Codice Civile art. 2036 - Indebito soggettivo.

Caterina Costabile

Indebito soggettivo.

[I]. Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede [1147] del titolo o delle garanzie del credito [1237].

[II]. Chi ha ricevuto l'indebito è anche tenuto a restituire i frutti [820 ss.] e gli interessi [1284] dal giorno del pagamento, se era in mala fede, o dal giorno della domanda, se era in buona fede [1147].

[III]. Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore [1203 ss.].

Inquadramento

La disposizione in esame disciplina il cd. indebito soggettivo ex latere solventis ipotesi che ricorre qualora il solvens paga il debito altrui ritenendosi debitore in base ad un errore scusabile.

In tal caso egli può ripetere ciò che ha pagato se il creditore — che è tale a differenza di quanto avviene nell'ipotesi di indebito ex latere accipientis — non si è privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.

Chi ha ricevuto l'indebito è anche tenuto a restituire i frutti e gli interessi dal giorno del pagamento se in mala fede o dal giorno della domanda se in buona fede.

In siffatta ipotesi la ripetizione è subordinata alla prova che il pagamento è avvenuto sulla base di un errore scusabile e ciò in quanto nel nostro ordinamento è ammessa la possibilità che il debito possa essere estinto da un terzo ex art. 1180 (in dottrina Moscati, 1971, 88).

L'errore scusabile

Ai fini della sussistenza in capo al solvens del diritto alla ripetizione occorre che questi si sia creduto debitore in base ad un errore scusabile.

La dottrina ha evidenziato che con la previsione di detto requisito il legislatore ha inteso adottare un criterio di equo contemperamento degli interessi in conflitto ovvero, da un lato, quello del solvens il quale ha eseguito un pagamento non dovuto e, dall'altro, quello dell'accipiens che è vero creditore e, ricevendo l'indebito altrui, realizza un interesse che effettivamente gli compete (Rescigno, 1232).

La giurisprudenza ha all'uopo rimarcato che nell'ipotesi in cui un soggetto paghi un debito altrui nella consapevolezza di non essere debitore non è ammessa la ripetibilità di quanto versato (Cass. lav., n. 17120/2002).

Ai fini dell'irripetibilità occorre che il pagamento del debito altrui sia stato non solo consapevole, ma anche spontaneo.

Pertanto, il pagamento di un debito altrui eseguito del solvens volontariamente, ma non spontaneamente, a causa del comportamento illegittimo dal creditore, non è riconducibile allo schema dell'indebito soggettivo in difetto del pagamento dell'errore del solvens, ma rientra nella disciplina generale dell'art. 2033 dando diritto alla ripetizione del pagamento (Cass. III, n. 2814/1995).

La giurisprudenza ha inoltre evidenziato che, in tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, non è configurabile una obbligazione concorrente del datore di lavoro apparente per i contributi dovuti agli enti previdenziali, rimanendo tuttavia salva l'incidenza satisfattiva di pagamenti eventualmente eseguiti da terzi, ai sensi del comma 1 dell'art. 1180, nonché dallo stesso datore di lavoro fittizio, senza che abbia rilevanza la consapevolezza dell'altrui debito, atteso che, nell'ipotesi di pagamento di indebito dal punto di vista soggettivo, il coordinamento tra gli artt. 1180 e 2036 porta a ritenere che sia qualificabile come pagamento di debito altrui, ai fini della relativa efficacia estintiva dell'obbligazione (con le condizioni di cui al comma 3 dell'art. 2036), anche il pagamento effettuato per errore (Cass. lav., n. 29528/2022).

La riconoscibilità dell'errore ed il rilievo dello stato soggettivo dell' accipiens

Il principio generale dell'affidamento incolpevole determina che l'errore, quale causa di annullamento del contratto, acquisti rilievo soltanto se riconoscibile dall'altro contraente (art. 1428).

Nella disciplina dell'indebito soggettivo, viceversa, la riconoscibilità dell'errore non influisce sulla configurabilità del diritto del solvens alla ripetizione, la quale è esclusa anche se l'errore inescusabile del solvens sia riconoscibile dall'accipiens ed anche se questi, essendo consapevole dell'estraneità del solvens al debito, versi in stato di mala fede.

Lo stato soggettivo dell' accipiens rileva unicamente in funzione della graduazione della misura della restituzione dei frutti e degli interessi — analogamente a quanto previsto in tema di indebito oggettivo ex art. 2033 — dovuti dal giorno stesso della solutio in caso di malafede o da quello della domanda se, invece, il percipiente era in buona fede al momento dell'acceptio (in dottrina Moscati, 1981, 414).

Onere della prova

Ad avviso della dottrina il solvens deve provare l'assenza di causa debendi e il proprio errore scusabile, ma non anche l'eventuale mala fede del creditore nel privarsi del titolo o delle garanzie posto che, trattandosi di una eccezione, spetterà all'accipiens dare prova di essersi privato in buona fede del titolo o delle garanzie (Rescigno, 1231).

