Codice Civile art. 1431 - Errore riconoscibile.

Cesare Trapuzzano

Errore riconoscibile.

[I]. L'errore si considera riconoscibile quando in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza [1176 1] avrebbe potuto rilevarlo.

Inquadramento

La riconoscibilità dell'errore costituisce l'ulteriore requisito necessario affinché l'errore sia rilevante ai fini dell'annullabilità del contratto. Infatti un errore può essere essenziale ma non riconoscibile e viceversa; in entrambi i casi non sarà rilevante. E ciò non solo quando si tratti di errore vizio ma anche quando si tratti di errore ostativo. Siffatto requisito è previsto a tutela dell'affidamento incolpevole della controparte, sicché si sostanzia nella rilevabilità dell'errore a cura di una persona di ordinaria diligenza, avuto riguardo al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti (Santoro Passarelli, 162; Pietrobon, 5). La subordinazione della rilevanza dell'errore alla riconoscibilità è stata ricondotta ad un'esigenza di non creare intralci al mercato e un clima di incertezza nelle operazioni giuridiche, che spesso scoraggerebbe iniziative utili (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 667). Alla medesima conclusione si deve pervenire quando l'errore, sebbene non riconoscibile secondo l'ordinaria diligenza, sia di fatto riconosciuto dalla controparte, poiché in tal caso vengono meno le esigenze di protezione dell'affidamento incolpevole poste dalla disciplina sull'errore a fondamento della subordinazione della rilevanza dell'errore al concorrente requisito della riconoscibilità.

Il principio di rilevanza dell'errore in base alla sua riconoscibilità, benché espressamente dettato in riferimento all'annullamento del contratto per vizi del consenso, esprime un principio generale dell'ordinamento in materia di idoneità invalidante dell'errore (Cass. n. 15729/2011). Esso opera a tutela della buona fede dell'altro contraente, per modo che l'indagine sulla ricorrenza di detto requisito si risolve in un'indagine sulla buona fede dell'altro contraente (Cass. n. 980/1991). 

L'amministrazione comunale, nel richiedere il contributo per il rilascio del permesso di costruire, che non ha natura autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, ma si deve escludere l'applicabilità dell'art. 1431 a questa fattispecie, in quanto l'errore nella liquidazione del contributo non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, in quanto o riguarda l'applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica (Cons. St., Ad. Pl., n. 12/2018).

L'errore riconoscibile

Si è sostenuto che l'errore essenziale è anche riconoscibile solo qualora la dichiarazione contrattuale sia neutralizzata da un analogo indice esteriore di segno contrario (Barcellona, 195). Ma per una critica serrata di tale lettura, tacciata di dichiarazionismo, si è espressa altra dottrina (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 155). La valutazione circa la riconoscibilità dell'errore, avendo come parametro la persona di normale diligenza, ossia di normale avvedutezza, deve avvenire alla luce del contenuto e delle circostanze del contratto nonché della qualità dei contraenti. Per contenuto si intende l'insieme economico-giuridico dell'operazione compiuta dalle parti e non il contenuto della sola dichiarazione della parte (Pietrobon, 5). Secondo altra tesi l'espressione “contenuto” farebbe riferimento al contesto (patti, condizioni, clausole ed eventuale parte narrativa) cioè al complesso delle pattuizioni (Barcellona, 224). Per circostanze si intendono tutti i fatti che hanno avuto rilievo nella relazione contrattuale. Il concorrente rilievo dell'essenzialità dell'errore esonera il contraente dal rivolgere attenzione alle circostanze estrinseche al contratto (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 668), dovendosi piuttosto avere riguardo alla fase delle trattative e della conclusione del contratto e all'oggettiva idoneità delle stesse a manifestare il punto di vista del soggetto (Barcellona, 225). Tra le circostanze non possono comprendersi gli avvenimenti che attengono alla sfera interamente individuale delle parti, come tali non attinenti al contratto, che assumono al più rilevanza in sede probatoria. La valutazione del contenuto e delle circostanze deve avvenire secondo un criterio di intersoggettività, non soggettivo, poiché non si tratta di circostanze proprie di una singola persona, e non oggettivo, poiché non si tratta di circostanze che appaiono ad ogni terzo (Pietrobon, L'errore nella dottrina del negozio giuridico, Padova, 1963, 220). Quanto alle qualità delle parti si tratta di dote permanente del soggetto (Pietrobon, 5). In base ad altra opinione le qualità attengono al comportamento delle parti, dovendosi intendere come una caratteristica del soggetto tale da rendere in certo senso manifesto il significato che lo stesso attribuisce al negozio (Barcellona, 225). Ove si tratti di qualità riguardanti il dichiarante, esse rilevano in quanto idonee a far cadere in errore e potranno essere considerate solo se siano note e nella misura in cui siano note alla controparte; ove attengano al destinatario, esse influiscono sulla possibilità di scoprire l'errore e dovranno essere prese in considerazione in ogni caso (Pietrobon, 5). La persona di normale diligenza costituisce unità di misura della rilevanza dei citati elementi rivelatori dell'errore, indipendentemente dal fatto che il destinatario li abbia in concreto riconosciuti. La valutazione non deve essere compiuta in astratto ma in concreto. Il giudizio di riconoscibilità non deve essere inteso in termini di stretta diligenza, poiché se così fosse esso dovrebbe tenere conto necessariamente delle circostanze interamente soggettive (Pietrobon, 5).

