Codice Civile art. 1460 - Eccezione d'inadempimento.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Eccezione d'inadempimento.

[I]. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria [1901], salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto [1565].

[II]. Tuttavia non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede [1375].

Inquadramento

Di fronte all'alterazione dell'equilibrio sostanziale degli interessi tra le parti la legge non ha previsto soltanto rimedi diretti a rimuovere il vincolo, ma ha anche improntato strumenti diretti a conservare tale equilibrio e a fungere al contempo da strumenti di pressione atti a promuoverne una possibile attuazione integrale nel futuro (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 874). Fra questi strumenti si collocano le eccezioni di inadempimento e di insolvenza, che legittimano la dilazione della prestazione a cura di uno dei contraenti (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 526). Tali eccezioni costituiscono due aspetti di un medesimo istituto, oltre che applicazione del medesimo principio inadimplenti non est adimplendum (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 639; Persico, L'eccezione d'inadempimento, Milano, 1955, 7). In ragione dell'interpretazione analogica che viene data della norma si suole affermare che l'art. 1461 tutela il contraente che deve adempiere per primo, l'art. 1460 il contraente la cui prestazione deve essere eseguita contemporaneamente o successivamente all'esecuzione della prestazione della controparte (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 526). In realtà tale discrimine ha una valenza meramente descrittiva, peraltro superata dalla pratica applicazione. Segnatamente l'eccezione di sospensione può essere opposta anche in caso di prestazioni con uguale scadenza, a giustificazione dell'inadempimento di una parte che abbia ragione di non confidare nell'adempimento dell'altra, quando le due prestazioni, sebbene entrambe scadute, non possano essere del tutto contemporanee (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 639). Per converso l'eccezione di inadempimento può essere opposta anche nel caso in cui venga richiesta una prestazione già scaduta, senza che sia offerta l'altra con scadenza successiva, ma il cui termine sia nelle more già decorso (Persico, cit., 83). L'exceptio inadimpleti contractus è uno strumento di autotutela volto a paralizzare la pretesa avversaria nei contratti a prestazioni corrispettive. Essa può essere sollevata con questo scopo sia in via stragiudiziale sia in un giudizio contenzioso (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 930; Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 4; Dalmartello, Eccezione di inadempimento, in Nss. D.I., 1964, 357). Sul piano processuale essa integra un'eccezione in senso sostanziale, rimessa all'iniziativa e alla disponibilità delle parti, che può essere sollevata in giudizio dalla parte contro cui è stato domandato l'adempimento o la risoluzione (Persico, cit., 189; contra Grasso, 86, secondo cui l'eccezione può essere sollevata solo ove venga richiesto l'adempimento). Ne consegue che per un verso essa deve essere sollevata ritualmente e tempestivamente dalla parte interessata, trattandosi di eccezione in senso tecnico e non di mera difesa, e per altro verso non può essere rilevata d'ufficio dal giudice. In senso contrario alcuni autori ritengono che, qualora l'inadempimento dell'attore risulti dagli atti, il giudice dovrà automaticamente dichiarare legittimo il comportamento della controparte che rifiuti il proprio adempimento (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 5; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 527). Un autore rileva che, ove l'eccezione sia opposta in via stragiudiziale e non sia ripresa all'esito dell'instaurazione del giudizio, deve intendersi tacitamente rinunciata (Realmonte, Eccezione di inadempimento, in Enc. dir., 1965, 234). L'eccezione di inadempimento non preclude la possibilità di proporre la domanda di risoluzione, di comunicare una diffida ad adempiere o di valersi di una clausola risolutiva espressa (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 6). Essa inoltre interrompe il corso della prescrizione del credito dell'eccipiente (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 6).

