Codice Civile art. 1813 - Nozione.Nozione. [I]. Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità [1782]. InquadramentoIl mutuo rappresenta il prototipo dei contratti di credito e la sua struttura è costituita dal trasferimento della proprietà di una determinata quantità di denaro — o altre cose fungibili — a favore del mutuatario e dall'obbligo di costui di restituire, dopo un certo lasso di tempo, al mutuante il tantundem. Nonostante la formulazione letterale dell'art. 1813 in dottrina è ampiamente discussa la natura reale del contratto e la possibilità di qualificarlo o meno come contratto di durata. Generalmente la giurisprudenza ammette che il mutuo oneroso è un contratto a prestazioni corrispettive (Cass. III, n. 1861/1995). È tuttavia discusso in dottrina se debba qualificarsi contratto bilaterale, unilaterale o bilaterale imperfetto (Carresi, in Tr. Vas., 1957, 104; Fragali, in Comm. S. B., 1966, 16). Quanto al mutuo gratuito si ritiene che si tratti di un contratto unilaterale e con prestazioni a carico di una sola parte (Giampiccolo, 449). Natura giuridicaSebbene il testo dell'art. 1813 sembrerebbe non lasciare dubbi in proposito, si discute molto in dottrina se il mutuo sia o meno un contratto reale. La tesi negativa rispecchia le critiche che una parte della dottrina ritiene di muovere alla categoria del contratto reale in genere (ritenuta non più attuale), ma trova argomento anche nell'art. 1822 che riconosce obbligatorietà alla promessa di mutuo: giacché, partendo dal presupposto che un contratto preliminare consensuale di contratto reale sarebbe inammissibile, si pensa che con la contraria previsione quella norma venga sostanzialmente a smentire il carattere reale del mutuo (Carresi, in Tr. Vas, 1957, 114). L'opinione maggioritaria ritiene che il contratto di mutuo abbia natura reale evidenziando che accanto al mutuo reale il legislatore con l'art. 1822 ha disciplinato anche l'ipotesi di un mutuo consensuale o che, ferma restando la realità del negozio, ad un mutuo consensuale possano dar vita le parti nelle forme di un contratto atipico (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 1; Dalmartello, 817; Grassani, 1050). La giurisprudenza è unanime nel ritenere che il contratto di mutuo è un contratto reale che si perfeziona con la consegna della somma data a mutuo, che costituisce elemento costitutivo del contratto, evidenziando che il requisito della realità può essere integrato anche mediante il conseguimento della disponibilità giuridica della cosa (Cass. III, n. 35959/2021; Cass. III, n. 17194/2015). Disponibilità giuridica che può ritenersi sussistente, come equipollente della «traditio», nel caso in cui mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in modo tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio di quest'ultimo (Cass. III, n. 14270/2011). Discussa in dottrina è anche la possibilità di definire il mutuo un contratto di durata. Propendono per la soluzione negativa quegli autori (Dalmartello, 843) che ritengono qualificabile come contratto di durata il contratto la cui funzione si realizza attraverso l'adempimento di una o più obbligazioni di durata (cd. contratto ad esecuzione continuata o periodica). Optano, invece, per la soluzione positiva quegli autori reputano che la nozione di contratto di durata, piuttosto che sulla presenza di un'obbligazione di durata, si costruisce con riferimento all'attitudine del negozio a svolgere la propria funzione in maniera durevole (Giampiccolo, 452). OggettoA norma dell'art. 1813 oggetto di mutuo può essere soltanto una quantità di danaro o di altre cose fungibili. Non è previsto il requisito della consumabilità delle cose. Nonostante la tradizionale definizione del mutuo come prestito di consumo, non è dubbio quindi che anche beni non consumabili, purché fungibili, possono formare oggetto di mutuo (Carresi, in Tr. Vas, 1957, 123; Fragali, in Comm. S. B., 1966, 132; Giampiccolo, 454). Capacità e legittimazioneIl mutuo è considerato atto di straordinaria amministrazione, sia per il mutuante che per il mutuatario, sia esso stipulato a titolo gratuito o oneroso (Carresi, in Tr. Vas, 1957, 117; Fragali, 1966, 35; Teti, in Tr. Res., 2007, 668). Ciò in quanto l'art. 320, senza distinguere tra mutuo gratuito e oneroso, né tra attivo e passivo, vieta ai genitori di contrarre mutui per i figli minori, e colloca il mutuo tra gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. La base del divieto risiede nel rischio che il mutuo comporta: per il mutuante che sostituisce alla proprietà delle cose il credito alla restituzione; per il mutuatario che potrebbe pregiudicare il proprio patrimonio impiegando in modo avventato quanto è tenuto a restituire. La legittimazione a dare e a ricevere a mutuo, costituendo il contratto in oggetto un atto di disposizione, spetta a chi è proprietario dei beni o a chi è titolare del diritto di disporre di essi (Fragali, ult. cit.). Onere della prova e restituzioneLa parte che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuta a provare, oltre alla consegna, anche il titolo dal quale derivi l'obbligo di controparte alla restituzione (Cass. III, n. 20433/2022). In particolare i giudici di legittimità hanno chiarito che la circostanza che il convenuto ammetta di avere ricevuto una somma di denaro dall'attore, ma neghi che ciò sia avvenuto a titolo di mutuo, non costituisce una eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l'onere della prova (Cass. II, n. 35959/2021). Ciò in quanto negare l'esistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l'inefficacia, la modificazione o l'estinzione, ma significa negare il titolo posto a base della domanda, ancorché il convenuto riconosca di aver ricevuto una somma di denaro ed indichi la ragione per la quale tale somma sarebbe stata versata, con la conseguenza, pertanto, che rimane fermo l'onere probatorio a carico dell'attore (Cass. II, n. 22576/2016). La S.C. ha inoltre rimarcato che l'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (Cass. II, n. 180/2018; Cass. II, n. 24328/2017). PrescrizioneAll'obbligo di restituire la somma ricevuta a titolo di mutuo non si applica la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948 n. 4, relativa ai debiti che debbono soddisfatti periodicamente ad anno o in termini più brevi, poiché trattasi di un debito unico anche se può essere rateizzato in più versamenti periodici (Cass. II, n. 12707/2002). Poiché il pagamento dei ratei configura un'obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell'ultima rata, la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell'ultima rata (Cass. III, n. 17798/2011). Mutuo di scopoCon l'espressione “mutuo di scopo” si intende il contratto in forza del quale il mutuante (o finanziatore) fornisce (o si obbliga a fornire) una somma, la cui erogazione risulta finalizzata al conseguimento di uno scopo legislativamente o convenzionalmente determinato, che il mutuatario si obbliga a realizzare unitamente alla restituzione del tantundem. La dottrina evidenzia che il mutuo di scopo si differenzia dal mutuo tipico per la natura consensuale e non reale ed inoltre per il perseguimento dello scopo che entra a far parte dello stesso schema causale (Mazzamuto, 6). Anche la giurisprudenza reputa che il cosiddetto contratto di finanziamento o mutuo di scopo si configura come una fattispecie negoziale consensuale, onerosa ed atipica che assolve, in modo analogo all'apertura di credito, una funzione creditizia. I giudici di legittimità hanno all'uopo rimarcato che in detto contratto, a differenza del mutuo regolato dal codice civile, la consegna di una determinata quantità di denaro costituisce l'oggetto di un'obbligazione del finanziatore, anziché elemento costitutivo del contratto. Conseguentemente, fino a quando il finanziatore non adempia alla propria obbligazione di consegna al soggetto finanziato delle somme di denaro oggetto del finanziamento, queste rimangono nella disponibilità patrimoniale e giuridica del finanziatore medesimo (Cass. III, n. 25180/2007). Nel mutuo di scopo, sia esso legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo causale , sicché la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste solo se quella destinazione non sia rispettata, mentre è irrilevante che sia attuata prima o dopo l'erogazione del finanziamento (Cass. I, n. 15929/2018). I giudici di legittimità hanno recentemente rimarcato che la dicitura 'mutuo di scopo' contenuta in una comunicazione non è sufficiente per qualificare come tale il mutuo di scopo (Cass. I, n. 1517/2021). Il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l'attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l'impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa (Cass. II, n. 20552/2020). Data la particolare struttura del contratto, viene ritenuto nullo per difetto della causa originaria il mutuo di scopo stipulato dall'istituto di credito e dal mutuatario con l'accordo che il finanziamento debba essere utilizzato per una diversa finalità, di modo che il mutuatario stesso sia esonerato ab initio dall'adempimento dell'obbligazione (Cass. I, n. 24699/2017 ). Nel caso in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l'acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, in virtù del quale il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene. Da ciò discende che la risoluzione della compravendita ed il correlato venir meno dello scopo del contratto di mutuo, legittimano il mutuante a richiedere la restituzione dell'importo mutuato non al mutuatario ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. III, n. 12454/2012). BibliografiaDalmartello, Appunti in tema di contratti reali, contratti restitutori e contratti sinallagmatici, in Riv. dir. civ., 1955; Galasso, Mutuo e Deposito irregolare, Milano, 1968; Gardella Tedeschi, Il Mutuo (contratto di), in Dig. civ., Torino, 1994; Giampiccolo, voce Mutuo, Enc. dir., XXVII, Milano, 1977; Grassani, Mutuo, in Noviss. Dig. it., X, Torino 1964; Mazzamuto, Mutuo di scopo, in Enc. Giur., XX, Roma, 1990. |