Codice Civile art. 2126 - Prestazione di fatto con violazione di legge.

Paolo Sordi

Prestazione di fatto con violazione di legge.

[I]. La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione [2332], salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa [1343 ss., 1346].

[II]. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione [2098].

Inquadramento

La norma in commento, disponendo che la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione (salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa) e che, se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione, detta, rispetto al contratto di lavoro, una disciplina speciale rispetto a quella prevista in generale per i contratti. Essa stabilisce, infatti, un'efficacia giuridica parzialmente corrispondente a quella prodotta dal rapporto tipico (Dell'Olio, 1970, 169).

In particolare, l'articolo in esame, se non deroga alla disciplina generale dell'invalidità del contratto per il periodo successivo alla dichiarazione della nullità o alla pronuncia di annullamento, onde non sorgono in capo al lavoratore l'obbligo lavorare e in capo al datore quello di cooperare all'adempimento in funzione della retribuzione (Carinci-De Luca Tamajo-Tosi-Treu, 69), disciplina gli effetti già realizzatisi di un rapporto di fatto in concreto svoltosi tra le parti, assicurando al lavoratore le utilità normalmente scaturenti dall'esecuzione della prestazione lavorativa, per sua natura irripetibile.

Casistica

Secondo la giurisprudenza, l'art. 2126 si applica anche alle ipotesi di prestazione del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (Cass. n. 991/2016; Cass. n. 10426/2014; Cass. n. 22320/2013). E ciò anche quando il rapporto sia affetto da nullità perché non assistito da regolare atto di nomina o addirittura vietato da norma imperativa (Cass. n. 1639/2012). Tale è il caso anche dell'annullamento, in sede di autotutela, degli atti della procedura concorsuale sul presupposto della quale è stato stipulato il contratto di lavoro: l'esecuzione della prestazione in base al contratto rende comunque operante in favore del lavoratore la disposizione di cui all'art. 2126 (Cass. n. 23420/2004).

Identica conclusione è stata affermata in riferimento alle prestazioni lavorative rese dal lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno (Cass. n. 18540/2015; Cass. n. 7389/2010). La giurisprudenza non dubita, poi, dell'applicabilità della norma ai casi di contratti di lavoro nulli per mancata iscrizione del lavoratore ad albi che, secondo la disciplina legislativa, condiziona l'esercizio di quell'attività (Cass. n. 1256/2016 e Cass. n. 3385/2011, con riferimento al caso della mancata iscrizione nell'albo dei praticanti giornalisti; a quest’ultimo riguardo v., nel caso in cui il lavoratore sia iscritto all’albo dei pubblicisti e non a quello dei giornalisti, Cass. S.U., n. 1867/2020). Ciò a meno che per lo svolgimento di un'attività lavorativa, sia richiesta dalla legge un'abilitazione o un titolo di studio abilitante, in ragione del'incidenza di tale attività sulla salute pubblica, o sulla sicurezza pubblica, casi in cui la prestazione lavorativa, svolta in carenza di detti presupposti è, anche ai fini di cui all'art. 2126, illecita, perché in violazione di norme imperative attinenti all'ordine pubblico e poste a tutela di diritti fondamentali della persona, e, di conseguenza, non è in alcun modo utile ai fini del riconoscimento della qualifica superiore né ai fini del conseguimento della maggiore retribuzione corrispondente al detto inquadramento (Cass. n. 15450/2015; Cass. n. 3432/1985; v. tuttavia, in senso diverso, Cass. n. 25756/2008).

La giurisprudenza esclude, invece, che disposizioni dell'art. 2126 trovino applicazione ai rapporti di lavoro autonomo, sia pure aventi le caratteristiche della parasubordinazione, trattandosi di norme a carattere eccezionale attinenti al lavoro subordinato (Cass. n. 23265/2007; Cass. n. 6260/2006; Cass. n. 5941/2004).

La giurisprudenza esclude l'applicabilità della norma in commento nel caso di prestazione lavorativa eseguita contro la volontà dell'imprenditore, come in ipotesi di occupazione della fabbrica (Cass. n. 2001/1965).

La giurisprudenza ritiene invece assistita dalla tutela fornita dall'art. 2126 l'indennità sostitutiva di ferie non godute, perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo (Cass. n. 18606/2004).

Analoga la decisione assunta rispetto alla prestazione eseguita dai lavoratori socialmente utili che, per contenuto ed orario, si discosti da quella dovuta in base al programma originario e che venga resa in contrasto con norme poste a tutela del lavoratore (Cass. n. 13472/2016; Cass. n. 10759/2009).

