Codice Civile art. 2073 - [Denunzia] (1).[Denunzia] (1). (1) Articolo da ritenersi abrogato a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo disposta dal r.d.l. 9 agosto 1943, n. 721 e delle organizzazioni sindacali fasciste ad opera del d.lg.lt. 23 novembre 1944, n. 369. InquadramentoLa norma, concernendo solamente i contratti corporativi, è inapplicabile ai contratti collettivi post-corporativi (Cass. n. 6408/1993). La durata del contratto collettivo è generalmente prevista nel contratto medesimo, anche se può accadere che le parti nulla dispongano in merito. In questi casi si pone dunque il problema della recedibilità delle parti dal contratto collettivo da esse stipulato. Il recesso dal contratto collettivo di diritto comuneLa giurisprudenza afferma che la cessazione dell'efficacia dei contratti collettivi di diritto comune, coerentemente con la loro natura negoziale, dipende dalla scadenza del termine nei medesimi stabilito oppure dall'esercizio di facoltà di recesso o disdetta, ugualmente prevista da specifiche clausole contrattuali ovvero riconducibile ad un principio generale operante in relazione a qualsiasi contratto di durata (Cass. n. 10375/1998; Cass. n. 6408/1993). Infatti, il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, rispondendo all'esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio, la quale è in sintonia con il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto e va dunque ammessa la normale recedibilità dai contratti collettivi di diritto comune stipulati senza l'indicazione del termine finale (Cass. n. 8360/1996); tanto più perché, se si ammettesse che il contratto collettivo senza predeterminazione di un termine di efficacia vincoli per sempre tutte le parti contraenti, si finirebbe per vanificare la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve parametrarsi su una realtà socio economica in continua evoluzione (Cass. n. 19351/2007). Restano salvi, tuttavia, i diritti che siano entrati nel patrimonio dei lavoratori quale corrispettivo per prestazioni già rese ed in relazione ad una fase del rapporto già esaurita (Cass. n. 18548/2009). Con specifico riferimento alle forme di previdenza convenzionali, si afferma che la rideterminazione delle regole in tema di prestazioni e finanziamento relativamente a tali forme di previdenza complementare non può incidere negativamente sulla posizione di coloro che, avendo maturato i requisiti ed esercitato il relativo diritto, hanno ormai conseguito il trattamento pensionistico, né sulla posizione di coloro che, avendo maturato i requisiti, non hanno ancora esercitato il relativo diritto, mentre, per quanto concerne gli iscritti che non abbiano maturato i requisiti per il conseguimento del trattamento pensionistico, si sostiene che non può escludersi la configurabilità di limiti alle suddette modificazioni, limiti derivanti sia nella garanzia normativa di cui all'art. 2117, sia nel principio di ragionevolezza delle medesime, sia, infine, nella tutela che le stesse fonti convenzionali apprestano alle posizioni soggettive che si costituiscono in una fattispecie a formazione progressiva, costituita da capitale in via di accumulo, vincolato a beneficio di tutti gli iscritti al fondo e non incondizionatamente azzerabile (Cass. n. 6361/2003; Cass. n. 15863/2002; Cass. n. 689/2000; Cass. n. 6427/1998). Anche in dottrina è decisamente prevalente la tesi della libera recedibilità dal contratto collettivo privo di indicazione di termine finale (Rescigno, 579; Maresca 1995, 35; Tursi 1993, 449). La disdetta di un contratto collettivo vigente è un atto ricettizio, efficace solo se e quando sia comunicato alla controparte (Cass. n. 10349/2000). 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