Codice Civile art. 2159 - Scioglimento del contratto.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Scioglimento del contratto.

[I]. Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento [1453 ss.], ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.

Inquadramento

Il contratto di mezzadria può essere sciolto, ai sensi dell'art. 2159, anche per gli inadempienti delle obbligazioni contrattuali non sufficientemente gravi per giustificare la risoluzione per inadempimento o per fatti obiettivi non imputabili alle parti, quando gli uni o gli altri siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto, quali gli inadempienti che dipendono dalla violazione dell'obbligo di buona fede e di lealtà nella esecuzione del contratto o i fatti che, concretandosi nella mancanza dei prodotti e degli utili, rendono antieconomica la prosecuzione del rapporto, privandolo del suo scopo (Cass. n. 11000/1992). La risoluzione in tronco del rapporto di mezzadria prevista dall'art. 2159 non costituisce un'ipotesi di risoluzione per inadempimento caratterizzata dalla particolare gravità dello stesso, ma può essere pronunciata anche per fatti che non costituiscono inadempimento, purché siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto, anche in relazione a rapporti mezzadrili soggetti a proroga (Cass. n. 11468/1990). L'art. 2159, il quale, facendo salva la disciplina della risoluzione per inadempimento, prevede la possibilità di chiedere lo scioglimento del rapporto di mezzadria per il verificarsi di fatti tali da non consentirne la prosecuzione, autorizza detto scioglimento anche per fatti diversi da quelli costituenti violazione degli obblighi contrattuali, ma non osta a che questa violazione, specie se non presenti gravità tale da giustificare la risoluzione per inadempimento, sia deducibile e valutabile, al fine indicato, come situazione incompatibile con la prosecuzione del rapporto stesso (Cass. n. 5452/1983). In tema di scioglimento del contratto l'art. 2159, facendo espressamente salve le norme generali sulla risoluzione per inadempimento, si applica anche a ipotesi nelle quali la continuazione del rapporto è impedita da fatti diversi dalla violazione degli obblighi contrattuali, anche non attribuibili a colpa di alcuna delle parti ma che, apprezzati in relazione alle esigenze oggettive dell'azienda agricola, rendano non più economicamente utile la prosecuzione del rapporto e, quindi, si appalesano idonei a impedirne la normale funzionalità (Cass. n. 338/1986).

Scioglimento per fatti impeditivi della prosecuzione del rapporto

Il potere del concedente di vendere i prodotti che secondo gli usi non sono divisibili in natura non è di carattere formale, ma costituisce manifestazione del suo potere di direzione dell'impresa associata. La risoluzione in tronco del rapporto di mezzadria prevista dall'art. 2159 non costituisce una ipotesi di risoluzione per inadempimento caratterizzata dalla particolare gravità dello stesso, ma può essere invece pronunciata anche per fatti che non costituiscono inadempimento, purché siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto. Qualora siano venduti prodotti che secondo gli usi non sono divisibili in natura, il concedente non è tenuto a dividere immediatamente con il mezzadro il ricavato dalla vendita, ma deve, salvo le pattuizioni in contrario, accreditare il mezzadro stesso della sua quota, addebitandogli la parte di spese a suo carico sul libretto colonico (Cass. n. 1008/1953).

La risoluzione in tronco del rapporto di mezzadria prevista dall'art. 2159 non costituisce un'ipotesi di risoluzione per inadempimento caratterizzata dalla particolare gravità dello stesso, ma può essere pronunciata anche per fatti che non costituiscono inadempimento, purché siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto, anche in relazione a rapporti mezzadrili soggetti a proroga (Cass. n. 11468/1990). Le disposizioni vincolistiche di proroga non hanno abrogato l'istituto della risoluzione in tronco previsto per la mezzadria dall'art. 2159, e applicabile anche ai contratti di Colonia parziaria per il richiamo operato dall'art. 2169, nei casi in cui si verifichino fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto. Tale risoluzione, essendo stabilita in relazione ad ipotesi di crisi del rapporto che ne minano oggettivamente la base fiduciaria, può essere invocata anche per fatti diversi dalla violazione degli obblighi contrattuali, indipendentemente, ove essi abbiano radice in comportamenti umani, dalla volontarietà o colpevolezza di questi ultimi, con l'ovvio limite che la situazione ostativa alla prosecuzione del rapporto non sia stata a questo fine scientemente provocata dal comportamento unilaterale di una delle parti (Cass. n. 4727/1982).

