Codice Civile art. 2257 - Amministrazione disgiuntiva.Amministrazione disgiuntiva. [I]. L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri.1. [II]. Se l'amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta. [III]. La maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull'opposizione. [1] Comma sostituito dall'art. 40, comma 1, d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147. Ai sensi dell'art. 42, comma 1, del citato decreto la presente disposizione entra in vigore il 20 novembre 2020. Il testo del comma, come da ultimo sostituito dall'art. 377, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 era il seguente: <<La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri>> . Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2, d.lgs. n. 14, cit., entrava in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). Il testo del comma precedentemente alla sostituzione era il seguente: «Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri». InquadramentoGli artt. 2257 e 2258 pongono le norme sull'amministrazione nella semplice: dal disegno legislativo emerge che la qualità di amministratore è ritenuta connaturale alla posizione di socio e, dunque, l'attribuzione del relativo potere al socio costituisce un effetto naturale del contratto di società (Bussoletti, 917; Parrella, 165). Ciò si spiega sulla scorta della considerazione che, alla base della società di persone, si trova il progetto dei soci di impegnarsi personalmente nella gestione imprenditoriale (Parrella, 165). Si tratta, però, di norme derogabile con la conseguenza che i soci potranno attribuire solo ad alcuni di essi il potere di amministrare ovvero conferirlo anche ad un soggetto estraneo alla compagine sociale. Inoltre, l'autonomia privata potrà combinare i regimi di amministrazione disgiuntiva e congiuntiva, distinguendo tanto tra i soci che per tipologia di atti (Di Sabato, 119). La giurisprudenza di merito ha affermato la legittimità della devoluzione dell'attività gestoria ad un consiglio di amministrazione sulla scorta di quanto avviene nelle società di capitali (Trib. Napoli 7 ottobre 1986, Soc., 1987, 389). Il contenuto del potere amministrativoL'art. 377, comma 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 aveva modificato il primo comma della disposizione in commento, disponendo che la gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori. Tuttavia, il d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 - recante disposizioni correttive ed integrative al codice della crisi di impresa - ha nuovamente modificato la prima parte del primo comma della disposizione in commento prevedendo che l'istituzione degli assetti di cui all'art. 2086, comma 2, spetta esclusivamente agli amministratori. In tale prospettiva la nuova norma pone una distinzione tra atti gestori ed atti organizzativi rimettendo questi ultimi alla esclusiva responsabilità degli amministratori. In questa prospettiva, gli amministratori hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Il potere di amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale e che si pongono in rapporto di mezzo a fine rispetto all'attività di impresa indicata nel contratto sociale (Campobasso, 90). Se si pone l'accento sulla correlazione tra atto di gestione ed oggetto sociale, si comprende come gli amministratori possano compiere non solo gli atti di ordinaria amministrazione, ma anche quelli di straordinaria amministrazione rientranti nell'oggetto sociale. Nei compiti dell'organo gestionale di una società di persone, sono naturalmente compresi (in carenza di espressa limitazione) non solo gli atti di ordinaria amministrazione, ovvero gli atti conservativi, ma anche quelli dispositivi, se configurano strumenti per la realizzazione degli scopi perseguiti dalla società e siano di conseguenza riconducibili all'oggetto sociale (Cass. n. 8472/1998; Cass. n. 5152/2010 ; Cass. n. 2430/1994). In questa prospettiva, esorbitano dall'oggetto sociale quegli atti che incidono sugli elementi costitutivi dell'impresa e sulla possibilità di esistenza della stessa, sicché può ritenersi eccedente la ordinaria amministrazione, in quanto estraneo all'oggetto sociale, l'atto dispositivo che sia suscettibile di modificare la struttura dell'ente e perciò sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile come non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perché da essi esorbitante (Cass. n. 8538/2004; Cass. n. 1550/1998). Il regime di amministrazione disgiuntiva. L'opposizioneIn mancanza di diversa pattuizione contenuta nel contratto sociale, l'amministrazione spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri. Ogni socio può, dunque, compiere gli atti rientranti nell'oggetto sociale di propria iniziativa e senza necessità di interpellare in via preventiva gli altri amministratori o di conseguire il consenso di questi (Campobasso, 90; Buonocore, in Comm. S., 1995, 96). Il potere di