Secondo la S.C. ai fini dell'annullamento del contratto per errore è necessario accertare — da un lato — se la parte caduta in errore si sia indotta alla stipula del contratto in base ad una distorta rappresentazione della realtà, determinante nell'indurlo a concludere il negozio, e — dall'altro — se con l'uso della normale diligenza l'altro contraente avrebbe potuto rendersi conto dell'altrui errore, non essendo in concreto richiesto che l'errore sia stato riconosciuto, bensì l'astratta possibilità di tale riconoscimento in una persona di media avvedutezza (Cass. n. 24738/2017Cass. n. 2518/1990; Cass. n. 2844/1982; Cass. n. 1843/1979; Cass. n. 1706/1977; Cass. n. 3472/1972). La presunzione di conoscenza delle norme giuridiche (ignorantia legis non excusat) non può essere invocata per escludere la configurabilità e la rilevanza, ai fini dell'annullamento del contratto, di un errore vizio della volontà determinato dall'ignoranza o dall'inesatta conoscenza di una norma né per escludere la riconoscibilità di un errore siffatto, la quale — atteso che l'ordinamento vigente non esige più l'ulteriore requisito della scusabilità — deve essere accertata non in astratto ma in relazione alle concrete circostanze del singolo caso ed alla concreta situazione soggettiva delle parti dello specifico rapporto (Cass. n. 3892/1985, in Giust. civ., 1986, 3, I, 838, con nota di Costanza).

L'errore riconosciuto

Secondo la prevalente dottrina l'errore riconosciuto, anche se astrattamente non riconoscibile, determina l'annullabilità del contratto (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 667; Bianca, 613; Galgano, in Tr. C. M. 1988, 282; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 457; Pietrobon, 5; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 155; Roppo, in Tr. I.Z., 2001, 803). E ciò perché, a fronte del riconoscimento dell'errore, non vi è più ragione di proteggere il valore dell'ignoranza incolpevole, che sta a fondamento della norma (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 667). In base ad altra tesi il riconoscimento in concreto dell'errore non sarebbe condizione sufficiente per ritenere l'errore rilevante quando l'agente non abbia adempiuto all'onere di diligenza nella dichiarazione e il destinatario abbia conseguito la conoscenza dell'errore usando una diligenza superiore a quella normale (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 547). Secondo altra tesi l'errore riconosciuto non rileverebbe poiché nella disciplina dell'errore riconoscibile l'elemento giuridicamente rilevante deve essere individuato in ogni caso nell'indice esterno obiettivamente apprezzabile e non già nella conoscenza della controparte; sicché l'irrilevanza dell'errore riconosciuto non trae origine dalla buona fede, ma dalla mancanza di questo requisito obiettivo (Barcellona, 226).

Anche secondo la S.C. l'effettiva conoscenza assorbe e supera la mera riconoscibilità dell'errore (Cass. n. 31078/2019; Cass. n. 3892/1985; contra Cass. n. 2052/1984). L'assimilazione quoad effectum alla riconoscibilità della concreta ed effettiva conoscenza dell'errore da parte dell'altro contraente trova spiegazione nella ratio della norma, volta a tutelare il solo affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione negoziale viziata nel processo formativo della sottostante determinazione volitiva (Cass. S.U.,n. 5900/1997).

