Codice Civile art. 1456 - Clausola risolutiva espressa.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Clausola risolutiva espressa.

[I]. I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.

[II]. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto [1517] quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva [1457 2].

Inquadramento

La clausola risolutiva espressa è il patto mediante il quale le parti assumono un determinato inadempimento come condizione risolutiva del contratto (Bianca, 1994, 312). Attraverso la sua previsione le parti dimostrano di avere attribuito una particolare importanza alla violazione di determinati impegni contrattuali, il che spiega perché debba escludersi qualsiasi sindacato del giudice sulla gravità dell'inadempimento stesso (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 870). Il suo scopo può essere quello di esercitare un'efficace coazione psicologia del debitore per l'adempimento di determinate obbligazioni o con determinate modalità (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 871). In conseguenza dell'inadempimento dell'obbligazione dedotta nella clausola la parte che intende far valere l'inadempimento a scopo risolutorio è onerata di manifestare alla controparte la volontà di avvalersi della clausola e solo dal momento della ricezione di tale manifestazione di volontà il contratto potrà ritenersi automaticamente risolto. Pertanto l'effetto risolutorio si determina mediante una fattispecie a formazione progressiva che si snoda nell'inadempimento dell'obbligazione dedotta nella clausola e nella successiva dichiarazione di volersene avvalere. Maturata la fattispecie, l'eventuale controversia che dovesse insorgere tra le parti in ordine al conseguimento dell'effetto risolutivo, in ragione dell'operatività della clausola risolutiva espressa, sarà definita con sentenza di mero accertamento dell'avvenuta risoluzione, ove ne siano integrativi i presupposti, e non costitutiva (Busnelli, 198).

La S.C. chiarisce che la condizione risolutiva postula che le parti subordinino la risoluzione del contratto, o di un singolo patto, ad un evento, futuro ed incerto, il cui verificarsi priva di effetti il negozio ab origine, laddove invece con la clausola risolutiva espressa le stesse prevedono lo scioglimento del contratto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o lo sia secondo modalità diverse da quelle prestabilite, sicché la risoluzione opera di diritto ove il contraente non inadempiente dichiari di volersene avvalere, senza necessità di provare la gravità dell'inadempimento della controparte (Cass. n. 9550/2018 Cass. n. 20854/2014). È inammissibile la previsione in un contratto di donazione modale di una clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un modus (Cass. n. 28993/2020; Cass. n. 14120/2014). Il creditore, dopo aver promosso il giudizio per ottenere l'adempimento del contratto, può in corso di causa dichiarare che intende valersi della clausola risolutiva espressa, trattandosi di facoltà riconducibile allo ius variandi ammesso in generale dall'art. 1453, comma 2 (Cass. n. 24564/2013). La natura dichiarativa della pronuncia di risoluzione fondata su clausola risolutiva espressa è confermata dalla giurisprudenza (Cass. n. 167/2005; Cass. n. 23625/2004).

I requisiti di sostanza e di forma

Si tratta di un patto accessorio al contratto principale, ma che ha una propria funzione, il che non impedisce che esso possa essere stipulato in un tempo diverso da quello del contratto principale (Bianca, 1994, 313). L'adempimento dedotto nella clausola deve essere determinato in relazione alle singole obbligazioni contrattuali; inoltre può essere ulteriormente specificato in relazione alle singole modalità di prestazione (Bianca, 1994, 314). Non è generico e di stile il richiamo a ciascuna delle obbligazioni contrattuali, reputate dalle parti essenziali, purché queste siano specificamente determinate una per una (Busnelli, 198). Ove si tratti di clausola di stile, la valutazione dell'importanza dell'inadempimento torna ad essere effettuata dal giudice sulla scorta dei principi generali in tema di risoluzione giudiziale (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 625; Costanza, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. giur., 1988, 1). Non sono previsti particolari requisiti di forma, essendo sufficiente la forma richiesta per il contratto a cui essa accede (Busnelli, 197; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 625; Bianca, 1994, 313). In particolare non è necessaria la specifica approvazione per iscritto ove sia contenuta in condizioni generali di contratto, poiché non si rinviene una clausola vessatoria (Busnelli, 197; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 524; Smiroldo, 156). In senso contrario altro autore evidenzia che la clausola conferisce al creditore il potere di sciogliersi dal contratto senza che sia necessaria la gravità dell'inadempimento e senza che sia necessario rispettare un termine, come è previsto per la diffida ad adempiere, sicché deve qualificarsi vessatoria, rientrando nell'ambito delle clausole che prevedono la facoltà dell'aderente di recedere dal contratto (Bianca, 1994, 314).

