Codice Civile art. 1842 - Nozione.

Caterina Costabile

Nozione.

[I]. L'apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.

Inquadramento

L'apertura di credito bancaria è una operazione attiva con la quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte (accreditato) una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.

L'apertura di credito è un contratto consensuale ad effetti obbligatori (Molle, in Tr. C. M.,1981, 213).

Discussa è la natura giuridica del contratto attesa la funzione analoga a quella del mutuo.

La proprietà del denaro resta comunque alla banca fino a quando l'accreditato non ne disponga, per cui solo da tale momento decorrono gli interessi (Cass. I, n. 18182/2004).

Natura giuridica

 Nel sistema del codice vigente l'apertura di credito viene considerata un contratto definitivo avente una sua causa specifica, non un contratto preparatorio di altri contratti, come nella vigenza del codice di commercio.

L'opinione maggioritaria sottolinea che la nozione di apertura di credito, contenuta nell'art. 1842, prescinde dal fatto della utilizzazione e gravita unicamente sulla messa a disposizione della somma, e cioè sulla creazione di una disponibilità: oggetto del contratto non sarebbe dunque il godimento di una somma bensì il godimento di una disponibilità. Quindi il contratto di apertura di credito esaurisce la sua efficacia nell'apprestamento di una disponibilità: gli atti di utilizzazione sono operazioni autonome, anche se collegate economicamente con quella di apertura di credito, e, rispetto all'apertura di credito, incidono soltanto perché valgono a modificare la misura della disponibilità (Ferri, 599; Molle, in Tr. C. M., 1981, 187).

Altri autori, invece, avvicinano l'apertura di credito al mutuo evidenziando che la differenza tra i due istituti risiederebbe nella circostanza che il mutuo ordinario è un contratto di credito ad esecuzione istantanea mentre l'apertura di credito è ad esecuzione periodica (Fiorentino, in Comm. S. B., 1953, 468).

La giurisprudenza sembra allineata con l'impostazione maggioritaria in dottrina avendo ritenuto che il tenere una somma di danaro a disposizione del cliente costituisce un elemento essenziale della causa del contratto di apertura di credito (Cass. I, n. 8225/2015; Cass. I, n. 22915/2011) e rimarcato le differenze col contratto di mutuo (Cass. I, n. 1225/2000).

La S.C. ha comunque ribadito che la predeterminazione del limite massimo della somma accreditabile non costituisce elemento essenziale della causa del contratto di apertura di credito (Cass. I, n. 26133/2013).

Forma

L'apertura di credito, come tutti i contratti bancari, ha risentito dell'introduzione di obblighi formali (e sostanziali) dettati dalla normativa di vigilanza prudenziale e di trasparenza bancaria e protezione del consumatore.

In particolare, il comma 1 dell'art. 117 d.lgs. n. 385/1993 (T.U. in materia bancaria e creditizia) riproduce il comma 1 dell'art. 3 l. n. 154/1992 ribadendo il principio che i contratti bancari devono essere redatti per iscritto. L'inosservanza di tale requisito è sanzionata da nullità (art. 117, comma 3) che però può essere fatta valere dal solo cliente o rilevata di ufficio dal giudice (art. 127, comma 2).

Nella prassi bancaria, tuttavia, viene sovente tollerato che il cliente operi “allo scoperto” su un conto corrente o effettui “sconfinamenti” rispetto alla disponibilità accordata, sulla base o anche in assenza di una specifica richiesta dell'accreditato, ponendosi così il dubbio se si sia o no in presenza di una stipulazione per fatti concludenti del contratto.

In dottrina sembra prevalere l'opinione secondo cui, in linea teorica, non è necessaria la forma scritta per la conclusione del contratto di apertura di credito, purché sia previsto e regolato nel contratto di conto corrente, salvo poi escludere che l'esecuzione di ordini di pagamento da parte della banca in assenza di fondi disponibili sul conto corrente comporti di per sé la conclusione tacita del contratto di apertura di credito (Teti, in Comm. S., Milano, 2005, 64).

Tali conclusioni appaiono condivise dalla giurisprudenza che ritiene che l'apertura di credito regolamentata in conto corrente non richiede la prova scritta ad substantiam ogni qual volta tale requisito sia soddisfatto dal conto corrente al quale accede (Cass. I, n. 26133/2013; Cass. I, n. 19941/2006; contra v. Cass. I, n. 17090/2008).

La S.C. ha inoltre ribadito in numerose sentenze che l'esistenza di un contratto di apertura di credito non può essere ricavata per facta concludentia dalla mera tolleranza di una situazione di scoperto, potendo costituire espressione di una scelta discrezionale di volta in volta esercitata dalla banca secondo le circostanze del caso concreto (Cass. I, n. 8160/1999).