L'errore comune

L'errore comune sussiste quando la medesima falsa rappresentazione della realtà, in cui sia incorsa ciascuna delle parti per proprio conto, sia determinante in concreto per entrambe, sicché sia integrato il requisito dell'essenzialità. Un autore ha distinto l'errore comune nei termini anzidetti dall'errore bilaterale, che ricorre quando verta per entrambe le parti sulla medesima falsa rappresentazione, ma sia determinante in concreto solo per una di esse (Pietrobon, 6). In ordine all'integrazione di siffatte tipologie di errore la medesima dottrina ha sostenuto che l'errore comune legittima l'annullamento del contratto, su istanza di una delle parti, indipendentemente dall'esistenza del requisito della riconoscibilità; per converso tale ultimo requisito è indispensabile per l'annullamento del contratto basato su un errore bilaterale (Pietrobon, 6). La ragione per la quale si esclude la rilevanza del requisito della riconoscibilità nell'errore comune discende dalla circostanza che in questa evenienza non vi è ragione di tutela dell'affidamento incolpevole. Infatti la comune conoscenza (o conoscibilità) dell'errore vuol dire conoscenza di quella (falsa) rappresentazione che ha essenzialmente indotto la controparte alla stipulazione; e pertanto nell'errore comune, riscontrabile quando entrambi i contraenti danno per vera una circostanza falsa, la parte è appunto a conoscenza della falsa rappresentazione dell'altra e la ragione dell'affidamento viene meno perché ciascuna parte sa che l'altra ha stipulato sulla base di quella rappresentazione e sul presupposto della sua rispondenza al vero (Bianca, 612). In senso contrario si osserva che tale soluzione, accolta dalla giurisprudenza, trascura un dato normativo indefettibilmente richiesto ovvero un requisito legale che ha riguardo ad un criterio astratto di diligenza, sul presupposto che, a fronte di un errore comune, sarebbe superfluo esigere la riconoscibilità: e ciò perché l'affidamento non opera nei confronti di chi ha dato causa all'errore (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 548; Barcellona, 227). In realtà ciò che è riconoscibile è non già la falsità della rappresentazione, bensì la rappresentazione stessa, che però è falsa (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 157). Dalle figure innanzi descritte si distingue quella dell'errore bilaterale reciproco definito anche come doppio errore asimmetrico (Roppo, in Tr. I.Z., 2001, 804). Si intende fare riferimento al caso in cui entrambe le parti siano incorse in errore ma su aspetti diversi del contratto. In questa evenienza ciascuna delle parti potrà chiedere l'annullamento del contratto qualora sussistano i requisiti dell'essenzialità e della riconoscibilità, che devono essere valutati autonomamente con riferimento a ciascun errore.

In giurisprudenza si afferma che nell'ipotesi di errore bilaterale, che ricorre quando esso sia comune a entrambe le parti, il contratto è annullabile a prescindere dall'esistenza del requisito della riconoscibilità, poiché in tal caso non è applicabile il principio dell'affidamento, avendo ciascuno dei contraenti dato causa all'invalidità del negozio (Cass. n. 26974/2011; Cass. n. 5829/1979; Cass. n. 1217/1975; Cass. n. 1923/1969; Cass. n. 773/1965).

Il riferimento alla presupposizione

Non può essere collocato, o almeno deve ritenersi superato il tentativo di collocarlo, nell'ambito dell'errore comune sui motivi l'aspetto relativo alla presupposizione o base negoziale, ossia al rilievo fondamentale che determinati fatti assumono implicitamente per la funzionalità in concreto del contratto, sebbene in esso non espressamente menzionati. Piuttosto i rimedi avverso l'ipotesi che tali fatti non si realizzino postulano una valutazione più complessa sia con riferimento al senso globale dell'atto sia con riferimento al rapporto e agli squilibri sopravvenuti nella prevista destinazione delle utilità connesse all'autoregolamento (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 666). Assume quindi un più appropriato rilievo il ricorso alle impugnative del negozio e in specie al rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità.

Bibliografia

Arena, voce Incapacità (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1970; Barcellona, voce Errore (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1966; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.1. e 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1983; Funaioli, voce Dolo (dir. civ.), in Enc. dir., Milano, 1964; Gentili, voce Dolo (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; Giacobbe, voce Convalida, in Enc. dir., Milano, 1962; Messineo, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1958; Piazza, voce Convalida del negozio giuridico, in Enc. giur., Roma, 1988; Pietrobon, voce Errore (dir. civ.), in Enc. giur., Roma, 1988; Prosperetti, Contributo alla teoria dell'annullabilità del negozio giuridico, Milano, 1983; Rescigno, voce Capacità di agire, in Nss. D.I., Torino, 1958; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Stanzione, voce Capacità (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988; Tamponi, L'atto non autorizzato nell'amministrazione dei patrimoni altrui, Milano, 1992; Tommasini, voce Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur., Roma, 1988; Trabucchi, voce Dolo (dir. civ.), in Nss. D.I., Torino, 1960.

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