettera dell'art. 1384, impiegando il verbo “avere” all'imperfetto, si riferisca soltanto all'identificazione dell'interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto ((Cass. n. 11908/2020; Cass. n. 21994/2012). Il criterio che il giudice deve utilizzare per valutare l'eccessività della penale ha natura oggettiva, dovendosi tener conto non della situazione economica del debitore e del riflesso che la penale possa avere sul suo patrimonio, ma solo dello squilibrio tra le posizioni delle parti, avendo il riferimento all'interesse del creditore la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale valutare se la penale sia, o meno, manifestamente eccessiva, e dovendo la difficoltà del debitore riguardare l'esecuzione stessa della prestazione risarcitoria (ove ad esempio venga a mancare una proporzione tra danno, costo ed utilità), senza che occorrano ragioni di pubblico interesse che ne giustifichino l'ammontare (Cass. n. 7180/2012; Cass. n. 10626/2007; Cass. n. 6158/2007; Cass. n. 7835/2006). La giurisprudenza nega che alla clausola penale che divenga eccessiva per cause sopravvenute siano applicabili i rimedi stabiliti per l'eccessiva onerosità, attesa la sua natura accessoria ad un contratto (Cass. n. 3120/1985; Cass. n. 4141/1983; Cass. n. 725/1951); un arresto ritiene invece che il rimedio della riduzione equitativa di cui all'art. 1384 possa essere esercitato anche quando la penale divenga eccessivamente onerosa per cause sopravvenute (Cass. n. 5691/2002). Per la S.C. l'art. 1227 è inapplicabile in tema di clausola penale, con la conseguenza che quest'ultima non può essere ridotta in ragione del concorso del fatto colposo del creditore (Cass. n. 13023/1995; Cass. n. 5977/1992; Cass. n. 2749/1980).

La rilevabilità d'ufficio

In dottrina si contrappongono due orientamenti in ordine alla possibilità del giudice di rilevare d'ufficio i presupposti per la riduzione della penale, rappresentati dall'esecuzione in parte della prestazione e dalla sua manifesta eccessività: secondo un primo indirizzo tale riduzione postula la specifica istanza di parte, in quanto la riduzione è volta a tutelare il debitore che deve corrisponderla e deve uniformarsi al suo interesse, sicché un eventuale rilievo d'ufficio violerebbe il principio dispositivo (De Nova, 382; Galgano, in Comm. S.B. 1993, 164; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 254; Magazzù, 195); in ragione di altra opinione, qualora la clausola penale sia manifestamente eccessiva, viene turbato l'intero equilibrio del regolamento negoziale e l'autonomia negoziale ad esso sottesa, a cui il giudice può porre rimedio d'ufficio attraverso un intervento equitativo diretto a ristabilire detto equilibrio, in applicazione dei principi generali dell'ordinamento di solidarietà e buona fede che trascendono gli interessi particolari delle parti (Marini, 152); altro autore, ai fini di giustificare la rilevabilità d'ufficio, pone l'accento sul fatto che la norma non fa menzione della richiesta di parte e che la pretesa del creditore nella misura in cui essa non sia qualificata dalla funzione risarcitoria della clausola è priva di causa (Bianca, cit., 234). La riduzione della penale non integra un diritto del debitore ma è rimessa piuttosto all'equa valutazione del giudice.

La S.C., risolvendo un contrasto tra sezioni semplici, ha ritenuto che il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio per ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva sia con riferimento all'ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l'obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché in quest'ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell'obbligazione si traduce comunque in un'eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta (Cass. n. 25334/2017Cass. S.U., n. 18128/2005). Tuttavia il potere di riduzione può essere esercitato solo se la parte obbligata al pagamento abbia correttamente allegato e provato i fatti dai quali risulti l'eccessività della penale stessa (Cass. n. 34021/2019; Cass. n. 22747/2013; Cass. n. 23273/2010; Cass. n. 8071/2008; Cass. n. 24166/2006). La riduzione può avvenire anche quando le parti l'abbiano esclusa negozialmente (Cass. n. 33159/2019; Cass. n. 8768/2013; Cass. n. 24458/2007; Cass. n. 21066/2006). In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l'importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell'interesse del creditore all'adempimento alla data di stipulazione del contratto, tenendo conto dell'effettiva incidenza dell'adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una rigida ed esclusiva correlazione con l'effettiva entità del danno subito (Cass. n. 17731/2015). La relativa domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello (Cass. n. 19320/2018; Cass. n. 21297/2011; Cass. n. 23273/2010); inoltre la richiesta di riduzione può essere proposta anche in via di eccezione (Cass. n. 24458/2007; Cass. n. 11710/2002). Il potere del giudice di riduzione della penale non può essere esercitato per la caparra confirmatoria (Cass. n. 17715/2020; Cass. n. 14776/2014; Cass. n. 15391/2000).

L'irrisorietà della penale

Ove le parti stabiliscano una penale di entità irrisoria, senza convenire la possibilità del risarcimento del danno ulteriore, la clausola può essere ritenuta nulla per violazione dell'art. 1229, sempre che si riscontri un sostanziale patto di esonero da responsabilità per l'inadempimento, riconducibile a dolo o colpa grave (De Nova, 378; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 336; Trimarchi, 1954, 129; contra Marini, 119).

Secondo la S.C. la penale irrisoria può dar luogo a nullità della clausola per la previsione di un sostanziale esonero di responsabilità ai sensi dell'art. 1229. Tuttavia, al fine di accertare se una penale pattuita per l'ipotesi di inadempimento (o ritardo) della controparte abbia consistenza irrisoria, tanto da risolversi, in concreto, nell'esclusione o limitazione della responsabilità per i danni da inadempimento, e nella conseguente violazione del divieto posto dall'art. 1229, l'intento elusivo non può essere desunto dal raffronto tra la misura della penale e l'entità del danno poi in concreto verificatosi, ma (dovendosi ricostruire in parte qua la volontà dei contraenti con riguardo al suo momento genetico) tra la misura della penale e l'entità presumibile dell'eventuale, futuro danno da risarcire, ricostruibile secondo una prognosi ex post (Cass. n. 18338/2018; Cass. n. 7061/1997; Cass. n. 12013/1993; Cass. n. 6716/1992). Questa conclusione non vale per la penale pattuita per il ritardo, restando in tal caso impregiudicato, ove l'inadempimento divenga definitivo, il diritto del creditore al risarcimento del danno ulteriore e diverso da quello convenzionalmente coperto dalla penale ovvero il diritto a chiedere la risoluzione del contratto (Cass. n. 6298/1996).

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