Affinché possa configurarsi una clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell'inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, restando estranea alla norma di cui all'art. 1456 la clausola redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto (Cass. n. 22725/2021; Cass. n. 32681/2019 ;Cass. n. 4796/2016; Cass. n. 1950/2009; Cass. n. 11055/2002; Cass. n. 5147/2001; Cass. n. 3119/1985). Ove la clausola si riferisca genericamente alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto, essa si considera di stile ed è pertanto inefficace (Cass. n. 5169/1990). Secondo un indirizzo della giurisprudenza di merito il richiamo è specifico non solo quando ciascuna delle obbligazioni sia stata espressamente menzionata ai fini dell'essenzialità (Trib. Napoli 26 settembre 1983), ma anche quando sia fatto riferimento ai singoli articoli del contratto che regolano ciascuna obbligazione (Trib. Milano 25 febbraio 1985). Il mero riferimento all'essenzialità non è sufficiente per ritenere che si tratti di clausola risolutiva espressa, in quanto occorre anche l'esplicita previsione dell'effetto risolutivo (Cass. n. 2239/1981). La giurisprudenza  ritiene che, non risultando particolarmente onerosa, non si tratta di clausola vessatoria che esige la specifica approvazione per iscritto (Cass. n. 17603/2018; Cass. n. 23065/2016;Cass. n. 15365/2010; Cass. n. 20818/2006; Cass. n. 16253/2005; Cass. n. 8881/2000; Cass. n. 126/1992).

La gravità e l'imputabilità dell'inadempimento

La gravità dell'inadempimento dell'obbligazione considerata nella clausola non è un requisito necessario, poiché le parti possono contemplare nella clausola qualsiasi obbligazione o modalità dalla cui violazione decidano di far discendere la risoluzione (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 922; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 626; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 524). In base ad una diversa ricostruzione la gravità soggettiva è insita nella scelta operata dalle parti all'atto stesso della stipulazione (Busnelli, 198). Tuttavia la clausola non produce effetti qualora sia derogatoria dei limiti di gravità prefissati dal legislatore (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 871). In ogni caso la clausola dovrà essere valutata in sede applicativa sotto il profilo del rispetto del canone di buona fede oggettiva (Bianca, 1994, 316). L'inadempimento dedotto nella clausola deve essere imputabile perché possa darsi luogo alla risoluzione (Busnelli, 198). In senso diverso, una tesi osserva che è nella facoltà delle parti prevedere sia la violazione colposa sia il mancato adempimento oggettivo, quali cause della risoluzione del contratto (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 524; Bianca, 1994, 315).

La S.C. osserva che la clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l'inadempimento di controparte senza doverne provare l'importanza, in quanto valutata dalle parti anticipatamente (Cass. n. 29301/2019 ; Cass. n. 16993/2007; Cass. n. 10935/2003; Cass. n. 10102/1994). L'agire dei contraenti va valutato, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell'inadempimento che del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione, sicché, qualora il comportamento del debitore, pur integrando il fatto contemplato dalla suddetta clausola, appaia comunque conforme a quel criterio, non sussiste l'inadempimento, né i presupposti per invocare la risoluzione, dovendosi ricondurre tale verifica non al requisito soggettivo della colpa, ma a quello oggettivo della condotta inadempiente (Cass. n. 8282/2023; Cass. n. 23868/2015). Altri arresti fanno invece riferimento al requisito soggettivo dell'imputabilità a colpa (Cass. n. 2553/2007; Cass. n. 11717/2002; Cass. n. 5710/1987).

