Codice Civile art. 2553 - Divisione degli utili e delle perdite.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Divisione degli utili e delle perdite.

[I]. Salvo patto contrario, l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto (1).

(1) V. art. 77 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Inquadramento

Secondo l'opinione dominante in giurisprudenza, la partecipazione alle perdite è elemento naturale del contratto di associazione in partecipazione (Cass. n. 197/1982)

Nello stesso senso in dottrina, si legga Ferri, 506; De Ferra, in Comm. S.B., 8.

È nullo il patto che prevede la responsabilità illimitata dell'associato per le perdite di esercizio (Cass. n. 24376/2008) ovvero la presenza di tale patto esclude la qualificazione del rapporto come associazione in partecipazione. Il limite della partecipazione alle perdite non oltre il valore dell'apporto è inderogabile (Cass. n. 2598/1964). Nel silenzio del contratto ed entro il limite massimo costituito dal valore dell'apporto la misura della partecipazione dell'associato alle perdite sarà stabilita nella identica misura in cui egli partecipa agli utili. In ogni caso le parti possono determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella agli utili (Cass. n. 24378/2008).

Secondo la dottrina, la partecipazione alle perdite non è configurabile a carico dell'associato che apporti il godimento di un bene oppure una prestazione d'opera, a meno che le parti non prevedano una remunerazione distinta dell'apporto, dalla quale detrarre le eventuali perdite (De Ferra, in Comm. S.B., 8).

Trattandosi di un elemento naturale del contratto, grava sull'associato l'onere di dimostrare, nel rispetto dei limiti di ammissibilità della relativa prova stabiliti dall'art. 2721, di essere stato pattiziamente esentato dalla partecipazione alle perdite stesse (Cass. n. 19444/2008).

Il contratto di cointeressenza impropria, quale risulta delineato dall'art. 2554  si qualifica per il carattere sinallagmatico fra l'attribuzione da parte di un contraente (associante) di una quota di utili derivanti dalla gestione di una sua impresa all'altro (associato) e l'apporto che quest'ultimo, senza partecipare alle perdite, conferisce per lo svolgimento di quell'impresa. Ne consegue l'applicabilità delle norme dettate per i contratti a prestazioni corrispettive, tra cui gli artt. 1460 e 1220 (Cass. n.  8955/2014).

Bibliografia

: De Acutis, L'associazione in partecipazione, 1999, 151; De Ghidini, Associazione in partecipazione, in Enc. dir., III, Milano, 1958, 201; Guglielmucci, I certificati di partecipazione, 1991, 22; Ferri, Associazione in partecipazione, voce in Dig. comm., Torino, 508; Minervini, Le partecipazioni agli utili e riserva legale nelle società di capitale, in Banca, borsa e tit. cred. 1965, I, 39.

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