Codice Civile art. 1829 - Crediti verso terzi.

Caterina Costabile

Crediti verso terzi.

[I]. Se non risulta una diversa volontà delle parti, l'inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola «salvo incasso». In tale caso, se il credito non è soddisfatto, il ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa. Può eliminare la partita dal conto anche dopo avere infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore [1857].

Inquadramento

La disposizione disciplina l'ipotesi in cui come rimessa sia ceduto un credito verso terzi già esigibile o con scadenza inferiore a quella del conto: in tal caso, se non risulta diversa volontà delle parti, l'inclusione nel conto si presume fatta con la clausola “salvo incasso”.

Tale riserva comporta che se il credito non è soddisfatto il ricevente può, a propria scelta, agire contro il terzo per la riscossione ovvero eliminare la partita dal conto (cd. storno) reintegrando nelle sue ragioni il cedente che ha operato la rimessa (Cavalli, 3).

Lo storno è ammissibile anche dopo aver infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore.

Natura della clausola salvo incasso

Per quanto concerne la natura della clausola in esame la dottrina maggioritaria la qualifica come una condizione risolutiva apposta al negozio di trasferimento, e, più precisamente, come una condizione risolutiva mista, il cui realizzarsi dipende in parte da un evento estraneo alle parti (mancato pagamento da parte del terzo) e in parte dalla volontà del ricevente, cioè dall'esercizio della facoltà di storno (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 21; Scozzafava e Grisi, 4).

Altri autori, invece, vedono nella clausola salvo incasso una forma di garanzia della solvenza che può accedere alla cessione del credito, onde il mancato pagamento da parte del terzo fa sorgere nel ricevente il diritto (potestativo) di avvalersi della garanzia, provocando lo scioglimento del rapporto con la restituzione di quanto ha dato in corrispettivo mediante la cosiddetta “contronotazione”, cioè con l'accreditamento a favore del ricevente di una corrispondente cifra. Evidenziandosi, altresì, che questa posta non ha un mero valore contabile, diretto a eliminare una posta divenuta giuridicamente inefficace, ma costituisce espressione della esistenza di un vero e proprio credito di restituzione, il che d'altra parte permette di spiegare perché la contronotazione non vada contenuta nei limiti dell'accredito, ma consenta di recuperare anche le spese della riscossione (Martorano, 1961, 663).

La giurisprudenza, dal suo canto, nel differenziare il conto corrente bancario da quello ordinario, ha evidenziato che per quanto attiene al valore ed agli effetti della clausola salvo incasso la distinzione risiede nella circostanza che, mentre nel primo, poiché il titolo viene trasferito in proprietà, la detta clausola funziona come condizione risolutiva del diritto di proprietà del titolo acquistato dal ricevente, facendo così cadere sul rimettente il rischio dell'insolvenza del debitore, nel secondo, invece, poiché la trasmissione del titolo ha luogo non in funzione di un trasferimento della proprietà ma in funzione di un mandato conferito alla banca perché realizzi il credito portato dal titolo e ne accrediti lo importo sul conto, la clausola medesima ha effetto sospensivo, sì che il correntista non acquista la disponibilità della somma se non dopo che il titolo sia stato pagato (Cass. I, n. 18118/2003; Cass. I, n. 532/1991).

Le rimesse di crediti cartolari

Qualora la rimessa abbia per oggetto un titolo di credito, dal quale derivi un'obbligazione cartolare del rimettente verso il ricevente per l'ipotesi di mancato pagamento, si pone il problema se il rimettente possa esercitare l'azione cartolare per ottenere il pagamento della somma indicata nel titolo.

Parte della dottrina è per la soluzione affermativa (Sotgia, 90).

In senso contrario si è evidenziato che il remittente potrebbe sempre sollevare un'eccezione causale, rilevando che l'altra parte nulla ha dato in corrispettivo, ma solo ha assunto un'obbligazione, venuta meno con l'eliminazione della corrispondente partita dal conto a seguito dell'esercizio della facoltà di storno (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 22; Martorano, 1961, 663).

Bibliografia

Caltabiano, Il conto corrente bancario, Padova, 1967; Cavalli, Conto corrente, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988; Martorano, Il conto corrente bancario, Napoli, 1955; Martorano, voce Conto Corrente (contratto di), Enc. Dir., IX, Milano, 1961; Scozzafava e Grisi, voce “Conto corrente ordinario”, in Dig. Comm., IV, Torino, 1989; Sotgia, Del conto corrente, in Commentario al codice civile a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949.

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