Codice Civile art. 2258 - Amministrazione congiuntiva.

Guido Romano

Amministrazione congiuntiva.

[I]. Se l'amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali.

[II]. Se è convenuto che per l'amministrazione o per determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza, questa si determina a norma dell'ultimo comma dell'articolo precedente.

[III]. Nei casi preveduti da questo articolo, i singoli amministratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno alla società.

Inquadramento

Per come evidenziato dall'incipit dell'art. 2257 («salva diversa pattuizione»), i soci possono optare per un sistema gestorio congiuntivo previsto dall'articolo in commento. 

Nel prevedere che, se l'amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali, il legislatore ha inteso, in primo luogo, evidenziare il carattere di subalternità di un simile regime ad una espressa manifestazione di volontà dei soci e, sotto altro profilo, consentire comunque che l'amministrazione sia affidata «a più soci», ma non necessariamente a tutti (Parrella, 181). Infine, la norma detta una regola di funzionamento prescrivendo che, per il compimento delle operazioni sociali, è necessario il consenso di tutti gli amministratori (Parrella,181).

Il potere di amministrazione disgiuntiva è derogabile solo mediante diversa pattuizione in concreto intervenuta, con la conseguenza che l'amministrazione deve ritenersi congiuntiva solo ove tale fatto positivo sia stato dimostrato e non anche se sia mancata la prova del fatto negativo, cioè dell'inesistenza di pattuizioni derogatrici (Cass. n. 8538/2004).

L'amministrazione congiuntiva all'unanimità

Come accennato, il primo comma della disposizione in commento detta una regola di funzionamento prescrivendo che, per il compimento delle operazioni sociali, è necessario il consenso di tutti gli amministratori. Il rifiuto immotivato da parte di uno degli amministratori al compimento di un atto può essere fonte di responsabilità per i pregiudizi subiti dalla società per il mancato compimento dell'operazione (Ghidini 370).

Qualora uno degli amministratori, munito del potere di rappresentanza, proceda al compimento di un atto di gestione senza il preventivo consenso degli altri soci-amministratori, l'operazione è valida ed efficace nei confronti del terzo, salvo che la società provi la conoscenza da parte di questi tanto del regime di amministrazione congiuntiva quanto della mancanza del consenso unanime degli amministratori (Ghidini 371, Garesio, 519).

Nei casi di amministrazione congiuntiva, la cessazione dall'incarico di uno degli amministratori, pur determinando la cessazione dall'incarico anche degli altri, non comporta la automatica reviviscenza del regime di amministrazione disgiuntiva (Trib. Torre Annunziata, 26 settembre 2002, Giur. mer., 2003, 224).

L'amministrazione congiuntiva a maggioranza

La rigidità del sistema che prevede l'unanimità nelle decisione tra tutti i soci amministratori può essere mitigata dall'autonomia privata che può prevedere, per l'intera amministrazione ovvero per il compimento di singoli atti, l'introduzione della regola maggioritaria da determinarsi secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili. La dottrina non è, però, concorde in ordine alla modalità di determinazione della maggioranza: si ritiene, in linea di massima, che debbano essere calcolati soltanto i soci amministratori (Ghidini, 373, Garesio, 520).

Il contratto sociale, peraltro, può disporre che la maggioranza sia calcolata secondo criteri diversi ovvero coinvolgendo tutti i soci nella decisione relativa al compimento dell'affare.

Gli atti urgenti

Nel caso di amministrazione congiuntiva tanto all'unanimità quanto a maggioranza gli amministratori non possono compiere alcun atto da soli con l'eccezione del caso in cui vi sia l'urgenza di evitare un danno alla società.

La norma è diretta ad impedire che la società possa subire pregiudizi per il ritardo conseguente alla necessità di procedere a consultazione, per acquisire il consenso di tutti i soci o della maggioranza di essi. Essa, quindi, presuppone che non si sia manifestato alcun dissenso, e che, al contrario, sia ancora possibile acquisire i consensi necessari, con la conseguenza che essa non è applicabile allorché sussista un grave disaccordo tra i soci (Cass. n. 9464/2000).

I presupposti applicativi della norma sono costituiti dall'urgenza e dal danno. L'urgenza del compimento dell'atto sussiste quando sia impossibile consultare preventivamente gli altri amministratori (Ferri 159, Ghidini, 375) e non quando vi sia disaccordo tra i medesimi. Il danno, invece, deve essere inteso come pregiudizio al patrimonio sociale, mentre non occorre che esso sia connotato dai requisiti di gravità ed irreparabilità (Ferri, 159).

Bibliografia

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