Codice Civile art. 2260 - Diritti e obblighi degli amministratori.

Guido Romano

Diritti e obblighi degli amministratori.

[I]. I diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato [1710 ss.].

[II]. Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società [1292 ss.] per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.

Inquadramento

La norma in esame richiama, per la definizione dei diritti e degli obblighi degli amministratori, le norme sul mandato.

Secondo la dottrina, però, non bisogna cadere nell'equivoco di ritenere che il rapporto di amministrazione sia un rapporto di mandato e, quindi, che gli amministratori siano senz'altro mandatari con conseguente applicazione dell'intera disciplina di tale istituto (Campobasso, 96; Parrella, 198). Infatti, i poteri e doveri degli amministratori, pur non coincidenti con quelli dell'imprenditore, sono diversi e più ampi di quelli di un mero mandatario (Campobasso, 96).

I diritti degli amministratori

Gli amministratori hanno il potere di compiere tutti gli atti, sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione, che siano funzionali alla realizzazione dell'oggetto sociale (Di Sabato, 124, Campobasso, 96). Non opera, dunque, per gli amministratori il limite degli atti di ordinaria amministrazioni stabilito dal legislatore per i mandatari (art. 1708 comma 2). Il perimetro del potere gestorio è, invece, segnato dai contorni dell'oggetto sociale come individuato nello statuto e, quindi, il limite dell'attività amministrativa deve essere individuato nell'impossibilità di modificare la struttura dell'ente e, precisamente, di porre in essere una attività che sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile come non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perché da essi esorbitante.

Quanto al diritto al compenso, superato un primo orientamento negativo (Cass. n. 873/1947), si ritiene che, poiché l'art. 2260 determina l'equiparazione degli amministratori ai mandatari, anche per quanto attiene alla presunzione di onerosità di cui all'art. 1709, l'amministratore ha diritto al compenso, salvo che vi sia un pattuizione di gratuità idonea a superare l'indicata presunzione di onerosità ovvero risulti che del diritto al compenso per la prestazione dell'attività amministrativa si sia tenuto conto con l'attribuzione di una speciale partecipazione agli utili (Cass. n. 3236/1985; Cass. n. 5747/1984, contra App. Milano, 17 gennaio 2003, in Giur. comm., 2004, II, 668).

Gli obblighi dell'amministratore

Gli obblighi degli amministratori possono essere sintetizzati nel dovere di amministrare la società con la diligenza del mandatario (Campobasso, 97; Ferri, 175; Di Sabato, 125).

Oltre a tale obbligo generico, sussistono poi numerosi obblighi specifici stabiliti dalla legge, come ad es.: predisporre il rendiconto della gestione da sottoporre agli altri soci; predisporre la custodia dei beni sociali (Ferri, 175); dare notizia dello svolgimento degli affari sociali (Ferri, 174); permettere la consultazione della documentazione sociale (Di Sabato, 125); non compiere atti in concorrenza con la società da essi amministrata (Di Sabato, ibidem); non agire in conflitto di interessi con la società (Ghidini, 409).

L'azione di responsabilità

Gli amministratori sono solidalmente responsabilità verso la società per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. La norma in commento precisa che va esente da responsabilità l'amministratore che provi di non avere serbato una condotta colposa.

La responsabilità degli amministratori è solidale e contrattuale nei confronti della società: da ciò deriva che, anche in ipotesi di amministrazione disgiuntiva, ogni amministratore ha l'obbligo di vigilare sull'operato dell'altro con la conseguenza che, in caso di violazione dell'obbligo di vigilanza, dovrà rispondere verso la società ed i terzi per le violazioni poste in essere dall'altro (Di Sabato, 125; Ferri, 177).

La responsabilità degli amministratori di società di persone per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale (Cass. n. 12567/2021).

Secondo recente giurisprudenza, non hanno efficacia esimenti eventuali accordi interni tra gli amministratori per la ripartizione dei compiti sociali: tali patti, infatti, non sono opponibili perché non sollevano i soci-amministratori dal loro potere-dovere di esercitare congiuntamente la signoria decisionale né dalla relativa responsabilità. L'eventuale ripartizione di competenze, dunque, deve essere interpretata come una ripartizione di mere aree tecniche logistiche e non come divisione di responsabilità (Cass. n. 10910/2010).

I presupposti dell'azione sociale di responsabilità sono costituiti dall'inadempimento degli obblighi derivanti dalla legge o dal contratto sociale e dal danno subito dalla società. L'azione di responsabilità è, infatti, finalizzata alla reintegrazione del patrimonio sociale danneggiato dal comportamento illegittimo degli amministratori (Campobasso 97, Galgano, 85).

Particolarmente vivace il dibattito in ordine ai soggetti legittimati a proporre l'azione di responsabilità. È pacifico che legittimata attiva a proporre l'azione sia la società, in quanto titolare del diritto al risarcimento del danno.

L'orientamento dominante in giurisprudenza, si fonda sulla riconosciuta soggettività giuridica delle società personali distinta da quella dei soci e sul dato letterale dell'art. 2260, ritiene che il singolo socio non sia legittimato ad esercitare l'azione sociale di responsabilità, spettando tale legittimazione esclusivamente alla società (Cass. n. 3719/1981; Cass. n. 2846/1996 e, nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano, 2 febbraio 2006, in Soc., 2006, 1002; Trib. Napoli, 14 marzo 1996, in Soc., 1996, 712; Trib. Milano, 8 ottobre 1990, in Giur. comm., 1981, II, 89).

A fronte di tale indirizzo, un orientamento minoritario ritiene, tuttavia, che il singolo socio sia legittimato all'esercizio dell'azione in argomento. Si segnalano, in tal senso, alcune pronunce dei giudici di merito (Trib. Napoli, 17 aprile 1998, in Soc., 1998, 1324;Trib. Milano, 11 settembre 2003,in Giur. comm., 2004, II, 434, Trib. Milano, 8 ottobre 1990, in Soc., 1991, 57) che ravvisano una legittimazione concorrente della società e del singolo socio (quest'ultimo uti socius e non uti singulus).

Maggiore concordia di opinioni sussiste sulla legittimazione del socio ad esercitare l'azione di responsabilità per i danni direttamente subiti a seguito della negligente condotta degli amministratori.

Nelle società di persone ciascun socio ha diritto di pretendere il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento doloso o colposo degli amministratori, a condizione che questi siano conseguenza immediata e diretta di tale comportamento e non il riflesso del depauperamento del patrimonio sociale (Cass. n. 16416/2007; Cass. n. 1045/2007).

Il socio di una società di persone può agire direttamente nei confronti dell'amministratore per farne valere la responsabilità extracontrattuale in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 2395  e, ove sia dimostrata la mancata presentazione del rendiconto e la conseguente mancata percezione degli utili, deve ritenersi che il socio abbia fatto valere il danno subito in via diretta ed immediata (Cass. n. 1261/2016).

Bibliografia

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