Codice Civile art. 2054 - Circolazione di veicoli (1).Circolazione di veicoli (1). [I]. Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno [2056 ss.] prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno [2947 2]. [II]. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli (2). [III]. Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario [978 ss.] o l'acquirente con patto di riservato dominio [1523 ss.], è responsabile in solido [1292] col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. [IV]. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo [2053]. (1) V. d.lg. 7 settembre 2005, n. 209. (2) La Corte cost., con sentenza 29 dicembre 1972, n. 205 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «limitatamente alla parte in cui nel caso di scontro tra veicoli esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni». InquadramentoAlla circolazione dei veicoli si accompagna, in base ai dati statistici, un numero considerevole di eventi dannosi, sicché il legislatore ha avvertito l'esigenza di predisporre una tutela più efficace per i soggetti sottoposti al relativo rischio. L'illecito civile da circolazione stradale si inquadra nella figura normativa descritta dall'art. 2043 e, tuttavia, la regola generale è integrata dall'art. 2054, che ha provveduto ad introdurre un sistema di presunzione relativa all'accertamento dell'elemento soggettivo dell'illecito. Ad ogni modo, il concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054, include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l'operatività della garanzia per R.C.A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo (Cass., n. 3527/2016, fattispecie relativa al sinistro mortale occorso alla vittima , che era stata colpita dalla rampa del rimorchio di un autocarro, parcheggiato sulla pubblica via nei pressi di una officina per provvedere alla riparazione dell'asse di detta rampa. Si è così prefigurata una speciale fattispecie di responsabilità delineata dall'art. 2054, che, tenuto conto dei differenti contesti caratterizzanti la circolazione stradale, ha previsto distinte presunzioni di responsabilità. Natura giuridicaL'art. 2054,, comma 1, stabilisce che il conducente di un veicolo è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; al secondo comma dispone che in caso di scontro tra veicoli, ciascun conducente risponde in uguale misura dei danni cagionati se non fornisce prova della diversa incidenza delle serie causali concorrenti e, al comma 3, prevede la responsabilità, in solido con il conducente, del proprietario o di altri che abbia la disponibilità del veicolo, se non provi che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà. Questa articolazione di responsabilità ha indotto autorevole dottrina a sostenere che la norma in esame contempla sia ipotesi di responsabilità per colpa presunta o aggravata, sia ipotesi di responsabilità oggettiva o da pericolo il cui fondamento unitario è possibile cogliere nell'intrinseca pericolosità della circolazione e in un atteggiamento di più intensa tutela dei soggetti danneggiati dalla medesima (Galgano, 349 ss.; Perrone, 117). In realtà la natura della responsabilità presunta del conducente (e parimenti del proprietario e dei soggetti equiparati) è ancora piuttosto controversa (Agnino, 2014, 1129). Taluni in dottrina sostengono che la norma in esame, ricorrendo al meccanismo della presunzione legale di colpevolezza ricollegabile alla semplice produzione del danno avrebbe il solo effetto processuale di invertire l'onere probatorio (Franceschetti, 21). Altri ritengono che la norma imponga al conducente un più elevato grado di diligenza, ricollegando la responsabilità anche alla colpa lievissima. Conseguentemente la prova liberatoria dovrà consistere nella dimostrazione di aver tenuto un comportamento non solo esente da colpa, ma anche particolarmente oculato e prudente, oltre il parametro della normale diligenza (Sica, Circolazione di veicoli, responsabilità e prova liberatoria, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 218 ss.). La giurisprudenza, invece, muovendo dal riferimento normativo all'azione del conducente, è pressoché univoca nel sostenere il fondamento colposo della responsabilità ricollegabile alla violazione delle regole generali di diligenza, prudenza, perizia. Si sostiene infatti, in numerose sentenze, che la presunzione stabilita dall'art. 2054,, non configura a carico del conducente una ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi esclusivamente dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 1135/2015; Cass. n. 16759/2014). Trattasi, dunque, di presunzione relativa, che può essere vinta dalla prova contraria della mancanza di colpa. Prova liberatoriaIn materia di incidenti derivanti dalla circolazione stradale, in base all'art. 2054, comma 2, l'accertamento della colpa, anche se grave, di uno dei due conducenti, non esonera l'altro dall'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, osservando le norme della circolazione stradale ed i normali precetti della prudenza, al fine di escludere la configurazione di un concorso di colpa a suo carico (Cass. n. 21056/2004; Cass. n. 20814/2004; Cass. n. 15847/2000). È evidente come l'affermazione di un siffatto principio, nella pratica, comporti che, di fronte ad una condotta gravemente colposa del conducente di uno dei due veicoli antagonisti, anche accertata in concreto (ad esempio, per circolazione nella corsia riservata ai veicoli procedenti nell'opposto senso di marcia, oppure per violazione delle regole sulla precedenza), si possa pervenire ad attribuire una responsabilità concorsuale in capo al soggetto che, pur non avendo commesso la violazione, era onerato dalla particolare regola di cui all'art. 2054 di tenere una condotta che gli consentisse di porre in essere le manovre di emergenza necessarie ed opportune a contrastare l'altrui imprudenza (Cass. n. 13271/2016; Cass. n. 9241/2016). Nel caso di scontro tra veicoli, la presunzione di pari responsabilità prevista dall'art. 2054 ha carattere sussidiario, dovendosi applicare soltanto nel caso in cui sia impossibile accertare in concreto il grado di colpa di ciascuno dei conducenti coinvolti nel sinistro (Cass. n. 8051/2016, ad avviso della quale in caso di tamponamento tra veicoli, la presunzione di pari colpa di entrambi i conducenti, di cui all'art. 2054, comma 2, è superata, ex art. 149, comma 1, cod. strada, dalla presunzione "de facto" di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante, sul quale grava l'onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il tamponamento è derivato da causa in tutto o in parte a lui non imputabile, che può consistere anche nel fatto che il veicolo tamponato abbia costituito un ostacolo imprevedibile ed anomalo rispetto al normale andamento della circolazione stradale); l'accertamento della intervenuta violazione, da parte di uno dei conducenti, dell'obbligo di dare la precedenza, non dispensa peraltro il giudice dal verificare il comportamento dell'altro conducente onde stabilire se quest'ultimo abbia a sua volta violato o meno le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti di prudenza, potendo l'eventuale inosservanza di dette norme comportare l'affermazione di una colpa concorrente (Cass. n. 6559/2013). In tema di presunzione di pari colpa la giurisprudenza ha fissato alcuni punti fermi che possono così sintetizzarsi: --a) la norma trova applicazione non solo nei casi in cui sia certo l'atto che ha causato il sinistro e sia incerto il grado di colpa attribuibile ai diversi conducenti, ma anche quando non sia possibile accertare il comportamento specifico che ha causato il danno. La conseguenza che se ne trae è che, in tutti i casi in cui l'atto generatore del sinistro sia ignoto, causa presunta dell'evento sono nella stessa misura i comportamenti di entrambi i conducenti coinvolti nello scontro, anche se uno soltanto di essi abbia riportato danni; —b) la presunzione opera in via sussidiaria, cioè solo qualora non si provi la diversa incidenza dei fattori causali concorrenti, la colpa esclusiva dell'altro conducente o la ricorrenza di altra causa sopravvenuta interruttiva del nesso causale; —c) l'accertamento della colpa, anche grave, di uno dei conducenti, non esonera l'altro dall'onere della prova liberatoria, al fine di consentire al giudice l'esclusione di un concorso di colpa a suo carico. L'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l'altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all'art. 2054, comma 2, nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno; e la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto - e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell'incidente - ma può anche indirettamente risultare tramite l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro conducente (Cass. n. 12610/2018). In tema di sinistro stradale e concorso di colpa, occorre una valutazione della condotta di entrambi i soggetti coinvolti ai fini della sua possibile sussistenza; l'infrazione pur grave