Gli artt. 2159 e 2169, nel contemplare lo scioglimento del contratto di mezzadria o di colonia parziaria «per il verificarsi di fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto», non si riferiscono soltanto alla violazione di specifici obblighi derivanti dal contratto stesso, ma includono ogni situazione di crisi che mini oggettivamente la base fiduciaria del rapporto e ne impedisca la continuazione, ancorché non attribuibile a colpa dell'una o dell'altra parte, e comprendendo, pertanto, anche il caso dell'insorgere di un radicale ed insanabile contrasto fra le parti, pure se dovuto a ragioni esterne al rapporto medesimo (Cass. n. 2650/1986). L'art. 2159, facendo espressamente salve le norme generali sulla risoluzione per inadempimento, si applica anche a ipotesi nelle quali la continuazione del rapporto è impedita da fatti diversi dalla violazione degli obblighi contrattuali, anche non attribuibili a colpa di alcuna delle parti ma che, apprezzati in relazione alle esigenze oggettive dell'azienda agricola, rendano non più economicamente utile la prosecuzione del rapporto e, quindi, si appalesano idonei a impedirne la normale funzionalità (Cass. n. 338/1986). Nel caso in cui il colono abbia comunicato al concedente la sua intenzione di considerare sciolto il contratto per la sopravvenienza di circostanze che non consentano la prosecuzione del rapporto ed il concedente, senza dare alcuna risposta, abbia ripreso il possesso del fondo, concedendolo ad altri per la coltivazione, legittimamente il giudice del merito può ritenere fondata la presunzione che il concedente abbia riconosciuto l'effettiva esistenza di quelle ragioni che non consentono la prosecuzione del rapporto e giustificano lo scioglimento del contratto (Cass. n. 247/1974).

Casistica

L'art. 2159, facendo espressamente salve le norme generali sulla risoluzione per inadempimento, si applica ad ipotesi di crisi del rapporto che ne minano oggettivamente la base fiduciaria e ne impediscono la continuazione, per fatti anche diversi dalla violazione degli obblighi contrattuali e anche non attribuibili a colpa di una o dell'altra parte. La circostanza che una delle parti abbia sporto denunzie contro l'altra non costituisce — tuttavia — da sola motivo di risoluzione a favore della parte che le ha subite, occorrendo accertare se esse siano state calunniose o almeno pretestuose, non giustificate o inutilmente persecutorie, si da costituire, anziché legittimo Esercizio di un diritto, abuso o uso inopportuno di esso, e da incidere tanto gravemente sul rapporto (nella specie, di Colonia) da renderne impossibile la continuazione (Cass. n. 1708/1974). In materia di contratti agrari, le disposizioni vincolistiche di proroga non hanno abrogato l'istituto della risoluzione in tronco previsto per la mezzadria dall'art. 2159, e applicabile anche ai contratti di colonia parziaria per il richiamo operato dall'art. 2169, nei casi in cui si verifichino fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto. Tale risoluzione, essendo stabilita in relazione ad ipotesi di crisi del rapporto che ne minano oggettivamente la base fiduciaria, può essere invocata anche per fatti diversi dalla violazione degli obblighi contrattuali, indipendentemente, ove essi abbiano radice in comportamenti umani, dalla volontarietà o colpevolezza di questi ultimi, con l'ovvio limite che la situazione ostativa alla prosecuzione del rapporto non sia stata a questo fine scientemente provocata dal comportamento unilaterale di una delle parti (Cass. n. 4727/1982). La risoluzione in tronco del rapporto di mezzadria prevista dall'art. 2159 non costituisce un'ipotesi di risoluzione per inadempimento caratterizzata dalla particolare gravità dello stesso, ma può essere pronunciata anche per fatti che non costituiscono inadempimento, purché siano tali da non consentire la prosecuzione del rapporto, anche in relazione a rapporti mezzadrili soggetti a proroga (Cass. n. 11468/1990).

