Codice Civile art. 1933 - Mancanza di azione.Mancanza di azione. [I]. Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti [718 c.p.]. [II]. Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l'esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode [2034]. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace. InquadramentoL'art. 1933 assume un'importanza centrale nel novero delle disposizioni in tema di gioco e di scommessa, disciplinando le conseguenze giuridiche derivanti dal perfezionamento di detti contratti aleatori. La norma esclude l'azione per il pagamento di un debito di gioco o di scommessa, anche in presenza di un gioco tollerato. Colui che ha perso, tuttavia, non è ammesso a ripetere quanto abbia spontaneamente pagato all'esito del gioco o della scommessa, a tal fine è necessario che non vi sia stata alcuna frode. Se il perdente era un incapace, invece, la disposizione ammette la ripetizione in ogni caso. Sulla base del dato normativo è possibile tracciare una tripartizione: - il gioco lecito e pienamente tutelato (artt. 1934 e 1935); - il gioco tollerato e non proibito, indirettamente tutelato mediante la soluti retentio (art. 1933); - il gioco proibito penalmente represso (art. 718 c.p.). Definizione e struttura dei contratti di gioco e di scommessaIl gioco e la scommessa vanno annoverati nella categoria dei contratti aleatori a titolo oneroso, essendo caratterizzati dalla creazione artificiale del rischio (Buttaro, in Comm. S.B., 1959, 57; Valsecchi, 49). La giurisprudenza ha all'uopo chiarito che la mera presenza di un intento speculativo o di un certo grado di alea in un'operazione contrattuale non vale a rendere quest'ultima assimilabile ad un gioco o ad una scommessa, né, quindi, a rendere applicabile il regime giuridico dettato dall'art. 1933, secondo cui non è data possibilità di agire per il pagamento di debiti derivanti da un gioco o da una scommessa (Cass. I, n. 17689/2004). In particolare, si è in presenza di una scommessa nel caso in cui due o più persone si promettono reciprocamente di eseguire una determinata prestazione di contenuto patrimoniale a favore di colui o di costoro che avranno formulato il pronostico o comunque indicato la soluzione esatta; si ha, invece, gioco quando le parti convengono di effettuare una gara o una partita secondo le regole pattuite obbligandosi a una prestazione di contenuto patrimoniale a favore di uno o più giocatori conseguente all'esito della partita o gara (Riccio, in Tr. Bes., XIV, 2005, 137-138). La differenza, dunque, non va colta nel tipo di evento considerato ma nella partecipazione ad esso dei contraenti. I giochi tollerati dalla legge: la soluti retentioL'art. 1933 nella pratica ha ormai una applicazione soltanto residuale, poiché la maggior parte dei giochi (soprattutto quelli economicamente più rilevanti, ossia lotto, lotterie, totocalcio, casinò) sono regolamentati (permessi o vietati): tale norma, quindi, trova applicazione ormai solo nelle ipotesi rimanenti dei giochi nell'ambito amicale o familiare. Secondo una accreditata ricostruzione dottrinale (Buttaro, 125; Valsecchi, in Tratt. C.M., XXXVIII, 1986, 25), la giustificazione dell'irripetibilità della prestazione andrebbe ricercata nel fatto che il gioco e la scommessa sono trattati alla stregua di una obbligazione naturale (art. 2034). L'irripetibilità da parte del perdente della prestazione eseguita viene subordinata dall'art. 1933 alla sussistenza di quattro condizioni occorre che: - il gioco si sia svolto senza frode alcuna da parte del vincitore; - l'adempimento abbia avuto il carattere della spontaneità; - l'esecuzione della prestazione sia avvenuta dopo la conoscenza dell'esito del gioco o della scommessa; - l'adempimento sia avvenuto da parte di persona capace. L'assenza di frode La presenza della frode incide