Codice Civile art. 2038 - Alienazione della cosa ricevuta indebitamente.Alienazione della cosa ricevuta indebitamente. [I]. Chi, avendo ricevuto la cosa in buona fede [1147], l'ha alienata prima di conoscere l'obbligo di restituirla è tenuto a restituire il corrispettivo conseguito. Se questo è ancora dovuto, colui che ha pagato l'indebito subentra nel diritto dell'alienante [1203 ss.]. Nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente è obbligato, nei limiti del suo arricchimento [2041], verso colui che ha pagato l'indebito. [II]. Chi ha alienato la cosa ricevuta in mala fede, o dopo aver conosciuto l'obbligo di restituirla, è obbligato a restituirla in natura o a corrisponderne il valore. Colui che ha pagato l'indebito può però esigere il corrispettivo dell'alienazione e può anche agire direttamente per conseguirlo. Se l'alienazione è stata fatta a titolo gratuito, l'acquirente, qualora l'alienante sia stato inutilmente escusso, è obbligato, nei limiti dell'arricchimento [2041], verso colui che ha pagato l'indebito. InquadramentoL'art. 2038 disciplina l'ipotesi in cui la cosa ricevuta indebitamente sia stata alienata a terzi ancorando le conseguenze alla connotazione soggettiva dell'alienazione posta in essere dall'accipiens, ovvero secondo che questi sia o meno in buona fede. Nel primo caso, se l'alienazione è a titolo oneroso, l'accipiens è tenuto a restituire il corrispettivo conseguito e, nel caso in cui il corrispettivo non sia stato ancora conseguito, il solvens subentra nel diritto di credito dell'accipiens-alienante. Qualora, invece, ricorra un'ipotesi di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente è obbligato verso il solvens nei limiti del suo arricchimento. Nel caso in cui l'accipiens ha alienato la cosa in mala fede o, comunque dopo aver conosciuto l'obbligo di restituirla, se si tratta di alienazione a titolo oneroso egli è obbligato a restituirla in natura o a corrisponderne il valore. Il solvens può tuttavia a sua scelta pretendere il corrispettivo piuttosto che il valore. Se l'alienazione è stata fatta a titolo gratuito l'acquirente, qualora l'accipiens-alienante sia stato inutilmente escusso, è obbligato verso il solvens nei limiti del suo arricchimento. Ambito di operativitàLe obbligazioni restitutorie previste dall'art. 2038 sono la conseguenza non del trasferimento della proprietà da parte del suo un precedente titolare, bensì del perfezionamento di un acquisto a titolo originario da parte di un terzo: esse, infatti, si producono soltanto se e quando l'alienazione posta in essere dall'accipiens, che non determina in se stessa considerata alcuna successione nella titolarità del diritto, integri una specifica fattispecie di acquisto a non domino in favore dell'avente causa (Navarretta, 175). In dottrina è pacifico che il terzo subacquirente a titolo gratuito risponde dell'arricchimento senza causa non solo quando il titolo del suo dante causa sia nullo (Navarretta, 152) ma anche quando esso sia stato annullato, sempre che la sentenza di annullamento gli sia opponibile ex art. 1445 (Navarretta, 165) Risulta, invece, discusso se il terzo subacquirente sia o meno responsabile ex art. 2038 in caso di risoluzione del titolo del proprio dante causa (in arg. v. Navarretta, 173). Mala fides superveniensLa disposizione in esame costituisce una deroga alla regola del comma 3 dell'art. 1147 secondo cui mala fides superveniens non nocet. Il legislatore ha difatti stabilito che la buona fede iniziale non salva chi, avendo ricevuto in buona fede la prestazione indebita, abbia alienato il bene dopo essere stato edotto che si trattava di una prestazione indebita da restituire. Anche la giurisprudenza ha rimarcato che l'alienazione del bene in buona fede effettuata dopo la conoscenza dell'obbligo di restituirlo è giuridicamente equiparata all'alienazione della cosa ricevuta in mala fede, con la conseguenza che in entrambi i casi l'alienante è obbligato a restituire non il corrispettivo dell'alienazione — come nell'ipotesi di alienazione di