Codice Civile art. 2145 - Diritti ed obblighi del concedente.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Diritti ed obblighi del concedente.

[I]. Il concedente conferisce il godimento del podere, dotato di quanto occorre per l'esercizio dell'impresa [2146] e di un'adeguata casa per la famiglia colonica.

[II]. [La direzione dell'impresa spetta al concedente, il quale deve osservare le norme della buona tecnica agraria] (1).

(1) Comma implicitamente abrogato dall'art. 6 l. 15 settembre 1964, n. 756, secondo cui «il mezzadro collabora con il concedente nella direzione dell'impresa. A tal fine le parti concordano tutte le decisioni di rilevante interesse, secondo le esigenze della buona tecnica agraria».

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 2145, come modificato dall'art. 6 l. n. 756/1964, il concedente, pur restando alla direzione dell'impresa, ne rimane limitato per il diritto di collaborazione spettante al mezzadro, con la conseguenza che gli è precluso di assumere, in contrasto con la volontà di quest'ultimo (e senza il previo parere del capo dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura), «decisioni di rilevante interesse» nella direzione stessa, come quella di immutare un ordinamento culturale per molti anni praticato concordemente (Cass. n. 1933/1984). L'irrazionalità dell'impianto di un frutteto non può ascriversi aprioristicamente ad inadempimento del mezzadro, occorrendo accertare se il concedente — nell'ambito dei poteri di direzione dell'impresa — abbia assunto l'imputazione della concreta messa a dimora delle piante e il rischio di essa, ovvero se il mezzadro — assumendo, nell'inerzia del concedente, funzione vicaria della direzione mancata — fosse tenuto all'osservanza delle norme della buona tecnica agraria nella progettazione esecutiva e nella realizzazione della piantagione (Cass. n. 6933/1982). Nell'ipotesi di comunione indivisa di un fondo unitariamente concesso a mezzadria, pur non potendosi parlare di contitolarità nella gestione di un'impresa agricola da parte di tutti i soggetti associati, e cioè concedenti e mezzadro, si costituisce tra i comproprietari del fondo indiviso — proprio a causa della sua concessione a mezzadria — una vera e propria comunione d'impresa e non una comunione di mero godimento: ne consegue che, a norma dell'art. 2257, ciascun contitolare può compiere, se non sia stato stabilito diversamente tra le parti, atti di ordinaria amministrazione nell'ambito dell'attività propria di quell'impresa anche disgiuntamente dagli altri, salve le possibili opposizioni da parte di ciascuno di essi, poiché, sebbene tale norma sia dettata in tema di società semplice, essa trova indubbio campo di applicazione in tutte le ipotesi di gestione in Forma associata di un'impresa, anche se prive di carattere societario in senso stretto, com'e appunto la comunione d'impresa (nella specie, la suprema Corte ha ribadito la legittimità della richiesta di rendiconto al mezzadro da parte di uno dei comproprietari del fondo separatamente dagli altri, ritenendolo semplice atto di amministrazione della cosa comune) (Cass. n. 2933/1976).

Poteri di direzione del concedente e del concessionario

Il potere di direzione spettante al solo concedente, nel rapporto di mezzadria, giusta la disciplina normativa stabilita con il codice civile (art. 2145 cpv.), doveva esercitarsi con spirito di collaborazione nell'interesse comune del concedente e del mezzadro, ed aveva per contenuto la direzione amministrativa e tecnica dell'impresa mezzadrile, nell'ambito della necessaria salvaguardia, non solo della capacita — produttiva del podere, mediante l'osservanza delle norme della buona tecnica agraria, ma anche del rapporto di efficienza, rispetto a tale capacita del podere, degli apporti, in mezzi strumentali ed in attività lavorativa, dovuti dal concedente e dal mezzadro — sicché, il primo non poteva, allegando il proprio potere di direzione, modificare detto rapporto e rendere più gravosa la prestazione della famiglia mezzadrile. La validità di tali principi è stata confermata dall'evoluzione legislativa realizzatasi con la l. n. 756/1964, che, all'art. 6, stabilisce che il mezzadro collabora con il concedente nella direzione dell'impresa e che, a tal fine, le parti concordano tutte le decisioni di rilevante interesse, secondo le esigenze della buona tecnica agraria. Inoltre, il potere di direzione del concedente trovava e trova un preciso limite, rispetto agli elementi di organizzazione colturale del podere, divenuti di proprietà comune del concedente e del mezzadro, nel rispetto del diritto dominicale di quest'ultimo, in conformità delle norme concernenti la comunione (Cass. n. 2870/1967). La funzione direttiva spettante al concedente, a norma dell'art. 2145, non elide l'obbligo di manutenzione del fondo gravante sul mezzadro, e non implica perciò esonero di questo dalla responsabilità per i danni causati da omessa o negligente manutenzione del fondo, all'infuori di erronee direttive da parte del concedente. Ancor meno da codesta responsabilità può il mezzadro andare immune nel vigore della l. n. 756/1964, con la quale è venuta totalmente a cessare la possibilità di configurare una posizione di subordinazione del mezzadro rispetto al concedente (Cass. n. 1032/1970). L'art. 6 l. n. 765/1964, se non ha privato il concedente della direzione dell'impresa, ne ha notevolmente limitato il carattere esclusivo disponendo al comma 1 che il mezzadro collabora con il concedente nella direzione dell'impresa, in modificazione del comma 2 dell'art. 2145, disponendo, nel comma 2, che in caso di disaccordo e data facoltà a ciascuna delle parti di chiedere il parere dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura per cui, di conseguenza, le decisioni del concedente non sono più prevalenti in senso assoluto sul diverso avviso del mezzadro) ed infine stabilendo, al comma 3, che nelle compravendite di cose o prodotti compiute nel comune interesse il mezzadro ha diritto di partecipare col concedente alle relative operazioni. Non ha precisato la l. n 765/1964 come deve essere in definitiva risolto l'eventuale disaccordo fra concedente e mezzadro nella direzione dell'impresa in genere e nella compravendita dei prodotti in particolare, e se, salva l'instaurazione di un giudizio per dirimere la controversia, fra le parti prevalga l'una o l'altra decisione ma e certo che gli eventuali usi sull'attribuzione esclusiva al concedente della direzione dell'impresa sono in contrasto con la norma dello art. 6 della legge e, comunque, non sono applicabili perché usi non favorevoli al mezzadro (Cass. n. 2475/1971). 

Bibliografia

Carrara, I contratti agrari, Torino, 1954, 825; Cattaneo, in Contratti agrari associativi, Manuale di diritto agrario italiano (a cura di Irti), Torino, 1978, 331; Giuffrida, Imprenditore agricolo, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 557.

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