L'illiceità dell'oggetto o della causa

L'illiceità dell'oggetto o della causa esclude l'operatività della tutela apprestata dall'art. 2126, con conseguente applicabilità della disciplina comune per i negozi giuridici invalidi (in dottrina, Dell'Olio, 1970, 153; Mazziotti, 254).

La giurisprudenza costituzionale ha affermato che tale illiceità non può ravvisarsi nella mera contrarietà a norma imperativa, configurandosi invece quale lesione dei principi di ordine pubblico strettamente intesi, ossia dei valori giuridici ed etici fondamentali dell'ordinamento (Corte cost. n. 296/1990). Ad avviso della giurisprudenza, costituisce causa illecita la comune intenzione delle parti di costituire un rapporto previdenziale vietato da norme imperative di ordine pubblico perché afferente ad un rapporto denunciato all'ente previdenziale come subordinato, ma rivelatosi ab origine mancante del vincolo della subordinazione (Cass. n. 5516/1999). Analogamente, si è esclusa l'operatività della norma in oggetto in caso di violazione del divieto (penalmente sanzionato) di assumere o mantenere in servizio, per la produzione, preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, personale non munito del libretto d'idoneità sanitaria, trattandosi di norma imperativa attinente all'ordine pubblico e posta a tutela non del prestatore di lavoro, bensì del diritto alla salute, costituzionalmente garantito alla generalità dei cittadini (Cass. n. 3302/1985).

Diritti del lavoratore

La giurisprudenza afferma che dall'art. 2126 discende, non solo il diritto alla retribuzione (assistito dalla garanzia dell'art. 36 Cost. e conseguente applicazione delle tariffe stabilite dalla contrattazione collettiva: Cass. n. 12326/2003; Cass. n. 213/1987), ma anche quello alla regolarizzazione della posizione contributiva previdenziale (Cass. n. 1639/2012; Cass. n. 12749/2008) ed, eventualmente, al risarcimento dei danni per omessa contribuzione (Cass. n. 12946/1999).

Il lavoratore ha diritto, poi, al trattamento di fine rapporto (Cass. n. 9615/1987; Cass. n. 4139/1987).

È dovuta anche l'indennità sostitutiva del preavviso, anche in caso di morte, ai sensi dell'art. 2122 (Cass. n. 3052/1988).

Proprio perché, come già precisato, l'equiparazione del contratto di lavoro invalido a quello valido, disposta dall'art. 2126, è limitata agli effetti retributivi del lavoro già prestato e non è idonea a fondare pretese conservative del lavoratore, finita l'esecuzione delle prestazioni lavorative, non trova applicazione la tutela contro i licenziamenti illegittimi (Cass. n. 25300/2007; Cass. n. 24247/2007; Cass. n. 27608/2006).

Secondo la giurisprudenza, atteso che, ai sensi dell'art. 2948, n. 4 (nel testo risultante dalle sentenze della Corte costituzionale), la prescrizione quinquennale resta sospesa durante l'esecuzione del rapporto di lavoro non assistito da garanzia di stabilità, e che nelle ipotesi di prestazioni di fatto con violazione di legge — incompatibili con il licenziamento, ma comportanti la più assoluta libertà del datore di lavoro di rifiutare la prestazione — è radicalmente esclusa la situazione di stabilità, i termini prescrizionali dei relativi crediti, spettanti ex art. 2126, restano sospesi durante il rapporto (Cass. n. 23472/2007).

Bibliografia

Amoroso-Di Cerbo-Fiorillo-Maresca, Diritto del lavoro. Il lavoro pubblico, Milano, 2011; Apicella, Lineamenti del pubblico impiego «privatizzato», Milano, 2012; Campanella, Prestazione di fatto e contratto di lavoro, Milano, 2013; Carinci-De Luca Tamajo-Tosi-Treu, Diritto del lavoro. Il rapporto di lavoro subordinato, Torino, 2011; Dell'Olio, La prestazione di fatto del lavoro subordinato, Padova, 1970; Faioli, Il lavoro prestato irregolarmente, Milano, 2008; Dell'Olio, Lavoro a domicilio, in Noviss. dig. it., App., IV, Torino, 1983, 707; D'Harmant Francois, Lavoro a domicilio, in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, 440; Guarnieri, L'interposizione ingiustificata nei rapporti di lavoro: la problematica civilistica, in Riv. dir. lav. 1987, I, 432; Mazziotti, Contenuto ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974; Mazzotta, Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Milano, 1979; Napoletano, Divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti e nei servizi, in Riv. giur. lav. 1961, I, 20; Nogler, Lavoro a domicilio, Milano, 2000; Zoli, Prestazione di fatto e lavoro pubblico, in Arg. dir. lav. 2001, 469;

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