all'evidenza sulla causa stessa del contratto, posto che l'elemento dell'alea viene meno o comunque viene compresso in maniera più o meno accentuata (Funaioli, in Tr. Vas., III, 1961, 187; per la considerazione che, in tali casi, il contratto è nullo v. Valsecchi, 57). Il concetto di frode è inteso dalla dottrina in senso molto ampio tale da farvi rientrare ogni ipotesi in cui l'esito del gioco sia dipeso da irregolarità o imbrogli del vincitore (Buttaro, 143). Colui che risulti perdente ha diritto di ripetere la prestazione allorché scopra le irregolarità della controparte dopo che ha pagato: invero, il pagamento spontaneo effettuato da chi era a sconoscenza dell'altrui frode ha una funzione analoga alla volontaria esecuzione di un contratto annullabile ex art. 1444, comma 2 (Buttaro, 144; Funaioli, in Tr. Vas., III, 1961, 188) L'adempimento spontaneo Il pagamento, per non essere ripetibile, deve rivestire il carattere della spontaneità. La lettera della norma porta ad escludere il pagamento spontaneo allorché il debitore abbia eseguito la prestazione unicamente perché costretto dalla violenza o perché tratto in inganno dai raggiri della controparte. Non si ritiene, invece, rilevante l'errore sulla coercibilità del vincolo (Buttaro, 1959, 145; Riccio, in Tr. Bes., XIV, 2005, 176). È di contro ripetibile il pagamento eseguito per errore di fatto sull'esistenza del debito, mancando sia la spontaneità che la iusta causa solvendi. La posteriorità del pagamento Affinché si abbia soluti retentio è altresì richiesta la posteriorità del pagamento all'esito del gioco. La dottrina ritiene che il versamento anticipato di una somma (ad es. puntata anticipata del poker) abbia soltanto la funzione di caparra confirmatoria (art. 1385) che, tuttavia, riferendosi ad una obbligazione naturale, sarebbe giuridicamente inefficace (Funaioli, 241). La capacità del solvens Altra condizione cui è subordinata l'irripetibilità del pagamento è la capacità del perdente. Per soggetto incapace deve intendersi il minore, l'interdetto, l'inabilitato, colui che è soggetto all'amministrazione di sostegno, ed il minore emancipato (Valsecchi, 85). L'incapacità del soggetto dà luogo all'annullabilità del contratto con conseguente applicazione delle previsioni di cui agli artt. 1442, 1443, 1444 con la precisazione che la convalida del contratto potrà avvenire solo mediante esecuzione volontaria del pagamento. I contratti collegatiI contratti collegati al gioco e la scommessa sono quei contratti che si pongono in rapporto di mezzo a fine rispetto al tipico rapporto di gioco: essi, infatti, hanno unicamente la funzione di facilitare il conseguimento degli effetti propri del gioco o della scommessa (Cass. II, n. 4001/1986). Per tale ragione la giurisprudenza unanime reputa che la disciplina prevista dall'art. 1933 sia estendibile a fattispecie come le dazioni di denaro, di fiches, promesse di mutuo e riconoscimenti di debito, qualora le stesse risultino funzionalmente collegate all'attuazione del gioco o della scommessa (Cass. III, n. 7694/2014). Più precisamente, l'estensione della disciplina dell'art. 1933 riguardante i contratti di giuoco, ai mutui a questi collegati - quali dazioni di denaro o di "fiches", o promesse di mutuo, o riconoscimenti di debito - sussiste solo quando essi costituiscano mezzi funzionalmente connessi all'attuazione del gioco o della scommessa e siano tali da realizzare fra i giocatori le stesse finalità pratiche del rapporto di gioco, concorrendo un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario (Cass. II, n. 2053/2024; Cass. III, n. 14375/2019). Recentemente la S.C. ha ritenuto che il richiamo alla teoria del c.d. collegamento negoziale non è pertinente a giustificare la applicazione dell'art. 1933 e a ricondurre anche il mutuo alla causa di gioco, atteso che la