In una recente pronuncia è stato chiarito, con riferimento ad un'aperturadi credito in conto corrente stipulata prima dell'entrata in vigore dell'art. 3 della l. n. 154 del 1992, la prova dell'affidamento può essere fornita per facta concludentia, purché emerga almeno l'ammontare accordato al correntista, essendo invece insufficiente la sola dimostrazione della tolleranza della banca in ordine a sconfinamenti del cliente rispetto al tetto massimo riconosciuto (Cass. I, n. 11016/2024).

Apertura di credito documentato

Nel linguaggio bancario il termine «apertura di credito» viene usato per indicare quel rapporto che si inserisce in una operazione del commercio internazionale (vendita su documenti) e per effetto del quale la banca interviene per conto del compratore e a favore del venditore in modo da consentire al venditore di esigere il prezzo della merce verso consegna alla banca dei documenti pattuiti.

Quando non sussiste un obbligo della banca nei confronti del venditore della merce, si parla di apertura di credito semplice o revocabile, mentre nel caso in cui sussista un obbligo diretto della banca nei confronti del venditore, siccome questo obbligo diretto si assume sulla base di una lettera di conferma, si parla di apertura di credito confermato o irrevocabile (Ferri, 603; Serra, 160).

La giurisprudenza reputa che nella vendita di merci con apertura di credito per il prezzo, da parte del compratore a favore del venditore presso una banca, ove quest'ultima confermi il credito nei confronti del beneficiario il rapporto obbligatorio tra banca e beneficiario è astratto, cioè indipendente dal contratto di compravendita. Ne consegue che, nel rapporto obbligatorio tra la banca accreditante ed il beneficiario, l'obbligazione assunta dalla prima verso il secondo di mettere a disposizione di costui la somma oggetto dell'apertura di credito è condizionata all'esito positivo del controllo, da parte della banca (a ciò obbligata nei riguardi dell'ordinante), della regolarità dei documenti relativi alla vendita che il beneficiario ha l'onere di presentare alla banca stessa entro un certo tempo (Cass. III, n. 1288/2003).

Nel caso di apertura di (credito non confermato), invece, tra i due negozi esiste un collegamento funzionale, implicante l'attrazione dell'apertura di credito, specificamente finalizzata all'esecuzione della compravendita, nel sinallagma di questa.

Sussistendo un collegamento con l'obbligazione del venditore nei confronti del compratore di consegnare le merci oggetto della compravendita, le vicende di detto sinallagma reagiscono nell'esecuzione del mandato e, quindi, la consegna dal venditore al compratore di merce viziata o mancante di qualità promesse o essenziali o, addirittura, di aliud pro alio costituisce giusta causa di revoca del mandato (nonostante la clausola di irrevocabilità), con la conseguenza che, comunicata tale revoca alla banca, questa, pur se ha constatato la regolarità dei documenti relativi alla vendita, non può consentire al beneficiario-venditore l'utilizzazione del credito aperto in suo favore (Cass. III, n. 3992/1983).

Divieto di pattuire interessi usurari

Ad avviso della S.C. la clausola contenuta nei contratti di apertura di credito in conto corrente, che preveda l'applicazione di un determinato tasso sugli interessi dovuti dal cliente e con fluttuazione tendenzialmente aperta, da correggere con sua automatica riduzione in caso di superamento del cd. tasso soglia usurario, ma solo mediante l'astratta affermazione del diritto alla restituzione del supero in capo al correntista, deve ritenersi nulla ex art. 1344 c.c. in quanto tesa ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari, previsto dall'art. 1815 c.c., comma 2, per il mutuo, regola applicabile per tutti i contratti che prevedono la messa a disposizione di denaro dietro una remunerazione (Cass. I, n. 12965/2016).

I giudici di legittimità hanno, in particolare, evidenziato che le disposizioni della l. 7 marzo 1996, n. 108 prescindono dalla qualificazione giuridica del rapporto in cui siano convenuti interessi usurari, e che il generale richiamo all'art. 644 c.p. ne estende il campo di applicazione a tutte le fattispecie negoziali in concreto penalmente sanzionabili.

Bibliografia

Ferri, voce Apertura di credito, in Enc. dir., II, Milano, 1958; Fiorentino, voce Apertura di credito bancario, in Nss. D.I., Torino, 1957; Porzio, Apertura di credito, in Enc. giur., II, Roma, 1988; Serra, voce Apertura di credito confermato, in Dig. comm., I, Torino, 1987; Sirena, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti bancari di credito al consumo, in Banca, borsa, tit. cred. 1997, II, 354; Tondo, Dei contratti bancari, in Trattato Di Martino, Novara-Roma, 1971.

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