La S.C. sostiene che l'eccezione d'inadempimento è invocabile, oltre che per paralizzare la domanda di adempimento, anche al fine di escludere il diritto della controparte di far accertare e richiedere la risoluzione del contratto (Cass. n. 5933/2011; Cass. n. 4529/2001). Essa, anche se sollevata in buona fede, non ha effetti liberatori ma solo sospensivi (Cass. n. 8760/2019).È inammissibile la proposizione per la prima volta in appello dell'eccezione d'inadempimento, trattandosi di eccezione in senso stretto non rilevabile d'ufficio (Cass. n. 6168/2011; Cass. n. 13746/2002). In senso contrario altro arresto ha ritenuto che, costituendo un'eccezione in senso proprio, essa è proponibile anche con l'atto di appello e rimessa all'iniziativa e alla disponibilità del convenuto (Cass. n. 28070/2021), cosicché il giudice non può porre a fondamento della decisione altra ragione di inadempimento (Cass. n. 15807/2021). L'eccezione di inadempimento, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l'adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile in modo non equivoco dall'insieme delle sue difese (Cass. n. 20870/2009; Cass. n. 11728/2002). La sua proposizione esclude la mora con riferimento all'adempimento delle obbligazioni pecuniarie, salvo che l'eccezione non sia proporzionata all'inadempimento della controparte (Cass. n. 21315/2017).

I presupposti

La possibilità si sollevare l'eccezione presuppone l'inadempimento della controparte o un adempimento inesatto, purché vi sia proporzionalità tra le reciproche inadempienze. L'eccezione è ammissibile solo se l'adempimento della controparte sia ancora possibile; infatti ove l'inadempienza sia definitiva non è legittimo il rifiuto di adempiere, con cui la parte voglia precostituirsi le condizioni per ottenere un risarcimento dei danni subiti. In senso parzialmente difforme si è affermato che anche nel caso di inadempimento definitivo, con conseguente sostituzione alla prestazione originaria di un diritto al risarcimento dei danni, l'eccezione potrebbe eventualmente essere ancora proposta ove, a fronte dell'interesse di una parte ad ottenere l'equivalente risarcitorio, si ponga l'interesse dell'altra a ricevere la prestazione dovutale (Grasso, 134). L'eccezione può essere sollevata anche nei confronti del contraente il cui inadempimento sia incolpevole, ossia nei casi di impossibilità temporanea non imputabile (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 18; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 528). In senso contrario altro autore ha osservato che l'eccezione di inadempimento, così come l'azione di risoluzione, si configura come una sanzione avverso l'inadempimento altrui, sicché presuppone un addebito a carico dell'inadempiente (Auletta, 137). Al contempo in astratto può essere eccepito anche l'inadempimento di scarsa importanza della controparte, poiché il requisito della gravità dell'inadempimento regolato dall'art. 1455 non costituisce un elemento richiesto per l'exceptio inadimpleti contractus, salvo che in concreto siffatta eccezione non risulti contraria al canone di buona fede (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 874). Sicché anche un inadempimento di poca importanza potrebbe legittimare l'opposizione dell'eccezione, tuttavia entro limiti di proporzionalità con la parte di prestazione non eseguita (Persico, cit., 145; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 930). Assai ristretto è lo spazio applicativo della norma con riferimento alle obbligazioni negative e di custodia (Bigliazzi Geri, Eccezione di inadempimento, in Dig. civ., 1991, 346). In specie per le obbligazioni negative la possibilità di opporre l'eccezione di inadempimento presuppone che l'inadempimento non sia definitivo e che sia osservato il limite della buona fede (Bigliazzi Geri, cit., 346). L'eccezione può trovare accoglimento solo se sia accompagnata dall'offerta di adempimento della prestazione dovuta dall'eccipiente (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 640). Nonostante il tenore letterale della norma, la quale sembra fare riferimento esclusivamente all'adempimento mano contro mano, ossia che si determina quando non siano fissati termini per l'adempimento ovvero le scadenze dei termini fissati siano simultanee, l'eccezione può essere riconosciuta anche al contraente tenuto ad adempiere per secondo, quando il contraente che debba adempiere per primo non abbia adempiuto e nondimeno pretenda l'adempimento della controparte (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 875), nonché al contraente tenuto ad adempiere per primo, quando la controparte abbia preventivamente dichiarato di non voler adempiere o quando appaia fondata la probabilità dell'altrui inadempimento o quando sia decaduta dal beneficio del termine (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 23; Persico, cit., 111; contra Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 641). Da ciò deriva l'assunto secondo cui lo strumento di autotutela in commento costituisce un rimedio, non già contro l'inadempimento altrui, ma contro il rischio di inadempimento. Si osserva che, in caso di adempimento tardivo non dovuto a colpa del debitore, di fronte alla disponibilità del debitore ad adempiere, sia pure tardivamente, il creditore non ha la possibilità di opporre l'eccezione, sulla scorta del principio di cui all'art. 1256, comma 2, secondo cui il debitore non è responsabile del ritardo nel caso di impossibilità temporanea, finché esso perdura; se invece il ritardo è dovuto a colpa, l'eccezione è opponibile fino a quando e nei limiti in cui sia risarcito il danno (Persico, cit., 127). Una volta opposta l'eccezione di inadempimento, il creditore non risponde dell'impossibilità sopravvenuta della propria prestazione che non sia causalmente ascrivile ad una sua condotta, non potendo per definizione essere considerato in mora, pena l'integrazione di una contraddizione intrinseca del sistema tra il riconoscimento di un diritto e la sanzione conseguente al suo esercizio; piuttosto si applicherà la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta non imputabile (Persico, cit., 193). Nel caso in cui sopravvenga l'impossibilità non imputabile della prestazione di una parte, il rifiuto della controparte di eseguire la propria prestazione nei contratti ad efficacia obbligatoria trova ragione non nell'eccezione di inadempimento, ma nell'estinzione del vincolo sinallagmatico determinata dalla sopravvenuta impossibilità di una delle prestazioni (Bigliazzi Geri, cit., 339; Realmonte, cit., 227).