commessa da uno di questi non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell'altro, ben potendo poi la condotta di uno dei due, comunque colpevole, non portare ad alcuna forma di concorso quando l'efficacia eziologica della condotta dell'altro risulti assorbente (Cass. n. 34163/2022, fattispecie relativa ad un sinistro mortale che aveva visto da un lato, il superamento del limite di velocità di pochi chilometri da parte di uno dei conducenti coinvolti, dall'altro, una invasione di corsia da parte del conducente deceduto in seguito al sinistro). Nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli e animali selvatici, ai fini dell'integrazione della fattispecie di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. è necessario provare che la condotta dell'animale sia stata la causa del danno, sicché non è sufficiente, per il danneggiato, dimostrare la presenza dell'animale sulla carreggiata e l'impatto tra quest'ultimo e il veicolo, essendo egli tenuto – anche ai fini di assolvere all'onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ex art. 2054, comma 1, c.c. – ad allegare e dimostrare l'esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possi bile presenza di animali selvatici) e che il contegno dell'animale selvatico abbia avuto effettivamente un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l'impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno (Cass. n. 11107/2023). La rilevanza della condotta colposa della vittima assume rilevanza ai fini risarcitori, giacché i n caso di domanda di risarcimento del danno iure proprio proposta dai congiunti della vittima di un sinistro stradale mortale, l'idoneità della condotta colposa dell'ucciso a concausare il danno deve essere apprezzata verificando, sulla base delle allegazioni e delle prove assunte a presupposto del giudizio di fatto, l'effettiva incidenza sull'evento morte della trasgressione della regola cautelare - generica o specifica - allo stesso ascritta (Cass. n. 34625/2023). Peraltro, in tema di circolazione stradale , il conducente che intende eseguire una svolta a sinistra deve astenersi dall'iniziarla, se non ha una chiara visione della strada retrostante e non riesce ad accertarsi della possibilità di eseguire la manovra senza pericolo o intralcio (Cass. n. 14791/2014, in applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva escluso la responsabilità, per il decesso di un motociclista, del conducente di un'autovettura, inserita in una colonna di veicoli, che, nell'eseguire una manovra di svolta a sinistra, aveva tagliato la strada al ciclomotore in fase di sorpasso, non avendolo potuto vedere sopraggiungere perché la visuale retrostante era ostruita dalla sagoma del furgone che la seguiva). È rilevante evidenziare che per l'assicurato-danneggiante non opera la copertura assicurativa obbligatoria per la r.c.a. soltanto nei casi in cui il veicolo sia stato utilizzato in contesti particolari ed avulsi dal concetto di circolazione sotteso dalla disciplina di cui all'art. 2054 c.c. e alla disciplina posta dal d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209. Per tali devono intendersi, esemplificativamente, gli usi del veicolo non come mezzo di trasporto e gli usi anomali, cioè non conformi alle caratteristiche dei veicoli ed alla loro funzione abituale (Cass. n. 26161/2024, nella specie, la Corte ha rinviato in appello la decisone sulla controversia relativa allo scontro tra un'autogrù e un mezzo semovente, in un'area interna di uno stabilimento industriale, per verificare se il mezzo meccanico fosse stato utilizzato all'interno dell'area in modo conforme alla sua funzione abituale e stabilire, di conseguenza, il tipo di responsabilità sorta). Assenza di scontroLa giurisprudenza di legittimità del tutto maggioritaria ha spiegato che la presunzione di corresponsabilità prevista dall'art. 2054, comma 2, è applicabile soltanto in ipotesi di scontro tra veicoli e non quando sia mancata la collisione tra gli stessi, posto che l'estensione del concetto di 'scontro' a tutte le ipotesi in cui si verifica un nesso eziologico tra le reciproche manovre e l'evento lesivo, contrasta sia con l'inequivoca lettera della legge — dato che l'espressione 'scontro' indica soltanto la collisione fisica — sia con la sistematica e la ratio della fattispecie (Cass. n. 12370/2006; Cass. n. 10026/1998; Cass. n. 10110/1997; Cass. n. 9051/1995, Cass. n. 3814/1979); nella giurisprudenza di merito Trib. Roma, 11 gennaio 2018, n. 657). Tamponamento a catenaNella ipotesi di