Codice Civile art. 1974 - Annullabilità per cosa giudicata.

Caterina Costabile

Annullabilità per cosa giudicata.

[I]. È pure annullabile la transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato [324 c.p.c.], della quale le parti o una di esse non avevano notizia [395 n. 5 c.p.c.].

Inquadramento

L'art. 1974 prevede il rimedio dell'annullabilità della transazione conclusa nell'ignoranza, unilaterale, bilaterale o plurilaterale, di una sentenza passata in giudicato, relativa a una lite vertente sul medesimo oggetto e superata col contratto.

Secondo la giurisprudenza la norma trova applicazione tanto nella transazione generale che in quella speciale (Cass. I, n. 21557/2021).

Sul piano sistematico, la collocazione dell'invalidità in parola non è pacifica in dottrina: secondo un orientamento si tratterebbe un'ipotesi di eccezionale rilevanza dell'errore sui motivi (Del Prato, 856; Santoro Passarelli, 174); altri ritengono che la norma sia invece superflua perché l'annullamento potrebbe pronunciarsi in dipendenza dei princìpi generali, sicché dovrebbe trattarsi di errore sull'oggetto del contratto (D'onofrio, in Comm. S. B., 1974, 275).

Per quanto attiene alla nozione di giudicato è frequente il richiamo all'art. 324 c.p.c. ovvero alla cosa giudicata formale (Del Prato, 109).

La transazione stipulata prima della pubblicazione della sentenza

Non rientra nella previsione nell'ipotesi disciplinata dall'art. 1974 il caso della transazione stipulata prima della pubblicazione della sentenza (Colangeli, 422).

Una delle ipotesi affrontate dalla giurisprudenza attiene al caso della transazione stipulata dopo l'udienza di discussione ma prima della pubblicazione della sentenza.

Secondo la giurisprudenza di merito, la transazione prevale sulla sentenza stessa ed è opponibile nel successivo giudizio di esecuzione poiché nel momento in cui il componimento transattivo è raggiunto nessuna delle parti in causa avrebbe potuto eccepirne in giudizio la conclusione (Pret. Torino, 4 dicembre 1998).

Nella diversa ipotesi in cui la transazione sia successiva alla sentenza ma non siano ancora decorsi i termini per la formazione del giudicato la S.C. ha ritenuto che, poiché nel contratto di transazione la causa del negozio si fonda sul presupposto che la lite non sia stata ancora decisa con sentenza passata in giudicato, deve ritenersi che quando, nonostante l'intervenuta composizione transattiva della controversia, questa sia stata definita con sentenza passata in giudicato, senza che alcuna delle parti abbia invocato la transazione nel corso dell'iter processuale, la situazione così accertata diviene intangibile, in quanto il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, con la conseguenza che detta situazione non potrà essere rimessa in discussione in un successivo giudizio nel quale voglia farsi rivivere l'effetto dell'accordo transattivo che rimane vanificato (Cass. I, n. 3026/2005).

La giurisprudenza ha inoltre evidenziato che l'atto di transazione della lite dopo la proposizione del ricorso per cassazione, qualora, pur contenendo la rinuncia all'impugnazione, non sia idoneo a determinare l'estinzione del processo ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c. (perché non sottoscritto anche dal difensore del ricorrente per il giudizio di legittimità), è atto idoneo a comportare l'improcedibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere, essendo sopravvenuto il difetto di interesse a proseguire il processo (Cass. III, n. 4035/1999).

Transazione fatta su sentenza passata in giudicato

Poiché l'art. 1974 prevede l'annullabilità della transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato di cui le parti, o una di esse non avevano notizia, la dottrina si è posta il problema della possibilità giuridica per le parti di comporre gli interessi in conflitto successivamente al formarsi del giudicato di cui entrambe sono a conoscenza.

L'opinione dominante fornisce al quesito una risposta positiva, precisando tuttavia che in tale ipotesi non si avrà una transazione, bensì un valido contratto atipico a contenuto remissorio (Del Prato, ult. cit.; Santoro Passarelli, 173).

Anche la giurisprudenza in tema risulta allineata a tale impostazione (Cass. III, n. 1879/1969).

Risulta pressoché pacifico che la lite sulla formazione, l'estensione o l'interpretazione del giudicato possa essere validamente transatta (Del Prato, 856; D'Onofrio, 1974, 277; Santoro Passarelli, 174).

Transigibilità dell'azione di rescissione

La dottrina prevalente (Valsecchi, in Tr. C. M., XXXVIII, 1986, 233) ammette la transigibilità dell'azione di rescissione per lesione qualificandola come accordo convenzionale tra le parti circa la riduzione ad equità in alternativa all'ipotesi di riduzione di offerta di riduzione del contratto ex art. 1450.

Resta ferma ex art. 1970 l'impugnabilità della transazione per causa di lesione.

Bibliografia

Carresi, Transazione (dir. vig.), in Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Colangeli, La Transazione, Milano, 2012; Del Prato, voce Transazione (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Carresi, La transazione, Milano, 1992; Falzea, Accertamento (Teoria generale), in Enc. dir., I, Milano, 1958; Galletto, La transazione: complessità dell'istituto ed attualità della funzione; in Riv. trim. dir. proc. 2013, 4, 1379; Moscarini - Corbo, voce Transazione, in Enc. giur., Roma, 1994; Santoro Passarelli, La Transazione, Napoli, 1986.

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