amministrazione disgiuntiva è derogabile solo mediante diversa pattuizione in concreto intervenuta, con la conseguenza che l'amministrazione deve ritenersi congiuntiva solo ove tale fatto positivo sia stato dimostrato e non anche se sia mancata la prova del fatto negativo, cioè dell'inesistenza di pattuizioni derogatrici (Cass. n. 8538/2004). Il legislatore prevede, però, un correttivo costituito dalla facoltà, concessa a ciascun socio amministratore, di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta. Il potere di opposizione è, dunque, concesso soltanto ai soci che siano anche amministratori e non già a quelli esclusi dalla gestione della società e deve essere esercitato necessariamente in via preventiva rispetto all'esecuzione dell'atto. Sotto questo ultimo profilo, infatti, si è osservato che, una volta compiuto l'affare, non si potrebbe impedirne l'esecuzione essendo validamente sorta l'obbligazione (Ferrara-Corsi, 271). Il potere di veto può appuntarsi soltanto su singole operazioni e deve trovare soluzione nell'ambito del sodalizio societario (Cass. n. 4018/1992). L'opposizione non richiede alcuna forma particolare e non deve essere motivata (Garesio, 516; Ferrara-Corsi, 272). È stato poi osservato (Ferrara-Corsi, 271; Garesio, 516) che l'opposizione esplica i propri effetti sia nei rapporti interni che nei rapporti esterni. Con riferimento ai primi, l'atto compiuto nonostante la pendenza dell'opposizione costituisce fonte di responsabilità dell'amministratore nei confronti della società; con riferimento ai secondi, l'opposizione si pone come una limitazione successiva del potere rappresentativo e come tale è opponibile ai terzi nei limiti e con i presupposti di opponibilità al terzo delle limitazioni successive della rappresentanza (Ferri, 231). La decisione sull'opposizione spetta a tutti i soci, siano essi amministratori o meno: essa è assunta a maggioranza sulla base delle rispettive partecipazioni agli utili. Secondo un orientamento dottrinale, la decisione dovrebbe essere assunta con il metodo collegiale che sarebbe imposta per una corretta formazione della volontà del gruppo e per la tutela del singolo socio (Di Sabato, 119). Altra parte della dottrina ritiene che la maggioranza si possa formare liberamente, al di fuori di un contesto necessariamente assembleare attraverso una consultazione dei soci (Ferri, 231). In assenza di una previsione legislativa dell'organo e del metodo assembleare, per le decisioni da assumere a maggioranza non è necessario che siano consultati tutti i soci, né che essi manifestino contestualmente la propria volontà attraverso una delibera unitaria, essendo sufficiente raccogliere le singole volontà idonee a formare la richiesta maggioranza e comunicare la delibera di esclusione al socio escluso, affinché egli sia posto in condizione di esercitare la facoltà di opposizione dinanzi al tribunale (Cass. n. 153/1998). Se la decisione è negativa, l'atto in questione non potrà essere compiuto, mentre se viene respinta, l'amministratore interessato mantiene la facoltà di non dare corso all'affare (Campobasso, 91; Di Sabato, 118). Il socio non amministratore. L'amministratore unicoÈ dibattuta la questione se l'amministrazione possa essere devoluta ad un soggetto estraneo alla compagine sociale. Coloro che qualificano gli amministratori mandatari dei soci ammettono la possibilità di conferimento del mandato a non soci (Ferri, 222) anche sulla scorta della considerazione della derogabilità della norma di cui all'art. 2257 (Parrella, 175). Viceversa, coloro che qualificano il rapporto gestorio come rapporto speciale negano l'ammissibilità dell'amministratore non socio (Galgano, 1970, 66). Si ritiene ammissibile che l'amministrazione sia conferita ad un solo soggetto (Parrella, 173). L'amministratore persona giuridicaSi ammette che possa essere amministratore una persona giuridica. Tale conclusione viene giustificata sulla base della disposizione di cui all'art. 2361 che consente ad una società di capitali di assumere la partecipazione in società di persone e di quella di cui all'art. 111 duodecies disp. att. dal quale si desume che tutti i soci illimitatamente responsabilità di società di persone possono essere società di capitali (Parrella, 180). BibliografiaBuonocore, Castellano, Costi, Società di persone, Milano, 1978; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, a cura di Campobasso M., Torino, 2012; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992; Ferri jr, Patrimonio, capitale e bilancio, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 91; Ferro-Luzzi, I contratti associativi, Milano, 1971; Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959; Jaeger, Denozza, Appunti di diritto commerciale, Bologna, 1993; Marasà, Le società, Milano, 2000; Marulli, Il contratto di società di persone, in Società in generale. Società di persone. 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