Anche secondo la giurisprudenza l'exceptio inadimpleti contractus, benché di regola presupponga che le reciproche prestazioni siano contemporaneamente dovute, è tuttavia opponibile alla parte che debba adempiere entro un termine diverso e successivo, qualora questa abbia dichiarato di non volere adempiere, ovvero sia certo o altamente probabile che essa non sia in grado di adempiere, indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento (Cass. n. 20939/2017Cass. n. 3787/2003; Cass. n. 7823/1998; Cass. n. 6441/1993; Cass. n. 6196/1984). Anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall'altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell'art. 1456, dall'accertamento di un inadempimento colpevole (Cass. n. 21115/2013; Cass. n. 4058/1989). L'eccezione può essere sollevata anche a fronte dell'inesatto adempimento della controparte (Cass. n. 2154/2021Cass. n. 23345/2009; Cass. n. 9517/2002). In ogni caso, a fronte di un inadempimento parziale, la controparte non può opporre l'eccezione, rifiutandosi di adempiere la propria obbligazione per intero (Cass. n. 8760/2019). La sua proposizione esclude la mora con riferimento all'adempimento delle obbligazioni pecuniarie, salvo che l'eccezione non sia proporzionata all'inadempimento della controparte (Cass. n. 21315/2017).

La contrarietà a buona fede

L'eccezione di inadempimento è ammessa solo se il rifiuto di adempiere non sia contrario alla clausola di buona fede oggettiva, intesa come correttezza nell'esecuzione del rapporto obbligatorio. Con il riferimento alla buona fede il legislatore intende porre l'accento sulla necessità che vi sia equivalenza tra l'inadempimento o la mancanza di adempimento altrui e l'adempimento che è rifiutato mediante l'eccezione, ovvero che il rifiuto di adempimento per effetto della sollevazione dell'eccezione sia successivo e causalmente giustificato dall'inadempimento o dalla mancanza di adempimento altrui (Grasso, 136; Persico, cit., 140). Il giudizio sulla buona fede deve essere formulato, non soltanto avendo riguardo all'entità dell'inadempimento, ma più in generale facendo riferimento alla correttezza dei comportamenti tenuti (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 33). Inoltre sulla valutazione della buona fede influiscono, oltre che fattori di tipo oggettivo, anche fattori di tipo soggettivo, come la consapevolezza della parte che formula l'eccezione del fatto che l'inadempimento dell'altra deriva da errore scusabile (Bigliazzi Geri, cit., 343; Realmonte, cit., 231). Pertanto sotto tale profilo deve essere valutato il comportamento della parte che eccepisca l'inadempimento dell'altra, benché quest'ultima abbia prestato idonea garanzia, e ciò benché l'art. 1460, diversamente dall'art. 1461, non richiami espressamente tale causa di esclusione dell'eccezione (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 34). In senso contrario altro autore ha evidenziato che l'eccezione può essere ugualmente opposta nonostante la prestazione della garanzia (Persico, cit., 86). Sempre in ragione del filtro operato dalla disposizione l'eccezione deve ritenersi non consentita in base a buona fede, quando l'inadempimento della controparte non sia grave ai sensi dell'art. 1455, tenuto conto che non può considerarsi rilevante l'inadempimento dovuto ad errore od omissione involontaria (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 640). In senso contrario si è espresso altro autore, il quale ha osservato che la buona fede deve essere valutata con riguardo all'oggettiva interdipendenza causale tre i due inadempimenti (Persico, cit., 139). Secondo una tesi lo spazio applicativo della buona fede sarebbe riferito anche all'ipotesi di adempimento parziale o comunque inesatto, ivi compreso l'inadempimento di obbligazioni accessorie, sicché in tali fattispecie l'eccezione sarebbe più appropriatamente qualificabile come exceptio non rite adimpleti contractus (Persico, cit., 126). In senso contrario, si osserva che la distinzione tra exceptio inadimpleti contractus ed exceptio non rite adimpleti contractus avrebbe un valore essenzialmente descrittivo (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 96).

