Codice Civile art. 1780 - Perdita non imputabile della detenzione della cosa.

Caterina Costabile

Perdita non imputabile della detenzione della cosa.

[I]. Se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall'obbligazione di restituire la cosa [1256 ss.], ma deve, sotto pena di risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il fatto per cui ha perduto la detenzione [1777 2].

[II]. Il depositante ha diritto di ricevere ciò che, in conseguenza del fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e subentra nei diritti spettanti a quest'ultimo [1259].

Inquadramento

La norma disciplina l'estinzione dell'obbligo di restituzione per impossibilità della prestazione determinata dalla perdita non imputabile della detenzione della cosa.

L'art. 1780 prevede, in siffatta ipotesi, a carico del depositario un obbligo di immediata denuncia al depositante del fatto che ha determinato la perdita della detenzione, sotto pena di risarcimento del danno, non essendo il depositario tenuto ad attivarsi ulteriormente per recuperare la cosa.

Le cause della perdita non sono espressamente previste dalla norma e possono consistere nella distruzione della cosa o in altri fatti che incidano sulla detenzione, come ad esempio la sottrazione della medesima.

Il subingresso del depositante nei diritti del depositario costituisce una ripetizione della regola generale in materia di impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore.

Ambito applicazione

Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che l'art. 1780 trova integrale applicazione anche quando l'obbligazione della custodia e della riconsegna sia necessariamente compresa nel contenuto del contratto diverso dal deposito o formi parte di un contratto misto nel quale confluiscano le cause del deposito e di altro contratto (Cass. III, n. 1246/2018; Cass. III, n. 10956/2010).

Anche la dottrina condivide detta impostazione (Salomoni, 1436).

La giurisprudenza reputa inoltre che la responsabilità per la perdita della cosa in custodia, prevista dalla norma in esame, non si configura per una mera causalità materiale — e cioè l'avere comunque posto in essere una condizione dell'evento «perdita» — ma deve collegarsi a un comportamento del depositario difforme dalla diligenza dovuta nell'adempimento dell'obbligo di custodia (Cass. III, n. 6553/1985).

Onere della prova

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, in caso di perdita della detenzione della cosa, l'art. 1780 fa carico al depositario di provare per la propria liberazione, in applicazione dell'art. 1256, non già semplicemente di aver usato nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia, prescritta dal precedente art. 1768, ma che tale perdita sia derivata da fatto a lui non imputabile, regolando così la prova liberatoria alla maniera dell'art. 1218 (Cass. VI, n. 8978/2020;  Cass. III, n. 2653/2013).

Le regole dettate dall'art. 1780 e dall'art. 1218 sarebbero dunque equivalenti: pertanto, in caso di perdita del bene, il depositario per sottrarsi a responsabilità deve provare che l'inadempimento della prestazione è dipeso da una causa a lui non imputabile, la quale è tale se non può essere evitata malgrado l'impiego della diligenza del buon padre di famiglia. Sulla scorta di detta ricostruzione, la giurisprudenza prevalente pone a carico del depositario la prova del fatto (non imputabile) che ha determinato la perdita della detenzione della cosa (Cass. III, n. 20809/2010), facendo così incombere su di lui il rischio connesso alle c.d. cause ignote.

Anche la dottrina prevalente concorda con l'orientamento giurisprudenziale nel ritenere che il depositario — al pari del comune debitore — debba rispondere dell'inadempimento (mancata consegna) se non prova l'impossibilità derivante da causa a lui non imputabile a titolo di colpa, e cioè un'impossibilità che si sia verificata nonostante la diligenza del buon padre di famiglia (Fiorentino, in Comm. S. B., 105; Galasso A. e Galasso G., 271; Scalisi, in Comm. S., 194).

Esiste, tuttavia, un orientamento minoritario che reputa non sempre necessaria, ai sensi dell'art. 1218 la prova di una specifica causa non imputabile, ritenendo sufficiente per il depositario provare che l'impossibilità sia derivata da causa a lui non imputabile a titolo di colpa senza necessariamente fornire una precisa identificazione dell'evento che ha prodotto l'impossibilità (Majello, 1958, 232).

