Codice Civile art. 1766 - Nozione.Nozione. [I]. Il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura. InquadramentoIl deposito è un contratto reale ad effetti obbligatori (dovendosi la cosa restituire in natura), a forma libera e ad esecuzione continuata, avente ad oggetto la custodia di una cosa mobile. La custodia può essere riguardata sotto due profili: nel senso di attività custodiente intesa come prestazione del depositario, ovvero come funzione pratica del deposito che giustifica e finalizza l'affidamento della cosa al depositario (causa del contratto). Gli autori che privilegiano il primo aspetto riconducono il deposito al contratto d'opera (Mastropaolo, in Tr. Res., 441), coloro che invece privilegiano il secondo profilo inquadrano il deposito nella categoria dei contratti di custodia (Scalisi, in Comm. S., 39). Natura giuridicaNel deposito, avente natura reale, la consegna della cosa è necessaria per il perfezionamento del contratto (Fiorentino, in Comm. S. B.,73; Scalisi, in Comm. S., 16). La giurisprudenza, pur ritenendo che il contratto di deposito non può prescindere dalla consegna della cosa mobile (Cass. I, n. 1733/2015), reputa tuttavia che la consegna possa realizzarsi anche con una ficta traditio attraverso la ritenzione della cosa da parte del depositario (Cass. III, n. 7493/2007). È stato, inoltre, evidenziato che per il perfezionamento del contratto di deposito non è necessario il previo scambio espresso del consenso dei contraenti, essendo all'uopo sufficienti la consegna e l'accettazione della cosa da parte, rispettivamente, del depositante e del depositario (Cass. III, n. 3982/2007). L'ammissibilità di un contratto consensuale di deposito È discussa in dottrina l'ammissibilità di un contratto consensuale di deposito. Un orientamento minoritario lo reputa ammissibile sostenendo che le parti potrebbero concludere un contratto atipico consensuale che si perfezionerebbe a prescindere dalla consegna della cosa e che sarebbe riconducibile nello schema del contratto d'opera ex art. 2222 (Dalmartello e Portale, 253; Fiorentino, in Comm. S. B., 73). È stato, tuttavia, evidenziato in senso contrario che non sarebbe possibile ritenere attuale un'obbligazione in assenza del bene da custodire, a meno di ritenere il vincolo come nascente da un contratto preliminare. Dal punto di vista pratico, non riveste importanza decisiva la questione se il contratto di deposito consensuale rientri nello schema legale tipico dell'art. 1766 oppure vada configurato come contratto atipico. Ciò in quanto, superato il giudizio di meritevolezza degli interessi sottostanti, troveranno comunque applicazione le disposizioni codicistiche sul deposito (in via diretta o analogica), con la conseguenza che il sinallagma contrattuale si arricchirà di un'ulteriore prestazione (Galasso A. e Galasso G., 257). Il contratto preliminare di deposito In dottrina è controversa la configurabilità del contratto preliminare di deposito. Secondo alcuni autori deve ritenersi ammissibile la stipulazione di contratto preliminare di deposito dal quale derivi l'obbligo per una o per entrambe le parti di stipulare un contratto definitivo reale di deposito (Fiorentino, in Comm. S. B., 73; Forchielli, 156). Altra impostazione (Dalmartello e Portale, 253; Scalisi, in Comm. S., 19), invece, evidenzia che l'ammissione della legittimità di un contratto preliminare di deposito contrasta con il principio espresso nell'art. 1351 (secondo il quale il contratto preliminare deve rivestire gli stessi requisiti di forma del contratto definitivo) e con quello espresso dall'art. 2932 (secondo cui il contratto preliminare per essere efficace e, dunque, suscettibile di esecuzione forzata in forma specifica, è necessario che presenti tutti i requisiti di esistenza e di validità del contratto definitivo). Le parti nel contratto di depositoIl contratto di deposito è stipulato tra depositante, che effettua la consegna della cosa, e depositario, che si obbliga alla custodia e alla restituzione della stessa. La legittimazione ad assumere la posizione di depositante spetta a chiunque abbia la detenzione della cosa. Dunque, soggetto attivo dell'obbligazione di restituzione è il depositante, non potendo il depositario esigere la prova della proprietà della cosa depositata (Cass. III, n. 6048/2010). La posizione di depositario non può, invece, essere assunta dal proprietario del bene (depositum rei suae consistere non potest), salvo che il depositante stesso non abbia un diritto reale (comproprietà, usufrutto) o personale (diritto di godimento in qualità di conduttore) sulla cosa. Contratti mistiL'obbligazione di custodire una cosa determinata non è esclusiva del deposito, riscontrandosi in varie altre figure contrattuali quale obbligazione accessoria e grava, in generale, ai sensi dell'art. 1177 su chiunque abbia l'obbligo di consegnare (restituire) una cosa. Pertanto, qualora l'obbligo di custodire abbia una funzione strumentale rispetto a un'altra obbligazione di carattere principale e si atteggi come meramente accessoria rispetto a quella dedotta in obbligazione, per il suo adempimento trovano applicazione — ai sensi dell'art. 1177 — le regole stabilite per l'adempimento delle obbligazioni in generale. Le norme che disciplinano la responsabilità del depositario sono applicabili unicamente nel caso in cui l'obbligazione di custodia sia assunta come principale e assorbente, rappresentando l'unica prestazione qualificatrice del contratto (Fiorentino, in Comm. S. B., 54; Galasso A. e Galasso G., 266). Di conseguenza, nei contratti misti, in cui l'obbligo di custodire costituisce una prestazione accessoria rispetto