Alla luce dell'esame giurisprudenziale il giudizio di buona fede presuppone una valutazione comparativa del comportamento dei contraenti con riguardo soprattutto alle inadempienze reciproche sia sotto il profilo cronologico sia sotto il profilo del nesso di causalità e di proporzionalità tra le stesse (stesse (Cass. n. 22626/2016; Cass. n. 4565/1990; Cass. n. 3371/1988). In forza del principio di buona fede e correttezza occorre verificare se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all'incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato causalmente e proporzionalmente la sospensione dell'adempimento dell'altra parte (Cass. n. 2720/2009; Cass. n. 16822/2003). La valutazione circa l'inerenza al sinallagma fra le obbligazioni facenti capo alle parti deve essere compiuta anche con riguardo alle eccezioni sollevate nell'ambito del rapporto di lavoro (Cass. n. 4474/2015). Alla luce dei principi anzidetti ai fini della legittima proposizione dell'eccezione di inadempimento è necessario che il rifiuto di adempimento oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate non sia contrario a buona fede, cioè non sia determinato da motivi non corrispondenti alle finalità per le quali esso è concesso dalla legge, come quando l'eccezione è invocata non per stimolare la controparte all'adempimento, ma per mascherare la propria inadempienza; al fine del relativo accertamento assume rilevante importanza la circostanza che la giustificazione del rifiuto sia resa nota alla controparte solo in occasione del giudizio e non in occasione dell'attività posta in essere allo scopo di conseguire l'esecuzione spontanea del contratto (Cass. n. 36295/2023Cass. n. 22353/2010; Cass. n. 7528/2009; Cass. n. 10506/1994). Sicché la contestazione dell'inadempimento deve essere tempestiva, in modo tale da non determinare un pregiudizio irreparabile alla controparte, che deve essere in grado di assumere all'esito le iniziative opportune per salvaguardare l'interesse o l'utilità perseguita con l'attuazione del contratto (Cass. n. 26973/2017). Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, poiché l'esecuzione avviene mediante coppie di prestazioni in corrispondenza di tempo, il sinallagma, alla cui tutela è predisposto il rimedio ex art. 1460, va considerato separatamente per ciascuna coppia di prestazioni; ne consegue che in tali contratti l'eccezione d'inadempimento può essere sollevata unicamente riguardo alla prestazione corrispondente a quella richiesta all'eccipiente, restando escluse, ai sensi dell'art. 1458, comma 1, le prestazioni già eseguite (Cass. n. 4225/2022Cass. n. 7550/2012). Il filtro della buona fede opera anche nelle ipotesi speciali di eccezione di inadempimento, contemplate dalla disciplina di singoli contratti, come in tema di assicurazione, ai sensi dell'art. 1901, dove è prevista la sospensione della garanzia per effetto del mancato pagamento del premio alla scadenze convenute (Cass. n. 27132/2006; Cass. n. 1698/2006; Cass. n. 15407/2000), nonché in tema di somministrazione, ai sensi dell'art. 1565, dove è riconosciuta la facoltà del somministrante di sospendere le proprie prestazioni, in caso di mancato pagamento dei corrispettivi alle previste scadenze (Cass. n. 10620/1990). Non incorre in alcuna contraddizione il giudice di merito che apprezzi un comportamento di inadempimento come contrario a buona fede ai fini di giustificare un'eccezione di inadempimento e poi lo consideri di scarsa importanza ai fini di un'azione di risoluzione del contratto per inadempimento. Infatti i due piani di valutazione sono del tutto diversi. Ai fini della valutazione prevista dall'art. 1460 l'inadempimento della parte viene valutato solo nell'ottica della realizzazione del sinallagma contrattuale allo scopo di considerarlo o meno giustificato in dipendenza dell'inadempimento dell'altra. Tale valutazione si esprime in un confronto fra i due inadempimenti e non nell'oggettiva valutazione di ciascuno di essi e può risolversi negativamente sia per il fatto che le prestazioni corrispettive inadempiute dovessero eseguirsi in tempi diversi sia perché uno degli inadempimenti non appaia conforme a buona fede. Il piano di valutazione supposto dall'art. 1455 in ordine alla non scarsa importanza dell'inadempimento quale fatto giustificativo della risoluzione del contratto è invece del tutto diverso, giacché non è funzionale all'apprezzamento della realizzazione del sinallagma contrattuale, ma del suo scioglimento, e l'inadempimento viene valutato non comparativamente alla condotta dell'altra parte, bensì nel suo significato oggettivo di impedimento alla realizzazione del sinallagma stesso (Cass. n. 12719/2021 ; Cass. n. 26334/2019 ; Cass. n. 1690/2006).

