Codice Civile art. 2222 - Contratto d'opera (1).

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Contratto d'opera (1).

[I]. Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV [1655 ss.].

(1) V. artt. 21 e 26 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Inquadramento

L'art. 2222 fornisce la definizione del contratto d'opera (consensuale, sinallagmatico, non formale, a titolo oneroso) il quale costituisce la principale tipologia contrattuale di lavoro autonomo, mentre altri tipi contrattuali sono previsti e disciplinati nel Libro IV (appalto, trasporto, deposito) ovvero sono stati generati dall'autonomia privata.

Con il contratto d'opera una persona si obbliga a compiere un'opera ovvero un servizio con “lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione”. È dunque il contratto proprio dell'attività del “lavoratore autonomo”, come si evince peraltro anche dalla sua collazione sistematica e dalla rubrica del Titolo III del libro V del codice civile. Il contratto d'opera è connotato per un verso, dalla prevalenza della prestazione lavorativa personale rispetto ai mezzi materiali impiegati e al lavoro dei collaboratori e dipendenti e, per altro verso, dall'assenza di vincolo di subordinazione: il prestatore d'opera organizza la propria attività, le modalità e di tempi di esecuzione della prestazione; il lavoratore subordinato esegue le specifiche operazioni e attività corrispondenti alle istruzioni impartite dal datore di lavoro.

Secondo un orientamento, la normativa inerente al contratto d'opera darebbe luogo ad una disciplina “transtipica”, come tale applicabile in via integrativa agli tipi contrattuali specificamente regolati nel Libro IV (Perulli, 60). Altri ritengono che non possa tuttavia parlarsi di disciplina residuale (Giacobbe, in Comm. S., 8), ad avviso del quale il contratto in parola presenta elementi che, pur trovandosi anche in figure analoghe, mantengono connotati caratteristici che lo distinguono da esse); secondo una ulteriore opinione, la disciplina del presente Capo costituirebbe un nucleo essenziale comune a tutte le fattispecie di lavoro autonomo (Santoro Passarelli, 982).

Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell'osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell'assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione (Tirb. Roma, 10 novembre 2020, n. 7320).

L'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è debitore di un risultato, essendo il professionista tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, con la conseguenza che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell'incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell'eccezione di inadempimento (Cass. II, n. 1214/2017).

Pertanto, il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (Cass. n. 14527/2023, nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale – cui si era uniformato – con quella sovraordinata nazionale).

Costituisce lavoro giornalistico subordinato quello svolto da fotografi che, nel realizzare, pur con autonomia tecnica, foto a corredo informativo degli articoli, così da arricchire ed integrare il testo scritto, risultano stabilmente inseriti nell'assetto organizzativo del giornale poiché inviano il prodotto in redazione coprendo in via pressoché esclusiva specifici settori informativi, in modo da assicurare il servizio, tenendosi quotidianamente in contatto con la redazione, dalla quale ricevono indicazioni su cosa fotografare e sull'affiancamento al giornalista (Cass. n. 24439/2022).

In tema di contratti della P.A., ancorché quest'ultima agisca iure privatorum, il contratto d'opera professionale deve rivestire, ex artt. 16 e 17 r.d. n. 2440/1923, la forma scritta ad substantiam e, quindi, deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, essendone preclusa, altresì, la conclusione tramite corrispondenza, giacché la pattuizione deve essere versata in un atto contestuale, pur se non sottoscritto contemporaneamente. Il contratto mancante della forma scritta non è suscettibile di sanatoria poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti, né, a tal fine, è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, atteso che questa, benché sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno che l'ente può revocare ad nutum (Cass., n. 27910/2018).