 La stipulazione di una clausola risolutiva espressa non implica che il contratto possa essere risolto solo nei casi espressamente previsti dalle parti, rimanendo fermo il principio per cui ogni inadempimento di non scarsa rilevanza può giustificare la risoluzione del contratto, con l'unica differenza che, per i casi già previsti dalle parti nella clausola risolutiva espressa, la gravità dell'inadempimento non deve essere valutata dal giudice (Cass. n. 23879/2021; Cass. n. 4369/1997).

L'effetto risolutivo

La risoluzione del contratto in ragione della clausola risolutiva espressa ha effetto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola stessa. Si tratta di un diritto potestativo spettante alla parte, dal cui esercizio dipende l'effetto risolutorio. L'atto con il quale la parte dichiara di volersi avvalere della clausola ha natura negoziale e funzione di autotutela (Bianca, 1994, 317; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 923; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 526). Tale negozio è unilaterale e recettizio (Busnelli, 199). Segnatamente l'atto è inviato dalla parte che ha interesse ad ottenere la risoluzione alla parte inadempiente. Nell'ipotesi di incapacità legale la legittimazione al compimento o alla ricezione dell'atto è attribuita al rappresentante legale. Per converso nel caso di rappresentanza volontaria è necessario che tale potere sia stato espressamente attribuito non rientrando automaticamente nel potere di stipulare il contratto nel quale è contenuta la clausola risolutiva espressa (Bianca, 1994, 317). In base ad un primo indirizzo, l'atto deve rivestire la stessa forma prescritta per il contratto che si intende risolvere secondo il principio valevole per i negozi risolutori (Bianca, 1994, 317). In senso contrario altro autore sostiene che la forma è libera, sicché la dichiarazione di volersi avvalere della clausola può essere manifestata anche in via verbale, ma sempre in modo espresso e non tacitamente o per contegni concludenti, appunto perché si tratta di atto recettizio (Busnelli, 199; Mosco, 204). Non necessariamente tale manifestazione della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa deve esercitarsi in via stragiudiziale, ben potendo essere esternata nel corso di un giudizio o con l'atto introduttivo del giudizio stesso, quand'anche tale atto introduttivo sia nullo (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 524). La dichiarazione di avvalersi della clausola può essere paralizzata dall'eccezione di inadempimento sollevata dalla parte contro cui la clausola è fatta valere (Costanza, cit., 4). La dichiarazione sarà revocabile fino a quando non sia giunta al destinatario (Bianca, 1994, 317). L'effetto risolutivo si verifica nel momento in cui la dichiarazione perviene all'inadempiente (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 626). Non vi è un termine per la manifestazione di detta volontà (Busnelli, 199). Nondimeno fino a tale momento è sempre possibile l'adempimento tardivo, il quale, se prestato, impedisce la risoluzione (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 627; Andreoli, Appunti sulla clausola risolutiva espressa e sul termine essenziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 82; contra Costanza, cit., 3). La tolleranza dell'inadempimento, continuando a dare attuazione al rapporto ovvero concedendo una dilazione, è significativa della rinuncia alla clausola e impedisce di avvalersi della stessa (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 627). Discussa è l'ammissibilità di un'abdicazione all'effetto risolutivo dopo aver dichiarato di avvalersi della clausola. In senso contrario, un autore ha evidenziato che la rinuncia fa sorgere soltanto un diritto di opzione in capo al suo destinatario, poiché per la ripresa del rapporto contrattuale occorre una nuova manifestazione di volontà proveniente da entrambe le parti (Costanza, cit., 2; nello stesso senso Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 627). Le parti possono concordare anche una clausola risolutiva automatica, che comporti la risoluzione del contratto senza una preventiva comunicazione della parte interessata; tuttavia quando essa sia prevista per il ritardo si pone il problema di distinguerla dal termine essenziale (Bianca, 1994, 318).

