Codice Civile art. 1391 - Stati soggettivi rilevanti.

Cesare Trapuzzano

Stati soggettivi rilevanti.

[I]. Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d'ignoranza di determinate circostanze, si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato.

[II]. In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d'ignoranza o di buona fede del rappresentante.

Inquadramento

Nei casi in cui rilevano lo stato di buona o mala fede, di scienza o di ignoranza di determinate circostanze, se il rappresentato è in mala fede o sa, non può giovarsi dello stato di eventuale buna fede o d'ignoranza in cui versa il rappresentante. Se al contrario il rappresentato è in stato di buona fede o ignora, la mala fede o la scienza del rappresentante è a lui riferibile, sicché il rappresentato può giovarsi dello stato di buona fede o d'ignoranza in cui versa il rappresentante (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 569; Bianca, 94). Ciò sempre che non si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato, poiché in questa evenienza rileva lo stato di buona fede o d'ignoranza del rappresentato stesso (D'Amico, 7; De Nova, in Tr. Res. 1988, 411). La predeterminazione di tali elementi deve risultare in modo evidente e riconoscibile dal terzo (Natoli, 1987, 479). Affinché possa essere eccepito lo stato di mala fede o conoscenza del rappresentato, è sufficiente anche che tale stato sia intervenuto in un momento successivo al conferimento del potere rappresentativo, purché tale che l'attività del rappresentante si potesse arrestare tempestivamente (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 371). Un autore dubita che il rappresentato, indipendentemente dal proprio stato di buona o mala fede, possa valersi della buona fede del rappresentante nei casi in cui l'errore non si sarebbe verificato qualora avesse compiuto l'atto personalmente, come può accadere nel caso in cui il rappresentante paghi in buona fede in favore del creditore apparente (Bianca, 95).

Il campo applicativo

La dottrina ritiene che l'articolo possa trovare applicazione anche nel caso di rappresentanza organica degli enti, ma che non occorre fare necessariamente riferimento allo stato soggettivo della persona che compie l'atto, poiché la predeterminazione dell'atto da parte del rappresentato può aversi anche con riguardo agli enti collettivi, quando l'atto sia deliberato da un organo interno (Bianca, 94). L'art. 1391 è applicabile anche in caso di rappresentanza legale nei limiti in cui non si evidenzino fondamentali differenze (Santoro Passarelli, 288).

Secondo la S.C. l'art. 1391 è applicabile anche ai negozi conclusi da persona giuridica mediante rappresentante, in tal caso dovendosi avere riguardo allo stato soggettivo della persona fisica che ha compiuto l'atto o ha concorso a compierlo, ivi compresi gli ausiliari subordinati (commessi), cui sono affidate mansioni esecutive che li pongono a contatto con i terzi, ove abbiano un (limitato) potere di rappresentanza, pure in mancanza di specifico atto di conferimento (Cass. n. 8553/2003), in ragione del rapporto di immedesimazione organica con l'ente (Cass. n. 20120/2016; Cass. n. 8735/2009; Cass. n. 15265/2006; Cass. n. 2748/2005; Cass. n. 7467/1986; Cass. S.U., n. 1169/1973), salvo che si versi ancora nella fase costitutiva della società, in cui la stessa ancora non abbia acquisito la soggettività giuridica, ipotesi in cui lo stato soggettivo dovrà essere ponderato rispetto ai soci (Cass. n. 23891/2013). In particolare il riferimento allo stato soggettivo di chi compie l'atto è stato considerato per la scientia damni nell'azione revocatoria ordinaria. Sul punto alcuni arresti di legittimità ritengono che lo stato di mala fede o di conoscenza dell'ente collettivo, rilevante ai sensi dell'art. 1391, comma 2, possa anche essere desunto dal trasferimento di conoscenze acquisite da suoi incaricati, benché privi del potere di rappresentanza, purché tale trasmissione di conoscenze sia concretamente provata, pure mediante presunzioni (Cass. n. 25011/2008; Cass. n. 3962/1999; Cass. n. 2815/1999). Infine per ritenere la simulazione dell'atto non è sufficiente la prova di un'eventuale collusione tra rappresentante e terzo, essendo necessaria anche la prova dell'esistenza di un accordo simulatorio, cui non sia rimasto estraneo il rappresentato, e quindi che il potere di rappresentanza è stato conferito soltanto perché il rappresentante ponga in essere con l'altra parte un contratto simulato (Cass. n. 8530/2001).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Procura (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1987; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; D'Amico, voce Rappresentanza, in Enc. giur., Roma, 1991; D'Avanzo, voce Rappresentanza, in Nss. D.I., Torino, 1967; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato, Napoli, 1961; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Natoli, voce Rappresentanza, in Enc. dir., Milano, 1987; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Trabucchi, La rappresentanza, in Riv. dir. civ., Padova, 1978.

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