connessione funzionale può ravvisarsi solo tra atti negoziali idonei a produrre effetti giuridici, mentre il risultato del gioco non fa sorgere alcuna obbligazione giuridica (salvo l'effetto legale della soluti retentio); affinché il prestito di denaro - o di fiches - possa essere ricondotto alla posta di gioco, occorre piuttosto che il mutuante venga a partecipare direttamente al giuoco in antagonismo con il mutuatario, o comunque, unitamente a quello in quanto, pur non effettuando direttamente la giocata, sia in qualche modo anch'egli effettivo destinatario del risultato del giuoco (abbia scelto cioè di correre l'alea tipica del giuoco di azzardo). Ove il mutuante non assuma anche il rischio del risultato del gioco, il nesso relazionale tra la prestazione di quanto dato a mutuo e l'impiego della stessa per partecipare al giuoco si esaurisce sul piano meramente teleologico, permanendo il mutuo quale autonomo negozio giuridico dotato di propria causa, relazione che può evidenziare finanche un diretto interesse del mutuante ad incentivare il mutuatario alla partecipazione al giuoco d'azzardo, ma che per ciò solo non determina alcuna partecipazione anche del mutuante al rapporto di giuoco, essendo irrilevante a tal fine la mera consapevolezza della destinazione finale delle somme prestate (Cass. II, n. 26646/2023). Con riferimento al mutuo, la dottrina distingue tra “mutuo a causa di gioco” e “mutuo in occasione di gioco”, indicando il primo il mutuo contratto per giocare o per continuare il gioco ed il secondo, invece il mutuo contratto per pagare il debito di gioco, al quale ultimo è riconosciuta piena validità (Riccio, in Tr. Bes., XIV, 2005, 188-189). Anche la giurisprudenza ha evidenziato che il mutuo successivo allo svolgimento del gioco, concesso dal terzo estraneo al giocatore perdente affinché questi adempia il proprio debito nei confronti del vincitore, non è funzionalmente collegato al gioco, sicché il mutuante può ripetere la somma consegnata al mutuatario quand'anche fosse consapevole che la somma stessa era stata perduta nel corso di un gioco d'azzardo vietato (Cass. III, n. 2386/2008). La S.C. ha, inoltre, ritenuto che la consegna di fiches da impiegare nel gioco d'azzardo in cambio di un assegno bancario, e la mancata restituzione dell'importo pari alle fiches ricevute, non integra obbligazione di giuoco, pur nella consapevolezza del creditore dell'impiego delle somme ricevute, non essendo sufficiente la mera presenza di un intento speculativo nell'operazione realizzata. Tale fattispecie deve essere sussunta nello schema negoziale del mutuo, non ravvisandosi né la diretta compartecipazione del mutuante al giuoco, ovvero la condivisione del rischio, né l'interesse economico diretto del mutuante al risultato, ovvero il conseguimento degli utili di giuocata, né, infine, potendosi configurare un'ipotesi di collegamento negoziale, in quanto realizzabile soltanto tra atti idonei a produrre effetti giuridici, mentre il risultato del giuoco non fa sorgere alcuna obbligazione giuridicamente vincolante. Affinché il prestito di denaro possa configurare attività di giuoco è necessaria la partecipazione diretta del mutuante all'attività di giuoco in antagonismo con il mutuatario o unitamente ad esso purché chi ha fornito le somme di danaro, sia, in qualche modo destinatario effettivo del risultato del giuoco e ne subisca l'alea (Cass. III, n. 17686/2019). I giochi vietatiIl legislatore sanziona penalmente colui che in luogo pubblico o aperto al pubblico gestisca o agevoli un gioco d'azzardo, ossia quel gioco in cui ricorre un fine di lucro e la vincita e perdita dipendano interamente (o quasi) dalla sorte (artt. 718 e 721 c.p.). La punibilità dei partecipanti alle scommesse vietate dal codice penale è subordinata alla condizione della flagranza (art. 720). Nel