La dichiarazione può essere fatta anche da un terzo, purché munito di mandato speciale (Cass. n. 1275/1973). È escluso che la clausola possa essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma esige invece la specifica istanza di parte da cui risulti la volontà di avvalersene (Cass. n. 11864/2015; Cass. n. 24207/2006). La dichiarazione del creditore della prestazione inadempiuta di volersi avvalere dell'effetto risolutivo di diritto non deve essere necessariamente contenuta in un atto stragiudiziale precedente alla lite, potendo essa per converso manifestarsi del tutto legittimamente con lo stesso atto di citazione o con altro atto processuale ad esso equiparato (Cass. n. 9275/2005; Cass. n. 5436/1995; Cass. n. 2129/1978). Anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall'altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico dall'accertamento di un inadempimento colpevole (Cass. n. 27692/2021 ; Cass. n. 21115/2013; Cass. n. 4058/1989; Cass. n. 4122/1982). La tolleranza della parte creditrice, che si può estrinsecare tanto in un comportamento negativo, quanto in uno positivo, non determina l'eliminazione della clausola per modificazione della disciplina contrattuale, né è sufficiente ad integrare una tacita rinuncia ad avvalersene, ove lo stesso creditore, contestualmente o successivamente all'atto di tolleranza, manifesti l'intenzione di avvalersi della clausola in caso di ulteriore protrazione dell'inadempimento dell'inadempimento (Cass. n. 36098/2023Cass. n. 14195/2022 ; Cass. n. 14508/2018; Cass. n. 24564/2013; Cass. n. 2111/2012; Cass. n. 15026/2005; Cass. n. 1316/1998). Ove invece la parte rinunci in modo puro e semplice, sia pur implicitamente, alla possibilità di avvalersi di tale clausola, una successiva dichiarazione di avvalersi della clausola risolutiva espressa, in relazione a quello stesso inadempimento, non ha più alcuna rilevanza, anche se contenuta nell'atto introduttivo del relativo giudizio (Cass. n. 20595/2004). La rinunzia ad avvalersi della clausola risolutiva espressa non osta a che il mancato adempimento dell'obbligazione ivi contemplata assuma rilievo preponderante — in occasione dell'analisi delle reciproche inadempienze nel giudizio di risoluzione giudiziale — nella valutazione comparativa della loro gravità, stante l'originaria importanza che le parti attribuirono a quella specifica obbligazione, includendola nella clausola medesima (Cass. n. 18320/2015). Anche l'interesse alla tardiva esecuzione del contratto, manifestato dopo aver dichiarato di avvalersi della clausola, integra un'ipotesi di rinuncia tacita (Cass. n. 5734/2011; Cass. n. 16993/2007). Ma sul punto pesa l'orientamento secondo cui, una volta che la risoluzione, giudiziale o legale, sia maturata, non è più possibile abdicarvi (Cass. n. 20768/2015). Nel senso che una clausola risolutiva espressa con maturazione automatica dell'effetto risolutorio determina l'integrazione di un termine essenziale si è espresso un arresto (Cass. n. 5640/1983).

Bibliografia

Auletta, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. dir., Milano, 1988; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Boselli, voce Eccessiva onerosità, in Nss. D.I., Torino, 1960; Busnelli, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. dir., Milano, 1960; Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Nss. D.I., Torino, 1969; Grasso, Eccezione di inadempimento e risoluzione del contratto, Napoli, 1973; Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, 1950; Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. dir., Milano, 1964; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982; Tartaglia, voce Onerosità eccessiva, in Enc. dir., Milano, 1980.

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