all'obbligazione in cui si sostanzia il contratto, non si applicano le regole sulla responsabilità ex recepto aventi natura eccezionale, bensì quelle ordinarie sulla responsabilità per colpa, le quali prevedono — invece — come parametro di valutazione la diligenza del buon padre di famiglia (Cass. III, n. 2084/2014). Contratti atipici: handling aereoportuale, contratto di ormeggio, contratto di parcheggioLa prassi degli ultimi anni ha visto lo svilupparsi di alcuni contratti atipici riconducibili al deposito posti sempre più di frequente all'attenzione della giurisprudenza. È stato spesso sottoposto all'attenzione della giurisprudenza il servizio c.d. di «handling» aeroportuale consistente nell'insieme delle operazioni di carattere complementare o strumentale alle attività del vettore aereo in ambito aeroportuale. In passato la S.C. aveva ritenuto che la consegna, da parte del vettore, delle cose trasportate all'impresa esercente il servizio configura un contratto di deposito a favore del terzo, che ha per oggetto la custodia e il deposito delle merci sbarcate ai fini della conservazione e della restituzione al destinatario o ad un suo incaricato, e che tale obbligo di custodia e deposito non cessa con la messa a disposizione della merce, ma solo con la consegna materiale della stessa all'avente diritto (Cass. III, n. 14593/2007; Cass. III, n. 18074/2003). Tuttavia, le Sezioni Unite hanno statuito che nel trasporto aereo di merci, l'attività svolta dall'impresa esercente il servizio di c.d. "handling" aeroportuale non viene resa in esecuzione di un autonomo contratto di deposito a favore di terzo, concluso tra l'"handler" (promittente) e il vettore (stipulante) a beneficio del mittente o del destinatario, ma rientra, come attività accessoria, nella complessiva prestazione che forma oggetto del contratto di trasporto, la quale non si esaurisce nel mero trasferimento delle cose ma comprende anche la fase ad esso antecedente (allorché l'"handler" riceve la merce dal mittente in funzione della consegna al vettore, nell'aeroporto di partenza) e la fase ad esso successiva (allorché riceve la merce dal vettore in funzione della messa a disposizione del destinatario, nell'aeroporto di destinazione), atteso che tale prestazione deve corrispondere, ai sensi dell'art. 1174 c.c., all'interesse del creditore ad ottenere la riconsegna delle cose trasportate nel luogo, nel termine e con le modalità indicate nel contratto medesimo (Cass. S.U., n. 21850/2017). Il contratto di ormeggio è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo; il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute (Cass. III, n. 6839/2024). Anche il contratto atipico di ormeggio in un porto turistico con obbligo di custodia, è stato ritenuto assimilabile al contratto di deposito: detto contratto comporta, salvo patto contrario, l'obbligo dell'ormeggiatore di custodire non solo il natante, ma anche le relative pertinenze, nonché obbligo di restituirli, alla scadenza, nello stato in cui erano stati consegnati (Cass. III, n. 18419/2009). Le norme relative al contratto di deposito sono ritenute applicabili anche al contratto atipico di parcheggio poiché il depositario assume verso il depositante l'obbligo di restituzione della cosa nello stato in cui è stata consegnata (Darmatello e Portale, 249). Peraltro, in caso di sottrazione del veicolo, il depositario è tenuto al risarcimento del danno, salvo che provi l'imprevedibilità e l'inevitabilità della perdita, nonostante l'uso della diligenza del buon padre di famiglia, e dunque la non imputabilità dell'inadempimento (Cass. III, n. 22807/2014; Cass. III, n. 1957/2009). In particolare la giurisprudenza ritiene sussistente detto tipo di responsabilità del depositario solo con riferimento all'ipotesi di parcheggio custodito e non anche a quella di parcheggio non custodito, purché risulti presente un idoneo avviso ai terzi che indichi trattarsi di parcheggio «non custodito» ritenendo che non possa reputarsi tale l'informazione circa l'assenza di custodia presente sul retro del biglietto (Cass. III, n. 18277/2023; Cass. III, n. 28232/2005) o nel regolamento affisso all'interno del parcheggio (Cass. II, n. 18277/2023). Le S.U., sulla scorta di tali principi, hanno ritenuto che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta ai sensi dell'art. 7 comma 1 lett. f) d.lgs. n. 285/1992 se l'avviso «parcheggio incustodito» è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (Cass. S.U., n. 14319/2011). In caso di affidamento in custodia onerosa da parte della polizia di Stato di un veicolo, a seguito di sinistro o perché provento di reato, il proprietario della vettura è tenuto al pagamento del corrispettivo per la custodia del bene, qualora sia stato informato dell'avvenuto deposito, in quanto la tempestiva comunicazione dell'avvenuto rinvenimento configura un'adesione tacita al contratto di deposito stipulato in suo favore; diversamente, in assenza di una tempestiva comunicazione, questi non è tenuto al pagamento del corrispettivo, in quanto il contratto di deposito non tollera oneri od obblighi a carico del terzo (Cass. II, n. 25486/2021). BibliografiaDalmartello e Portale, voce Deposito, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Forchielli, I contratti reali, Milano, 1952; Galasso A. e Galasso G., Deposito, in Dig. civ., 1989; Majello, Custodia e Deposito, Napoli, 1958; Majello, Il deposito nell'interesse del terzo, in Banca, borsa tit. cred. 1961, I, 311; Mastropaolo, Deposito (in generale), in Enc. giur., Roma, 1988; Salomoni, La responsabilità del custode per la perdita della detenzione del bene ricevuto, in Resp. civ. prev. 2014, fasc. 5, 1435. |