Codice Civile art. 1667 - Difformità e vizi dell'opera.Difformità e vizi dell'opera. [I]. L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera [1668]. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore. [II]. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. [III]. L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna [181 trans.]. InquadramentoLa norma si spiega considerando che il committente ha diritto alla consegna di un'opera immune da vizi: pertanto, l'appaltatore risponde della loro presenza. Tuttavia, la certezza dei rapporti giuridici impone precisi termini di prescrizione e decadenza per far valere tali vizi. Infine, la norma stabilisce l'imprescrittibilità della eccezione per far valere i vizi dell'opera, in quanto, altrimenti, l'appaltatore potrebbe attendere fino allo scadere del termine ed agire per ottenere il prezzo ed il committente non potrebbe opporsi. Presupposti per l'operatività della normaLa consolidata giurisprudenza di legittimità rileva che in tema di appalto la responsabilità dell'assuntore del lavoro inerente alla garanzia per vizi e difformità dell'opera eseguita, prevista dagli arTt. 1667 e ss., può configurarsi unicamente quando lo stesso, nell'intervenuto completamento dei lavori, consegni alla controparte un'opera realizzata nel mancato rispetto dei patti o non a regola d'arte, mentre nel caso di non integrale esecuzione dei lavori o di ritardo o rifiuto della consegna del risultato di questi a carico dell'appaltatore può operare unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e ss. (Cass. n. 1186/2015; Cass. n. 8103/2006). Con riguardo ai vizi dell'opera conosciuti o riconoscibili, il committente che non abbia accettato l'opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore poiché, ai sensi dell'art. 1667, comma,1 solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (Cass. n. 14136/2016). Alla stregua dell'enunciato, condivisibile, principio va ribadito che l'applicabilità dell'art. 1667 comma 2 riguarda solo l'appalto esaurito con l'ultimazione dell'opera. Sotto altro aspetto, la circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore nei confronti dell'acquirente con la conseguenza che quest'ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo. L'acquirente non può pertanto esercitare l'azione per ottenere l'adempimento del contratto d'appalto e l'eliminazione dei difetti dell'opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d'appalto, diversamente da quella prevista dall'art. 1669 c.c. di natura extracontrattuale operante non solo a carico dell'appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell'acquirente (Cass. n. 29349/2022, fattispecie relativa alla richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da parte di due acquirenti, che avevano acquistato un immobile con un impianto di condizionamento d'aria non funzionante). Quanto agli aspetti risarcitori, la Cassazione ha affermato che la garanzia per vizi nel contratto di appalto, a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., comporta il diritto del committente ad ottenere l'integrale risarcimento del danno in modo tale da garantire allo stesso l'eadem res debita ovvero l'effettiva corrispondenza dell'opera alla struttura e alla destinazione concordate nel contratto, sicché sono a carico dell'appaltatore tutte le conseguenze dell'inesatto adempimento. Ne consegue che, nel caso in cui le spese sostenute dal committente per il suo intervento riparatorio non abbiano consentito la eliminazione permanente dei vizi ed il superamento definitivo del pregiudizio lamentato, l'appaltatore è tenuto a sopportare l'intero peso economico in modo da garantire il risultato preventivamente concordato con l'esatta esecuzione del contratto di appalto e non solo quello derivante dalle spese per far fronte temporaneamente ai vizi insorti (Cass. n. 31975/2023). Applicazione dei principi generaliLa Corte di Cassazione ha ripetutamente precisato che in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669, integrano — senza escluderne l'applicazione — i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni, con la conseguenza che, nel caso in cui l'opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche, il committente, convenuto per il pagamento del prezzo, può — al fine di paralizzare la pretesa avversaria — opporre le difformità e i vizi — dell'opera, in virtù del principio inadimplenti non est adimplendum, richiamato dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667, anche quando non abbia proposto, in via riconvenzionale, la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta (Cass. n. 4446/2012). Il committente convenuto per il pagamento del corrispettivo non ha possibilità di opporre le difformità e i vizi dell'opera, in virtù del principio inadimplenti non est adimplendum, se i vizi o le difformità non siano stati denunciati nei tempi previsti. D'altra parte, se così non fosse, verrebbe vanificata la portata dell'art. 2226, e/o dell'art. 1667, cioè, la necessità di una tempestiva denuncia dei vizi e delle difformità da parte del committente, perché sarebbe facilmente superabile (Cass. n. 24400/2015). In tema di contratto d'appalto, le disposizioni specifiche previste dagli art. 1667 e 1668, applicabili nel caso di opera completa ma affetta da vizi o difformità, integrano e non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, applicabili, questi ultimi, quando non ricorrono i presupposti delle norme speciali. Rimangono perciò applicabili, i principi riguardanti la responsabilità dell'appaltatore secondo gli artt. 1453 e 1455 nel caso in cui l'opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o l'appaltatore abbia realizzato l'opera con ritardo o, pur avendo eseguito l'opera, si rifiuti di consegnarla; sicché, in caso di ritardo nel completamento dell'opera, la domanda di pagamento della relativa penale non è assoggettata ai termini prescrizionali previsti per l'azione per vizi (Cass. n. 9198/2018). In caso di opera incompleta, costituisce orientamento consolidato quello secondo cui, nell'ipotesi in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è senz'altro quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., laddove la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti (Cass . n. 8103/2006; Cass . n. 13983/2011; Cass . n. 1186/2015). Questo indirizzo è stato poi, nel corso degli anni, tralaticiamente esteso anche all'ipotesi di rovina e difetti di cose immobili disciplinata dall'art. 1669 c.c. (Cass . n. 10255/1998; Cass . n. 9849/2003; Cass . n. 9333/2004). Alla luce di tale ampliamento, il principio che si legge scolpito nelle massime è il seguente: le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di appalto (artt. 1667, 1668 e 1669 c.c.) integrano, ma non escludono, l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali, nel senso che la comune responsabilità dell'appaltatore ex artt. 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegue interamente l'opera o, se l'ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell'appaltatore, inerente alla garanzia per i vizi o difformità dell'opera, prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando il suddetto ha violato le prescrizioni pattuite per l'esecuzione dell'opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, nel caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera (Cass . n. 28233/2017). In definitiva, si è formato il diffuso convincimento secondo cui, in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c., indifferentemente intese, integrino — senza escluderne l'applicazione — i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni (Cass . n. 4446/2012). Anche di recente è stato ribadito che l'ambito della responsabilità, posta dall'art. 1669 c.c. a carico dell'appaltatore per rovina o difetti della costruzione, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilità extracontrattuale (Cass . n. 4319/2016) o, comunque, della responsabilità non contrattuale (trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale), con carattere di specialità rispetto al disposto dell'art. 2043 c.c. (Cass . S.U ., n. 284/2012) e sancita per ragioni e finalità di interesse generale (Cass . n. 7634/2006). La disciplina generale dettata in tema di risoluzione del contratto per inadempimento è integrata solo dalle disposizioni contenute negli artt. 1667 e 1668 sul piano della comune responsabilità contrattuale (Cass . n. 1186/2015). Ma, allora, da tale inquadramento deriva, come necessario corollario logico, che le norme generali dettate in tema di risoluzione contrattuale per inadempimento non sono tout court estensibili alla fattispecie disciplinata dall'art. 1669. Ulteriore conseguenza del predetto inquadramento giuridico è rappresentata dal fatto che quest'ultima disposizione è applicabile anche nel caso in cui l'opera commissionata non sia stata portata a termine. Inoltre, se la realizzazione