Nella stessa direzione si è precisato che il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire forma scritta ad substantiam e l'osservanza di tale forma richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo della P.A. legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e dell'entità del compenso; ne consegue che non rispetta detti requisiti formali l'adozione da parte dell'organo collegiale dell'ente di un'autorizzazione al conferimento dell'incarico, trattandosi di mero atto interno. (Cass. n. 8574/2023, nella specie, la S.C. ha affermato che la proroga dell'incarico di un contratto di consulenza esterna non può essere disposta con delibera dell'ente pubblico).

Struttura del contratto d'opera

Fin dalla definizione, il legislatore impone il nesso sinallagmatico fra compimento dell'opera o del servizio e corrispettivo, ma è dibattuto se l'onerosità costituisca elemento essenziale (in tal senso, Cass. n. 4452/1985). Secondo l'orientamento prevalente, il fatto che la prestazione lavorativa sia resa gratuitamente comporterebbe la nullità del contratto ovvero la ricorrenza di una diversa fattispecie negoziale (Cass. n. 351/1963).

Secondo una parte della dottrina (Riva Sanseverino, in Comm. S. B., 175 ss.), la mancanza di corrispettivo non si riverbera sulla validità del contratto, stante la possibilità di ricorso al giudice per la determinazione del compenso. La prevalenza dell'apporto personale del prestatore di lavoro nella esecuzione della prestazione comporta che la stessa debba essere considerata infungibile (Perulli, 230). La conclusione del contratto d'opera non richiede, in linea di principio, la forma scritta, salvo che questa sia prescritta da specifiche disposizioni.

Lavoro subordinato e lavoro autonomo: rinvio

Secondo l'opinione tradizionale, ogni attività umana economicamente rilevante, può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo (Cass. n. 2622/2004). Tale tendenziale omogeneità è stata tuttavia di recente posta in discussione, da un lato, dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 18692/2007) e, dall'altro, dalla circolare del Min. Lav. n. 4 del 2008 la quale contiene invero un elenco semplificativo di attività considerate incompatibili con i caratteri propri del lavoro a progetto e dunque del lavoro autonomo.

Tradizionalmente, si ritiene che non possa prescindersi, per operare la distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, dalla volontà dei contraenti e dunque si ritiene che debba apprezzarsi in primo luogo il nomen iuris utilizzato dalle parti; esso tuttavia non ha un valore assorbente, dovendosi necessariamente tener conto del comportamento complessivo delle parti stesse, atteso che, in caso di contrasto fra nomen iuris ed effettiva modalità di svolgimento delle prestazioni, è necessario assegnare prevalenza alla seconda, in quanto la tutela relativa al lavoro subordinato non può essere elusa per mezzo di una qualificazione pattizia contrastante con i concreti caratteri del rapporto (Cass. n. 3001/2002).

Si ritiene comunque che il tratto essenziale del lavoro autonomo, idoneo a distinguerlo da quello subordinato, sia l'assenza di un vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro che inerisca alle intrinseche modalità di svolgimento, e non soltanto al risultato, della prestazione lavorativa (Cass. n. 1714/1987; Cass. n. 1219/1984). Elementi idonei e qualificanti da tenere in considerazione ai fini della qualificazione del rapporto nell'ambito dell'autonomia ovvero della subordinazione sono, in favore della seconda, l'osservanza delle disposizioni delle disposizioni del datore di lavoro per la disciplina ovvero l'esecuzione del lavoro, e l'inserimento in una organizzazione produttiva (Cass. n. 2842/2002; Cass. n. 11936/2000).

Inoltre, nel rapporto di lavoro subordinato il lavoratore metterebbe a disposizione la propria attività, mentre nel contratto d'opera il prestatore si obbligherebbe a pervenire ad un risultato (Riva Sanseverino, in Comm. S. B., 39). Secondo una opinione, non è possibile classificare l'obbligazione assunta con il contratto d'opera nelle obbligazioni di mezzi ovvero di risultato stante la peculiarità di questa figura contrattuale (Giacobbe 23).

