Codice Civile art. 1919 - Assicurazione sulla vita propria o di un terzo.

Caterina Costabile

Assicurazione sulla vita propria o di un terzo.

[I]. L'assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.

[II]. L'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto [2725].

Inquadramento

L'assicurazione sulla vita è il contratto con il quale l'assicuratore si obbliga, in corrispettivo di un premio unico o periodico, a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (Donati, 569; Gasperoni, 2).

La riconducibilità o meno dell'assicurazione sulla vita ad un concetto unitario di assicurazione, comprensivo anche di quella contro i danni, è discussa in dottrina.

L'esito positivo del problema risiede nella possibilità di rintracciare nell'assicurazione sulla vita quel carattere indennitario caratteristico dell'assicurazione contro i danni.

Circa le varie teorie elaborate sul punto v. art. 1882.

La giurisprudenza ha escluso la funzione indennitaria dell'assicurazione sulla vita evidenziando che la stessa ha di regola finalità di risparmio e di capitalizzazione (Cass. III, n. 12353/2006).

I giudici di legittimità hanno, altresì, recentemente ritenuto che nell'assicurazione sulla vita ove l'evento che concreta la realizzazione del rischio assicurato costituisca altresì la conseguenza del fatto illecito di un terzo, l'indennità assicurativa si cumula con il risarcimento, sottraendosi alla regola della "compensatio lucri cum damno", perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante (Cass. III, n. 9380/2021).

Le caratteristiche e le tipologie del contratto di assicurazione sulla vita

Il contratto di assicurazione sulla vita è un contratto sinallagmatico, anche nell'ipotesi in cui l'evento non si sia verificato e l'assicuratore sia esonerato dal pagamento del capitale o della rendita, in quanto l'obbligazione assunta da quest'ultimo consiste nella mera copertura del rischio previsto; si parla a proposito di sinallagma genetico (Donati 35).

È un contratto aleatorio, in quanto il vantaggio o lo svantaggio derivante dal medesimo non può essere noto né perfettamente valutabile al momento della sua conclusione (Buttaro, 617; Gasperoni, 3).

Risulta di durata in quanto, in tutte le tipologia, grava sull'assicuratore l'obbligo di mantenere in funzione la propria organizzazione al fine di assicurare, al momento del verificarsi dell'evento, la prestazione promessa.

L'assicurazione sulla vita presenta nella pratica una varietà di forme che possono essere ricondotte a tre modelli: a) assicurazione per il caso di morte: in detta ipotesi l'assicuratore si obbliga, dietro il pagamento di un premio annuo (o vitalizio o temporaneo), si impegna ad effettuare la prestazione al momento della morte dell'assicurato in qualunque momento si verifichi (assicurazione vita intera) o solo entro un certo termine (assicurazione temporanea); b) l'assicurazione per il caso vita: la stessa si distingue a seconda che l'assicuratore sia tenuto a pagare una somma se la persona considerata è ancora in vita ad una data prestabilita (assicurazione di capitale differito) o una rendita a partire dalla conclusione del contratto o da un termine posteriore fino alla morte dell'assicurato o fino a un momento prestabilito, in cui quest'ultimo deve essere ancora in vita (assicurazione di una rendita vitalizia immediata, differita o temporanea); c) l'assicurazione mista: in siffatta ipotesi la prestazione dell'assicuratore è dovuta in un dato momento solo in ipotesi di sopravvivenza dell'assicurato, con pagamento di un capitale in caso di sua premorienza.

Le parti

Il contratto di assicurazione sulla vita può essere stipulato solo dalle imprese assicurative in possesso dei requisiti fissati dall'art. 14 d.lgs. n. 209/2005. Il contraente è il soggetto che stipula il contratto di assicurazione (indipendentemente che sia titolare o meno dell'interesse esposto al rischio) e sul quale gravano le obbligazioni (principali e accessorie) derivanti dal contratto (Gasperoni, 5).

L'assicurato è la persona sulla cui vita è contratta l'assicurazione, altrimenti detto “portatore di rischio”, ovvero la persona fisica dalla cui morte o sopravvivenza dipende l'obbligo dell'assicuratore di pagare l'indennizzo (Rossetti, 837).

Quando il contraente non coincide col portatore di rischio si ha un'assicurazione sulla vita altrui.

Il beneficiario è il soggetto in favore del quale, al verificarsi dell'evento dedotto in contratto, l'assicuratore dovrà versare il capitale o la rendita (Buttaro, 620).