tamponamento a catena tra macchine ferme, in quanto incolonnate, vige il principio, in base al quale la responsabilità di tutti i tamponamenti dei veicoli precedenti viene attribuita all'ultimo veicolo della colonna, l'unico in movimento (Cass. n. 132/1976; Cass. n. 140/1973). Nel caso di tamponamento a catena tra veicoli in movimento è invece consolidato il principio secondo il quale ai veicoli intermedi si applica la presunzione di pari concorso di colpa di cui al comma 2 dell'art. 2054 rispetto a ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), sulla base della inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante (Cass. n. 18234/2008; Cass. n. 4754/2004; Cass. n. 8646/2003), Ciò comporta, sul piano delle conseguenze risarcitorie, che ciascun conducente è responsabile dei danni subiti dal veicolo che lo precede ed è pertanto tenuto a sopportare in proprio le spese eventualmente occorse per la riparazione dei danni alla parte anteriore del suo veicolo, mentre ha diritto ad essere risarcito, dal «suo» tamponante, del danno subito alla parte posteriore. Conducente di autoveicolo in servizio di soccorso o di poliziaNella pratica non sempre è agevole individuare in qual modo e misura debbano contemperarsi il cd. diritto di urgenza dei conducenti in servizio (di soccorso o di polizia) e l'esigenza di tutela della sicurezza e della integrità fisica degli utenti della strada. La Suprema Corte è orientata nel senso di ritenere che tale conducente, benché esonerato dall'obbligo di stretta osservanza delle norme del codice stradale, sia comunque tenuto al rispetto delle norme di comune prudenza e non sia esentato dall'obbligo di diligenza nella condotta di guida (Cass. n. 3503/2016; Cass. n. 11323/1996: il conducente di autoveicoli della polizia, dei vigili del fuoco o di ambulanze, il quale circoli per servizio urgente e con le «sirene» in funzione, è esonerato dall'osservanza di obblighi e divieti inerenti alla circolazione stradale, ma non dal generale dovere di rispettare le norme di comune prudenza. Ne consegue che, in caso di sinistro (nella specie, investimento pedonale), resta onere del conducente fornire la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro (art. 2054, comma 1), pur se la inevitabilità altrimenti dell'evento va valutata tenendo conto della effettiva situazione di emergenza; Cass. n. 23218/2005: anche il conducente di autoveicoli della polizia, dei vigili del fuoco o di ambulanze, il quale circoli per servizio urgente di intervento o di pronto soccorso e con l'azionamento delle «sirene», non deve anteporre il proprio diritto di urgenza o di precedenza alla sicurezza e alla vita degli utenti della strada, sicché è tenuto a contemperarlo con l'esigenza di non nuocere gravemente agli altri, attentandone l'integrità fisica. Una responsabilità del suddetto conducente può, peraltro, ricorrere per la violazione di questo dovere solo nel caso in cui essa sia concretamente riconducibile ad una condotta omissiva o fattiva del medesimo, tale da configurare concausa o fattore determinante dell'incidente). Pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 19797/2005), anche nei casi di veicoli impegnati in servizi urgenti di istituto, art. 177, comma 2, d.lgs. n. 285/1992 (C.d.S.), pur autorizzando il conducente di detto mezzo — qualora usi congiuntamente il dispositivo acustico supplementare di allarme e quello di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, a violare le regole sulla circolazione stradale — non lo esonera dall'osservanza delle regole di comune prudenza e diligenza. Investimento del pedoneAltra questione è quella relativa al caso di investimento di un pedone. In materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo, alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti (Cass. n. 25027/2022, nella specie, il pedone aveva attraversato una strada a scorrimento veloce in ora notturna ove era vietato l'attraversamento pedonale, così ponendo in essere una condotta talmente imprevedibile e pericolosa da costituire colpa unica e sufficiente a causare l'evento). Tuttavia, la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo non esclude un concorso di colpa del pedone nella causazione del fatto, qualora risulti che il danneggiato abbia tenuto una condotta imprudente o non abbia usato l'ordinaria diligenza (per es. sia stato investito mentre attraversava, fuori dalle strisce pedonali poste a breve distanza, una strada non illuminata). Sul punto la Suprema Corte ha affermato che