Risoluzione per inadempimento

La risoluzione per inadempimento della colonia parziaria per motivi attinenti allo svolgimento del contratto può essere pronunciata solo nei casi indicati dall'art. 5 l. n. 203/1982, applicabile, ai sensi degli artt. 34 ultimo comma e 25 l. n. 203/1982, anche ai contratti associativi non convertiti, quali la mezzadria e la colonia parziaria, e la relativa domanda deve essere preceduta (a pena d'inammissibilità) dalla contestazione dell'inadempimento del colono a termini del disposto del comma 3 dell'art. 5 l. n. 203/1982 (Cass. n. 2327/1992). Il precetto di cui all'art. 5, comma 3, l. n. 203/1982 — a norma del quale il locatore, prima di ricorrere all'autorità giudiziaria, è tenuto a contestare all'altra parte l'inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste — non è applicabile alla speciale ipotesi di risoluzione del rapporto associativo, prevista dall'ultimo comma dell'art. 31 l. n. 203/1982, per la mancata realizzazione, nei termini, del piano di sviluppo approvato dalla pubblica amministrazione (Cass. n. 8386/1995). Alla mezzadria, la quale è caratterizzata da una associazione tra le parti per la conduzione del podere, fondata sulla reciproca fiducia e collaborazione, non è applicabile, in ordine agli inadempimenti del mezzadro lesivi del vincolo fiduciario, la sanatoria prevista dall'art. 5 l. n. 203/1982, il cui richiamo da parte del successivo art. 34 è limitato alle disposizioni di natura sostanziale e non a quelle processuali (Cass. n. 2463/1991).

Per il richiamo operato dall'art. 34 l. n. 203/1982, al contratto di mezzadria si applicano le cause di risoluzione previste, con riferimento ai contratti di affitto, dall'art. 5 l. n. 203/1982 la cui previsione, essendo sostanzialmente eguale a quella di cui all'art. 4, lett. a) d.lgs.lgt. n. 157/1945, ricomprende — pur non facendone espressa menzione — anche la violazione degli obblighi inerenti alla fedeltà nell'esecuzione del contratto, che la precedente norma espressamente prevedeva, stante il carattere esemplificativo dell'enumerazione contenuta nel richiamato art. 5 — nonché l'ampiezza della indicazione circa «i gravi inadempimenti contrattuali» (Cass. n. 6255/1984). La sanatoria dell'inadempienza entro il termine di tre mesi dal ricevimento della contestazione da parte del concedente — prevista, in tema di contratti agrari, dall'art. 5 l. n. 203/1982 — trova applicazione limitatamente a quegli inadempimenti che siano passibili di tale sanatoria (quali la morosità, gli obblighi di razionale coltivazione e manutenzione del fondo, il divieto di subaffitto) o che consentano il ripristino dello equilibrio economico e la base fiduciaria del rapporto, restandone invece esclusi quelli che abbiano origine in una condotta del coltivatore avente i caratteri della violenza e della frode e che integra ipotesi di reato (Cass. n. 6255/1984).

I criteri di valutazione della gravità dell'inadempimento stabiliti dal comma 4 dell'art. 5 l. n. 203/1982, a norma del quale la morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto ai sensi del secondo comma del medesimo articolo quando si concreti nel mancato pagamento del canone per almeno una annualità, sono vincolanti per il giudice solo con riguardo al rapporto di affitto, al quale la norma si riferisce, e non per gli altri contratti agrari associativi (Cass. n. 8450/1993). In tema di risoluzione di contratti agrari, l'accertamento se gli inadempimenti contestati al mezzadro siano di tale intensità da infrangere irreparabilmente la fiducia che deve caratterizzare un rapporto fondato principalmente sulla leale collaborazione delle parti e la cui gravità va desunta non dai singoli fatti ma in base ad una valutazione globale, senza esclusivo riferimento alle sole conseguenze di ordine economico, costituisce valutazione di fatto, incensurabile in Sede di legittimità, se esente da vizi logici od errori di diritto (Cass. n. 480/1988). In tema di risoluzione di contratti agrari, seppure la particolare gravità dell'inadempimento — da valutare non con esclusivo riferimento alle conseguenze di ordine economico, ma tenendo anche presente la peculiarità del rapporto (nella specie, di mezzadria), fondato sulla leale collaborazione tra le parti e sulla reciproca fiducia — va desunta non dal singolo fatto, ma dal complesso di essi, tuttavia, al fine di operare siffatta globale valutazione, il giudice del merito può soffermarsi partitamente sui singoli addebiti mossi al preteso inadempimento, onde verificare la loro concreta sussistenza o la integrazione di altrettante violazioni di clausole contrattuali (Cass. n. 7553/1983).

La pronuncia di risoluzione di un rapporto di mezzadria è inutiliter data se non e emessa nei confronti di tutti i titolari del rapporto stesso (Cass. n. 1072/1974).

Bibliografia

Carrara, I contratti agrari, Torino, 1954, 825; Cattaneo, in Contratti agrari associativi, Manuale di diritto agrario italiano (a cura di Irti), Torino, 1978, 331; Giuffrida, Imprenditore agricolo, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 557.

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