codice penale sono altresì puniti gli “altri giuochi vietati dall'autorità” che si svolgono in sale da gioco o da biliardo di cui sia stata autorizzata l'apertura e l'esercizio (art. 723 c.p.). La dottrina ritiene che l'art. 1933 operi anche in relazione alle scommesse proibite in quanto anche in tali ipotesi sussiste il dovere morale del pagamento del debito (Buttaro, 1959, 49; Riccio, in Tr. Bes., XIV, 2005, 169; contra Moscati, 12). I contratti derivati (swap)Lo swap è un contratto con il quale due operatori si impegnano a scambiarsi dei flussi di cassa in corrispondenza di epoche temporali future e in base a uno schema convenuto. Le operazioni su prodotti finanziari derivati consistono, pertanto, in una scommessa al rialzo o al ribasso, da cui il cliente si ripromette intenti altamente speculativi, quale vantaggio prettamente aleatorio collegato alla creazione artificiale di un rischio. Secondo una parte della dottrina si tratterebbe di contratti da ricondursi nella fattispecie dei giochi autorizzati e, quindi, dotati di azione (Perrone, 80); secondo altri, sarebbero convenzioni ultra vires per alcune categorie di soggetti (così in prevalenza la giurisprudenza anglosassone); altri orientamenti ritengono di poter affermare, con sicurezza, la piena tutela dei contratti stipulati da due operatori professionali; per altri è, invece, sufficiente che il contratto sia concluso for business, indipendentemente dalla finalità individuale perseguita da ciascuna delle parti contraenti. La giurisprudenza di legittimità, pronunciatasi in materia, ha ritenuto che il contratto derivato rientra nella categoria della scommessa legalmente autorizzata, la cui causa, ritenuta meritevole dal legislatore dell'intermediazione finanziaria, risiede nella consapevole e razionale creazione di alee che, nei derivati c.d. simmetrici, sono reciproche e bilaterali. Costituisce, del resto, un dato acquisito il fatto che l'art. 1933 abbia un ambito di applicazione del tutto residuale, perché concernente esclusivamente le ipotesi di scommessa c.d. tollerata dal legislatore, mentre non riguarda affatto le scommesse legalmente autorizzate che, come tali, debbono attribuire azione per il pagamento (Cass. I, n. 9996/2014). La causa dell'"interest rate swap" (IRS) non coincide con quella della scommessa, ma consiste nella negoziazione e monetizzazione di un rischio finanziario, che si forma nel relativo mercato e che può appartenere o meno alle parti, atteso che tale contratto, frutto di una tradizione giuridica diversa da quella italiana, concerne dei differenziali calcolati su flussi di denaro destinati a formarsi durante un lasso temporale più o meno lungo ed è espressione di una logica probabilistica, non avendo ad oggetto un'entità specificamente ed esattamente determinata (Cass. III, n. 8770/2020). Le S.U. intervenute in tema di contratti IRS hanno ritenuto che ai fini del giudizio di meritevolezza di cui all'art. 1322 va accertato se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi, perché il legislatore autorizza questo genere di “scommesse razionali” sul presupposto dell'utilità sociale delle scommesse razionali, intese come specie evoluta delle antiche scommesse di pura abilità. E tale accordo non deve limitarsi al mark to market, ma investire, altresì, gli scenari probabilistici, poiché il primo è semplicemente un numero che comunica poco in ordine alla consistenza dell'alea. Esso dovrebbe concernere la misura qualitativa e quantitativa dell'alea e, dunque, la stessa misura dei costi pur se impliciti (Cass. S.U., n. 8770/2020). BibliografiaMoscati, Gioco e scommessa, in Dig. civ., Torino, 1993; Perrone, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca borsa tit. cred. 1995, II, 80; Valsecchi, voce Giuochi e scommesse, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970. |