Codice Civile art. 2474 - Operazioni sulle proprie partecipazioni (1).Operazioni sulle proprie partecipazioni (1). [I]. In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione. (1) V. nota al Capo VII. InquadramentoLa norma sancisce il divieto, penalmente sanzionato (art. 2628), di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni. La ratio del divieto consiste nell'esigenza di «vietare che la società possa speculare sulle partecipazioni dei propri soci o garantirsi con essa, quando l'acquisto di esse si risolverebbe in una prematura restituzione del capitale sociale» (Relazione al codice civile, n. 1011). Per parte sua, la dottrina ha posto, a fondamento della norma, la garanzia del capitale sociale (Portale-Dolmetta, 706) e la garanzia della corretta formazione della volontà sociale assicurando la neutralità della società nella determinazione della compagine sociale (Tanzi, 1557). È pacifico che, sebbene la norma parli soltanto di acquisto di quote proprie, il divieto si riferisca anche alla sottoscrizione delle proprie partecipazioni. Quale che sia la sua funzione, l'inderogabilità del principio espresso dall'art. 2474. comporta l'invalidità di ogni operazione che, comunque eseguita, tenda a conseguire risultati analoghi (Cass., 4 ottobre 1984, n. 4916). Inoltre, la vendita da parte di una società a responsabilità limitata di quote di proprietà dei soci, nella forma di vendita di cosa altrui, pur se eseguita a norma dell'art. 1478, comma 2, non confligge con il divieto di acquisto di proprie quote ex art. 2483, oggi art. 2474 (Cass., 11 dicembre 1992, n. 13123). La concessione di garanzieLa norma in commento fa divieto alla società di accettare in garanzia partecipazioni proprie ovvero di accordare o fornire garanzie per il loro acquisto o la loro sottoscrizione. Attesa l'assolutezza del divieto, esso si applica a qualsiasi operazione, non solo finanziaria, e rispetto a qualsiasi tipo di accordo che abbia funzione di garanzia. È stato osservato che (Cincotti, 1104) la portata del divieto, inteso nella sua accezione più ampia, comprende qualsiasi operazione posta in essere dalla società al fine di rendere meno oneroso, sotto il profilo finanziario, l'acquisto o la sottoscrizione di azioni o quote, mediante finanziamenti diretti, anticipazioni, ovvero garanzie. Dunque, rientrano nel perimetro di applicabilità della norma, non solo i prestiti direttamente effettuati ai soci, ma anche qualsiasi pagamento da parte della società all'acquirente-sottoscrittore che, pur dovuto, non è ancora esigibile, ovvero la stipula di un negozio tra la società e l'acquirente-sottoscrittore che prevede un corrispettivo eccessivo, laddove il pagamento anticipato o eccessivo rappresentano appunto una assistenza finanziaria (Partesotti, in Tr. C. P. 1991, 474). Il divieto di accordare prestiti o fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di proprie partecipazioni non trova applicazione nell'ipotesi in cui la società, nell'ambito di un accordo transattivo, rinunci a perseguire ulteriormente una pretesa creditoria litigiosa nei confronti dell'acquirente o del sottoscrittore a fronte dell'impegno assunto da questi di sottoscrivere un aumento di capitale della medesima società: in tale ipotesi, infatti, diversamente da quanto accade in caso di rinuncia ad un credito certo, l'aumento di capitale non si concretizza in un apporto proveniente in sostanza dal patrimonio della società stessa, senza immissione di ricchezza nuova da parte del sottoscrittore, non potendosi porre la rinuncia ad una mera possibilità (l'esito vittorioso della lite) sullo stesso piano della mancata acquisizione di un valore patrimoniale sicuramente esistente (Cass., 4 agosto 2009, n. 17936). In caso di cessione delle quote di una società a responsabilità limitata, la società medesima, che è estranea rispetto al debito del socio acquirente per il pagamento del prezzo della cessione, non può validamente assumere garanzia fideiussoria per tale obbligazione, alla stregua del divieto di acquistare o ricevere in pegno le proprie quote, fissato dall'art. 2483 (Cass., 13 luglio 1981, n. 4540). Conseguenze della violazione del divietoLa conseguenza della violazione del divieto è costituita dalla nullità — assoluta ed insanabile — dell'atto compiuto per violazione di norma imperativa: dalla nullità conseguirebbe poi la sopravvivenza del rapporto sociale e l'obbligo delle restituzioni. Deve, poi, ritenersi nulla per impossibilità dell'oggetto una clausola statutaria che consenta l'esecuzione di operazioni sulle proprie quote (D'Agostino, 1209). Deroghe al divietoRecentemente, il legislatore ha introdotto alcune deroghe all'assolutezza del divieto previsto dalla norma in commento. In particolare, l'art. 26 d.l. n. 179/2012 conv., con modif., in l. n. 221/2012, ha stabilito — con riferimento alle start-up disciplinate dal precedente art. 25 e costituite in forma di società a responsabilità limitata — che il divieto di operazioni sulle proprie partecipazioni, previsto dall'art. 2474, non trovi applicazione qualora l'operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali. BibliografiaAbriani, Finanziamenti «anomali» dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata, in Studi in onore di Giovanni Zanarone, Torino, 2011; Andreoni, L'esecuzione e le partecipazioni sociali, Padova, 2012; Angelici, Società unipersonali: l'esperienza comparatistica, in Soc. 1993; Annunziata, in Comm. 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