La giurisprudenza in un precedente risalente ha, invece, ritenuto che il solvens debba provare sia di aver pagato a causa di un errore scusabile sia che l'accipiens non si sia in buona fede privato dal titolo (Cass. III, n. 2728/1962).

Surrogazione

Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore (art. 2036, comma 3).

Si verifica in altre parole un'ipotesi di surrogazione ex lege (art. 1203, n. 5), con conseguente possibilità per il solvens di agire direttamente nei confronti del vero debitore: chi paga senza errore il debito altrui non può pertanto ripetere, ma solo surrogarsi nei diritti del creditore.

Ne discende che al solvens potranno essere opposte dal debitore tutte le eccezioni che potevano essere opposte al creditore.

In giurisprudenza si era posto il problema della applicabilità dell'art. 2036, comma 3, all'ipotesi dell'adempimento spontaneo del debito di altro soggetto da parte di chi sia consapevole di non essere debitore.

Secondo una prima impostazione, ove un soggetto abbia adempiuto un debito altrui con la consapevolezza di non essere debitore, non si configura un indebito soggettivo e, non essendo proprio per tale ragione ammessa la ripetizione, si applica la surrogazione a norma dell'art. 2036, terzo comma (Cass. lav., n. 17120/2002).

Secondo altro indirizzo interpretativo, atteso che la surrogazione ipotizzata dal citato art. 2036, comma 3, postula che l'eseguito pagamento sia, in astratto, riconducibile alla figura dell'indebito ex latere solventis, la consapevolezza di pagare un debito altrui esclude sia l'integrazione della fattispecie dell'indebito soggettivo sia l'applicabilità dell'art. 2036, comma 3 (Cass. I, n. 12111/1992).

Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite che hanno aderito al secondo indirizzo interpretativo evidenziando che l'adempimento spontaneo di un'obbligazione da parte del terzo, ai sensi dell'art. 1180, non attribuisce automaticamente al terzo un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore, non essendo in tal caso configurabili né la surrogazione per volontà del creditore (art. 1201), né quella per volontà del debitore (art. 1202), né quella legale di cui (art. 1203 n. 3), la quale presuppone che il terzo che adempie sia tenuto con altri o per altri al pagamento del debito (Cass. S.U., n. 9946/2009).

Il terzo che abbia pagato sapendo di non essere debitore può dunque agire unicamente per ottenere l'indennizzo per l'ingiustificato arricchimento, stante l'indubbio vantaggio economico ricevuto dal debitore.

Differenze rispetto all'adempimento del terzo

Le diversità fra i due istituti emergono considerando la natura giuridica dell'adempimento del terzo e la funzione che esso esplica sul rapporto obbligatorio (in dottrina Moscati, 1971, 87).

L'atto del terzo estingue il diritto del creditore in quanto realizza l'interesse che ne costituisce il substrato materiale e quest'ultimo non può, se non ricorrano giustificati motivi (art. 1180 commi 1 e 2), rifiutare la prestazione, senza incorrere nelle conseguenze della mora accipiendi. D'altro lato, una volta che il creditore abbia ottenuto la prestazione, il vero debitore è automaticamente liberato anche se può sussistere un suo obbligo verso il terzo che sia stato surrogato nella posizione dell'accipiens.

Nulla di tutto questo avviene nell'indebito soggettivo ex latere solventis che rientra nel novero delle fonti di obbligazione diverse dal fatto illecito e dai contratti: va, difatti, esclusa l'efficacia estintiva del pagamento effettuato da chi si reputava debitore per errore scusabile. Il diritto del creditore verso il debitore rimane impregiudicato e dalla prestazione sorge a favore del solvens una pretesa alla ripetizione.

Le due figure si diversificano anche con riguardo alla struttura: l'elemento caratterizzante dell'adempimento del terzo è il riferimento del solvens ad una obbligazione a lui estranea, alla quale va imputato il pagamento (Cass. III, n. 2675/2016).

Nell'indebito soggettivo ex persona debitoris manca assolutamente l'intenzione d'imputare gli effetti dell'attività esecutiva ad un rapporto obbligatorio altrui, poiché il solvens compie la prestazione nell'erronea convinzione di essere debitore.

Bibliografia

Albanese, Il pagamento dell'indebito, Padova, 2004; Gallo, Ripetizione dell'indebito. L'arricchimento che deriva da una prestazione altrui, in Dig. civ., Torino, 1998; Moscati, voce Indebito (pagamento e ripetizione), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Moscati, voce Obbligazioni naturali, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1979; Moscati, Gestione d'affari: pagamento dell'indebito, Bologna, 1981; Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000; Nivarra, Obbligazione naturale, in Dig. civ., Torino, 1995; Perlingieri, Le vicende delle obbligazioni naturali, in Riv. dir. civ., 1969, I, 357; Rescigno, Ripetizione dell'indebito, in Nss. D.I., XV, Torino, 1968.

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