Codice Civile art. 2214 - Libri obbligatori e altre scritture contabili.Libri obbligatori e altre scritture contabili. [I]. L'imprenditore che esercita un'attività commerciale [2195] deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari [2215, 2216; 634 c.p.c.] (1). [II]. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa [200 trans.] e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e della fatture spedite [2220, 2709-2711]. [III]. Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori [2083]. (1) V. artt. 13 e 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché art. 12 d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435. InquadramentoLe scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e monetari, dei singoli atti dell'impresa, della situazione patrimoniale dell'imprenditore e del risultato economico dell'attività svolta (Campobasso, 123; Nigro, in Tr. Gal. 1978, 213). La tenuta delle scritture contabili costituisce un obbligo per l'imprenditore commerciale. Si è lungamente dibattuto in ordine alla funzione della tenuta della contabilità e, in particolare, sull'individuazione degli interessi tutelati attraverso l'imposizione di essa. Secondo un primo orientamento, la contabilità costituisce, a tutela dell'interesse del (solo) imprenditore, uno strumento di controllo sull'andamento dell'impresa, consentendo di conoscerne i risultati, e sull'operato dei dipendenti (Ferri, 124). Secondo altro orientamento, invece, la tenuta della contabilità sarebbe imposta al fine di precostituire uno strumento di controllo esterno sull'attività dell'imprenditore a tutela di interessi ad esso esterni (singoli creditori, massa dei creditori, fisco, interessi pubblici al controllo ed al regolare funzionamento dell'impresa) (Galgano, 155). Altra dottrina, invece, ha evidenziato la neutralità funzionale dei fenomeni organizzativi (Nigro, 259) tra i quali anche la tenuta della contabilità: in questa prospettiva, la tenuta delle scritture contabili è indispensabile per la razionale condotta dell'impresa e il correlativo obbligo garantisce tutti gli interessi coinvolti dalle imprese in quanto funzionale ad un ordinato ed efficiente svolgimento delle relazioni di mercato (Campobasso, 123, nt. 16). I soggetti obbligatiLa disciplina prevista dall'articolo in commento non si applica al piccolo imprenditore e, dunque, anche ai piccoli imprenditori che svolgono attività commerciale. Le società commerciali, ad eccezione della società semplice, sono soggette all'obbligo di tenuta delle scritture anche se non esercitano attività commerciale (Campobasso, 124) e ciò in quanto gli artt. 2302, 2421, 2423 e 2478 impongono la tenuta delle scritture e la redazione del bilancio senza distinguere tra oggetto commerciale o non commerciale di esse (Campobasso, ibidem). Le scritture obbligatorieLa norma pone un principio generale secondo il quale l'imprenditore deve tenere tutte le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e stabilisce, quindi, che devono in ogni caso essere tenuti il libro giornale ed il libro degli inventari (Campobasso, 125). La norma prevede, infine, che devono essere ordinatamente conservati, per ciascun affare, gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta e le copie di quella spedita. I libri delle adunanze e delle deliberazioni degli organi societari documentano unicamente il processo formativo della volontà dell'organo collegiale, e non sono idonei a costituire prova dei rapporti intercorrenti tra la società ed i terzi (Cass. n. 1762/1984). Gli estratti conto comunicati dalla banca al cliente e non impugnati hanno efficacia di prova tra le parti, non già quali scritture contabili dell'impresa, a norma dell'art. 2709, bensì a norma dell'art. 1832, richiamato dall'art. 1857, cioè con riguardo all'effettività e alla completezza delle operazioni annotate; ne consegue che, non trattandosi di scritture contabili ex artt. 2214-2217 e non trovando dunque applicazione il principio della inscindibilità del loro contenuto, essi non sono idonei a provare in modo diretto i contratti, diversi da quello di conto corrente di corrispondenza, in forza dei quali le operazioni sono state eseguite (Cass. n. 16971/2009; Cass. n. 19608/2013). Soltanto le lettere commerciali rientrano fra le scritture contabili che, in forza dell'art. 2709, fanno prova contro l'imprenditore soggetto a registrazione nel registro delle imprese, dando luogo ad una presunzione (semplice), in sfavore di quest'ultimo, della veridicità di quanto ivi affermato ed alterando il principio generale sull'onere della prova stabilito dall'art. 2697. Tale efficacia non può essere riconosciuta alla corrispondenza non commerciale, tra cui rientrano le lettere con cui l'imprenditore abbia comunicato ad istituti di credito il volume dei suoi affari (Cass. n. 4329/2003). 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Un panorama dottrinale, in Giur. it. 2015; Macchia, Le sezioni speciali del registro delle imprese, in Impresa 1996; Pavone La Rosa, Il registro delle imprese, Milano, 1954; Presti Rescigno, Corso di diritto commerciale, Bologna, 2015, 253; Restino, Le sezioni speciali del registro delle imprese, in Riv. dir. comm. 1998; Rordorf, Il giudice del registro delle imprese, in Riv. dir. soc. 1996; Ruggeri, L'irreversibilità della fusione societaria, Padova, 2012. |