Codice Civile art. 2042 - Carattere sussidiario dell'azione.Carattere sussidiario dell'azione. [I]. L'azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. InquadramentoLa disposizione in esame disciplina l'ultimo requisito, di tipo processuale, dell'azione di arricchimento senza causa stabilendo che la stessa non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. La giurisprudenza ritiene che l'azione di ingiustificato arricchimento deve ritenersi esclusa in ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, prescindendo quindi dalla previsione del suo esito, possa esercitare un'altra azione, per farsi indennizzare il pregiudizio subito (Cass. II, n. 4246/2024; Cass. I, n. 5396/2014). Anche la dottrina maggioritaria risulta orientata in tal senso, evidenziando che l'impossibilità di esercitare un'altra azione per ottenere ristoro del pregiudizio subito debba essere intesa come mancanza di qualunque altra azione «in astratto» (Schlesinger, 1008; Trabucchi, 74). La sussidiarietà dell'azioneL'art. 2042, nel delineare il carattere sussidiario dell'azione di ingiustificato arricchimento, dispone che l'azione non è proponibile quando il danneggiato può proporre un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. L'ambito di proponibilità dell'azione in questione è dunque definito dalla legge, con la conseguenza che il giudice, anche d'ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione per le restituzioni ovvero per l'indennizzo del pregiudizio subito contro lo stesso arricchito o contro altra persona (Cass. III, n. 529/2014). Il carattere sussidiario della azione di indebito arricchimento comporta, difatti, che tale azione non può essere promossa non solo quando sussista un'altra azione tipica proponibile dal danneggiato nei confronti dell'arricchito, ma anche quando vi sia originariamente una azione sperimentabile contro persone diverse dall'arricchito, che siano obbligate per legge o per contratto (Cass. III, n. 14939/2012). Sulla determinazione del carattere di sussidiarietà-residualità dell'azione di arricchimento ingiustificato non si deve utilizzare una nozione rigorosa della sussidiarietà in astratto (che prescinda in assoluto da ogni verifica sul merito della domanda avanzata in via principale) basata sulla mera esistenza di un'altra azione preclusiva della tutela residuale, indipendentemente dal fatto che l'interessato ne abbia usufruito (invano) o che essa sia divenuta improponibile per altra ragione, perché altrimenti la stessa circostanza che sia stata proposta una diversa domanda renderebbe improponibile ex art. 2042, la domanda di arricchimento, anche a voler annettere alla prima pronuncia di improponibilità una valenza solo processuale (Cass. III, n. 9094/2024). Le S.U. hanno recentemente chiarito che, ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all'art. 2042, la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l'esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall'illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico (Cass. S.U., n. 33954/2023). L'azione ex art. 2041 non risulta proponibile nemmeno quando il danneggiato avrebbe potuto esercitare un'azione tipica che si è prescritta (Cass. VI, n. 29916/2011) o un'azione in relazione alla quale si è verificata una decadenza (Cass. S.U., n. 28042/2008). Presupposto per proporre l'azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza, accertabile anche di ufficio, di un'azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall'arricchito ( Cass. VI, n. 723/2022; Cass. VI, n. 11038/2018 ). Ne consegue che è ammissibile l'azione di arricchimento quando l'azione, teoricamente spettante all'impoverito, sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 (Cass. III, n. 843/2020). La giurisprudenza ha inoltre chiarito che l'azione di arricchimento può essere proposta, in via subordinata rispetto all'azione contrattuale proposta in via principale, soltanto qualora quest'ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all'accoglimento, ovvero in quello in cui tale domanda, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall'interessato (Cass. III, n. 14944/2022). I giudici di legittimità hanno, in particolare, rimarcato che l'azione generale di arricchimento ingiustificato ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, talché si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un'azione autonoma per diversità di petitum e causa petendi rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di