Codice Civile art. 1669 - Rovina e difetti di cose immobili.Rovina e difetti di cose immobili. [I]. Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta [2053]. [II]. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia. InquadramentoLa ratio sottesa alla norma è diversa a seconda che si ritenga che preveda una responsabilità contrattuale (1218) o aquiliana (2043): nel primo caso essa è posta a tutela dell'interesse del committente ad usufruire a lungo di un bene a ciò destinato e, perciò, prevede una garanzia che si protrae oltre il termine biennale di cui all'art. art. 1668; nel secondo caso è posta a salvaguardia di un superiore interesse pubblico che si identifica con l'incolumità di chiunque possa venire a contatto con l'immobile. L'ambito della responsabilità, posta dall'art. 1669 a carico dell'appaltatore per rovina o difetti della costruzione, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilità extracontrattuale e, come tale, include tutte le spese necessarie per eliminare, definitivamente e radicalmente, i difetti medesimi, anche mediante la realizzazione di opere diverse e più onerose di quelle originariamente progettate nel capitolato d'appalto, purché utili a che l'opera possa fornire la normale utilità propria della sua destinazione (Cass. n. 18522/2016; Cass. n. 4319/2016). Natura della responsabilitàSecondo la tesi prevalente in giurisprudenza (Cass. n. 2284/2014; Cass. n. 17874/2013; Cass. n. 21089/2012; Cass. n. 8520/2006; Cass. n. 3406/2006), ed accolta da parte della dottrina (Gazzoni, 1170; Pedrazzi, 775 ss.; Lapertosa, 21 ss.; Cagnasso, 174 ss.), l'art. 1669, nonostante la sua collocazione sistematica entro la disciplina del contratto d'appalto, prevede una responsabilità di tipo extracontrattuale, in quanto posto a tutela di interessi aventi rilevanza pubblica, concernenti la stabilità e solidità degli edifici di lunga durata e l'incolumità personale della collettività. La ratio della norma, in quest'ottica, è di garantire una maggiore protezione a chiunque possa subire pregiudizio a causa dei vizi di costruzione di un immobile di lunga durata, anche considerata la possibilità che i difetti costruttivi si manifestino dopo anni dalla realizzazione dell'edificio. In altri termini, l'art. 1669 non tutela tanto l'interesse privato del committente alla realizzazione di un'opera dotata di stabilità, quanto piuttosto l'interesse generale a che non vengano costruite opere pericolose per la collettività, in modo tale da preservare l'incolumità pubblica (Cass. n. 462/2002, si spiega che le disposizioni di cui all'art. 1669 mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale sancita per ragioni e finalità di interesse generale). In base a questa impostazione, proprio la tutela dell'esigenza di ordine pubblico della conservazione e funzionalità degli edifici giustifica il maggior rigore della responsabilità addossata al costruttore ai sensi dell'art. 1669 rispetto a quella di cui agli artt. 1667-1668 (Savanna, 84). Si osserva, peraltro, che se fosse posto esclusivamente a presidio dell'interesse privato del committente, l'art. 1669 si rivelerebbe superfluo, giacché in sua assenza l'interesse privato sarebbe egualmente soddisfatto dagli artt. 1667 e 1668. La dottrina maggioritaria (Rubino-Iudica, in Comm. S. B., 2007, 449 ss.; Giannattasio, in Tr. C. M., 1977, 225 ss.; Ponzanelli, 267 ss.), nonché la giurisprudenza più risalente (Cass. n. 1309/1961; Cass. n. 908/1959; Cass. n. 538/1959; Cass. n. 1178/1955), attribuiscono invece natura contrattuale alla responsabilità dell'appaltatoreex art. 1669. Le argomentazioni su cui questa tesi si fonda concernono principalmente la collocazione sistematica della norma entro la disciplina del contratto di appalto e il dato letterale della stessa. In effetti, in base ad un'interpretazione letterale della norma, la legittimazione attiva risulta spettare soltanto al committente ed i suoi aventi causa. Ebbene, secondo questa impostazione, il legislatore, limitando la legittimazione a tali soggetti, ha implicitamente indicato l'interesse tutelato dalla norma, ossia l'interesse privato del proprietario alla stabilità e solidità del proprio immobile nel tempo e, pertanto, alla corretta esecuzione del contratto d'appalto. A sostegno di quest'assunto, si osserva che se davvero l'art. 1669 fosse posto a tutela dell'interesse generale all'incolumità pubblica, non si comprenderebbe il requisito della lunga durata dell'immobile, dal momento che i terzi potrebbero subire pregiudizi anche da opere minori, così come per cause diverse dalla rovina e da gravi difetti. La dottrina rileva, inoltre, che il legislatore, al fine di garantire la tutela dei terzi durante la realizzazione dell'opera, ha posto accorgimenti diversi, richiedendo, ad esempio, particolari competenze a chi svolge attività edilizia nonché l'assicurazione obbligatoria sul lavoro. In riferimento alla specifica ipotesi di danni a terzi causati dalla rovina di edifici, soccorre poi l'art. 2053, che detta una specifica responsabilità extracontrattuale a carico del proprietario. In quest'ottica, il terzo potrà, altresì, agire direttamente nei confronti dell'appaltatore in base alle regole generali di responsabilità aquiliana, di cui all'art. 2043, ma, in tal caso, sarà suo onere provare la colpa del costruttore. Peraltro, in materia di appalto avente ad oggetto la costruzione di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, l'indagine volta a stabilire se i difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell'articolo 1669 del codice civile, che comporta la responsabilità extracontrattuale dell'appaltatore, ovvero in quella posta dagli articoli 1667 e 1668 del codice civile in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l'accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto (Cass. n. 21078/2022). Nella giurisprudenza di merito, si osserva che nel contratto d'appalto sono considerati gravi difetti dell'opera - rilevanti ai fini dell'art. 1669 c.c. - anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (ad es.: impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Tri. Avezzano, 17 agosto 2023, n. 152). Nozione di grave difettoPer gravi difetti di