Codice Civile art. 1963 - Divieto del patto commissorio.Divieto del patto commissorio. [I]. È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell'immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito [2744]. InquadramentoLa disposizione in esame estende all'anticresi il divieto di patto commissorio di cui all'art. 2744. Il «patto commissorio» è l'accordo con il quale si conviene che, in mancanza di pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno (o in anticresi) passi al creditore. La giurisprudenza ha rimarcato che la ratio del divieto è quella di impedire che il debitore, spinto dal bisogno e dalla speranza di riuscire ad estinguere il suo debito prima della scadenza, conceda al creditore la facoltà di appropriarsi della cosa costituita in garanzia anticretica per un credito inferiore al valore della cosa stessa (Cass. II, n. 1787/1993). Autorevole dottrina reputa la norma in commento superflua per il fatto che nell'anticresi non è concessa una garanzia sulla proprietà della cosa bensì sul solo godimento: il patto, quindi, con cui si convenga il trasferimento della proprietà dell'immobile in caso di mancato pagamento del debitore sarebbe del tutto estraneo al contratto di anticresi, valendo a costituire in garanzia, in ultima analisi, l'immobile stesso e non soltanto i frutti di questo (Fragali, in Comm. S. B., 1974, 210; Persico, 537). Si rammenta, inoltre, che se il patto commissorio è vietato, il creditore anticretico può comunque agire, per il soddisfacimento del credito garantito, esecutivamente sull'immobile oggetto di siffatta garanzia, provocandone la vendita coattiva. È altresì ammesso il cumulo, per uno stesso debito e su uno stesso immobile, della garanzia ipotecaria con quella anticretica (la prima diretta a garantire il capitale, la seconda, il debito di interessi) (Tedeschi, 1957, 659). Il patto commissorio atipico nell'evoluzione giurisprudenzialeStante l'espresso divieto normativo, l'ipotesi del patto commissorio c.d. « tipico » ossia accessorio a una garanzia reale o a un contratto di anticresi è rapidamente divenuta meramente scolastica, nella prassi recente la pattuizione commissoria si presenta difatti il più delle volte come un'alienazione a scopo di garanzia. L'individuazione dei parametri alla stregua dei quali può definirsi vietato l'accordo traslativo stipulato a scopo di garanzia è diventata, di conseguenza, essenziale tenuto conto della strutturazione degli strumenti contrattuali in forme tali da celare l'intento fraudolento proprio del patto commissorio. L'evoluzione giurisprudenziale in tema è stata caratterizzata da un ampliamento della portata applicativa del divieto. Nelle pronunce più risalenti, difatti, i giudici di legittimità avevano fatto propria la soluzione fondata sulla distinzione tra la categoria delle « vendite » immediatamente traslative sottoposte a condizione risolutiva o con patto di riscatto e la categoria delle « vendite » sospensivamente condizionate all'inadempimento: in tale ottica la valutazione di illiceità veniva prospettata solo in relazione alla seconda categoria di accordi (Cass. II, n. 6005/1982). Detta impostazione è stata superata a partire dalla sentenza Cass. S.U., n. 1611/1989 che optarono per l'operatività del divieto di patto commissorio non soltanto in relazione alle alienazioni a scopo di garanzia sospensivamente condizionate all'inadempimento del debitore, ma anche a quelle immediatamente traslative risolutivamente condizionate all'adempimento del debitore. La giurisprudenza successiva ha poi evidenziato che non è possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti alla nullità per violazione del divieto del patto commissorio, occorrendo invece riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione nell'ipotesi in cui venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento giuridico, di far ottenere al creditore la proprietà del bene dell'altra parte nel caso in cui questa non adempia la propria obbligazione (Cass. III, n. 15486/2014; Cass. II, n. 4262/2013). Ne deriva che sono da considerare nulli, per frode alla legge ex art. 1344, in quanto finalizzati alla violazione o elusione del divieto, gli atti negoziali che appaiano in concreto rivolti ad attribuire al creditore la facoltà di acquisire la proprietà del bene in caso di mancato pagamento da parte del debitore, così costretto a sottostare alla volontà della controparte. In tale prospettiva la nullità si connette a qualsiasi alienazione in garanzia, a prescindere dal momento del trasferimento del diritto e della struttura negoziale prescelta dalle parti. L'intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile allorché sussista, tra le diverse pattuizioni, un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, sicché il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti (Cass. II, n. 27362/2021). La S.C. ha chiarito che qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano pattuiti puramente e semplicemente allo scopo non già di garantire l'adempimento di un'altra obbligazione con riguardo all'eventualità, non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dagli artt. 1963 e 2744 per l'operatività del divieto da esse previsto (Cass. II, n. 15112/2019). BibliografiaNicita, L'anticresi, in Moretti-Nicita-Visalli, Sequestro convenzionale, fideiussione, mandato di credito, anticresi, transazione, cessione dei beni ai creditori, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1980; Persico, voce Anticresi, in Enc. dir., II, Milano, 1958; Tedeschi, L'Anticresi, in Tratt. Vassalli, Torino, 1952; Tucci, Anticresi, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Tedeschi, Anticresi, in Nss. D.I., I, Torino, 1957; Zuddas, Anticresi, in Enc. giur., II, Roma, 1988. |