altro genere: la specificità del titolo di detta azione esclude, pertanto, che essa possa ritenersi proposta per implicito in una domanda fondata su altro titolo (Cass. I, n. 4365/2003). Azione di indebito arricchimento ed enti localiIn tema di assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l'art. 23, comma 3, d.l. 3 marzo 1989, n. 66, conv., con modif., in l. 24 aprile 1989, n. 144 e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall'art. 35 d.lgs. n. 77/1995 e poi dall'art. 191 d.lgs. n. 267/2000, dispone che qualsiasi spesa degli enti comunali deve essere assistita da un conforme provvedimento dell'organo munito di potere deliberativo e da uno specifico impegno contabile registrato nel competente bilancio di previsione, costituendosi, in mancanza, il rapporto obbligatorio direttamente con il funzionario, onde il professionista non può esperire nei confronti dell'ente pubblico l'azione di indebito arricchimento, perché tale azione difetta del necessario requisito della sussidiarietà (Cass. I, n. 80/2017), salvo che l'ente non riconosca "a posteriori" il debito fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 d.lgs. n. 267/2000 predetto (Cass. III, n. 12608/2017). Il funzionario o l'amministratore pubblici che abbiano attivato un impegno di spesa per l'ente locale senza l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione degli enti medesimi, rispondono pertanto degli effetti di detta attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è pertanto legittimato ad agire direttamente e personalmente nei loro confronti (Cass. III, n. 25870/2020). Ne consegue che, ove, a loro volta, il funzionario o l'amministratori anzidetti abbiano proposto contro l'ente locale l'azione di indebito arricchimento, per l'accoglimento di tale domanda è necessario che la p.a. abbia espresso un giudizio positivo circa il vantaggio o l'utilità della prestazione ricevuta, non potendo detto giudizio provenire, però, dallo stesso funzionario o amministratore che si è reso inosservante della procedura prescritta, avendo costui, in ragione della sua consapevole condotta illegittima, interrotto il rapporto di immedesimazione organica con l'ente (Cass. III, n. 9447/2010). I giudici di legittimità hanno, inoltre, rimarcato che il contraente privato fornitore non è legittimato a proporre l'azione diretta di indebito arricchimento verso l'ente pubblico per difetto del requisito di sussidiarietà mentre può esercitare l'azione ex art. 2041 c.c. nei confronti dello stesso ente "utendo iuribus" dell' amministratore suo debitore, agendo in via surrogatoria ex art. 2900 c.c.(contestualmente alla ed indipendentemente dalla) iniziativa nei confronti dell'amministratore onde assicurare e conservare le proprie ragioni quando il patrimonio di quest'ultimo non offra adeguate garanzie. In tal caso, il privato contraente ha l'onere di provare il fatto oggettivo dell'arricchimento in correlazione con il depauperamento dell'amministratore, senza che l'ente possa opporre il mancato riconoscimento della "utilitas", salva la possibilità per l'ente medesimo di dimostrare che l'arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto (Cass. I, n. 5665/2021). Ciò nondimeno va ricordato che, qualora sia stata proposta l'azione di indebito arricchimento contro un Ente territoriale, anche se il contraente privato è legittimato, utendo iuribus del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la p.a. in via surrogatoria ex art. 2900, non è però consentito al Giudice sostituire d'ufficio (e pronunciarsi su) questa azione, che è diversa da quella di arricchimento senza causa, in quanto ha petitum e causa petendi autonomi e specifici, altrimenti incorrendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c. (Cass. I, n. 15296/2007). L'art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 riguarda esclusivamente gli enti locali, elencati nell'art. 2 del citato d.lgs., non essendo suscettibile di applicazione analogica perché di natura eccezionale, sicché ove le prestazioni siano state eseguite in favore di enti pubblici diversi, il fornitore, non avendo a disposizione altre azioni, può agire ex art. 2041 nei confronti degli enti stessi (Cass. I, n. 5130/2020). BibliografiaMoscati, Arricchimento (azione di), in Dig. civ., Torino, 1987; Schlesinger, voce Arricchimento (azione di), in Nss. D.I., Torino 1958; Trabucchi, Arricchimento (azione di), in Enc. dir., III, Milano, 1958; Trimarchi, L'arricchimento senza causa, Milano, 1962. |