Codice Civile art. 2262 - Utili.Utili. [I]. Salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili [2433] dopo l'approvazione del rendiconto. InquadramentoPer utile si intende, infine, la plusvalenza del patrimonio netto, detratto il capitale nominale, generatosi per effetto dell'esercizio dell'impresa collettiva (Conforti, 2015, 136). Gli utili, in altre parole, sono rappresentati dalla effettiva eccedenza che si verifica nel patrimonio sociale rispetto ai conferimenti iniziali e che si determina per effetto della gestione sociale e non da fonti diverse. L'effettivo conseguimento degli utili implica l'effettività dell'incremento del patrimonio netto rispetto alla capitalizzazione della società prodottosi nell'esercizio sociale ed il nesso causale sussistente tra plusvalenza e attività imprenditoriale (Conforti, ibidem). In particolare, per aversi utili è necessario che eventuali perdite, prodottisi negli esercizi precedenti, siano state colmate; viceversa se gli utili realizzati in un determinato esercizio vengano assorbiti dalle perdite di esercizi precedenti, viene meno la possibilità di distribuzione degli utili medesimi (Ferri, 154). Il diritto alla percezione degli utili è soggetto alla prescrizione quinquennale decorrente dall'approvazione del rendiconto (Trib. Catania, 30 giugno 1987, Giur. mer., 1988, 498). Il diritto del socio agli utiliL'articolo in commento prevede che, salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto. L'approvazione del rendiconto quindi è evento necessario e sufficiente per la distribuzione degli utili: da un lato essi non possono essere distribuiti prima dell'approvazione del rendiconto; dall'altro, approvato il rendiconto, gli utili devono essere distribuiti per intero, nascendo in quel momento salvo patto contrario un diritto di credito del socio nei confronti della società (Bussoletti, 915). Il singolo socio ha diritto alla immediata percezione degli utili risultanti dal bilancio, dopo l'approvazione del rendiconto, a differenza di quanto avviene nelle società di capitali, in cui l'assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili. Tuttavia, anche nella società di persone, il socio ha diritto alla percezione degli utili solo se effettivamente conseguiti (Cass. n. 4454/2005; Cass. n. 4454/1995). Si precisa che il rendiconto, ai fini della distribuzione degli utili, è costituito da una situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio e che non è surrogabile dalle dichiarazioni fiscali della società (Cass. n. 28806/2013; Cass. n. 1240/1996; ma in senso parzialmente contrario Cass. n. 21832/2005). Il patto contrarioL'articolo in commento pone una normativa dispositiva, derogabile dal contratto sociale. Quanto ai limiti di contenuto del patto contrario, è escluso che il patto possa prevedere una disparità di trattamento fra i soci, mentre è pacificamente ammesso che l'ipotesi tradizionale di patto valido concerna i limiti alla distribuzione di utili in concomitanza con la formazione di riserve (Bussoletti, 915). Gli acconti sugli utili e la ripetibilità degli utili fittiziPur non avendo i soci, prima dell'approvazione del rendiconto, un diritto a percepire gli utili (Nigro, 222), si ritiene ammissibile la distribuzione di acconti sugli utili, purché solo nella misura in cui possa presumersi che gli utili saranno realizzati e con la condizione che effettivamente si realizzino (Nigro, 222, Ferri, 155). È possibile distribuire ai soci somme a titolo di utili, conseguiti in uno o più esercizi sociali, anche prima dell'approvazione del rendiconto, e ciò in quanto la norma di cui all'art. 2262, che ne subordina il conseguimento solamente all'esito dell'approvazione del rendiconto stesso, ammette espressamente il patto contrario (Cass. n. 10786/2003). È discusso se siano ripetibili gli utili fittizi o acconti su utili non realizzati, se percepiti da soci in buona fede. Una parte della dottrina dà risposta positiva al quesito sull'argomento a contrario desumibile dall'art. 2321, che protegge solamente l'accomandante in buona fede rafforzata dall'argomento che a un tipo sociale più esteso non può applicarsi la disciplina propria di un tipo sociale più intenso (Bussoletti, 915). Peraltro, in una società fondata sulla collaborazione personale dei soci è difficilmente concepibile la buona fede dei soci che possono consultare la documentazione sociale e rendersi conto dell'andamento della società. BibliografiaBuonocore, Castellano, Costi, Società di persone, Milano, 1978; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, a cura di Campobasso M., Torino, 2012; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992; Ferri jr, Patrimonio, capitale e bilancio, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 91; Ferro-Luzzi, I contratti associativi, Milano, 1971; Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959; Jaeger, Denozza, Appunti di diritto commerciale, Bologna, 1993; Marasà, Le società, Milano, 2000; Marulli, Il contratto di società di persone, in Società in generale. Società di persone. Le società tra professionisti, a cura di Cottino, Torino, 2014; Montalenti, Diritto commerciale, diritto tributario, scienze aziendali: categorie disciplinari a confronto in epoca di riforme, in Giur. it. 2004, 3; Oppo, L'identificazione del tipo «società di persone», in Riv. dir. civ. 1988, 619; Paolini, Società semplice di mero godimento, Quesito n. 210-2007/I, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2008, 871 ss.; Petrera, in Commentario del codice civile, a cura di Gabrielli E., Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di Santosuosso D., Torino, 2015; Rivolta, Diritto delle società. 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