cose, ricevute in buona fede, effettuata prima di conoscere l'obbligo della restituzione — bensì del valore del bene alienato (Cass. II, n. 3281/1981). Alienazione a titolo onerosoSe l'alienazione è a titolo oneroso, l'accipiens in buona fede è tenuto a restituire il corrispettivo conseguito e, nel caso in cui il corrispettivo non sia stato ancora conseguito, il solvens subentra nel diritto di credito dell'accipiens-alienante. La dottrina riconduce detta ultima ipotesi all'istituto della surrogazione legale ex art. 1203 n. 5 (Rescigno, 1235). Nel caso in cui l'accipiens ha alienato la cosa in mala fede o, comunque dopo aver conosciuto l'obbligo di restituirla, se si tratta di alienazione a titolo oneroso egli è obbligato a restituirla in natura o a corrisponderne il valore. Il solvens può tuttavia a sua scelta pretendere il corrispettivo piuttosto che il valore. La giurisprudenza ha ritenuto che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, la ricezione, da parte dell'ente espropriato, di un bene immobile determinato a seguito di un accordo di cessione che, connesso alla dichiarazione di pubblico interesse, sia successivamente annullato per errore bilaterale essenziale e riconoscibile in ordine ai criteri di determinazione di quella che sarebbe stata l'indennità di espropriazione, in difetto della detta cessione volontaria, comporta il diritto del cedente, in caso di avvenuta alienazione, ad opera dell'ente, del medesimo bene ad un terzo, alla ripetizione del prezzo di tale alienazione, ai sensi dell'art. 2038, comma 1, con detrazione di quanto ricevuto in corrispettivo della cessione annullata, sempre che l'ente medesimo sia in buona fede (Cass. I, n. 4553/1993). Ad avviso dei giudici di legittimità per la sussistenza di tale estremo non è sufficiente l'accertamento dell'errore che ha determinato la risoluzione dell'accordo, essendo necessario anche che questo non derivi da colpa grave, in presenza della quale all'obbligo di restituzione del prezzo realizzato con l'alienazione si sostituisce quello di corresponsione al proprietario cedente del valore venale del bene (Cass. I, n. 4553/1993). Alienazione a titolo gratuitoSe la cosa è stata alienata a titolo gratuito il solvens può esercitare l'azione di arricchimento senza causa nei confronti del terzo acquirente. L'esercizio di detta azione in caso di mala fede dell'accipiens è subordinata alla sua preventiva escussione. In dottrina è discusso se l'acquirente a titolo gratuito risponda ex art. 2038 in ogni fattispecie di acquisto a non domino. Si ritiene che egli sia senz'altro obbligato a restituire l'arricchimento senza causa quando abbia acquistato la proprietà della cosa in virtù della regola possesso vale titolo ex art. 1153 (Carusi, in Tr. Per. 2004, 204), mentre si esclude che sia parimenti obbligato quando l'abbia acquistata per usucapione abbreviata sul presupposto che un'eventuale responsabilità restitutoria a suo carico sarebbe incompatibile con la logica premiale nei confronti del possessore (Carusi, in Tr. Per. 206). Si ritiene, inoltre, applicabile l'art. 2038 quando l'acquirente acquista la proprietà del bene in conseguenza della trascrizione tardiva della domanda di nullità ovvero di annullamento che è prevista dagli artt. 2652, comma 1, n. 6 e 2690, comma 1, n. 3 (Carusi, in Tr. Per. 207). BibliografiaAlbanese, Il pagamento dell'indebito, Padova, 2004; Gallo, Ripetizione dell'indebito. L'arricchimento che deriva da una prestazione altrui, in Dig. civ., Torino, 1998; Moscati, voce Indebito (pagamento e ripetizione), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Moscati, voce Obbligazioni naturali, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1979; Moscati, Gestione d'affari: pagamento dell'indebito, Bologna, 1981; Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000; Nivarra, Obbligazione naturale, in Dig. civ., Torino, 1995; Perlingieri, Le vicende delle obbligazioni naturali, in Riv. dir. civ., 1969, I, 357; Rescigno, Ripetizione dell'indebito, in Nss. D.I., XV, Torino, 1968. |