L'incarico di direttore amministrativo esterno di un ente regionale, conferito ai sensi dell'art. 27 della l. r. Campania n. 21 del 2002 e qualificato dalle parti come incarico di diritto privato di prestazione d'opera, costituisce un rapporto di lavoro autonomo, con i tratti propri della collaborazione coordinata e continuativa, spettando dunque al lavoratore ricorrente fornire la prova di una deviazione da detto schema contrattuale e dunque della ricorrenza di una ipotesi di subordinazione (Cass. n. 37392/2021).

Contratto d'opera e mandato

Il contratto di mandato e di locazione d'opera si distinguono in relazione al rispettivo oggetto, che nel primo caso è rappresentato da un'attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e nell'interesse del mandante, e nel secondo da un'attività di cooperazione (estranea alla sfera negoziale) consistente nel compimento di un'opera o di un servizio, materiale od intellettuale. Conseguentemente, non può qualificarsi di mandato il rapporto nel quale gli atti da compiere consistano solo in una attività esecutiva riguardante adempimenti tecnico-pratici e di cooperazione materiale da cui esuli ogni profilo giuridico-negoziale, tanto meno se di tali adempimenti il soggetto incaricato debba sopportare in tutto o in parte il rischio economico (Cass. n. 3803/1995). Il contratto di mandato e di locazione d'opera si distinguono in relazione al rispettivo oggetto, che nel secondo caso è rappresentato da un'attività di cooperazione (estranea alla sfera negoziale), che si traduce nel compimento di un'opera o di un servizio, materiale od intellettuale, mentre nel primo caso consiste in un'attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e nell'interesse del mandante, la quale, tuttavia, può concretarsi anche nel compimento di atti volontari non negoziali aventi rilevanza esterna, diretti alla conclusione ed al regolare adempimento di contratti tra le parti (nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, il quale aveva qualificato il rapporto come mandato, anziché come locazione d'opera, avendo accertato che l'attività richiesta all'incaricato consisteva nel prestarsi per favorire una transazione su una controversia giudiziale insorta con un terzo relativamente ad una compravendita immobiliare; Cass. n. 15607/2005).

Contratto d'opera e appalto

Il contratto d'appalto ed il contratto d'opera si differenziano per il fatto che nel primo l'esecuzione dell'opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest'ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa (Cass. n. 12519/2010). La distinzione tra contratto d'opera e contratto d'appalto è basata sul criterio della struttura e della dimensione della impresa cui le opere sono commissionate. Il contratto d'opera coinvolge la piccola impresa, e cioè quella che svolge la propria attività con la prevalenza del lavoro personale dell'imprenditore e dei suoi familiari (Cass. n. 5451/1999). Per quanto la differenza fondamentale tra contratto d'appalto (art. 1655) e contratto d'opera (art. 2222) vada individuata nella qualità di imprenditore commerciale del contraente cui siano stati convenzionalmente commessi l'esecuzione dell'opera o lo svolgimento di un servizio, la circostanza che questi si sia avvalso di collaboratori, non si sa se occasionali o fissi, non può, di per sé, dimostrare, nel medesimo, l'esistenza di quella qualità che, comportando una complessa organizzazione di fattori produttivi, lo contrassegna della titolarità di un'organizzazione produttiva, incompatibile con la «locatio operis» (Cass. n. 819/1997).

Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l'organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l'esecuzione di un'opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d'appalto e non di opera (Cass. n. 27258 /2017).

