Codice Civile art. 1394 - Conflitto d'interessi.

Cesare Trapuzzano

Conflitto d'interessi.

[I]. Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi col rappresentato può essere annullato [1441 ss.] su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

Inquadramento

La norma attribuisce rilevanza all'ipotesi in cui si verifichi una situazione di inconciliabilità tra gli interessi perseguiti dal rappresentante e quelli propri del rappresentato, allo scopo di farne derivare una causa di invalidità del contratto concluso dal rappresentante con il terzo, quando ne ricorrano i relativi presupposti. In questa dimensione la norma costituisce un'eccezione al generale principio di non influenza del profilo obbligatorio attinente al rapporto interno rappresentante-rappresentato sull'efficacia della legittimazione attribuita al primo. Il conflitto d'interessi tra rappresentante e rappresentato, ossia l'abuso di rappresentanza, è la preminente ragione di invalidità del contratto rappresentativo. Esso si realizza quando il rappresentante, nel concludere il contratto, anziché tendere alla tutela dell'interesse del rappresentato, persegue un interesse proprio o altrui, incompatibile con quello del rappresentato. In tal caso il contratto rappresentativo è annullabile, a condizione che il conflitto sia conosciuto o conoscibile dal terzo contraente (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 570; De Nova, in Tr. Res. 1988, 411; Bianca, 98). Tale invalidità costituisce la conseguenza logica dell'essenza del fenomeno rappresentativo, inteso come l'agire non solo nel nome ma anche nell'interesse esclusivo del rappresentato (Pugliatti, 100). Qualora, nonostante il conflitto di interessi, il contratto non sia annullabile, poiché tale conflitto non era conosciuto o conoscibile dal terzo, il rappresentante sarà comunque tenuto al risarcimento dei danni eventualmente subiti in favore del rappresentato (D'Amico, 11).

Il conflitto di interessi

L'incompatibilità o inconciliabilità tra gli interessi del rappresentato e del rappresentante deve tradursi in un contrasto attuale, tale da pregiudicare l'interesse del rappresentato, anche se il danno può essere solo potenziale (Mosco, 327; De Nova, in Tr. Res. 1988, 411). Questa fattispecie realizza un abuso di potere o uno sviamento nell'esercizio delle facoltà spettanti al rappresentante, poiché quest'ultimo, pur nei limiti formali del potere conferito, esercita nella sostanza e in concreto tale potere non già nell'interesse del rappresentato ma nell'interesse proprio o altrui (Santoro Passarelli, 289; Carresi, In tema di difetto e di abuso di rappresentanza, in Riv. dir. civ. 1951, I, 209), sebbene l'abuso perpetrato non sia in sé causa di annullamento del contratto, ma richieda comunque una valutazione del contegno del terzo (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 570). Il conflitto non rileva, in analogia con la disposizione dell'art. 1395, qualora il rappresentato abbia espressamente autorizzato la conclusione del contratto alle condizioni ivi stabilite ovvero ne abbia specificamente preordinato le condizioni (De Nova, in Tr. Res. 1988, 412). Il conflitto è escluso, non già quando il rappresentato abbia fissato il prezzo di vendita o di acquisto dei beni, poiché anche in tale ipotesi il rappresentante deve perseguire l'occasione più favorevole e vantaggiosa per il rappresentato (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 571), bensì quando si tratti di rappresentanza per l'alienazione di beni che il rappresentato vende usualmente a condizioni standard ovvero che hanno un prezzo fissato d'imperio (Bianca, 100).