di un'opera arreca a terzi danni provocati non da una malaccorta esecuzione, bensì da un vizio del progetto fornito dal committente, sussiste la concorrente responsabilità risarcitoria dell'appaltatore e del committente stesso: il primo è tenuto al risarcimento quando, con la diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c., si sarebbe potuto avvedere del vizio progettuale e non l'abbia fatto; il secondo è sempre obbligato al risarcimento dei terzi danneggiati per aver ordinato l'esecuzione di un progetto malamente concepito (Cass. n. 12882/2020, nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che, con riferimento ai danni subiti da un fondo in conseguenza della realizzazione di un impianto di depurazione delle acque, aveva ravvisato la concorrente responsabilità dell'ente locale committente per aver approvato un progetto che si era rivelato inidoneo a impedire l'anomalo deflusso delle acque). In materia di espropriazione per pubblica utilità, qualora venga accolta la domanda giudiziale di retrocessione proposta dal privato espropriato, con determinazione del relativo prezzo, l'effetto reale del trasferimento della proprietà si determina ex nunc nel momento del passaggio in giudicato della sentenza che accoglie tale domanda e a prescindere dal pagamento del relativo prezzo. Ne consegue che, ove il privato espropriato sia rimasto nel possesso del bene durante lo svolgimento della procedura di espropriazione e del successivo giudizio di retrocessione, il mancato pagamento, da parte sua, del prezzo stabilito in sentenza costituisce inadempimento, ma non impedisce il venire meno del carattere abusivo di tale occupazione ai fini del risarcimento del danno spettante alla Pubblica Amministrazione (Cass. n. 9304/2023). Ad ogni modo, in tema di appalto, qualora il committente eserciti il diritto unilaterale di recesso ex art. 1671 c.c., non è preclusa la sua facoltà di invocare la restituzione degli acconti versati e il risarcimento dei danni subiti per condotte di inadempimento verificatesi in corso d'opera e addebitabili all'appaltatore; in tale evenienza la domanda risarcitoria non è sottoposta alla disciplina di cui alla garanzia speciale per le difformità e i vizi dell'opera e ai conseguenti termini decadenziali e prescrizionali previsti dall'art. 1667 c.c., posto che, a fronte della mancata ultimazione dell'opera, l'inadempimento contestato è attratto alla regolamentazione ordinaria e non a quella speciale (Cass. 421/2024). Riparto dell'onere della provaLa tempestività della denuncia è elemento costitutivo del diritto di garanzia spettante al committente, di modo che è suo l'onere di dimostrarla (Cass. n. 10579/2012, ove si è affermato che in tema di appalto, allorché l'appaltatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 1667 per i vizi dell'opera, incombe su questi l'onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell'azione; Cass. n. 10412/1997). Ne consegue che, analogamente a quanto già affermato in materia di appalto (Cass. n. 10579/2012), anche in tema di contratto d'opera, allorché il prestatore d'opera eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 2226, per i vizi dell'opera, incombe sul committente l'onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell'azione. Va altresì rilevato che l'eccezione di decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 2226, ha carattere preliminare rispetto alle questioni inerenti all'effettiva esistenza dei vizi dedotti dal committente. La decadenza, infatti, paralizza il diritto del committente a far valere la garanzia per vizi, precludendo ogni indagine sul fondamento della pretesa fatta valere nei confronti del prestatore d'opera; sicché la relativa eccezione non può non essere esaminata prima di ogni altra questione che attenga al merito della pretesa stessa (Cass. n. 4908/2015). Quanto alla comunicazione, si è osservato che nel contratto di appalto, qualora l'opera sia affetta da vizi occulti, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia, ai sensi dell'art. 1667 c.c., decorre dalla scoperta dei vizi, con la precisazione che l'appaltatore va informato tempestivamente dei difetti anche con una comunicazione meramente orale, che non deve contenere un'elencazione specifica ed analitica delle difformità riscontrate, ma che comunque sia idonea ad interrompere il termine di decadenza (Trib. Napoli, 20 gennaio 2023, n. 673). 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