Gli oneri probatori dell'eccipiente

La parte che ha proposto l'eccezione deve semplicemente allegare l'inadempimento della controparte a sostegno del suo rifiuto di adempiere, mentre sarà la controparte a dover dimostrare il proprio adempimento per confutare l'eccezione, in applicazione dei principi negativa non sunt probanda e di vicinitas della prova. Nei contratti di durata chi agisce per l'adempimento deve dimostrare di avere eseguito la sua prestazione per tutto il tempo relativamente al quale il corrispettivo è domandato; ne consegue che, quand'anche non abbia proposto la relativa eccezione, il convenuto non può essere condannato se non risulta che l'attore abbia adempiuto (Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 528). L'opponibilità dell'eccezione di inadempimento può essere pattiziamente esclusa (Persico, cit., 217; contra Bigliazzi Geri, cit., 347). L'eccezione di inadempimento può costituire oggetto di rinuncia tacita, come accade qualora la parte adempia nonostante la consapevolezza della possibilità di sollevare l'exceptio. È parimenti ammissibile la rinuncia agli effetti dell'eccezione, che si realizza quando, dopo aver utilizzato il rimedio di autotutela, la parte, sebbene persista l'atteggiamento negativo dell'altra, adempia ugualmente la propria prestazione (Bigliazzi Geri, cit., 347).

L'eccezione di inadempimento può essere dedotta per la prima volta in sede giudiziale, quand'anche non sia stata sollevata in precedenza per rifiutare motivatamente l'adempimento chiesto ex adverso, non ponendo l'art. 1460 alcuna limitazione temporale o modale alla sua esperibilità, salva l'ipotesi di termini differenziati di adempimento, né essendo l'esercizio della facoltà di sospendere l'esecuzione del contratto, a fronte del grave inadempimento della controparte, subordinato ad alcuna condizione né, in particolare, alla previa intimazione di una diffida o ad alcuna generica contestazione dell'inadempimento (Cass. n. 17214/2020;Cass. n. 8314/2003). Ove il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento, il debitore eccipiente dovrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento mentre sarà il creditore agente a dover dimostrare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione (Cass. n. 3587/2021; Cass. n. 23759/2016; Cass. n. 3373/2010; Cass. n. 13674/2006; Cass. n. 8615/2006; Cass. S.U.,n. 13533/2001). Anche quando sia eccepito l'inesatto adempimento è sufficiente che l'eccipiente alleghi l'inesattezza della prestazione, gravando sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. n. 9439/2008).