Fatto del terzo: furto e rapina

La giurisprudenza ha analizzato il problema dell'inquadramento del furto e della rapina nell'ambito della prova liberatoria con specifico riferimento alla responsabilità per inadempimento del depositario (parcheggiatore, albergatore, magazzini generali).

Nei casi di mancata restituzione a seguito di furto delle cose affidate in custodia o di rapina, essa ha fondato il giudizio di responsabilità sull'art. 1768 ed ha dunque richiesto, da parte del depositario, la prova dell'inevitabilità dell'evento malgrado l'uso della diligenza del buon padre di famiglia, per escluderne la responsabilità (Cass. III, n. 22807/2014).

La S.C. ha più volte chiarito che a fondare la responsabilità del custode non è sufficiente la astratta prevedibilità ed evitabilità del furto, viceversa configurandosi una irragionevole presunzione di responsabilità, ma è necessario accertare che costui versi in una situazione di colpa, ossia che allo stesso sia rimproverabile la mancata adozione di misure protettive ordinarie (Cass. III, n. 5736/2009; Cass. III, n. 14470/2004).

Ricostruzione questa condivisa dalla dottrina (Salomoni, 1449).

Obbligo denuncia e risarcimento danni

La giurisprudenza ha evidenziato che l'art. 1780 comma 1, ove stabilisce che il depositario, perduta la detenzione della cosa per fatto a lui imputabile, è tenuto al risarcimento del danno per il caso in cui non provveda a denunciare immediatamente al depositante il predetto fatto, va interpretato, in armonia con i principi generali in materia di nesso di causalità, nel senso che quel danno comprende esclusivamente i pregiudizi che siano conseguenza immediata e diretta dell'omessa o ritardata denuncia (Cass. III, 16950/2003).

Pertanto, l'indicato danno può identificarsi con il valore della cosa depositata solo se il depositante dimostri che la perdita di essa sia dipesa dall'inosservanza dell'obbligo di denuncia (Cass. III, n. 1246/2018).

Detta impostazione risulta condivisa dalla dottrina (Dalmartello e Portale, 265; Galasso A. e Galasso G., ult. cit.) che evidenzia altresì che la denuncia al depositante non può ritenersi un condizione per la liberazione del depositario dall'obbligo di restituzione, ma è oggetto di un obbligo specifico autonomamente sanzionato (Fiorentino, in Comm. S. B., 106).

Il depositario, che sia inadempiente, non può invocare come limite della propria responsabilità il principio della compensatio lucri cum danno, con riferimento al vantaggio che il depositante danneggiato riceve per effetto dell'assicurazione da lui stipulata per il rischio di perdita del bene, in quanto il danno ed il lucro non dipendono dalla stessa fonte generatrice (Cass. III, n. 2752/1992).

Subingresso del depositante

Il subingresso del depositante nei diritti del depositario costituisce una ripetizione della regola generale in materia di impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore.

La S.C. ha evidenziato che il depositante subentra nel diritto che spetta al depositario, sia esso di risarcimento verso il terzo che di indennizzo verso l'assicuratore, in quanto l'art. 1780 deve essere interpretato nel senso di comprendere ogni diritto comunque e a qualsiasi titolo spettante al depositario in relazione alla perdita incolpevole della cosa (Cass. III, n. 13359/2004).

Bibliografia

Dalmartello e Portale, voce Deposito, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Forchielli, I contratti reali, Milano, 1952; Galasso A. e Galasso G., Deposito, in Dig. civ., 1989; Majello, Custodia e Deposito, Napoli, 1958; Majello, Il deposito nell'interesse del terzo, in Banca, borsa tit. cred. 1961, I, 311; Mastropaolo, Deposito (in generale), in Enc. giur., Roma, 1988; Salomoni, La responsabilità del custode per la perdita della detenzione del bene ricevuto, in Resp. civ. prev. 2014, fasc. 5, 1435.

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