l'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, comma 1, dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno. Pertanto, anche nel caso in cui il pedone — nell'atto di attraversare la strada in un punto privo di strisce pedonali — abbia omesso di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed abbia iniziato l'attraversamento distrattamente, sussiste comunque una concorrente responsabilità del conducente il veicolo investitore, ove emerga che costui abbia tenuto una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo (Cass. n. 5399/2013). In epoca recente, si è osservato, però, che in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo, alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti (Cass. n. 25027/2019, nella specie, il pedone aveva attraversato una strada a scorrimento veloce in ora notturna ove era vietato l'attraversamento pedonale, così ponendo in essere una condotta talmente imprevedibile e pericolosa da costituire colpa unica e sufficiente a causare l'evento). Invero, nonostante la presunzione di colpa che grava sul conducente in caso di investimento, la condotta imprevedibile del pedone può determinarne la responsabilità, anche esclusiva (Cass. n. 17985/2020, fattispecie in cui il pedone è stato investito mentre percorreva una strada statale in stato di ebbrezza). Terzo trasportatoLa Corte di legittimità, ha precisato (Cass. n. 19934/2004; Cass. n. 8106/2006; Cass. n. 10042/2006) che la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà (quali sono, in ipotesi di sinistro stradale, i responsabili dello scontro, nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti) può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e l'eventuale diseguale efficienza causale di esse può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna dell'obbligazione passiva di risarcimento tra i corresponsabili; conseguentemente, il giudice del merito adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, o, comunque, in vista del regresso abbia chiesto tale accertamento in funzione della ripartizione interna, ovvero se il danneggiato abbia rinunziato alla parte del credito corrispondente al grado di responsabilità del coautore dell'illecito da lui non convenuto in giudizio (rinunzia non ravvisabile peraltro nel mero fatto di non aver agito anche contro quest'ultimo) o abbia, comunque, rinunziato ad avvalersi della solidarietà nei confronti del corresponsabile convenuto. Sul profilo processuale, si è precisato che nei giudizi sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale il terzo trasportato è incapace a deporre, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., quando abbia riportato danni in conseguenza del sinistro (Cass. n. 19121/2019). Vizi di costruzione e difetto di manutenzioneLa responsabilità di cui all'art. 2054, u.c., relativa alla circolazione dei veicoli, si configura in capo al conducente, al proprietario, all'usufruttuario, ovvero all'acquirente con patto di riservato dominio, ogniqualvolta il danno sia derivato da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo. La giurisprudenza qualifica la responsabilità prevista da questa disposizione come oggettiva, ed ammette che i soggetti di cui all'art. 2054 possano andare esenti da responsabilità soltanto dimostrando che il nesso causale tra il guasto ed il danno sia stato interrotto da un fattore esterno, che sia intervenuto con propria autonoma ed esclusiva efficienza causale nella determinazione del danno (Cass. n. 4754/2004). In questa ottica, analogamente a quanto accade per altri regimi speciali di responsabilità, ormai qualificati dalla giurisprudenza uniforme in termini di responsabilità oggettiva (si pensi, ad esempio, alla responsabilità per danno da cose in custodia di cui all'art. 2051), l'esimente può rinvenirsi esclusivamente in ipotesi di fortuito o forza maggiore. Ora, non vi è dubbio che, in tema di risarcimento danni derivanti dalla circolazione stradale, lo scoppio di uno pneumatico può costituire anche causa unica ed incolpevole dell'incidente ascrivibile al c.d. caso fortuito il quale, come ha già avuto modo di statuire la Suprema Corte, qualora rappresenti l'unica causa che abbia determinato l'evento dannoso, fa venir meno la presunzione di colpa stabilita dall'art. 2054, in quanto non si può rispondere per colpa extracontrattuale di un fatto non preveduto che, secondo la comune esperienza e il normale svolgersi degli eventi, non sia neppure prevedibile (Cass. n. 13268/2006). 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