Nel contratto di assicurazione sulla vita per il caso di morte può essere designato, quale beneficiario, lo stesso portatore del rischio, con conseguente devoluzione "mortis causa" dell'indennizzo ai suoi eredi (Cass. III, n. 21863/2022).

Il consenso del terzo

Nel caso in cui l'assicurazione venga stipulata per il caso di morte di un terzo, il secondo comma dell'art. 1919 dispone che la stessa non è valida se questi o il suo rappresentante legale non presta il consenso alla conclusione del contratto.

La ratio del richiesto consenso non risiede nella necessità di provare l'interesse del contraente all'esistenza in vita di costui ma viene generalmente ritrovata in un motivo di carattere etico, e ciò al fine di evitare che l'assicurazione si traduca in un incentivo all'omicidio della persona su cui grava il rischio (Salandra, in Comm. S.B. 1966, 320).

Per il consenso deve rivestire la forma scritta ad probationem.

Dubbia è la natura del consenso qualificato da alcuni autori come dichiarazione unilaterale di volontà avente come destinatario il contraente (Donati, 589; Gasperoni, 6) e da altri come una autorizzazione volta a rimuovere il divieto legale (Polotti di Zumaglia, 442)

La dichiarazione di consenso deve essere preventiva o contestuale alla conclusione del contratto.

Discussa è la possibilità di riconoscere efficacia a una dichiarazione di consenso successiva alla stipula.

La stessa non è ammessa da quegli autori che considerano il consenso un elemento intrinseco del contratto la cui mancanza ne determina la nullità (Donati, 1956, 591); viene invece ammessa da coloro che ritengono che la sua assenza determina unicamente l'annullabilità del contratto (Salandra, ult. cit.).

La S.C. ha ritenuto che ai fini della validità di un contratto c.d. unit linked, il quale si sostanzia in un investimento finanziario in forma di polizza vita, non è richiesto il consenso in forma scritta dell'assicurato, ai sensi dell'art. 1919, comma 2, qualora questi coincida con il beneficiario (Cass. III, n. 3707/2018).

I Giudici di legittimità hanno, difatti, sottolineato che l'art. 1919, comma 2, nel subordinare la validità dell'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo al consenso scritto del medesimo, si riferisce all'ipotesi in cui il terzo si venga a trovare nella posizione di mero portatore del rischio, mentre i benefici del contratto assicurativo spettino esclusivamente al contraente o a persona da questo designata nel proprio interesse, sicché la necessità del consenso del terzo non sussiste quando il beneficiario dell'assicurazione non sia il contraente ma il terzo stesso, ovvero i suoi eredi o comunque soggetti da lui indicati, configurandosi in tal caso un'assicurazione sulla vita a favore di un terzo, regolata dall'art. 1891.

L'applicabilità degli artt. 1892 e 1893

Poiché nell'assicurazione sulla vita del terzo è costui che fornisce la descrizione precontrattuale del rischio ci è interrogati in ordine alla applicabilità degli artt. 1892 e 1893 in tema di dichiarazioni inesatte e reticenze.

In dottrina è ampiamente discussa la rilevanza delle dichiarazioni inesatte o reticenti rese dal terzo, anche in presenza di un espresso patto di polizza (in arg. v. Buttaro, 645; Gasperoni, 8; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 256).

La giurisprudenza ha ritenuto che, qualora il contraente di un'assicurazione sulla vita del terzo sia consapevole della falsità delle dichiarazioni rese da quest'ultimo in ordine alle circostanze del rischio assicurato ovvero, pur essendone ignaro, abbia riconosciuto per patto espresso che il consenso dell'assicuratore al contratto è basato anche sulla veridicità delle dichiarazioni del terzo, queste è come se provenissero dal contraente: nel primo caso perché egli stesso è partecipe dell'altrui falsità o reticenza; nel secondo caso perché, riconoscendo la subordinazione del consenso e, quindi, dell'obbligazione dell'assicuratore all'esatta descrizione del rischio da parte del terzo, assume convenzionalmente — e validamente — le conseguenze che dalla condotta dolosa o colposa del dichiarante derivino in ordine al contratto.

In entrambi i casi l'assicuratore potrà, dunque, valersi dei rimedi concessigli dagli artt. 1892 e 1893 (Cass. I, n. 1779/1977).

Bibliografia

Buttaro, voce Assicurazione sulla vita, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati e Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; Gasperoni, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur., III, 1988; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Polotti di Zumaglia, Vita (assicurazione sulla), in Dig. comm., XVI, Torino, 1999; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, III, L'assicurazione sulla vita, Padova, 2013.

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