Codice Civile art. 2501 - Forme di fusione (1).Forme di fusione (1). [I]. La fusione di più società può eseguirsi mediante la costituzione di una nuova società, o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre. [II]. La partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo. (1) V. nota al Capo X. InquadramentoLa fusione è la compenetrazione in un'unica organizzazione sociale di più organizzazioni autonome; compenetrazione che può attuarsi in due modi: o mediante la compenetrazione e l'assorbimento di più organizzazioni sociali autonome in una nuova organizzazione sociale (fusione in senso proprio) oppure mediante l'assorbimento di una o più organizzazioni autonome in una altra società preesistente che continua a sussistere, assumendo una nuova articolazione (fusione per incorporazione). La fusione può avere luogo sia fra società dello stesso tipo (fusione omogenea) sia tra società di tipo diverso (fusione eterogenea) sia oggi tra società ed enti di tipo diverso nei limiti consentiti dalla trasformazione eterogenea. Per aversi fusione omogenea, devono essere del medesimo tipo non solo le società coinvolte nella fusione, ma anche la società da essa risultante. Sono pertanto eterogenee le fusioni cui partecipano società dello stesso tipo ma che diano vita ad una società di tipo diverso (ad es. due S.r.l. si fondono e danno vita ad una S.p.A.). Le fusioni tra società eterogenee comportano necessariamente anche la trasformazione di uno o più delle società che si fondono: pertanto per le fusioni eterogenee valgono i limiti normativi in tema di trasformazione. La natura giuridica della fusioneSecondo l'orientamento in precedenza dominante, la fusione veniva considerata come un fenomeno successorio caratterizzato dall'estinzione delle società che si fondono (nella fusione in senso stretto) o dell'incorporata (nella fusione per incorporazione) nelle cui posizioni giuridiche integralmente subentra la nuova società risultante dalla fusione o l'incorporante secondo principi non dissimili da quelli che regolano la successione mortis causa per ciò che attiene alle persone fisiche. In tal senso, si osservava che la fusione di società mediante incorporazione avvenuta prima della riforma del diritto societario di cui al d.lg. n. 6/2003 ed all'introduzione dell'art. 2504-bis, realizza una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale e produce gli effetti, tra loro indipendenti, dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, per cui quest'ultima, al pari di qualsiasi successore universale, assume la stessa posizione processuale dell'attore, con tutte le limitazioni ed i divieti ad essa inerenti (Cass. S.U., n. 27183/2007; Cass. n. 11059/2011; Cass. n. 10372/1993, ma in senso contrario, ravvisando nella fusione una reciproca modificazione degli atti costitutivi delle società partecipanti, Trib. Napoli, 5 dicembre 1989, Soc., 1990, 939). Contro la ricostruzione tradizionale, si osserva che l'estinzione delle società partecipanti non passa attraverso una definizione dei rapporti giuridici con i terzi e partecipativi tra i soci, ma si coniuga con la continuazione di tali complessivi rapporti all'interno del nuovo contesto giuridico della società esito della vicenda (Perrino 1480, Santagata, 17 ss.). La fusione è stata così inquadrata nell'ambito di una vicenda modificativa degli atti costitutivi delle società coinvolte, nella loro combinazione e uniformazione. Questa tesi che si fonda sul nuovo disposto di cui all'art. 2504-bis secondo il quale la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione è stata, quindi, accolta anche dalla giurisprudenza. In particolare, si è affermato che ai sensi del nuovo art. 2505-bis, conseguente alla riforma del diritto societario, la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. S.U., n. 2637/2006). Si è, dunque, affermato come conseguenze di tali principi che: la fusione per incorporazione non determina l'interruzione del processo ai sensi dell'art. 300 c.p.c. (Cass. S.U., n. 2637/2006 cit., Cass.n. 16053/2010); è valido l'atto di impugnazione notificato alla società incorporata (Cass. n. 21161/2008); tali principi non valgono per le fusioni poste in essere e regolate dalla vecchia disciplina (Cass. S.U., n. 19698/2010). Su tale ultimo aspetto la Cassazione ha chiarito che il nuovo art. 2504- bis ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni anteriori all'entrata in vigore della nuova disciplina (Cass. n. 1376/2016; Cass. n. 24498/2014). Sono intervenute le Sezioni unite della Cassazione (Cass. S.U., n. 21970/2021) affermando che la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore. Tuttavia, qualora la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l'interruzione del processo, esclusa ex lege dall'art. 2504-bis c.c., ma la società incorporante ha la facoltà di spiegare intervento volontario, ai sensi e per gli effetti dell'art. 105 c.p.c. Le Sezioni Unite, quindi, dopo aver ribadito che la fusione societaria sia certamente inquadrabile tra le vicende modificative dell'atto costitutivo delle società partecipanti, hanno affermato che con la fusione tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, vengono imputati ad un diverso soggetto giuridico, e cioè la società incorporante. La società incorporata, invece, viene cancellata dal registro delle imprese e, di conseguenza, si estingue. Essa, pertanto, non può intraprendere un nuovo giudizio, perché non è più soggetto di diritti e neppure ha la capacità e la legittimazione processuale per farli valere, essendo stati detti diritti tutti trasferiti alla società incorporante o risultante dalla fusione. Tuttavia, qualora la fusione sopraggiunga nel corso del giudizio, il disposto dell'art. 2504-bis c.c. impedisce l'interruzione del processo, attesa la prosecuzione della incorporante in tutti i rapporti, anche processuali, senza soluzione di continuità. Per tale motivo, va riconosciuto alla società incorporante il diritto di intervenire volontariamente ex art. 105 c.p.c. nel giudizio pendente, ancorché il medesimo sia stato originariamente instaurato da un soggetto irrimediabilmente estinto. Le società che possono partecipare alla fusioneQuanto alle società che possono partecipare alla fusione, l'art. 2501 si limita a prevedere (al secondo comma) che la partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo: il divieto opera quindi sia al momento dell'assunzione della deliberazione di fusione sia in pendenza del perfezionamento del procedimento di fusione. Il divieto va inteso in modo rigoroso: qualora una società di capitali in stato di liquidazione abbia già iniziato la ripartizione del residuo attivo tra i soci non può essere validamente deliberata la revoca dello stato di liquidazione (Trib. Verona, 23 gennaio 1995, Riv. not., 1996, 271). Più possibilista la dottrina secondo la quale la fusione potrebbe essere deliberata purché contestualmente venga deliberata anche la revoca dello stato di liquidazione (Di Sarli, 433). Si ammette poi la fusione di società in perdita purché la società risultante dalla fusione non si trovi in una situazione di cui agli artt. 2447 e 2482-ter dovendo una delle partecipanti essere in grado di assorbire le perdite dell'altra (Magliulo 123; Perrino, 1488). Conforme sul punto la giurisprudenza (Trib. Milano, 6 giugno 1994, Riv. not., 298). La riforma del diritto societario ha soppresso il divieto di partecipare alla fusione per le società sottoposte a procedure concorsuali. Anzi la fusione potrebbe costituire la modalità di superamento della crisi (Di Sarli, 449). Tuttavia, è discusso quali procedure concorsuali siano compatibili con la fusione. Taluni hanno proposto l'applicabilità analogica dell'art. 2499 che ammette la trasformazione in pendenza di procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità o lo stato della stessa (Di Sarli, 449, contra Magliulo, 108). Secondo altra parte della dottrina la fusione non sarebbe possibile in presenza di procedure aventi finalità liquidatorie della impresa (Santagata 37). Non possono partecipare alla fusioni le società irregolari in considerazione del fatto che per le stesse non sono possibili gli adempimenti pubblicitari previsti per il procedimento di fusione: tuttavia, si ammette che una società regolare possa succedere nei rapporti già inerenti ad una società irregolare per effetto di altre vicende negoziali idonee al conseguimento di un risultato analogo a detta fusione (Cass. n. 58/1989). La dottrina evidenzia che, oggi, essendo consentita la iscrizione della società semplice nella sezione speciale del registro delle imprese (con l'efficacia dichiarativa di cui all'art. 2193), deve ritenersi consentita a tale società partecipare alla fusione. BibliografiaArdizzone, in Marchetti, Bianchi, Ghezzi., Notari, Commentario alla riforma delle società. Trasformazione. Fusione. Scissione (artt. 2498 - 2506-quater), Milano, 2006; Cacchi Pessani, in Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Commentario alla riforma delle società. Trasformazione. Fusione. 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