Contratto d'opera e custodia

Il contratto d'opera mediante il quale taluno si impegna a tenere presso di sé una cosa determinata per ripararla, contiene in sé anche le obbligazioni della custodia e della riconsegna, proprie del contratto di deposito, con il conseguente dovere della diligenza del buon padre di famiglia — da valutarsi in relazione alla natura dell'attività esercitata — nella custodia della cosa affidata (Cass. n. 11333/1993). Il contratto mediante il quale taluno si impegna a tenere presso di sé degli abiti per darvi pulitura va considerato come contratto d'opera che, tuttavia, contiene anche le obbligazioni della custodia e della riconsegna proprie del contratto di deposito. Ne deriva che il depositario, se la cosa va perduta o distrutta, va esente da responsabilità solo se fornisce la prova dell'adempimento del dovere della diligenza del buon padre di famiglia nella custodia della cosa affidata (Cass. n. 1619/2012). L'art. 1780, in forza del quale il depositario, per ottenere la liberazione dalla propria obbligazione, è tenuto a fornire la prova che l'inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile, trova applicazione anche quando l'obbligazione della custodia e della riconsegna formi parte di un contratto misto nel quale confluiscano le cause del deposito e di altro contratto, come nel caso dell'affidamento di un'autovettura ad un'officina per la riparazione, in cui l'obbligo di custodia e di restituzione assume funzione accessoria, in quanto finalizzato all'adempimento dell'obbligazione principale; né la pattuizione del ritiro dell'autovettura entro un termine determinato — in mancanza di un apposito patto limitativo della responsabilità ai sensi dell'art. 1229 — vale a segnare il limite temporale della durata dell'obbligo di custodia assoggettato alla disciplina di cui all'art. 1780, per cui scaduto il termine la suddetta norma non opererebbe, in quanto, anche qualora venga fatta un'offerta della prestazione di consegna mediante intimazione, il verificarsi della mora del creditore non è un evento automaticamente determinativo del mutamento della distribuzione del rischio contrattuale, occorrendo a tal fine anche il deposito di cui all'art. 1210 (Cass. n. 10956/2010). Il prestatore d'opera, se conviene con il committente di prendere in consegna il bene per l'esecuzione della prestazione principale su di esso, assume, ai sensi degli artt. 2222 e 1177, anche l'obbligo accessorio di custodirlo fino alla riconsegna, pure in caso di deposito a titolo gratuito o di cortesia (principio enunciato in fattispecie in cui un'auto, consegnata, per il lavaggio, dal suo proprietario al gestore di una stazione di servizio, era stata rubata mentre era parcheggiata sul piazzale del distributore, chiusa a chiave dal gestore che aveva riposto la chiave in una bacheca non chiusa ubicata nel locale della cassa, accessibile a chiunque, senza, perciò, che il depositario avesse adottato tutte le cautele idonee a superare la presunzione di colpa a suo carico) (Cass. n. 23845/2008).

Il prestatore d'opera, se conviene con il committente di prendere in consegna il bene per l'esecuzione della prestazione principale su di esso, assume, ai sensi degli artt. 2222 e 1177 c.c., anche l'obbligo accessorio di custodirlo fino alla riconsegna, pure in caso di deposito a titolo gratuito o di cortesia. (Cass. n. 486/2018: principio enunciato in fattispecie in cui un'auto, consegnata, per il lavaggio, dal suo proprietario al gestore di apposito impianto, era stata rubata mentre era parcheggiata sul piazzale dello stesso, chiusa a chiave dal gestore che aveva riposto la chiave in una bacheca non chiusa ubicata nel locale della cassa, accessibile a chiunque, senza, perciò, l'adozione di tutte le cautele idonee a superare la presunzione di colpa a carico del depositario).

Bibliografia

Anastasi, Professioni intellettuali e subordinazione, in Enc. giur., Roma, 2000, 4; Cian Trabucchi, Commentario Breve al Codice civile, Padova, 2014; G. Gabrielli, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, in Enc. dir., voce Recesso, XXXIX, Milano, 1988, 37 e ss; Levi, La funzione disciplinare degli ordini professionali, Milano, 1967, 44; Perulli, Il lavoro autonomo, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1996, 60; Pezzato, voce: Onorario, in Enc. dir., XXX, Milano, 185; Santoro Passarelli, Opera (contratto), in Nss. D.I., 982; Torrente Schlesinger, Manuale di diritto Privato, Milano, 2015.

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