Codice Civile art. 1428 - Rilevanza dell'errore.InquadramentoL'errore si identifica con la falsa rappresentazione della parte in ordine alla realtà o più tecnicamente in ordine al contratto o ai suoi presupposti (Bianca, 606). In specie l'errore che cade sugli elementi del contratto determina la divergenza tra il significato oggettivo dell'atto e il significato a esso attribuito dalla parte per ignoranza della realtà materiale o del senso delle parole usate, per inesatta trasmissione della dichiarazione e così via (Bianca, 608). L'errore può essere di fatto, quando cade sugli elementi contrattuali o su circostanze esterne, o di diritto, quando cade su norme giuridiche (Bianca, 606). Un autore ha posto in dubbio che la verità o falsità della rappresentazione possano dipendere dal confronto con la realtà e ciò sia perché l'oggetto non potrebbe prendersi in considerazione al di fuori di una rappresentazione umana sia perché in certi casi dovrebbe addirittura prescindersi dall'oggetto, che non esiste (Barcellona, 248). Requisiti necessari affinché l'errore sia rilevante ai fini dell'annullamento sono l'essenzialità e la riconoscibilità. Si ritiene però che nei negozi di attuazione, la cui realizzazione difetta di un momento comunicativo, la conoscibilità non è richiesta per la rilevanza del vizio (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 549). È invece richiesta nei negozi che si perfezionano attraverso contegni concludenti, che comunque producono effetti in quanto percepibili all'esterno. Rientra nella disciplina dell'errore anche il dissenso occulto, che si determina quando una parte, attribuendo un erroneo significato alla manifestazione di volontà della controparte, vi aderisce (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 106). Affinché l'errore possa rilevare deve cadere su circostanze presenti e non future e meramente ipotetiche, le quali possono costituire solo oggetto di previsione e non di errore; in questa prospettiva l'errore su circostanze future attiene ai motivi che inducono un soggetto a contrarre, sicché resta estraneo allo schema negoziale (App. Milano 2 ottobre 1984). L'errore vizio e l'errore ostativoL'errore si distingue in errore motivo o errore vizio, che riguarda il processo formativo della volontà ed incide sulla motivazione che a tale volontà ha condotto, e in errore ostativo, che concerne il fatto materiale della dichiarazione ovvero della sua trasmissione. Nel caso di errore ostativo la volontà della parte si è formata correttamente, sicché qualora sia integrato esso non si traduce in una falsa rappresentazione della realtà. Nondimeno l'errore riferito all'uso scorretto dei mezzi espressivi (lapsus, errore del nuncius) ricade comunque nella disciplina dell'errore rilevante per l'annullamento del contratto, in ragione dell'estensione operata dall'art. 1433. Anche la S.C. conferma la differenza tra errore vizio, che incide sulla formazione della volontà, ed errore ostativo, che determina una divergenza tra volontà e dichiarazione (Cass. n. 1547/1967). L'errore sul motivoIn termini generali non ha rilevanza l'errore sulla motivazione, salvo che la legge disponga altrimenti. E ciò perché normalmente non hanno rilievo le finalità e i presupposti che inducono il soggetto a stipulare il contratto se non entrano nel contenuto contrattuale (Bianca, 615). Un'eccezione normativamente prevista è quella dell'art. 787, che ammette l'annullabilità della donazione per errore, di fatto o di diritto, sul motivo, quando esso risulti dall'atto e sia il solo che abbia determinato il donante a compiere la liberalità. In questo caso il motivo influisce sullo spirito di liberalità che connota la causa del negozio. E così dicasi in tema di testamento ai sensi dell'art. 624. Un caso particolare di errore sulla motivazione reputato rilevante si riscontra qualora l'errore sul motivo ricada sulle qualità della prestazione, ossia su quegli attribuiti che ne esprimono la funzione, l'utilità e il pregio, ma che non rientrano nel contenuto del contratto in quanto non dovute; in questa ipotesi l'errore può assumere rilevanza quando tale qualità abbia costituito la ragione determinante del consenso (Bianca, 616). Si ritiene che ugualmente l'errore sul motivo sia rilevante quando riguardi la persona dell'altro contraente nei contratti fondati sull'intuitus personae. La scusabilità dell'erroreL'ordinamento giuridico non prevede, come ulteriore requisito dell'errore rilevante ai fini dell'annullamento del contratto, che esso sia scusabile. Da ciò discende che la presunzione di conoscenza delle norme giuridiche non esclude la rilevanza dell'errore dipendente da ignoranza o falsa conoscenza di una norma, né tale presunzione vale di per sé ad escludere a priori la riconoscibilità di un errore siffatto (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 283). In altri termini l'errore è rilevante anche se inescusabile, purché sia obiettivamente percepibile a protezione dell'affidamento incolpevole altrui (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984,546). Anche la S.C. esclude che la scusabilità dell'errore che abbia viziato la volontà di uno dei contraenti al momento della conclusione del contratto sia rilevante ai fini dell'azione di annullamento, dovendosi avere riguardo alla riconoscibilità dell'errore da parte dell'altro contraente (Cass. n. 5429/2006; Cass. n. 985/1998; Cass. n. 2684/1963). Così l'ignoranza da parte di uno o dell'altro dei contraenti dell'inclusione del bene oggetto del contratto fra i fondi edificabili, in forza di strumento urbanistico già deliberato dai competenti organi comunali ma non ancora approvato, può costituire ragione di annullamento del contratto (Cass. n. 17216/2011; Cass. n. 11927/2000; Cass. S.U., n. 5900/1997; Cass. n. 3892/1985, in Giust. civ., 1986, 3, I, 838, con nota di Costanza). L'errore nei negozi unilateraliLa disciplina dell'errore come vizio del consenso si applica anche agli atti negoziali unilaterali inter vivos con contenuto patrimoniale nei limiti della compatibilità ex art. 1324 (Pietrobon, 7). A questi fini è necessario che l'atto unilaterale si rivolga ad un destinatario determinato (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 105). Anche la giurisprudenza sostiene che gli atti unilaterali recettizi, ai sensi dell'art. 1324, soggiacciono alle norme in tema di annullabilità per vizi della volontà dei contratti e in specie per errore; fra essi le dimissioni presentate da un dipendente (Cass. n. 20887/2007; Cass. n. 7629/1996), le manifestazioni di volontà del contribuente contenute nelle denunce dei redditi, con cui si chiede la concessione di un beneficio fiscale (Cass. n. 20208/2015; Cass. n. 18180/2015; Cass. n. 1427/2013), le dichiarazioni annuali ai fini Iva, con le quali il contribuente opti per il regime semplificato di contabilizzazione delle operazioni esenti (Cass. n. 9310/1997). La S.C. ha affermato che nel caso di errore sulla dichiarazione nell'atto negoziale unilaterale ricettizio, sebbene la legge non preveda la possibilità di rettifica — con effetti ex tunc — quale rimedio di cui possa avvalersi il dichiarante, esso è ammissibile, in base al principio generale della buona fede, qualora l'errore sia stato riconosciuto (ovvero era facilmente riconoscibile) dal destinatario. Con la conseguenza che, prevalendo sul significato oggettivo della dichiarazione quello effettivamente voluto dal dichiarante e noto (o da reputarsi tale) al destinatario, la dichiarazione va valutata con efficacia ex tunc, dando prevalenza al contenuto effettivo, piuttosto che a quello erroneamente espresso (Cass. n. 2347/1981). 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