Il conflitto di interessi richiede l'accertamento dell'esistenza di un rapporto d'incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma in concreto con riferimento al singolo atto o negozio che per le sue intrinseche caratteristiche consenta la creazione dell'utile di un soggetto mediante il sacrificio dell'altro (Cass. n. 8907/2024; Cass. n. 38537/2021 ; Cass. n. 271/2017; Cass. n. 14481/2008; Cass. n. 19045/2005; Cass. n. 18792/2005). Pertanto è necessario che il rappresentante persegua interessi propri suoi personali (od anche di terzi) inconciliabili con quelli del rappresentato, così che all'utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante per sé medesimo o per il terzo segua o possa seguire il danno del rappresentato (Cass. n. 1498/1994; Cass. n. 813/1992). Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile dall'altro contraente al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative dell'iniziale convergenza d'interessi (Cass. n. 2529/2017; Cass. n. 23300/2007; Cass. n. 3385/2004). Gli interessi che assumono rilievo possono essere sia di natura economica sia di natura morale (Cass. n. 3517/1955). Non ha rilevanza di per sé che l'atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato né è necessario provare di aver subito un concreto pregiudizio, sicché è sufficiente anche un danno potenziale (Cass. n. 15981/2007; Cass. n. 16708/2002; Cass. n. 13708/1999; Cass. n. 3836/1985), nonostante l'esecuzione del contratto (Cass. n. 614/1979). L'interesse può anche consistere in un profitto indiretto del rappresentante (Cass. n. 1310/1975). La predeterminazione del contenuto del contratto e la specifica autorizzazione del rappresentato, richiesti per la validità del contratto concluso con se stesso, non escludono di per sé il conflitto in ordine al contratto concluso dal rappresentante con un terzo (Cass. n. 11439/2022 ; Cass. n. 2529/2017). La S.C. ha invece escluso l'esistenza di un conflitto di interessi qualora essi siano concorrenti o meramente convergenti (Cass. n. 4505/2000; Cass. n. 480/1966; Cass. n. 1125/1959), così come non integra il conflitto l'uso malaccorto che il rappresentante faccia del potere conferitogli, concludendo negozi di scarsa o nulla utilità (Cass. n. 8879/2000; Cass. n. 3630/1996; Cass. n. 1498/1994; Cass. n. 3430/1950). Il conflitto di interessi non può essere realizzato quando l'operazione negoziale non si presti ad una valutazione discrezionale sulla misura dei prezzi, come accade in materia di operazioni sui titoli quotati, in cui non può esservi divergenza tra il prezzo pattuito e il prezzo di mercato (Cass. n. 606/1981; Cass. n. 4280/1980; Cass. n. 5308/1980).

La conoscenza o conoscibilità

L'esistenza di una situazione di conflitto di interessi non è condizione sufficiente per l'annullamento del contratto, poiché la norma richiede che esso fosse conosciuto o conoscibile dal terzo che ha contrattato con il rappresentante. La riconoscibilità del conflitto deve essere valutata alla stregua del parametro dell'ordinaria diligenza, in rapporto alle circostanze del caso concreto. Qualora vi sia collusione tra terzo e rappresentante, l'intesa fraudolenta ricade tra gli atti illeciti ai sensi dell'art. 2043, di cui rispondono entrambi (D'Avanzo, 824; contra Mosco, 345; Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 380).

La conoscenza o conoscibilità da parte del terzo del conflitto può essere tratta da elementi indiziari, quali il divario fra il valore di mercato del bene venduto dal rappresentante e il prezzo pagato dall'acquirente e la comunanza di interessi fra rappresentante e terzo. Né l'autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante può ritenersi idonea ad escludere a priori il conflitto di interessi e quindi l'annullamento del contratto, se non sia accompagnata da una sufficiente determinazione degli elementi negoziali (Cass. n. 7698/1996). È stato considerato indizio sufficiente della conoscibilità del conflitto di interessi, nella prospettiva della comunanza degli interessi e del proposito di favorire il terzo, il fatto che il terzo conviva con il rappresentante, specie quando tra essi ricorra altresì un rapporto di parentela o di coniugio (Cass. n. 6755/2003; Cass. n. 813/1992; Cass. n. 245/1957).