Il campo applicativo

Espressamente la norma si riferisce ai contratti a prestazioni corrispettive. In conseguenza si ritiene che l'istituto non sia applicabile nei contratti associativi (Grasso, 133). In senso contrario alcuni autori ritengono che l'eccezione possa essere sollevata anche nei contratti plurilaterali con comunione di scopo, a fronte dell'inadempimento di una prestazione essenziale, in ragione di un'applicazione analogica giustificata dal riconoscimento del più intenso rimedio della risoluzione ai sensi dell'art. 1459 (Bianca, 1994, 331; Persico, cit., 61). In dottrina, così come in giurisprudenza, vi è una tendenza ad allargare l'ambito operativo della disposizione, facendo riferimento, anziché alla nozione di corrispettività, al concetto di interdipendenza delle prestazioni (Bigliazzi Geri, in Comm. S.B., 1988, 21). Così l'eccezione può essere sollevata nei rapporti tra loro collegati. Essa può riguardare anche le obbligazioni nascenti da una pronuncia giudiziale di nullità, annullamento e risoluzione, poiché sull'esercizio del potere di autotutela non rileva la fonte delle obbligazioni, purché tra loro corrispettive o in senso più ampio interdipendenti (Bianca, 1994, 333; Bigliazzi Geri, cit., 336; Realmonte, cit., 226). L'eccezione è legittimamente opponibile anche nei contratti bilaterali imperfetti (mandato, mutuo, deposito, ecc.), anche a titolo gratuito, qualora l'obbligato principale abbia diritto alla corresponsione dei mezzi necessari per l'esecuzione del contratto (Bianca, 1994, 332). Nell'ipotesi di obbligazioni soggettivamente complesse, siano esse parziarie o solidali, la legittimazione deve essere riconosciuta a ciascun concreditore-condebitore verso ciascun condebitore-concreditore. Sono altresì legittimati a sollevare l'eccezione di inadempimento gli eredi delle parti, il cessionario del contratto, il promittente nei confronti del terzo per l'ipotesi di inadempimento dello stipulante (Bigliazzi Geri, cit., 344; Realmonte, cit., 236). L'eccezione può essere sollevata anche nei rapporti con la P.A. (Bianca, 1994, 337).

In giurisprudenza si sostiene che l'eccezione può operare anche con riguardo ad inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi, purché le parti nell'esercizio del loro potere di autonomia abbiano voluto tali rapporti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, onde tale principio non risulta applicabile a rapporti che siano indipendenti l'uno dall'altro (Cass. n. 5938/2006; Cass. n. 8467/2003; Cass. n. 3397/1984). Inoltre la proposizione dell'eccezione è ammessa nei contratti a consegne ripartite (Cass. n. 11469/1991). Invece, l'eccezione non può essere invocata nei contratti di società (Cass. n. 12487/1995; Cass. n. 5180/1993) e con riguardo al regolamento di condominio (Cass. n. 977/2000).

Bibliografia

Auletta, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942; Belfiore, voce Risoluzione del contratto per inadempimento, in Enc. dir., Milano, 1988; Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bianca, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Boselli, voce Eccessiva onerosità, in Nss. D.I., Torino, 1960; Busnelli, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. dir., Milano, 1960; Dalmartello, voce Risoluzione del contratto, in Nss. D.I., Torino, 1969; Grasso, Eccezione di inadempimento e risoluzione del contratto, Napoli, 1973; Mosco, La risoluzione del contratto per inadempimento, Napoli, 1950; Natoli, voce Diffida ad adempiere, in Enc. dir., Milano, 1964; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982; Tartaglia, voce Onerosità eccessiva, in Enc. dir., Milano, 1980.

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