costruzione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1669, devono intendersi ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo tanto la funzionalità quanto la normale utilizzazione dell'opera, (Cass. n. 456/2016; Cass. n. 84/2013; Cass. n. 20644/2013: “in tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell'ipotesi di infiltrazione d'acqua e umidità nelle murature del vano scala, causata dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura). In particolare, in tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, come ad esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di umidità per difetto di copertura dell'edificio (Cass. n. 21351/2005); inoltre, configurano gravi difetti dell'edificio a norma dell'art. 1669 anche le carenze costruttive dell'opera — da intendere anche come singola unità abitativa — che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l'abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d'arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, etc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l'abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o che mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. n. 8140/2004). In sostanza, i gravi difetti che, ai sensi dell'art. 1669, fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura (Cass. n. 19868/2009). Peraltro, le Sezioni Unite, componendo il relativo contrasto, hanno stabilito che l'art. 1669 è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Cass. n. 7756/2017). In materia di appalto avente ad oggetto la costruzione di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, l'indagine volta a stabilire se i difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell'art. 1669, che comporta la responsabilità extracontrattuale dell'appaltatore, ovvero in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l'accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto. Al giudice di merito spetta altresì stabilire - con accertamento sottratto al sindacato di legittimità, ove adeguatamente motivato - se le acquisizioni processuali sono sufficienti a formulare compiutamente il giudizio finale sulle caratteristiche dei difetti, dovendo egli, al riguardo, accertare se essi, pur afferendo ad elementi secondari ed accessori, siano tali da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell'immobile (Cass. n. 22093/2019). Il danno alle condutture esterne, ove non incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, non costituisce difetto costruttivo ai sensi dell'art. 1669 c.c. (Cass. n. 18061/2023). Decorrenza del termine per la denunciaIl termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669, a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (Cass. n. 81/2000), e che, la conoscenza completa idonea a provocare la decorrenza del doppio termine (decadenziale e prescrizionale) deve ritenersi acquisita, in assenza di anteriori esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione delle disposte relazioni peritali (Cass. n. 11740/2003), non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo. In particolar modo, il termine annuale di decadenza di cui all'art. 1669 per la denuncia dei difetti dell'opera decorre dal giorno in cui il committente-appaltante -acquirente raggiunge un apprezzabile grado di conoscenza della gravità dei difetti stessi. Tale grado di conoscenza può essere immediato, laddove si tratti di difetti palesi, ovvero necessitare di apposita perizia (Cass. n. 12829/2018). Rapporti con l’art. 2043 c.c.Pur presupponendo un rapporto contrattuale (la norma si colloca nell'ambito della disciplina del contratto d'appalto), la fattispecie delineata dall'art. 1669 c.c. ne supera i confini e si configura come ipotesi di responsabilità extracontrattuale, che esige l'accertamento del contributo causale del soggetto passivo all'attività da cui è disceso il danno (Cass. n. 23470/2023). Cosicché l'obbligazione derivante dalla legge persegue finalità di ordine pubblico, atte alla conservazione e funzionalità degli edifici destinati per loro natura a lunga durata, a tutela dell'incolumità personale e della sicurezza dei cittadini e, quindi, di interessi generali inderogabili. Nonostante la sua collocazione sistematica, dunque, il bene giuridico alla cui tutela tende la norma in esame trascende il rapporto negoziale in base al quale l'immobile sia pervenuto nella sfera di dominio di un soggetto diverso dal costruttore e che - in ragione della rovina, dell'evidente pericolo di rovina o dei gravi difetti dell'opera - abbia subito un pregiudizio. Sussiste un rapporto di specialità tra l'art. 2043 c.c. (genus) e l'art. 1669 c.c. (species). Tuttavia, poiché la responsabilità ex art. 1669 c.c. è speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui all'art. 2043 c.c., l'applicazione dell'art. 2043 c.c. può essere invocata soltanto ove non ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi dell'azione di responsabilità previsti dall'art. 1669 c.c., e non già al fine di superare i limiti temporali entro cui l'ordinamento positivo appresta la tutela specifica, ovvero senza poter "aggirare" il peculiare regime di prescrizione e decadenza che connota l'azione speciale (Cass. n. 31301/2023). La medesima conclusione vale per l'ipotesi in cui difettino i presupposti soggettivi, ossia la legittimazione attiva per la qualità dei soggetti pretendenti (diversi dai committenti o suoi aventi causa), necessaria allo scopo di esperire l'azione di cui all'art. 1669 c.c.: in tal caso, non ricorre un concorso di norme, sicché non sono integrati dei validi motivi per precludere la facoltà del danneggiato di spiegare l'azione generale di cui all'art. 2043 c.c. (Cass. n. 27385/2023). BibliografiaAA.VV., L'appalto privato, Trattato diretto da Costanza, Torino 2000; Amore, Appalto e claim, Padova 2007; Cagnasso, Appalto nel diritto privato, in Dig. disc. priv., I, Torino 1987; Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988; Cianflone-Giovannini, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 2003; DE Tilla, L'appalto privato, Il diritto immobiliare, Milano 2007; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2013; Iudica, Appalto pubblico e privato. 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