L'azione di annullamento

L'azione di annullamento può essere proposta dal solo rappresentato; è fatto divieto del rilievo d'ufficio del conflitto (De Nova, in Tr. Res. 1988, 412). Il termine di prescrizione è quello quinquennale. Vi è un contrasto in dottrina sull'individuazione della decorrenza di tale termine: secondo un primo orientamento esso decorre dalla data di stipulazione del contratto (De Nova, in Tr. Res. 1988, 412); secondo altro indirizzo il termine decorre dal momento in cui il rappresentato ha avuto conoscenza della causa di annullabilità (Mosco, 346; D'Avanzo, 825). La responsabilità del rappresentante, la quale può sostanziarsi nella proposizione di un'azione risarcitoria proposta in aggiunta alla domanda di annullamento, salvo il caso di collusione con il terzo, ha natura contrattuale, poiché deriva dalla violazione dell'obbligo legale di non utilizzare la procura in contrasto con l'interesse del rappresentato e potendo discendere inoltre dall'inadempimento del rapporto di gestione, alle cui norme potrà aversi riguardo (Bianca, 101).

Anche secondo la S.C. la legittimazione a far valere il conflitto nel giudizio di merito con l'azione di annullamento spetta al solo rappresentato e il conflitto non può essere rilevato d'ufficio (Cass. n. 11741/1991). Il rappresentante è carente di legittimazione passiva ad processum e quindi (tranne il caso in cui il rappresentato agisca per il risarcimento dei danni nei confronti del procurator che abbia abusato dei suoi poteri rappresentativi) è privo dell'interesse a contraddire la domanda volta ad ottenere la caducazione degli effetti del contratto tra rappresentato e terzo (Cass. n. 13571/2002). L'accertamento può essere richiesto dal rappresentato anche in via di eccezione, quand'anche l'azione di annullamento si sia prescritta, in base al principio temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum (Cass. n. 6542/1987; Cass. n. 892/1968). La prova della riconoscibilità del conflitto da parte del terzo spetta al rappresentato (Cass. n. 1771/1976). Secondo la giurisprudenza ritiene che il termine quinquennale di prescrizione decorre dalla stipulazione del contratto (Cass. n. 3514/1999; Cass. n. 896/1970).

L'ambito applicativo

La norma è stata ritenuta applicabile anche al conflitto di interessi che può determinarsi tra società e amministratori in ordine agli atti negoziali compiuti da questi ultimi in rappresentanza della società, ma per tornaconto personale e con pregiudizio del patrimonio sociale, purché non ricorra separazione tra potere deliberativo e potere rappresentativo (Cass. n. 27783/2008; Cass. n. 4505/2000; Cass. n. 12081/1992; Cass. n. 10749/1992). Non vi è separazione per definizione quando non vi è un consiglio di amministrazione ma un amministratore unico. Tuttavia anche quando esiste un organo collegiale di amministrazione, vi è spazio per l'applicazione della norma in commento: nella fattispecie prevista dall'art. 1394 il conflitto di interessi si manifesta al momento dell'esercizio del potere rappresentativo, mentre nel caso previsto dagli artt. 2373e 2391 il conflitto di interessi (rispettivamente in sede di assemblea e di consiglio di amministrazione) si manifesta al momento dell'esercizio del potere deliberativo (Cass. n. 23089/2013; Cass. n. 3501/2013; Cass. n. 1525/2006). Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un'altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l'esistenza di un conflitto d'interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell'annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori rispettivamente la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore (Cass. n. 29475/2017; Cass. n. 27547/2014; Cass. n. 25361/2008). La norma è stata applicata anche in tema di avallo di effetti cambiari (Cass. 159/1958).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Procura (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1987; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; D'Amico, voce Rappresentanza, in Enc. giur., Roma, 1991; D'Avanzo, voce Rappresentanza, in Nss. D.I., Torino, 1967; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato, Napoli, 1961; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Natoli, voce Rappresentanza, in Enc. dir., Milano, 1987; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Trabucchi, La rappresentanza, in Riv. dir. civ., Padova, 1978.

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