Codice Civile art. 1480 - Vendita di cosa parzialmente di altri.

Francesco Agnino

Vendita di cosa parzialmente di altri.

[I]. Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell'articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario [1419 1]; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno [1484, 1489; 171 trans.].

Inquadramento

Nella ipotesi di vendita di cosa parzialmente altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto solo se, quando lo ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore e possa ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato il bene senza quella parte di cui è divenuto proprietario; pertanto, in mancanza dell'una o dell'altra delle predette condizioni, il compratore può solo chiedere la riduzione del prezzo ai sensi dell'art. 1480 (Cass. n. 2892/1996).

Peraltro, è indubbio che la vendita di cosa parzialmente altrui ha effetti obbligatori soltanto per la quota relativa a diritti altrui, mentre perla parte soggetta al potere di disposizione dell'alienante produce immediati effetti traslativi, salvo che l'acquirente non faccia valere i diversi diritti conferitigli dall'art. 1480 (Cass. n. 4405/1983).

Invero, la disciplina della vendita di cosa parzialmente altrui si applica in base alla situazione oggettiva della "res" alienata, sicché il trasferimento parziale del bene non dipende da una volontà del venditore in tal senso, ma dal principio di conservazione degli effetti negoziali, che si esprime nell'art. 1480  (Cass. n. 20347/2015).

Sotto il profilo processuale si è osservato che la domanda intesa ad accertare la (parziale) alienità della cosa compravenduta, al fine di farne discendere gli effetti previsti dall'art. 1480 nei rapporti tra venditore e compratore, non realizza un'ipotesi di litisconsorzio necessario rispetto al terzo proprietario di parte della cosa (Cass. n. 1018/1972).

Casistica

Nel caso in cui il compratore di un fondo agisca nei confronti del venditore per ottenere la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno, sul presupposto che una parte dell'immobile venduto risulta di proprietà di un terzo, si configura un'ipotesi di evizione parziale, disciplinata dall'art. 1480, con la conseguente inapplicabilità del termine di prescrizione annuale previsto dall'art. 1541 dello stesso codice, avente riguardo unicamente alla diversa ipotesi di cui all'art. 1538, e cioè al caso in cui si accerti che il fondo oggetto della compravendita abbia una estensione minore da quella dichiarata dai contraenti (Cass. n. 23343/2009).

Peraltro, la disciplina di cui all'art. 1480 comprende sia la vendita per intero di una parte materiale della cosa di cui l'alienante assuma di essere proprietario (communio pro diviso), sia l'ipotesi di vendita da parte di un comproprietario, di una cosa di proprietà comune pro indiviso per contro, la vendita di un bene interamente (e non parzialmente) di proprietà altrui, è regolata dall'art. 1479 (Cass. n. 387/2005).

La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all'assegnazione del bene al coerede-venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, il compratore non può ottenerne la proprietà esclusiva. Pertanto, se il bene parzialmente compravenduto costituisce l'intera massa ereditaria, l'effetto traslativo dell'alienazione non resta subordinato all'assegnazione in sede di divisione della quota del bene al coerede-venditore, essendo quest'ultimo proprietario esclusivo della quota ideale di comproprietà e potendo di questa liberamente disporre, conseguentemente il compratore subentra, pro quota, nella comproprietà del bene comune (Cass. n. 9543/2002).

Nella ipotesi in cui il compratore, ignorando la comunione del bene vendutogli, abbia inteso acquistare la cosa comune come se fosse interamente propria del venditore (che la comunione non abbia manifestato), si versa in materia di vendita di cosa proporzionalmente altrui, onde lo stesso compratore, non potendo ottenere, finché perdura la comunione, la proprietà esclusiva di alcuna parte determinata della cosa, può subito chiedere la risoluzione del contratto, la quale in tale ipotesi, come in quella di buona fede del compratore contemplata nell'art. 1479, trova la sua giustificazione nell'inadempimento del venditore all'obbligo di trasferire subito il diritto, come effetto immediato del puro e semplice consenso (Cass. n. 2575/1983).

Da ciò consegue che la vendita di un bene in comunione è di norma considerata dalle parti come un unicum inscindibile e non come somma delle vendite delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari, per cui questi ultimi costituiscono una unica parte complessa e le loro dichiarazioni di vendita si fondono in un'unica volontà negoziale tranne che dall'unico documento predisposto per il negozio risulti chiaramente la volontà di scomposizione in più contratti in base al quale ogni comproprietario vende la propria quota all'acquirente senza nessun collegamento negoziale con le vendite degli altri (Cass. n. 11986/1998).

La vendita di un bene, facente parte di una comunione ereditaria, da parte di uno solo dei coeredi, ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia subordinata all'assegnazione del bene al coerede - venditore attraverso la divisione; pertanto, fino a tale assegnazione, il bene continua a far parte della comunione e, finché essa perdura, il compratore non può ottenerne la proprietà esclusiva. L'efficacia non immediatamente traslativa di tale ipotesi di alienazione, con una portata quindi meramente obbligatoria, trova poi conferma anche nella pronuncia delle Sezioni Unite, che, ancorché con riferimento all'ipotesi di alienazione scaturente dalla donazione hanno affermato (Cass. n. 5068/2016) che la donazione della quota di un bene indiviso compreso nella massa ereditaria è nulla, atteso che, prima della divisione, quello specifico bene non fa parte del patrimonio del coerede donante, potendo al più valere come donazione obbligatoria, qualora nell'atto di donazione sia affermato che il donante è consapevole dell'altruità della cosa.

Applicabilità della norma al contratto preliminare

Al contratto preliminare di compravendita di cosa parzialmente altrui (nella specie, un fondo indiviso) si adatta la disciplina prevista dagli artt. 1478 e 1480, con la conseguenza che il promittente venditore resta obbligato, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la quota di sua spettanza, a procurare il trasferimento al promissario acquirente anche di quella rimanente, o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva. Ne consegue che un siffatto contratto preliminare è valido, benché insuscettibile di esecuzione in forma specifica per via giudiziale ai sensi dell'art. 2932, e rimane assoggettato all'ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento dell'obbligazione assunta dal promittente venditore (Cass. n. 26367/2010).

Bibliografia

Angelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960; Bocchini, La vendita con trasporto, Napoli, 1985; Cataudella, Nullità formali e nullità sostanziali nella normativa sul condono edilizio, in Quadrimestre 1986; De Cristofaro, Vendita (vendita di beni di consumo), in Enc. giur., Roma, 2004; De Nova, Inzitari, Tremonti, Visintini, Dalle res alle new properties, Roma, 1991; Luminoso, La compravendita, Torino, 2011; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Portale, Principio consensualistico e conferimento di beni in società, in Riv. soc. 1970; Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000; Russo, La responsabilità per inattuazione dell'effetto reale, Milano, 1965; Santini, Il commercio, Bologna, 1979.

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